Consigliamo vivamente la visione della puntata di Report del 19/12/22, che contiene un’ampia ed approfondita inchiesta dal titolo La Pandemia Silenziosa che, come dice il conduttore Sigfrido Ranucci nell’introduzione, forse con un eccesso di fiducia, “riscriverà la storia della pandemia nel nostro paese”. Purtroppo il servizio è lungo, dura circa un’ora (comincia intorno al minuto 0:26:00 della trasmissione, -1:20:30 alla fine), ma è di estremo interesse e assicuriamo che vale la pena spenderci del tempo.
È inutile anticiparne qui i contenuti, ma vogliamo puntualizzare alcuni aspetti strettamente connessi alla “follia COVID” che, se avessimo avuto modo di vedere la trasmissione prima di pubblicare il libro, avremmo sicuramente citato.
- Nel libro, al capitolo 2.2, spieghiamo come la mortalità da COVID in Italia sia molto più alta di quella di altri paesi europei con caratteristiche analoghe alle nostre, così come l’eccesso di mortalità generale, per tutte le cause. L’inchiesta di Report (intorno al minuto 0:29, -1:17:30 alla fine) parla dell’enorme incidenza di infezioni ospedaliere antibiotico-resistenti tra i morti COVID, fornendo quindi una chiave di lettura interessante alla “stranezza” italiana. E dice che in Italia, prima del COVID, circa 15.000 persone all’anno (dato pesantemente sottostimato e nel servizio di Report si spiega perché, e tuttavia già il dato peggiore d’Europa) muoiono per infezioni contratte in ospedale: ebbene, durante la pandemia i numeri si sono moltiplicati di parecchie volte; e questo già basta a suggerire qualcosa. Ma ancora più interessante è l’elenco delle possibili cause, tutte riconducibili al panico generale e alla risposta disorganizzata e “creativa” italiana (denunciata anche dall’OMS – ne parliamo nel cap. 2.7 del libro):
- eccesso di risposta ospedaliera e, di conseguenza, ospedali troppo pieni (forse è anche per questo che la Germania – dove è stata privilegiata la risposta territoriale in luogo di quella ospedaliera – ha registrato molti meno morti di noi?), condizione aggravata dalla cronica carenza di posti;
- introduzione in emergenza di operatori poco formati;
- utilizzo di Dispositivi di Protezione Individuale per i sanitari (i famosi “astronauti”) senza senso per una malattia che, negli under 65 in salute (come è chi lavora), non ha praticamente conseguenze e che si sono rivelati fonte di ulteriori gravi rischi (ne parliamo a pag. 169 del libro relativamente alle mascherine, ma il discorso vale per tutti i DPI);
- totale mancanza di pianificazione sanitaria dell’emergenza e disposizioni scriteriate (tra cui la sospensione delle autopsie) (ne parliamo nel capp. 2.6 e 2.7 del libro);
- totale mancanza di pianificazione di azioni a contrasto delle antibiotico-resistenze, anzi, nella generale carenza di protocolli di cura, addirittura sono stati massicciamente adottati comportamenti che le hanno favorite (cfr. successivi punti 4 e 5).
- La contabilità dei morti COVID in Italia è farlocca (ne parliamo diffusamente nel capitolo 2.2 del libro). Il Direttore Generale del Ministero della Salute Claudio D’Amario si esprime così (intorno al minuto 0:32 della trasmissione, -1:14:10 alla fine): “molti sono morti per la sepsi e non per il COVID. [Intervistatore:] Solo che ufficialmente sono morti per COVID. [D’Amario:] (…) C’è stato un problema metodologico, un problema che l’Istituto [Superiore di Sanità] doveva rivedere tutte le cartelle, ma era un lavoro disumano, quindi…” e conclude ammettendo candidamente: “se andassimo a fare una revisione, il 40% di quei decessi non ha nulla a che vedere col COVID”. È sufficiente ad attestare quale cura e attenzione sia stata riservata ai numeri della nostra pandemia? Gli stessi numeri sulla base dei quali sono state giustificate tutte le scelte scellerate degli ultimi tre anni?
- La questione dell’incidenza delle infezioni ospedaliere tra i morti COVID non è di poco conto. Nell’inchiesta di Report si cita uno studio (peraltro con molte limitazioni, ma non sottilizziamo) in cui si stima che il 19% dei morti COVID aveva infezioni batteriche contratte, nell’88% dei casi, in ospedale e con antibiotico-resistenze fino al 95%. E si dice anche che la cifra record italiana di 15.000 morti/anno (la quale, moltiplicata per tre anni, fa 45.000 morti, senza considerare l’effetto moltiplicatore dell’effetto COVID) si inserisce nella astronomica cifra mondiale di 1.300.000 morti/anno per batteri antibiotico-resistenti (che, se moltiplicata per tre anni, fa quasi 4 mln di morti, con qualche inquietante riverbero sulla cifra di 6,7 mln di morti COVID totali ad oggi…). Insomma, mi sa che la questione ha inciso non poco sui numeri della nostra pandemia…
- È del tutto evidente che l’Italia, oltre alla sostanziale assenza di un Piano Pandemico (ne parliamo diffusamente nei capitoli 2.6 e 2.7 del libro), ha scontato anche le carenze e la mancata applicazione del Piano Nazionale di Contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR), nonostante le pesanti critiche che l’ECDC ha rivolto all’Italia a seguito di un’ispezione del 2017 ed un apposito stanziamento di 40 mln di euro per svilupparlo (Report lo racconta intorno al minuto 0:41 della trasmissione, -1:05:00 alla fine). Quello di non pianificare o di farlo solo con inutili supercazzole senza alcuna concretezza e solo sulla carta, è un vizio tutto italico…
- La “tempesta perfetta” costituita dalla sovrapposizione tra COVID e infezioni nosocomiali antibiotico-resistenti non è stato un dato “di natura”, ma, come detto al punto 1, il frutto di una serie di errori, inerzie, disorganizzazioni, errati comportamenti1. Tra questi ultimi spicca il massiccio utilizzo di antibiotici per curare il COVID (Report fa l’esempio dell’azitromicina che ha registrato un aumento delle prescrizioni del 230%), “nonostante sin dal primo anno alla facoltà di medicina insegnino che i virus non si curano con gli antibatterici” (se ne parla intorno dal minuto 1:01:00 della trasmissione, -0:45:00 alla fine). Quindi, oltre a “tachipirina e vigile attesa”, anche “antibiotico e vigile attesa”. E non si sa cosa sia stato peggio, visti i risultati…
- Il bello è che la questione degli antibiotici è davvero surreale (Report ne parla intorno al minuto 1:17:00 della trasmissione, -0:29:00 alla fine). Sono trent’anni almeno che l’industria farmaceutica non sviluppa più antibiotici, mentre i nostri comportamenti dissennati ne richiederebbero con estrema urgenza (un’esperta intervistata al minuto 0:38:00, -1:07:30 alla fine, dice: “potremmo arrivare ad una situazione in cui il paziente avrà debellato il tumore, ma morirà post-chemioperapia o post-trapianto, per un’infezione resistente agli antibiotici: la fine della medicina moderna”). Su questo tema non c’è traccia della grande e luminosa esperienza, da tutti lodata, di concorde ricerca finalizzata al bene comune e alla salvaguardia della specie umana messa in atto per produrre i vaccini COVID a tempo di record. Perché? Semplice: con gli antibiotici non si guadagna. Niente a che vedere con i colossali ricavi dai vaccini (lo accenniamo anche nel libro, a pag. 266). Ma, nell’inerzia delle istituzioni, le case farmaceutiche (insieme alle onnipresenti fondazioni private come quella di Bill Gates e con la benedizione della tutt’altro che indipendente OMS) si ritagliano anche una patente di “buoni”: “Nel 2020 le multinazionali del farmaco hanno lanciato un fondo: Action Found. Prevedono di investire 1 miliardo di euro in 10 anni su promettenti start-up con farmaci in fase avanzata di sperimentazione, per sviluppare 4 nuovi antibiotici entro il 2030.” Insomma, piccole realtà, intraprendenti ma senza risorse, lavorano nel campo degli antibiotici abbandonato dalle grandi case farmaceutiche, mentre queste stanno tranquille a guardare: che importa se ci vorranno altri dieci anni? Ah, a proposito, da qui al 2050 si stima che i morti nel mondo per antibiotico-resistenza arriveranno fino a 10 milioni all’anno. E non saranno solo vecchietti ultraottantenni e molto malati a farne le spese. Varrebbe la pena sforzarsi un po’ di più, come abbiamo fatto per il COVID?
- Facciamo, giusto per la cronaca, anche due conti sui soldi. Nel servizio di Report si citano i 40 mln di euro stanziati dal Ministero della Salute per cominciare a lavorare sul PNCAR (cosa mai fatta), i 360 mln di euro stanziati per il programma CARB-X (Combating Antibiotic-Resistant Bacteria) da Bill Gates insieme a soldi pubblici di USA, UK e Germania, il 1 mld di euro in 10 anni stanziato da Big Pharma per il programma Action Fund. Nel nostro libro, a pag. 94, noi facciamo un piccolo “conto della serva” e ci accorgiamo che in Italia, per fare 223 milioni (al 17/6 scorso, oggi molti di più) di tamponi al fine di tracciare i contagi e contenere il virus (obiettivi che sappiamo impossibili da realizzare), abbiamo speso inutilmente 8,36 mld di euro. E, lo ripetiamo, questo solo in Italia. La quale, invece che essere l’esempio mondiale del panico, dei lockdown e delle discriminazioni vaccinali (che non hanno salvato nessuno, anzi), ha avuto in mano le risorse per diventare il faro mondiale nella ricerca sugli antibiotici e contribuire a salvare – per davvero – milioni di vite nel mondo.
- E, per concludere, qualche piccola nota di costume. Al minuto 0:37 (-1:09:00 alla fine) si vedono immagini di un laboratorio di analisi italiano, in cui tutti operano mascherati (compresi intervistato e intervistatore), spesso anche col solito vizio del naso non coperto; al minuto 1:19:00 (-0:27 alla fine) si vedono invece le immagini di un laboratorio farmaceutico francese, in cui nessuno porta alcuna protezione respiratoria e, men che meno, intervistato ed intervistatore. Ora, pur nella consapevolezza che si tratta di contesti laboratoriali diversi tra loro, la discrepanza tra i due approcci dà comunque un po’ da pensare o no? Per non parlare degli assurdi protocolli ancora vigenti negli ospedali italiani (sebbene non vi sia più un obbligo di legge) per cui è praticamente impossibile andare a visitare un malato per portargli un po’ di conforto (aspetto che – nessuno se lo ricorda più, ormai – fa parte integrante della “cura” del malato): precauzioni che, alla luce di quanto fin qui detto, risultano senza alcuna ratio dal momento che, a quanto pare, se i ricoverati si prendono una malattia in ospedale ciò avviene per causa dell’ospedale stesso e dei suoi operatori e non certo per colpa dei visitatori…
Basta così. Che queste notizie possano riscrivere la storia della pandemia nel nostro paese ne dubitiamo, anche se, in un paese normale, ce ne sarebbe ben donde. Intanto proviamo a tenerci informati e consapevoli, per il resto speriamo nei posteri. Buona visione.
- Un frutto neanche tanto ignoto: accadde qualcosa di simile con la Spagnola del 1918; ah già, ma per il nostro Ministro “non c’erano modelli o precedenti utili su cui fare affidamento”… [↩]