Le altre considerazioni

In questa sezione vengono inserite le considerazioni più di breve respiro o su dati e fatti contingenti. Le note del periodo 2020-21 sono state spostate nell’apposita sezione. Non c’è più l’indice perché le note vengono inserite in ordine inverso dalla più recente alla più vecchia (come effettivamente si fa nei blog, ma io non lo sapevo…).

28 maggio – RESISTENZA

Sarò breve. A molti di noi, ultracinquantenni parzialmente o per nulla vaccinati, è arrivata la lettera di estorsione di Ministero della Salute e Agenzia delle Entrate. Non commento; potete leggere direttamente da soli di quale abominio democratico si tratti, cliccando qui.

Per fortuna vi sono margini per far valere la propria posizione di dissenso e vi sono anche alcuni soggetti che mettono a disposizione, di chiunque ne abbia bisogno, valutazioni e strumenti perché tale dissenso possa essere espresso compiutamente; perciò, anche se si tratta di soggetti coi quali, per altri versi, mi trovo in disaccordo o che fanno riferimento ad aree culturali e politiche che non mi appartengono, ne segnalo gli utilissimi link: “Come difendersi dalla multa di 100 euro” dal sito Iustitia In Veritate e “Vademecum per Over-50” dal sito Difendersi Ora.

E che sia il momento di resistere lo suggerisce anche il fatto che qualcosa sembra muoversi nello stagnante aquitrino in cui ci troviamo, con la proposta di istituire una Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Vaccini Covid, che forse non approderà a nulla (come è già capitato), ma di cui almeno, attualmente, un po’ si parla. E proprio in seno a tale discussione, il 24/5 scorso, durante una conferenza stampa organizzata dal gruppo parlamentare che propone l’istituzione di detta Commissione (Alternativa), è intervenuto il prof. Giovanni Frajese con una breve esposizione dei risultati di alcuni studi secondo i quali, dopo la terza dose, quando l’effetto del vaccino viene meno, ci si ritroverebbe con difese immunitarie più basse rispetto a quelle che avevamo naturalmente prima del vaccino: ammetto che il tema vaccini non mi appassiona molto, anche perché è molto complicato costruirsi una opinione fondata sull’argomento, tuttavia vale la pena di spendere una decina di minuti per ascoltare l’intervento di Frajese, sebbene mi corra l’obbligo di precisare che i dati presentati, ancorché reali e documentati, ad un’analisi più approfondita (peraltro piuttosto faticosa da fare), non mi sono parsi del tutto convincenti e, soprattutto, mi lasciano un certo sospetto di forzatura, perciò ritengo opportuno accoglierli con una giusta dose di dubbio.

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23 maggio – STAVOLTA LA STRONZATA L’HO DETTA IO

E l’ho detta pure abbastanza grossa, perciò devo urgentemente fare mea culpa (gli aggiornamenti e le correzioni relative, in giro per il blog, le farò col tempo).

Andando a ristudiare alcune questioni per un lavoro che sto facendo con un mio amico, mi sono accorto che uno dei miei cavalli di battaglia è quasi completamente zoppo: parlo della costante e reiterata critica al famoso Rt (l’indice di trasmissibilità calcolato “in corsa”, a differenza dell’R0 che è l’indice calcolato a inizio epidemia, prima cioè di qualunque intervento di contrasto) e, successivamente, ai 21 indici per la zonizzazione a colori. Ebbene, nonostante non manchino elementi di criticità anche importanti sulle due questioni e, soprattutto, che l’uso che i media ne hanno fatto è spesso stato spregiudicato, devo rettificare la mia posizione in maniera sostanziale:

  • ci sono diversi modi di calcolare l’Rt e quello che utilizza l’ISS non si basa sul numero (errato, lo sappiamo) dei contagi rilevati con i tamponi, ma sul numero dei casi sintomatici che, al netto di alcune possibili inesattezze di segnalazione, è sicuramente un dato più affidabile e rende l’indice abbastanza solido;
  • dei famosi 21 indicatori, non 9 ma solo 41 sono sicuramente basati sul numero dei contagi rilevati con i tamponi (e perciò irrimediabilmente errati), mentre gli altri sono tutti basati sui casi sintomatici: quindi l’effetto degli indicatori sbagliati ha un impatto meno rilevante sulla complessiva valutazione del rischio.

Rimangono molte preplessità generali sui due delicati temi (ad es. si veda questo articolo da Repubblica), ma che io abbia parzialmente toppato in alcune mie considerazioni è fuor di dubbio. Me ne scuso e cercherò di rimediare e correggere, laddove possibile. Rimane pure sempre vero, infatti, che le mie sono considerazioni da uomo della strada e che possono essere sempre confutate da chi ne sa più di me (un esempio? Qui – e in altri articoli ivi linkati – addirittura il premio Nobel Giorgio Parisi…), anche se ciò non toglie il diritto legittimo di porre domande e cercare risposte, col rischio sempre incombente di prendere anche delle sonore cantonate…

Tuttavia, a mia parziale discolpa, va detto che ISS, oltre ad “appaltare” il calcolo di Rt ed il sistema degli indicatori per la valutazione del rischio alla Fondazione Bruno Kessler di Trento (non so perché proprio a questa…), ha anche una convenzione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, sempre per gli aspetti satistici; ebbene proprio quest’ultimo, per il calcolo di Rt, utilizza un metodo diverso, che considera tutti i “contagiati” e non solo i sintomatici e di qui la confusione che, col tempo, ho fatto nella mia testa tra i due Rt (per un approfondimento sulle diverse modalità di calcolo di Rt ed una qualche comparazione tra loro, si può leggere la pagina dedicata nel sito INFN).

A questo punto, però, vorrei proporre una breve riflessione (che porta acqua al mio mulino). L’Rt così come calcolato dalla FBK e utilizzato da ISS, non tenendo conto delle infezioni asintomatiche (che sono di gran lunga la maggioranza) non ci dice realmente qual è la situazione della diffusione del contagio e ciò è abbastanza penalizzante (ricordo che la “R” di Rt sta per “riproduzione”): ad es., in presenza di una variante molto “aggressiva” (con molti sintomatici) la riproduzione così calcolata risulta più elevata che non nel caso di una variante meno “cattiva” ma molto diffusiva (cioè con molti asintomatici). In tal caso Rt non è più un indice di “riproduzione”, ma semmai un indicatore di diffusione della malattia sintomatica; non che questo sia inutile – ci può infatti suggerire una tendenza nello sviluppo della malattia, pur se nel breve periodo (perché nel tempo, specialmente in una epidemia con virus molto variabili come i coronavirus, il confronto non è possibile) – ma non ci da informazioni sul comportamento del virus e sulla sua effettiva diffusione. A questo scopo sembrerebbe migliore l’Rt come calcolato da INFN (un modello che considera: numero di persone suscettibili al contagio, numero di persone infette, numero di persone di guarite e decessi), se non fosse però che il suo risultato è inficiato dal dato dei contagiati che, come è noto, non solo non conosciamo, ma anzi è pesantemente distorto dalla modalità di rilevazione (il tamponamento a casaccio).

Quindi, errore mio sì – e marchiano – ma tutto sommato un peccato abbastanza veniale…

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17 aprile – “MA QUANTO SIAMO STATI BRAVI!”. NUOVO DOCUMENTO ISS

Un nuovo tassello si aggiunge alla campagna di legittimazione/giustificazione di quanto abbiamo fatto in Italia in risposta alla pandemia di SARS-CoV-2 che, volenti o nolenti, sta volgendo al termine. Dopo il rapporto ISTAT-ISS sull’analisi dell’eccesso di mortalità nel periodo 20-21 (di cui abbiamo parlato nella nota del 19/3, più sotto), ISS ha pubblicato in questi giorni il documento “Infezioni da SARS-CoV-2, ricoveri e decessi associati a COVID-19 direttamente evitati dalla vaccinazione. Italia 27/12/2020 – 31/01/2022”, una formidabile supercazzola2 elaborata con l’obiettivo di “stimare il numero di “eventi” (infezione sintomatica o asintomatica o ricovero in qualsiasi reparto o in terapia intensiva o decesso associati a SARS-CoV-2) evitati direttamente dalla vaccinazione anti-SARS-CoV-2 da gennaio 2021 alla fine di gennaio 2022”. Il documento, a cui ha lavorato un folto numero di studiosi (17 firmatari + 58 collaboratori a vario titolo), viene presentato fin dal titolo come “nota tecnica”, ma in realtà si tratta di un subdolo pamphlet di propaganda, dietro la cortina di fumo di tecnicismi incomprensibili ai più, formalmente ineccepibili (come è logico, data la competenza tecnica di chi lo ha elaborato) ma del tutto inutili alla reale comprensione del fenomeno indagato (la fantomatica stima degli eventi derivanti da SARS-CoV-2 evitati con la vaccinazione di massa), buttati lì solo per dimostrare l’assunto sotteso a tutto questo impegnativo lavoro: avevamo ragione a vaccinare tutti indistintamente e siamo stati bravi a farlo senza sentire ragioni…

Beh oddio, di impegno, in realtà, non ne deve essere stato messo molto, dal momento che di fatto si è trattato di giocare con quattro algoritmi e sfornare un mucchio di tabelle e grafici (non impressioniamoci, lo fa un computer) e aggiungerci una bibliografia, nutrita quanto discutibile (ben 14 riferimenti su 40 sono relativi a decreti e circolari del governo e del Ministero della Salute: da quando la politica “legittima” le deduzioni della scienza?) e forse neanche realmente tanto consultata, dato che dentro ci sono interessanti conferme delle pesanti criticità del documento. Inoltre, anche la revisione del report finale deve essere stata piuttosto affrettata, dal momento che vi sono diversi refusi che confondono chi si avventura nella lettura approfondita dell’imponente documento: ma tanto chi mai sarà andato oltre la pagina 2, dove si trovano le 12 righe di sintesi, abilmente confezionate ad uso della stampa? Eccole qui: “Il presente rapporto si propone di stimare il numero di infezioni sintomatiche o asintomatiche, ricoveri in qualsiasi reparto o in terapia intensiva e decessi associati a SARS-CoV-2, direttamente evitati nel periodo gennaio 2021 – gennaio 2022, grazie alla vaccinazione anti-COVID-19. Il numero di eventi settimanali evitati è stato stimato sulla base di tre parametri: il numero di eventi osservato, l’efficacia vaccinale stimata e la copertura vaccinale. Le analisi sono stratificate per fascia di età (<60, 60-69, 70-79, 80+) e per Regione/Provincia Autonoma di diagnosi. Complessivamente, durante il periodo analizzato, sono stati evitati circa 8 milioni di infezioni, oltre 500.000 ricoveri, oltre 55.000 ricoveri in terapia intensiva e circa 150.000 decessi. La distribuzione degli eventi evitati non è stata omogenea durante il periodo studiato. Nella prima metà del 2021, a causa della bassa copertura vaccinale, il numero di eventi evitati è stato limitato, mentre nella seconda metà del 2021 e nel mese di gennaio 2022 si stima che la vaccinazione abbia evitato più della metà degli eventi attesi. La vaccinazione anti-COVID-19 ha permesso di ridurre significativamente l’impatto della pandemia in termini di morbilità e mortalità, permettendo un importante allentamento delle misure restrittive dalla primavera/estate del 2021.” Per comodità ho evidenziato le uniche due frasi che hanno interessato i nostri giornali3 Del resto, perché fare la fatica di leggere tutte le 41 pagine, se poi il vero messaggio che si voleva far passare è solo questo?

Non serve, per quanto mi riguarda, un’analisi punto per punto di questo ponderoso documento, peraltro – lo ammetto – un po’ al di sopra delle mie conoscenze di matematica e statistica, le quali tuttavia mi hanno consentito di rilevarne le principali criticità. E su queste mi soffermerò.

La prima, la più importante e definitiva, è nella stessa premessa metodologica dello studio (sez. 4 del documento): “Questo approccio si basa sull’idea che l’impatto settimanale della vaccinazione sugli eventi studiati (casi notificati COVID-19, ricoveri, ricoveri in terapia intensiva e decessi) può essere stimato combinando l’efficacia vaccinale verso l’evento di interesse, la copertura vaccinale settimanale e il numero settimanale di eventi osservati.”. Ecco dove irrimediabilmente casca l’asino, perché – e lo sappiamo da tempo, lo abbiamo detto un milione di volte – i numeri che abbiamo sono farlocchi: i contagi rilevati col tamponamento a casaccio, i ricoveri ed i morti conteggiati come Covid anche se ricoverati o morti per altro ma positivi al SARS-CoV-2. E se il punto di partenza del calcolo è esattamente il numero farlocco, il risultato non potrà che esserlo altrettanto, non c’è bisogno di essere dei matematici per comprenderlo. È inutile quindi che la stima sia stata fatta “utilizzando un metodo ampiamente diffuso nello studio dell’impatto della vaccinazione durante la stagione influenzale (37, 38), e recentemente è stato già utilizzato per studiare l’impatto della vaccinazione anti-SARS-CoV-2 sia in uno studio italiano dell’ISS (19) sia a livello internazionale (18, 39)”: il metodo, infatti, è certamente valido e consolidato, ma se non dispone di dati di partenza corretti serve a poco. La prova? I documenti citati al n. 19 e al n. 18 della bibliografia (i riferimenti li ho lasciati apposta nella citazione), applicando la stessa metodologia, stimano rispettivamente 22.000 morti evitate grazie al vaccino nel periodo gennaio-settembre ’21 e 35.500 da dicembre ’20 a novembre ’21: siamo ben lontani dalla stima di 150.000 morti evitate dal 27/12/20 al 31/01/22 sbandierata dal nostro documento4… Per non parlare degli 8 milioni di contagi evitati, calcolati a partire dal numero insensato per eccellenza, quello dei contagi rilevati coi tamponi e che sono proprio questi ultimi a far lievitare (ricordate che solo a gennaio 2022 si sono rilevati 4,7 mln di contagiati mentre in tutto il 2021 erano stati 4,2 mln, grazie a 30 mln. di tamponi contro i 114 di tutto il 2021?).

Quindi, già solo a partire da questa prima, banale considerazione si potrebbe tranquillamente cestinare il documento, con tutto il suo tripudio di tabelle e grafici decorativi. Ma se non vi dovesse bastare quanto detto, andate a leggere la sezione 5.1, quella che riporta i risultati di questo lavoro di stima, esemplare nella sua totale inutilità. Si parte con la figura n. 6 qui riprodotta:

la quale ovviamente non riporta il dato dei tamponi effettuati5, fondamentale per capire la prima curva, quella della “diagnosi” (perché l’assunto da dimostrare è che abbiamo tanti contagi a causa della variante omicron, per cui non dobbiamo abbassare la guardia; il nesso sembra labile, ma è invece solidissimo: leggete questo articolo de Il Messaggero e ne avrete contezza); tuttavia essa già ci fa capire che i vaccini funzionano proprio per gli aspetti per i quali devono funzionare, cioè la riduzione dei ricoveri e dei morti. E questo basterebbe. Invece, non paghi, i ricercatori si lanciano in un surreale delirio di numeri senza senso (se avete voglia andate a vedervelo, da pag. 14 in poi del documento), perché, come già accennato, il secondo assunto da dimostrare è che i nostri buoni governanti ed i saggi scienziati ci hanno salvato la vita: e quindi giù a calcolare, computare, disegnare righe. Ora, non so voi, ma io, da ignorante uomo della strada, a leggere le due tabelle di pagina 14 (la prima relativa agli “eventi” evitati nel 2021, la seconda relativa a quelli evitati nel solo gennaio 2022) sono scoppiato a ridere:

quindi, secondo il modello, abbiamo evitato 2,8 milioni di “casi” in tutto il 2021 e 5,2 milioni nel solo gennaio 2022, nonché 78.000 morti in tutto il 2021 e 74.000 nel gennaio 2022; anche ammesso che l’effetto salvifico dei vaccini abbia cominciato a manifestarsi nella seconda parte del 2021, questi calcoli appaiono ridicoli…

Vi risparmio le successive 6 pagine di numeri e grafici, che vanno a dettagliare ulteriormente i dati per fascia d’età ed area geografica, amplificando il ridicolo. Invece mi soffermo su alcuni importanti elementi contenuti nel punto 5.4 (Limiti) e nelle Conclusioni, nonché emergenti da alcuni dei documenti citati in bibliografia.

Gli stessi ricercatori riconoscono infatti che “l’analisi presentata ha diversi limiti”: “in primo luogo, questo approccio permette di stimare soltanto gli eventi evitati direttamente dalla vaccinazione, senza prendere in considerazione i benefici indiretti, quali la ridotta circolazione virale nella popolazione complessiva in contesti di elevata copertura”, né “è in grado di prevedere i cambiamenti comportamentali della popolazione, inclusi quelli derivanti da eventuali misure di contenimento” (e su questo nulla da dire: se l’algoritmo non è in grado di farlo, loro lo sanno meglio di me), tuttavia, “tenendo in considerazione ciò, si può supporre che il calcolo proposto abbia sottostimato il numero di eventi evitati” (cioè siamo stati probabilmente ancora più bravi di quanto abbiamo modestamente calcolato); altra importante limitazione riguarda le stime di efficacia vaccinale (altro dato che compare nell’algoritmo utilizzato) le quali “risentono del fatto che non è stato possibile aggiustare per alcuni fattori, come il tipo di vaccino o la fragilità dei soggetti. Inoltre, negli ultimi mesi dell’anno 2021 e nel mese di gennaio 2022, dati gli alti livelli di copertura vaccinale, le stime di efficacia potrebbero risentire di uno sbilanciamento nella distribuzione della popolazione fra vaccinati e non vaccinati. Questi ultimi rappresentano una fetta molto piccola della popolazione, caratterizzata verosimilmente da fattori di rischio differenti per i quali non è possibile aggiustare all’interno dei modelli per mancanza di adeguate informazioni a livello individuale (es. aspetti socio- comportamentali)” (insomma, anche qui ci sono fattori non irrilevanti di distorsione dei risultati, ma ci può stare); infine si ricorda che “in concomitanza con l’inizio della campagna vaccinale, nei primi mesi del 2021, sono stati introdotti diversi interventi non farmacologici per controllare la diffusione del virus [lockdown, zone a colori, green-pass all’italiana, mascherine FFP2, etc. (nota mia.)]. È probabile, quindi, che anche questo tipo di interventi, oltre la vaccinazione, abbiano avuto un impatto sull’incidenza di casi di COVID-19, ricoveri, ricoveri in terapia intensiva e decessi” (quindi non vogliamo dare tutto il merito ai soli vaccini, è stato piuttosto un grande lavoro di squadra…). Ecco, tutto qui; e, una volta sbrigata l’odiosa pratica dei “limiti”, via veloci e fieri verso il radioso finale…

Prima, però, solo una piccola frase che ormai, arrivati a questo punto, speriamo nessuno noti più di tanto: “per quanto riguarda la stima dei decessi evitati si evidenzia che questa analisi non fornisce una stima degli anni di vita guadagnati grazie alla vaccinazione”… Certo, non può essere altrimenti. Ma vale la pena di recuperare, tra tutti quei numeri a vanvera del documento, quelli della tabella 8:

Non so se è chiaro: dei fantomatici 150.000 morti evitati grazie ai vaccini, comunque ben 109.000 sono ultra 80enni; e se l’aspettativa di vita media in Italia è 82-85 anni e l’aspettativa di vita in salute è 72-79 anni (dati OMS), di cosa stiamo parlando esattamente?

Ma va beh, chissenefrega, ora basta con tutta questa negatività, vai col finale: “in conclusione, in Italia, durante il 2021 e gennaio 2022, la vaccinazione anti-COVID-19 ha permesso di ridurre significativamente l’impatto della pandemia in termini di morbidità e mortalità, permettendo un importante allentamento delle misure restrittive nella seconda metà dell’anno”. C.V.D.

Noi però, per concludere davvero, facciamo una breve incursione in un paio di documenti riportati in bibliogafia, che ci danno qualche elemento di lettura in più.

Tra gli elementi di criticità da evidenziare rispetto ad una operazione di stima di cosiddetti NAE (number of adverted events, numero di eventi evitati) come quella fatta da ISS, una analoga ricerca riguardante l’influenza stagionale pubblicata su Eurosurveillance nel novembre 2019 (citata al n. 38 della bibliografia) ne identifica correttamente anche altri: “Poiché NAE è una funzione lineare del MAICC [medically attended influenza-confirmed cases, casi confermati di influenza assistiti da un medico (nota mia.)], una grande differenza nel MAICC tra paesi o stagioni porterà a grandi differenze di NAE [e per lo stesso motivo, i nostri numeri farlocchi di partenza comportano risultati fuorvianti]. In questo studio, abbiamo stimato il MAICC utilizzando i dati di sorveglianza delle cure primarie. Potenziali spiegazioni per le differenze osservate potrebbero essere (i) il tasso di positività all’influenza [perché stabilire il numero di casi è in realtà estremamente difficile e, ad esempio, cercarli a casaccio come facciamo noi è vieppiù assurdo], (ii) i metodi del sistema di sorveglianza, ad es. la definizione di caso utilizzata per reclutare casi [e sappiamo bene quali limiti abbiano da noi i numeri dei “casi”, degli ospedalizzati e dei morti], (iii) il comportamento di ricerca dell’assistenza sanitaria [cioè il modo in cui si raccolgono i dati e come si pone il personale sanitario di fronte al fenomeno indagato, temi tutt’altro che banali, nella folle narrazione di questa pandemia]”; insomma, altri elementi che dovrebbero indurre estrema cautela nel prendere per buoni i risultati di questo documento ISS.

Ma da noi lo scientismo (e non la scienza) è da tempo padrone della scena sociale e della narrazione collettiva, così come del processo decisionale della politica. Ed è un pessimo segno.

Distorsioni rilevate indirettamente anche dallo studio (abbastanza agghiacciante nel suo complesso) “Mobilitazione di conoscenze e consulenze specialistiche per la gestione dell’emergenza Covid-19 in Italia nel 2020” citato da ISS nella bibliografia (al n. 13) e pubblicato su Nature nel febbraio 2022: “Il caso di studio dell’Italia è particolarmente interessante in quanto l’Italia rappresenta il primo Paese dopo la Cina ad aver dovuto affrontare e gestire l’epidemia di SARS-CoV-2. Il caso di studio in Italia è quindi unico nel modo in cui il Paese ha dovuto affrontare il più alto grado di incertezza riguardo al nuovo patogeno. Sono tre le caratteristiche chiave della gestione della pandemia in Italia, che emergono dalla nostra analisi dei dati:

– la quasi completa sovrapposizione di consulenza tecnica e risposta politica nella prima fase della pandemia nella primavera del 2020;

– il passaggio dell’approccio di gestione alla pandemia da un blocco nazionale nella primavera del 2020 a un approccio fortemente regionalizzato in autunno e in inverno e che porterà al 2021;

– la conferma da parte di esperti politici di gerarchie della conoscenza che privilegiano le scienze “dure” a scapito delle scienze “morbide” (scienze sociali e umanistiche).

La nostra analisi si conclude alla fine del 2020. Non è né esaustiva né necessariamente completa, poiché siamo ancora nel mezzo della pandemia mentre concludiamo questo articolo, tuttavia il nostro caso di studio fornisce ciò che riteniamo essere un’istantanea e una rappresentazione accurate di la mobilitazione di esperti, e di selezionate tipologie di evidenza, per gestire l’emergenza sanitaria senza precedenti, nell’anno 1 della pandemia di Covid-19 in Italia. Un interessante seguito al nostro caso di studio sarebbe quello di indagare sulla decisione, il 13 febbraio 2021, del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di costituire un Governo Tecnico di “Sanità Pubblica” guidato da un Presidente del Consiglio “tecnico” Mario Draghi (ex Capo della Banca Centrale Europea). In una nuova congiuntura critica di emergenza sanitaria, la politica italiana è tornata a ricorrere al policymaking basato sugli esperti. Come evidenziato nella sezione sullo sfondo, l’Italia ha una lunga storia di governi tecnocratici che risale ai primi anni ’90. Tuttavia, questi governi sono noti per essere di breve durata con una rapida erosione del consenso pubblico e politico. Ciò non deve sorprendere: come delineato in questo caso di studio, non appena il picco dell’emergenza sanitaria viene percepito come superato, emergono divergenze di parte e vengono messi in discussione i pareri degli esperti, nonché la loro affidabilità e imparzialità . Lo sforzo attivo dei politici italiani per togliere la “politica” dalla gestione della pandemia ricorrendo a conoscenze specialistiche non è stato affatto unicamente dell’Italia. Al contrario, questo è emerso come una caratteristica fondamentale della mobilitazione di conoscenze specialistiche nella gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 in molti paesi diversi, con diversi sistemi politici, in tutto il mondo. Questa scoperta, crediamo, potrebbe diventare una lezione per future emergenze. La politica basata sugli esperti può essere solo una soluzione temporanea per i politici. Il continuo ricorso alla consulenza di esperti oltre i rigidi limiti dell’emergenza può portare a una diminuzione della fiducia negli esperti con conseguenze di lunga data per la scienza. Infine, i nostri risultati corroborano la letteratura precedente che indicava che le competenze economiche e sociali non sono state ben integrate nella consulenza degli esperti di salute pubblica, costituendo una sfida importante per il processo decisionale durante un’emergenza sanitaria”.

E per oggi basta così.

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29 marzo – SCHIZOFRENIA GALOPPANTE

La Treccani la definisce: “psicosi dissociativa caratterizzata da un processo di disgregazione (dissociazione) della personalità psichica”. Direi che è questa la malattia pandemica del momento; infatti, mentre il SARS-CoV-2 è diventato endemico (e non da ora), la triade politica-esperti-media non sa più che pesci pigliare, ma non vuole mollare l’osso, perciò si inventa roba sempre più astrusa e strampalata. “Sarebbe fuori dalla storia gestire la pandemia come un anno fa, ma ci vuole cautela. Cautela e fiducia. La pandemia non è finita” ha detto il Principe delle Tenebre Speranza ad un adorante Don Fabio Fazio domenica sera: cioè, sarebbe fuori dalla storia, ma non ce ne frega niente, tranquilli, vedrete che qualcosa ci inventiamo…

Ascoltate il video che compare in questa pagina del sito di SkyTG24 (dove si trova anche una sintesi del discorso delirante di Speranza da Fazio) e ne avrete contezza.

Perciò, in una fase in cui i contagi aumentano ma, ovviamente, senza ricoveri e senza morti (effetto della campagna vaccinale, ma soprattutto della nuova variante dominante del virus, la omicron, sempre più adattata all’uomo), invece di essere contenti per l’immunizzazione naturale sempre più diffusa (anche tra i pochi non vaccinati), cerchiamo di mantenere vivo l’allarme sociale attraverso il solito apparato di misure senza senso.

La dissociazione non è, tuttavia, solo italiana; leggetevi questo articolo dal sito di RaiNews (del mese scorso, ma sempre attuale) e vedrete che non siamo gli unici schizzati al mondo: “Livello massimo di rischio epidemiologico per Covid-19. La mappa dell’Europa – che viene pubblicata ogni giovedì dall’Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie – continua a rimanere di colore rosso scuro. E nonostante ciò, alcuni paesi hanno deciso di rimuovere o alleggerire le restrizioni adottate in questo periodo di lotta alla pandemia. Altri invece hanno deciso di mantenerle o addirittura inasprirle” (ergo, è evidente che qualunque misura adottata non ha alcun significato scientifico né alcuna utilità pratica, ma sono solo mosse a caso…)

In tutto questo delirio, come è sempre stato sin dall’inizio della pandemia, la Svezia emerge come una delle pochissime nazioni che, in questa vicenda, non ha mai perso la bussola. Noi li abbiamo dileggiati e bistrattati senza alcun fondamento, poi, davanti alle evidenze che ci hanno dato torto su tutta la linea e confermato la sensatezza degli svedesi (ne parlammo in più occasioni, ad es. qui), i nostri giornali hanno al massimo concesso che “il giudizio sul modello svedese rimane, in larga parte, indecidibile”, bontà loro…

Ma è un fatto. In Svezia i contagi hanno lo stesso andamento che altrove:

ma non fanno tamponi a cazzo come noi:

e non hanno performance peggiori delle nostre:

nonostante una strategia di contenimento e restrizioni molto più ragionevole della nostra (e soprattutto basata essenzialmente su raccomandazioni, piuttosto che sul modello coercitivo cino-italico):

e una copertura vaccinale più bassa della nostra (e, si noti, con molte meno terze dosi booster, mentre noi stiamo già alla quarta…):

E, nonostante tutto questo, la Svezia (così come molti altri paesi) ha chiuso il capitolo Covid, mentre noi stiamo ancora a combattere con misure sempre più bizantine. E chissà fino a quando. Se non è schizofrenia questa…

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19 marzo – FINALMENTE DATI REALI SULLA MORTALITÀ COVID

Mettetevi comodi, stavolta si va per le lunghe. Il 2 marzo è uscito l’ultimo (il settimo, per la precisione) rapporto congiunto ISTAT-ISS ”Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente – Anni 2020-2021 e Gennaio 2022”.

Nulla che già non si sapesse, ma vale la pena di puntualizzare alcune questioni, anche perché, a due anni dall’inizio della pandemia, volenti o nolenti essa sta volgendo al termine e si può cominciare a tirare qualche somma. Cominciamo dai morti e, in particolare, lo facciamo analizzando la mortalità totale, per tutte le cause, mettendola a confronto con la stessa mortalità media del periodo pre-pandemia. Questo dato è particolarmente utile a spiegare il fenomeno, per due motivi, emersi in maniera chiara in questi due anni (e di cui abbiamo più volte parlato, sin dalle prime analisi):

  • di Covid (“per” o “con” farebbe una certa differenza ma, come vedremo, non ne fa per chi le conta) muoiono essenzialmente persone molto anziane (età media in Italia 80 anni, mediana 82) e già molto malate (solo il 3% dei morti non aveva gravi patologie concomitanti), cioè persone che a breve sarebbero comunque morte per altre cause, suggerendo che, nella grande maggioranza dei casi, la mortalità Covid sia di fatto un anticipo di mortalità;
  • ai morti per o con Covid si è aggiunta una consistente quota di persone morte per altre cause, il cui decesso può essere stato indirettamente causato da mancate cure (dovute al sovraccarico del SSN, alla distrazione di risorse dall’attività ordinaria, alla paura dei pazienti di recarsi in ospedale, etc.).

Per queste ragioni, le variazioni nella mortalità totale durante gli anni pandemici rispetto alla media del quinquennio precedente ci può dire molto di più della ridicola contabilità “in corsa” che abbiamo fatto negli ultimi due anni6.

Siccome non ho più voglia di scrivere ed anche il tempo è poco, sacrifico la prosa brillante in favore della brevità (si fa per dire, come vedrete) e faccio come i giornalisti nostrani: prendo la sintesi del documento ISTAT-ISS e la copio; a differenza loro, però, ci aggiungo qualche considerazione critica invece che meramente encomiastica. L’ISTAT infatti, per evitare ai giornalisti la fatica di leggere il documento completo di 39 pagine, diffonde premurosamente, insieme a quest’ultimo, anche una Sintesi per la Stampa, che anche io quindi utilizzerò qui come traccia, cercando di evitare di mettere in risalto solo quello che mi fa comodo, come fanno i media (qualche esempio? Corriere della Sera , Sole 24ore, Quotidiano Sanità; un po’ diverso il caso de Il Post, che cerca di ampliare il discorso: in questo caso segnalo anche la lettura di un loro vecchio articolo ivi linkato, che a mio parere getta una luce vieppiù sinistra su tutta la vicenda del conteggio dei morti e delle molte stupidaggini fuorvianti che abbiamo sentito in questi anni, alcune anche nell’articolo stesso, ad es. riguardo la Germania; ma ci torneremo…).

Prima di cominciare, suggerisco ai più volenterosi di rileggere quanto dissi a proposito della terza edizione dello stesso Rapporto (nel luglio 2020) e un’ulteriore analisi che feci di due documenti ISTAT e ISS sulla mortalità nel febbraio 2021: si tratta di un’utile premessa alla lettura che state per fare, per inquadrare meglio l’argomento e gli atteggiamenti delle due istituzioni che ne scrivono (e che, secondo me, conferiscono al documento che andiamo a leggere quasi una doppia anima, più rigorosa quella dell’ISTAT e più tendenziosa l’altra dell’ISS; ma questa è solo una mia impressione, da lettore – lo ammetto – ben poco imparziale…)

Cominciamo ad analizzare la Sintesi del documento ISTAT-ISS, prima la citazione (in evidenza), poi l’eventuale commento.

Dall’inizio dell’epidemia sono stati segnalati al Sistema di Sorveglianza Integrato 10.953.342 casi confermati di COVID-19 (dati estratti il 9/2/2022); di questi, oltre 4,5 milioni di casi sono stati diagnosticati nel mese di gennaio 2022 (il 42% del totale dei casi riportati alla Sorveglianza da inizio pandemia) a causa della predominanza della variante omicron caratterizzata da una elevatissima trasmissibilità.

Certo la omicron, come qualunque variante che si imponga sulla precedente, contagia di più proprio perché “uccide” di meno, cioè si adatta all’ospite in modo che entrambi sopravvivano, quindi che sia maggiormente diffusiva è un fatto; rimane da capire quanto questo fatto sia da considerare preoccupante (come la narrazione istituzionale vorrebbe) oppure confortante (come facilmente capisce qualunque intelletto mediamente dotato). Altrettanto certo, tuttavia, è che il forte incremento dei contagiati tra fine dicembre ‘21 e gennaio ‘22 sia in parte dovuto anche alla dissennata corsa al tampone di quel periodo (di cui parlammo qui), come facilmente si può evincere da questa tabella del rapporto (ho aggiunto io, in rosso, i dati del mese di gennaio ’22):

Corsa al tampone che, peraltro, ci ha fatto solo “scoprire” una montagna di asintomatici, irrilevanti sotto il profilo clinico in quanto quasi tutti vaccinati ma generanti una enorme platea di quarantenati assolutamente priva di significato e, soprattutto, priva di rischiosità pratica, data l’altissima copertura vaccinale della popolazione e, in particolare, di quella più fragile.

Sono stati segnalati al Sistema di Sorveglianza Nazionale integrata COVID-19 dell’ISS 145.334 decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 e avvenuti entro il 31 gennaio 2022. Il 53% dei decessi è avvenuto nel 2020, il 41% nel 2021 (59.136 decessi di cui circa 8.000 sono riferiti a diagnosi del 2020) e il 5,8% a gennaio 2022.

Notare la dicitura “decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2”, un modo educato per dire “morti positivi al tampone” cioè morti CON Covid. Come sempre, ineccepibile sul piano tecnico, devastante sul piano comunicativo se dato in pasto ai media senza alcun distinguo…

La campagna di vaccinazione, iniziata il 27 dicembre 2020, a partire da maggio 2021 ha raggiunto elevati livelli di copertura, soprattutto nelle fasce di età più avanzate (60+). Con il progredire della campagna di vaccinazione, la mortalità è significativamente diminuita a partire dalla 20-esima settimana del 2021: l’82% circa dei decessi nel 2021 è avvenuto nel primo quadrimestre. In particolare, sì è molto ridotta la mortalità COVID-19 correlata nella fascia di età 80 anni e più, per la quale, a fine 2021, è stata raggiunta una copertura vaccinale con il ciclo primario pari a circa il 95%.

La vaccinazione, checché ne pensino i no-vax e, peggio ancora, quelli che ci fanno portare ancora le mascherine e ci obbligano al green-pass nonostante siamo quasi tutti vaccinati, funziona abbastanza bene. E conferma che è proprio la protezione dei fragili da morte e malattia grave avrebbe dovuto ragionevolmente essere l’obiettivo della campagna vaccinale e non già il controllo del contagio o l’eradicazione del virus… Ci torneremo.

Da inizio pandemia (marzo 2020) alla fine di gennaio 2022 l’eccesso di mortalità totale, rispetto alla media 2015-2019, è stato di 178 mila decessi. Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra: 746.146 decessi, 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019 (15,6% di eccesso). Nel 2021 il totale dei decessi per il complesso delle cause è in calo rispetto all’anno precedente, anche se rimane su livelli molto alti: 709.035 decessi, 37 mila in meno rispetto al 2020 (-5,0%), ma 63 mila in più rispetto alla media 2015-2019 (+9,8%). Gran parte dell’eccesso del 2021 è stato osservato nel primo quadrimestre quando la copertura vaccinale era ancora molto bassa.

Quindi abbiamo avuto 178.000 decessi in più della media attesa, dei quali 145.000 positivi al Covid: senza scomodare la spinosa questione di quale sia la reale quota di questi positivi effettivamente morti PER Covid, come la mettiamo con i 33.000 morti in più senza Covid (più di 1/5 del totale dell’eccesso di mortalità, anche se la cifra, come vedremo, non è esatta)? È una questione complessa (o forse semplicissima…) su cui il rapporto fornisce solo risposte evasive, perciò ci torneremo più avanti.

Rispetto al 2020, nel 2021 si registra un incremento dell’eccesso di mortalità nelle regioni del Centro (+1,0%) e del Mezzogiorno (+4,8%). Il calo del numero complessivo di decessi del 2021 rispetto al 2020 è dovuto soprattutto alla diminuzione dei decessi riscontrata al Nord (-13,2%), che è stata la ripartizione più colpita nella prima ondata della pandemia nel 2020.

Il calo di mortalità verificatosi al Nord nel 2021 è il cosiddetto effetto harvesting, spiegato in nota7, il quale indirettamente conferma il fatto che di Covid muore principalmente chi sarebbe comunque morto entro breve tempo. In alternativa bisognerebbe spiegare il calo di mortalità al Nord con un virus padano meno letale rispetto a quello del resto d’Italia o con una maggiore resistenza dei popoli nordici8

Considerando le classi di età, il contributo più rilevante all’eccesso di mortalità del 2021, rispetto alla media degli anni 2015-2019, è dovuto all’incremento delle morti della popolazione con 80 anni e più che spiega il 72% dell’eccesso di mortalità complessivo; in totale sono decedute 455.170 persone di 80 anni e oltre (circa 46 mila in più rispetto alla media del quinquennio 15-19). L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un ulteriore 21% dell’eccesso di decessi; in termini assoluti l’incremento per questa classe di età, rispetto alla media degli anni 2015-2019, è di oltre 13 mila decessi (per un totale di 177.937 morti nel 2021).

Traducendo, per maggiore chiarezza, quanto sopra detto in una tabella (che nel rapporto non c’è, comunque) abbiamo:

Quindi, ricapitolando, nel 2021 il 93% dell’eccesso di mortalità riguarda le persone da 65 anni in su e l’eccesso di mortalità sotto i 65 anni è il 7% dell’eccesso totale. Nel periodo marzo-dicembre 2020 (che non viene citato nel rapporto) le percentuali sono simili: 96% per gli over-65, 4% per gli under-65. Il dato mostra intanto che, covid o non covid, dopo i 65 anni si muore più facilmente e bisogna farsene una ragione; ma attenzione, il fatto che nella fascia 0-64 si sia passati dal 4 al 7% dell’eccesso complessivo di mortalità non significa che sono morti più giovani, ma solo che in un numero di morti complessivamente più basso (per effetto della vaccinazione, dell’immunità acquisita e delle varianti sempre meno pericolose), la quota dei giovani (comunque molto bassa) è rimasta quasi la stessa mentre di quella dei vecchi è diminuita vistosamente (tra harvesting e vaccino), tutto qui. Quindi dati abbastanza inutili e, per di più, raggruppati per classi d’età un po’ troppo ampie per spiegare effettivamente qualcosa. Perciò anche di questo bisognerà riparlare.

Malgrado si confermi che anche nel 2021 le persone di 65 anni e oltre siano quelle maggiormente colpite in termini di eccesso di mortalità, nel 2021 si osserva un grosso calo dei decessi in questa fascia di età: 37 mila in meno rispetto al 2020.

Ok, i vaccini funzionano (è il mantra di tutto il rapporto, marchio di fabbrica ISS, secondo me). E ci mancherebbe, con una copertura dal 93 al 96% (e 83-87% con terza dose) nelle fasce over 60…

Il confronto tra ondate epidemiche di COVID-19 in termini di eccesso di mortalità evidenzia che nell’ondata in corso l’impatto sulla mortalità è più contenuto rispetto alle ondate precedenti. Nonostante la diffusione di nuove varianti più trasmissibili, durante il periodo 1° ottobre 2021 – 31 gennaio 2022 si registrano circa 250 mila decessi, 40 mila in meno rispetto a 12 mesi prima, con un calo di oltre il 13%.

Qualcuno, quindi, ci spieghi perché con la “omicron” applichiamo un delirio di presidi (vaccini + mascherine FFP2 + green pass + distanziamenti + tamponi come se fosse acqua fresca) come non facevamo con le precedenti, neanche con la prima, la più cattiva (non avevamo i vaccini né tantomeno il green-pass, qualunque mascherina o protezione della bocca andava bene, i tamponi praticamente erano solo diagnostici, etc.).

In un campione di 6.530 schede di morte relative a casi deceduti nel 2021 e riportati al sistema di sorveglianza integrata COVID-19 è stata valutata la presenza del COVID-19 come causa iniziale, le sue complicanze e la presenza di altre concause. Nel 90% delle schede COVID-19 è stata riportata come causa direttamente responsabile del decesso, similmente a quanto già osservato nel 2020 (89%). Nel 90% delle schede si riscontrano come complicanze condizioni tipicamente associate al COVID-19, quali polmonite, insufficienza respiratoria, distress respiratorio acuto (ARDS) o altri sintomi respiratori. Il COVID-19 è l’unica causa responsabile del decesso nel 23% dei casi, mentre nel 29% dei casi è presente una concausa oltre a COVID-19 e nel 48% si riscontra più di una causa.

Questa è, come già fu per la versione del rapporto del luglio 2020, la parte che è più piaciuta ai nostri giornalisti, come è ben comprensibile. Ciò ovviamente perché nessuno ha letto con un po’ più di attenzione il dato, ma anche – e questo è ben più grave – perché il rapporto non riporta più, rispetto a precedenti edizioni, alcun cenno alle possibili criticità nell’interpretazione del dato stesso. Quindi ci toccherà tornare più avanti anche su questo.

Analizzando il contesto europeo, nel 2021 l’andamento dell’eccesso di mortalità nell’Ue ha raggiunto un picco ad aprile (21,0%), quindi è sceso al 10,6% a maggio e ha raggiunto il minimo del 5,6% a luglio. In autunno si è osservato un nuovo rialzo e l’eccesso di mortalità ha raggiunto il 17,7% a ottobre e il 26,5% a novembre 2021 (dati Eurostat). Rispetto alla media europea, l’Italia ha registrato un eccesso di mortalità più elevato nel mese di novembre 2020 e marzo 2021. A partire da luglio 2021 l’eccesso di mortalità nel nostro Paese scende ben al di sotto della media Ue.

Considerazioni del tutto inutili. Le cose interessanti su questo tema non solo non emergono da questa sintesi, ma nemmeno dalla parte più approfondita del rapporto; solo dai grafici (che chiaramente nessun giornalista è andato a vedere) si evincono le questioni spinose, perciò dobbiamo ritornarci.

Dopo aver visto come anche nella semplice Sintesi per la Stampa ci poteva essere più di un argomento per porre qualche domanda scomoda, andiamo ad analizzare un po’ più nel profondo le questioni che abbiamo lasciato in sospeso, entrando stavolta nella parte più diffusa del Rapporto ISTAT-ISS.

SULLA VACCINAZIONE: a pagina 10 del Rapporto si scrive “La scomposizione della mortalità COVID-19 per fasce di età mostra un quadro eterogeneo: nel passaggio dal 2020 al 2021 sì è molto ridotta la mortalità nella fascia di età degli ultra 80-enni e in quella 65-74 anni grazie all’elevata copertura vaccinale raggiunta in questi soggetti (il 95% degli over 80 e il 92,5% nella fascia 65-74 anni hanno infatti effettuato almeno due dosi di vaccino nel 2021). La mortalità risulta leggermente in aumento negli uomini nella fascia di età 0-49 e nelle donne nella fascia di età 50-64 anni”. Che la vaccinazione abbia ridotto morti e malattia grave tra coloro che sono più soggetti (cioè anziani e malati) è un fatto inoppugnabile. Qui però si glissa (anzi, per la precisione, si mente) su un fatto altrettanto inoppugnabile, che si evince chiaramente dalla tabella 5 (pag. 11) e che invece i nostri analisti non sembrano aver notato:

Quindi, non vi sono cambiamenti sostanziali nei decessi delle fasce d’età da 0-64 anni di entrambi i sessi grazie alla vaccinazione di massa (e le variazioni “leggermente in aumento” suddette sono senza significato, data la bassissima numerosità), a riprova che, per tali fasce di popolazione, il vaccino è pressoché inutile. Ma questo non si può dire. Meglio un po’ di propaganda, dopo la tabella, col roboante titolo “Nel 2021 la più grande campagna vaccinale della storia” (pag. 11) ed una presentazione assolutamente inutile di dati e grafici senza significato pratico.

SULL’ECCESSO DI MORTALITÀ TOTALE E SUL SUO SIGNIFICATO: a pagina 15 si spiega giustamente l’importanza di questa analisi: “Uno degli approcci più efficaci per misurare l’impatto dell’epidemia di COVID-19 sulla mortalità è quello di conteggiare l’eccesso di decessi per il complesso delle cause, vale a dire quanti morti in più (per tutte le cause) ci sono stati nel Paese rispetto agli anni precedenti. L’eccesso di mortalità può fornire un’indicazione dell’impatto complessivo dell’epidemia, non solo tenendo conto dei decessi attribuiti direttamente a COVID-19 attraverso la sorveglianza integrata COVID-19, ma anche di quelli che possono essere avvenuti senza una diagnosi microbiologica o indirettamente collegati, come le morti causate da un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico. Come già nei precedenti Rapporti congiunti Istat-Iss, l’eccesso di mortalità è stato stimato confrontando, a parità di periodo, i dati del 2020 e del 2021 con la media dei decessi del quinquennio 2015-2019. In tal modo si assume implicitamente che la diffusione dell’epidemia produca un aumento di morti anche non direttamente riferibile al numero di casi positivi deceduti. D’altra parte, il dato dei morti riportati alla Sorveglianza Nazionale integrata COVID-19 fornisce solo una misura parziale di questi effetti, essendo riferito ai soli casi di deceduti dopo una diagnosi microbiologica di positività al virus. Si tratta, pertanto, di un indicatore influenzato non solo dalle modalità di classificazione delle cause di morte, ma anche dalla presenza di un test di positività al virus”. Niente da eccepire. Ma le due sottolineature vanno approfondite: 1) che l’eccesso di mortalità sia dovuto al sovraccarico del sistema sanitario è un odioso paravento (a parte i primi due mesi della pandemia e in limitate zone del nord Italia), ne abbiamo parlato più volte (ad es. qui); la verità è che ci siamo fatti prendere dal panico, abbiamo inculcato il terrore nella popolazione (che non andava più a farsi curare in ospedale) ed abbiamo fatto scelte organizzative completamente sbagliate, altro che sovraccarico; 2) l’ultima frase, en passant (evidentemente sperando di farla passare inosservata), identifica gli elementi di maggiore criticità della conta dei morti; un tema evidenziato nella terza versione del rapporto (quella del 9/7/20) e poi scomparso da tutte le successive e che invece, anche alla luce di recenti ammissioni di addetti ai lavori (ne parlammo nella nota del 13 gennaio), risulta essere di cruciale importanza: “è bene tenere a mente quali sono le caratteristiche di questa fonte di dati [la scheda di morte] per comprendere meglio le informazioni che essa fornisce. Innanzitutto, è importante notare che sulla scheda di morte sono riportate le condizioni che hanno avuto un ruolo nel determinare il decesso (sono cause di morte), quindi non sono necessariamente riportate tutte le malattie di cui il deceduto era affetto. Inoltre, la certificazione deve avvenire entro 24 ore dall’evento e il medico deve compilare la scheda secondo scienza e coscienza sulla base delle informazioni possedute al momento della compilazione. È quindi possibile che alcune informazioni rilevanti o dettagli utili a migliorare la specificità delle cause riportate non siano note al certificatore al momento della compilazione” (ed è possibile, aggiungerei, che il medico cui è appena morto un paziente possa orientare il contenuto della scheda in un modo più “difensivo”, specialmente in momenti eccezionalmente difficili come questi). C’è poi un ulteriore dato di contesto, anch’esso citato nel rapporto di luglio ’20 e poi scomparso, ma che è assolutamente appropriato evidenziare: “l’aumento della sopravvivenza della popolazione italiana, grazie alla riduzione dei livelli di mortalità a tutte le fasi della vita, ha fatto sì che oggi molti individui, soprattutto nelle età più avanzate, convivano con diverse malattie croniche. Pertanto, il decesso rappresenta spesso il risultato della concomitanza ed interazione di diverse malattie. Inoltre, la presenza di malattie croniche conferisce una vulnerabilità ed un aumentato rischio di mortalità in caso di eventi intercorrenti, come ad esempio le infezioni”.

Ma anche queste cose non si possono dire. Così, da pagina 15 in poi, il rapporto snocciola una quantità di dati del tutto inutili a comprendere le reali dimensioni ed il significato dell’eccesso di mortalità. Che invece risulta più chiaro in questa tabella, dove mettiamo in relazione la mortalità Covid e l’eccesso di mortalità nel periodo marzo 2020-dicembre 2021, per tutte le fasce d’età, anche con le dimensioni della popolazione:

Nella colonna in giallo abbiamo la quantità di morti che avremmo avuto, nei 22 mesi considerati, senza il contributo del Covid in ciascuna fascia d’età, cosa che mostra come i numeri in flessione per le fasce più giovani siano coerenti con il trend in diminuzione già riscontrato negli anni precedenti e che, in realtà, i morti “inspiegabili” (cioè eccedenti i morti Covid) siano in realtà ben 45.000, e tutti nella fascia da 80 anni in su.

E andiamo oltre, prendendo tutta la mortalità Covid fino ad oggi (marzo 20 – febbraio 22) e mettendola in relazione alla differenza di mortalità generale tra i periodi 2015-19 e 2020-21:

Quindi ecco, alla fine, il vero eccesso di mortalità occorso in questi due anni, nella colonna in verde, dove si vede con chiarezza che il Covid non ha avuto alcun effetto sulle fasce d’età da 0 a 49 anni e un effetto minimo in quelle da 50 a 69 anni, mentre le uniche variazioni di una qualche rilevanza si sono avute sopra i 70 anni. Intendiamoci, dobbiamo sempre considerare che dietro le aride percentuali ci sono numeri assoluti che corrispondono a vite umane ed anche piccole percentuali corrispondono a centinaia o migliaia di persone; tuttavia avere presenti le proporzioni è importante, se vogliamo capire un fenomeno al di là del semplice approccio emozionale. Così come è importante inquadrarlo nel tempo, quanto meno per capire se e quanto tale fenomeno è davvero inedito nella nostra storia. Nella tabellona qui sotto abbiamo, quindi l’andamento della mortalità per fasce d’età negli ultimi 10 anni:

Non credo sia necessario insistere sul fatto che variazioni rilevanti della differenza di mortalità di anno in anno (in peggioramento, rosso, o in miglioramento, verde) ci sono sempre, specialmente tra le fasce più anziane della popolazione (ancora una prova a favore dell’anticipo di mortalità), e che per il resto si tratta di piccoli scostamenti attorno allo zero, di significato oggettivamente poco rilevante. Niente di veramente nuovo, quindi, tra l’era Covid e quella pre-Covid, sebbene i valori della differenza di mortalità degli ultimi due anni, sia in aumento che in diminuzione, nelle fasce over 70, siano effettivamente i più alti degli ultimi 10 anni (pur non avendo comunque dimensioni catastrofiche). Una nota “divertente”, per concludere: dalla tabella si vede che nel periodo 2014-2016 si sono verificate variazioni abbastanza importanti nei tassi di mortalità delle fasce più anziane; ebbene, nel 2015 vi fu un certo fermento per via di queste inattese variazioni, di cui si parla diffusamente in questa pagina del portale Epicentro dell’ISS. Ma, per quanto mi ricordi, a nessuno nel 2015 è venuto in mente di chiudere tutti in casa, contingentare ospedali, vaccinare massivamente la popolazione, abolire diritti costituzionali, istituire lasciapassare, etc.

SULLE CAUSE DI MORTE ED IL COVID “ASSASSINO” IN NOVE CASI SU DIECI: come detto, questo è il dato che più ha solleticato la stampa. Ovviamente, perché nessun giornalista ha letto oltre le prime righe. Anche perché qui il rapporto vieppiù pare arrampicarsi sugli specchi, per trovare una quadratura che invece decisamente sfugge. Ma andiamo con ordine.

Il rapporto (pag. 28) introduce l’argomento dicendo che “tra le attività di Sorveglianza epidemiologica dell’infezione da SARS-CoV-2 è previsto, per tutti i pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi, l’invio della scheda di morte Istat all’Iss”; quindi, per ciascun morto positivo, si invia la scheda alla Sorveglianza, indipendentemente dalla causa di morte effettiva. E qui già sorge qualche dubbio sull’affidabilità del conteggio. Tuttavia la Sorveglianza effettua poi un’analisi delle schede di morte e, nel rapporto, viene appunto presentato il risultato di tale analisi effettuata su 6.530 schede, “corrispondenti all’11% dei decessi positivi al SARS-CoV-2 totali segnalati nel 2021”: forse in due anni si poteva fare un po’ di più, comunque il rapporto dice che, “sebbene non si tratti di un campione estratto ad hoc, le schede esaminate hanno una composizione per età e sesso del tutto equiparabile a quella della totalità dei decessi segnalati”, perciò possiamo fidarci; sarebbe comunque stato interessante avere dati anche sulla qualità delle segnalazioni (quante schede sbagliate, quante incoerenti, etc.) e su come e perché sono state selezionate proprio queste 6.530 schede tra tutte quelle arrivate. Va beh, andiamo oltre.

L’analisi delle schede di morte Istat dei deceduti positivi al SARS-CoV-2 può contribuire a fare chiarezza sul ruolo del COVID-19 e delle altre condizioni morbose nel determinare il decesso. Infatti, sulla scheda Istat il medico certificatore riporta l’intero processo morboso che ha condotto direttamente a morte e gli altri stati morbosi che hanno contribuito al decesso. Da queste informazioni si desume, quindi, la causa iniziale ovvero “la malattia o la causa esterna che ha avviato il concatenamento morboso che ha portato a morte”, secondo la definizione e i criteri di identificazione dell’OMS (…). Inoltre, per ogni scheda, è possibile distinguere le conseguenze della causa iniziale (complicanze) e identificare le eventuali altre cause compresenti (concause di morte). Analizzando il ruolo del COVID-19 nelle schede di decesso, si evince che la quota di deceduti in cui COVID-19 è la causa direttamente responsabile del decesso, ovvero la causa iniziale, è del 90%, similmente a quanto già osservato nel 2020 (89%)”: ecco quindi il nostro “nove volte su dieci”. Tuttavia, più avanti si precisa: “sono state inoltre analizzate le concause di morte, ovvero quelle condizioni, diverse dal COVID-19, che hanno contribuito al decesso aggravando lo stato del paziente o il decorso della malattia. Queste condizioni sono cause rilevanti che il medico certificatore giudica come corresponsabili del decesso, non sempre includono la totalità delle patologie preesistenti in ogni soggetto”, giungendo alla conclusione che “il COVID-19 sia l’unica causa responsabile del decesso nel 23% dei casi mentre il 29% delle schede di decesso riporta una concausa oltre a COVID-19 e il 48% più di una”, cioè il 77% dei decessi aveva almeno una concausa di morte corresponsabile del decesso. Quindi, nove volte su dieci il Covid è direttamente responsabile del decesso, ma otto volte su dieci c’era anche almeno una concausa, altrettanto corresponsabile del decesso. Ma così la notizia non fa molto scalpore. Ed anche i professionisti del terrore si trovano un po’ spiazzati davanti a questa ovvietà: Graziano Onder, geriatra dell’Iss tra i curatori del rapporto, intervistato dal Corriere della Sera, dice che ciò «non vuol dire che solo uno su quattro è morto di Covid, anzi i medici registrano che nove schede su dieci hanno come prima causa l’infezione del virus. Nel 77% dei casi altre patologie hanno invece determinato una complicazione aggiuntiva che ha portato al decesso. Probabilmente non si sarebbe verificato se non avessero contratto l’infezione (…) l’aspettativa di vita sarebbe stata più alta se il Covid non avesse infettato tutti questi pazienti»; ah ecco, quindi tutti questi ultraottantenni, gravati da una o più patologie mortali, avevano ancora tutta una vita davanti, se non ci fosse stato il Covid… No, caro Onder, il significato di questi numeri è esattamente questo: solo il 23% dei morti ha il Covid come causa unica del decesso e il 77% restante non ha avuto “una complicazione aggiuntiva”, ma una o più concause di morte insieme al Covid; perciò non diciamo sciocchezze (o penose bugie).

SUL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI: qui il rapporto non sa più letteralmente che pesci pigliare e, da pag. 31, si dilunga in inutili descrizioni (non interpretazioni!) dei dati presentati dai grafici, ovviamente cercando di non evidenziare l’unico vero dato importante che da essi emerge: la incomprensibile discrepanza dei dati sull’eccesso di mortalità della Germania (e, in parte, della Francia) rispetto a quelli italiani (ma anche belgi, spagnoli e polacchi), evidente nel grafico figura 21 (nonostante che, per minimizzare l’impatto, nel grafico della Germania sia stato dilatato l’asse delle ordinate, in modo da non avere una curva troppo schiacciata che faceva sfigurare le altre…):

ma, soprattutto, evidente nel grafico figura 22, che mostra lo scostamento rispetto alla media UE 2016-19:

un’evidenza che, nel rapporto, merita solo questa laconica chiosa: “la Germania ha avuto un eccesso quasi sempre inferiore al valore medio dei paesi europei, mentre quasi sempre largamente sopra la media europea risulta l’eccesso della Polonia”. Punto.

A nessun giornalista viene da chiedersi: perché? Come si deve interpretare questo dato? Perché ISTAT e ISS non cercano di spiegarlo? Beh, l’ineffabile giornalista del CorSera e Graziano Onder ci provano (sempre nella citata intervista): “Anche il confronto con gli altri Paesi europei testimonia che l’impatto del Covid sui decessi pone l’Italia in linea con gli altri Paesi: «In rapporto all’eccesso di mortalità dei cinque anni precedenti l’Italia meglio di Spagna, Belgio e Polonia, ha livelli analoghi alla Francia, solo la Germania è riuscita a contenere lo smottamento probabilmente anche per una migliore capacità di tracciamento», analizza Onder. Anzi, a partire da luglio 2021, l’eccesso di mortalità nel nostro Paese rispetto ai cinque anni pre-Covid è più basso della media europea per una maggiore copertura vaccinale per numero di abitanti”. Sì, ci provano, ma mentono (per ignoranza o per cinico calcolo, non importa). Perché: 1) la nostra “maggiore copertura vaccinale” non ha avuto un andamento diverso da quella delle altre nazioni considerate (tranne la Polonia):

né le sue dimensioni possono spiegare le differenze nell’eccesso di mortalità (la Germania ad es. ha una copertura minore della nostra):

2) la fantomatica “migliore capacità di tracciamento” tedesca invocata da Onder, non solo è un’assurdità (più tracciamento = meno morti? Bah…), ma è palesemente falsa, almeno nelle dimensioni:

A meno che il geriatra ISS responsabile del rapporto, intendesse dire che fare i tamponi a casaccio come in Italia non è servito a nulla e che limitarsi ai tamponi diagnostici (come si fa normalmente, quando non ci governa l’isteria) sarebbe stato molto più utile (ed economico), e quindi intendesse sconfessare i propri datori di lavoro…

Basta così. Evito ulteriori commenti (e ce ne sarebbero…). Sintetizzo solo, per chiudere, le principali evidenze che, secondo me, emergono da questo rapporto e di cui abbiamo parlato in questa lunga disamina:

  • quelli che noi consideriamo morti di Covid (circa 152.000 persone) sono in realtà “decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2”, cioè morti con tampone positivo;
  • non abbiamo dati per capire realmente quanti di costoro siano morti a causa del Covid (come causa o concausa), sappiamo solo che, in un campione di 6.530 su 152.000 (rappresentativo, ma estratto non si sa come e sicuramente non “a caso”) in 9 casi su 10 il Covid è direttamente responsabile del decesso, ma in 8 casi su 10 c’era anche almeno una concausa corresponsabile dello stesso decesso;
  • il problema della qualità delle segnalazioni di morte effettuate alla Sorveglianza non è secondario, perché se ci sono tanti errori, se ci sono tante incoerenze, se c’è stata superficialità (o dolo) da parte dei soggetti segnalatori, etc. i dati che noi abbiamo potrebbero essere pesantemente distorti, ma purtroppo ISTAT e ISS non ci forniscono alcuna informazione in merito (ci dicono solo di aver fatto le loro valutazioni su 6.530 delle 152.000 segnalazioni di morte, ma non ci dicono perché hanno scelto proprio quelle, né come erano le restanti 145.000, né come mai in due anni non sono riusciti a valutarle tutte – non erano poi così tante – ma hanno deciso di ricorrere ad un “campione”, etc.);
  • al dicembre 2021 erano 45.000 i morti in eccesso (rispetto alla media 2015-19) che non sono “spiegati” dalla contabilità (pur discutibile) dei morti Covid; si tratta di morti che si sono aggiunti a quelli Covid a causa di mancate cure (dovute al sovraccarico del SSN, alla distrazione di risorse dall’attività ordinaria, alla paura dei pazienti di recarsi in ospedale, etc. cioè dovute non al virus, ma alle scelte che abbiamo fatto in questi due anni) e ammontano a più di un quarto dei morti totali in eccesso, non esattamente una bazzecola;
  • è vero che nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato il più alto mai registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra, ma è anche vero che ciò non ha riguardato le fasce d’età tra 0 e 49 anni e che, dal momento che l’età mediana degli italiani dal 1950 a oggi è aumentata di quasi 20 anni (da 28,6 a 47,3), è presumibile (anche se ci devo ancora studiare sopra; ho richiesto i dati a ISTAT, se arrivano lo farò) che anche l’invecchiamento della popolazione abbia un ruolo importante nella questione;
  • importanti differenze nei tassi di mortalità da un anno all’altro nelle fasce di età più anziane non sono affatto una circostanza rara, sebbene le dimensioni delle variazioni nel 2019-2021 siano state molto più marcate rispetto ad altre del passato;
  • si conferma che, nella grande maggioranza dei casi, la mortalità Covid è stata di fatto un anticipo di mortalità (cioè sono morte soprattutto persone molto anziane e molto malate, che a breve sarebbero morte comunque);
  • l’introduzione dei vaccini ha fortemente ridotto la mortalità tra gli anziani (soprattutto over 80) ma non ha praticamente avuto effetto sulla mortalità dei maschi 0-64 anni e delle femmine 0-79 anni; ergo, possiamo dire che, almeno per la finalità di ridurre la mortalità Covid, abbiamo vaccinato inutilmente una 40ina di milioni di italiani (mentre già sapevamo che il vaccino non ha effetto sulla dinamica dei contagi e rimangono da capire le effettive dimensioni della riduzione delle ospedalizzazioni nelle diverse fasce d’età9);
  • continua ad essere inspiegabile la differenza di mortalità Covid e dell’eccesso di mortalità generale tra Italia e Germania, nonostante si tratti di paesi molto simili quanto a struttura demografica, qualità dei servizi, etc.; se posso dire una banalità, temo che l’unica cosa ad essere diversa tra i due paesi sia la testa delle persone e l’onestà di chi le governa…
  • ultima osservazione, più generale, è che la comunicazione istituzionale, quando non è falsa o tendenziosa, è almeno omissiva; e che i media si confermano meri amplificatori della propaganda governativa, senza alcun senso critico, senza amore per la verità.

Quindi, alla fine dei conti, possiamo dire che in Italia, in due anni di pandemia, abbiamo avuto all’incirca:

– 35.000 morti per Covid,

– 117.000 morti con Covid che sarebbero morti comunque nel breve periodo e dei quali non sappiamo quanti effettivamente sarebbero da considerare morti “per” Covid,

– 45.000 morti non-Covid, il decesso di molti dei quali non si sarebbe verificato se ci fossimo occupati del Covid come se fosse una malattia normale e non la peste del secolo che ha relegato in secondo piano tutte le altre.

Questi, finalmente, sembrano essere numeri abbastanza sensati e verosimili (e che peraltro ci avvicinerebbero un po’ di più ai dati di mortalità Covid registrati in altri paesi)10. Non che siano piccoli numeri, intendiamoci: quella di SARS-CoV-2 rimane una delle quattro grandi pandemie dell’ultimo secolo e mezzo per dimensioni e morti; la novità, rispetto a quelle del passato, è semmai che politica (dei governi e degli esperti) ed informazione (qualcuno ha parlato giustamente di “infodemia”) se ne sono impadronite e ne hanno stravolto i tratti, amplificando la crisi fino ad indurre conseguenze che probabilmente, senza tale accanimento, non ci sarebbero state o, comunque, non con questa gravità e pervasività…

La verità storica è ancora lontana, ma intanto accontentiamoci. Ché già con questo scampolo ce ne sarebbe per mandare a casa – e con vergogna – tutto l’italico circo della pandemia…

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3 marzo – C’È GUERRA E GUERRA, POPOLO E POPOLO

La morbosa copertura mediatica al limite del voyeuristico cui siamo costretti in questi giorni, riguardo alla guerra in Ucraina, non tanto concentrata sugli aspetti bellici o diplomatici, quanto soprattutto sul dramma umano, raccontato con dovizia di particolari (è bellissimo: i media hanno rimesso in piedi lo stesso, identico apparato narrativo usato per il Covid, semplicemente sostituendo “guerra” a “pandemia”, “profughi” a “contagiati”, “vittime” a… no, “vittime” è rimasto lo stesso, come “coprifuoco”, “confinamento”, termini che abbiamo usato con una disinvoltura imbarazzante durante la pandemia, come se veramente fosse la stessa cosa… e così il circo, già pronto, è ripartito senza soluzione di continuità), mi fa sorgere qualche domanda. Innanzitutto, cosa rende questa guerra così “interessante” per noi rispetto alle altre decine di conflitti che da anni insanguinano le varie parti della Terra? Va bene, c’è l’interesse immediato per il gas ed il grano, ma qui c’è qualcosa che urta particolarmente i nostri sentimenti. Non è certo lo spargimento di sangue e di lacrime, la scia dei morti e dei mutilati, la distruzione delle cose, l’esodo dei profughi, la sofferenza degli innocenti, etc. che sono il portato di qualunque guerra, anche di quelle che ci sono sempre e di cui ci strafreghiamo bellamente. No, qui è in ballo qualcos’altro: in questo conflitto noi vediamo gente come noi, bianchi, europei, col nostro stesso stile di vita, la cui esistenza viene sconvolta e scaraventata in un inferno ormai per noi inimmaginabile. Di qui l’interesse morboso per le conseguenze della guerra sulla popolazione, per come ora vivono nei rifugi, per come scappano, per come piangono: abbiamo paura per noi, ci identifichiamo.

È la paura narcisistica della morte (gli esperti di psicologia mi perdoneranno, spero, per l’appropriazione indebita…), quell’egocentrico senso di onnipotenza con cui affrontiamo la vita e che viene all’improvviso spazzato via… dalla vita, appunto. La vita che è (anche) incertezza, conflitto, malattia, la vita che è anche morte. Così non siamo più in grado di metabolizzare lo “scandalo” della sofferenza e della morte, non riusciamo a concepire che la nostra esistenza sia sempre e comunque appesa ad un filo, che si fa subito a perdere l’equilibrio e cadere, che la morte non solo è inevitabile (e finanche questo ci sfugge) ma è anzi sempre al nostro fianco, in ogni secondo della nostra vita.

E questo spiega anche il grande delirio collettivo della pandemia, una malattia che in altri tempi avremmo considerato abbastanza normale, che fa morire le persone molto anziane e molto malate, che fa andare in ospedale qualcuno che si trova in una condizione (o in un momento) di debolezza, che in generale al massimo ci mette a letto per qualche giorno con un po’ di febbre e di dolori; eppure un evento che abbiamo vissuto come una piaga biblica, come la tragedia del secolo, incuranti di dati, numeri, evidenze scientifiche e statistiche; un evento cui abbiamo reagito con paura e panico, risposte inconsulte, azioni senza senso, fino a trasformarlo in un fenomeno magico-religioso, con tutto il corredo di riti scaramantici, di ortodossia ed eresie, caccia alle streghe e roghi nella pubblica piazza, persecuzioni e discriminazioni; un evento talmente esiziale da spingerci senza alcuna perlessità o esitazione a buttare alle ortiche i valori fondanti la nostra democrazia liberale e la nostra Costituzione, quella Carta che ci fu data dai nostri padri come la fiamma che non va spenta mai, vieppiù nei momenti difficili, in cui siamo maggiormente tentati di accantonarla: cosa che, al primo soffio di vento, abbiamo subito fatto tutti, anche le anime belle che la esaltavano come “la più bella del mondo” e, peggio ancora, anche chi avrebbe dovuto istituzionalmente difenderla a costo della vita… Infatti è esattamente questo che non riusciamo più a capire anche del conflitto ucraino: che si possa mettere in gioco la propria vita per difendere la patria, la Costituzione, la propria gente, la propria famiglia, etc. Che la vita non è vita senza Vita, che l’esistenza biologica conta poco se non c’è più la socialità, la comunità, l’identità, la libertà, il lavoro, la cultura, lo sport, la circolazione, etc.

E fa senso vedere un presidente del consiglio mascherato tra mascherati (non si sa più neanche perché) proclamare i grandi, ormai vuoti, principi costituzionali (ovviamente primo tra tutti il ripudio della guerra) e, nel contempo, imporre ancora nove mesi di stato di emergenza (e sono così tre anni! Quasi come nelle due Guerre Mondiali…), uno stato di eccezione (ricordate il “rincoglionito” Agamben?) ormai permanente che fa carta straccia della Costituzione, che ci riduce a sudditi, senza rappresentanza (il Parlamento è ormai solo un organo ratificante) e senza libertà se non quelle concesse dai detentori del potere. E intanto guardiamo alla tv un popolo intero che si fa ammazzare piuttosto che perdere la propria libertà o rinunciare alla propria sovranità, alla propria Costituzione.

Un popolo che anche nel piccolo della pandemia ha dimostrato di essere più sensato di noi: l’Ucraina, con un sistema sanitario peggiore del nostro, ha avuto gli stessi nostri morti (anzi, un po’ meno, 2437 per milione di abitanti, noi 2573) ma con molte meno restrizioni di noi11 (nessun green-pass, minori obblighi di mascherina, minori restrizioni sul lavoro, minori confinamenti in casa, minori restrizioni su eventi, etc.), senza la surreale caccia al contagio (nei periodi peggiori hanno fatto al massimo 80.000 tamponi al giorno, noi 1.100.000; in totale in Ucraina sono stati effettuati 450.000 tamponi per milione di abitanti, da noi oltre 3.100.000) e senza alcun obbligo né ossessione vaccinale (solo il 35% della popolazione generale è vaccinata, noi siamo ad oltre l’83% – e al 94-97% nelle fasce over 60 – e ancora rompiamo i coglioni…).

Un popolo che, evidentemente, è più Popolo di noi, che ormai siamo solo branco…

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21 febbraio – CON UN POCO DI ZUCCHERO (O DI MELASSA) LA PILLOLA VA GIÙ

Ieri era la Giornata Nazionale del Personale Sanitario, fissata nel giorno della ricorrenza della scoperta del cosiddetto “paziente 1” di Covid. Celebrazioni e contrizioni di rito in tutto il Paese ed a tutti i livelli, compresi Mattarella e il Papa. E le solite ignobili stronzate sui numeri, le quali richiedono almeno qualche piccola precisazione.

Innanzitutto, la situazione descritta in questa nota dell’ottobre 2020 (cioè in era pre-vaccino) non è cambiata di molto e comunque solo in meglio, perciò l’analisi ivi proposta rimane più che valida anche oggi. Del resto anche i dati successivi provenienti da ISS e OMS hanno sempre confermato tale situazione (almeno finché ne hanno parlato nei loro rapporti, perché dopo un po’ hanno smesso di farlo: gli ultimi documenti in cui se ne parla mi risulta siano quello del 21/7/21 per ISS e quello del 2/2/21 per l’OMS ) e cioè che “la letalità tra gli operatori sanitari è inferiore, anche a parità di classe di età, rispetto alla letalità totale” (dice l’ISS) e che “il personale sanitario mostra una percentuale inferiore di comorbidità, ospedalizzazioni e decessi rispetto ai lavoratori non sanitari, anche tenendo conto delle differenze di età e sesso tra le due popolazioni” (dice l’OMS).

Questa premessa è doverosa perché, in occasione della Giornata Nazionale del Personale Sanitario, il circo del piagnisteo Covid si è rimesso in moto, con tutto il corredo di nuove cifre inutili o balzane e relative reazioni. Così sono stati snocciolati i 500 morti (in due anni), su una popolazione totale di circa 1,7 milioni di lavoratori (tasso di mortalità12 pari a 0,029%, molto minore di quello della popolazione generale, attualmente attestato intorno allo 0,255%), ovviamente con tutti i ben noti limiti all’attendibilità della conta dei morti in Italia (un piccolo, illuminante esempio in tal senso, proprio relativo ai 370 medici deceduti, lo si può trovare in questa pagina del sito della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri).

Meglio sarebbe analizzare invece i dati INAIL i quali, essendo alla base dei calcoli per indennizzi e premi assicurativi, sono sicuramente più precisi e affidabili, perché tutti i casi devono essere specificamente valutati (sui soldi non si scherza). Tuttavia anche i dati INAIL non sono certo scevri da potenziali distorsioni, anche pesanti, innanzitutto perché basati sulla consolidata uguaglianza contagio=malattia, che comporta, per sillogismo, quella di contagio=infortunio13 che, per una patologia a bassa letalità, asintomatica o con sintomi lievi nel 90-99% dei casi di positivi in età lavorativa, appare francamente un po’ eccessiva. L’altro elemento che non ci consente, per ora, di utilizzare i dati INAIL per fare qualche valutazione è, invece, una semplice difficoltà di tipo tecnico, cioè che l’analisi delle segnalazioni richiede tempo, perciò avremo un quadro abbastanza esatto dei morti Covid da causa lavorativa soltanto tra parecchi mesi (ad es. nell’ultima Scheda Nazionale Infortuni sul Lavoro da Covid-19 si legge che, degli 811 decessi segnalati al 31/12/21, solo il 63% è stato provvisoriamente riconosciuto; e non dimentichiamo che c’è sempre in agguato il solito e già citato problema dei morti PER Covid e CON Covid, su cui immagino che INAIL non metta becco, limitandosi ad accertare solo la effettiva correlazione tra morte e causa lavorativa dell’evento…).

Insomma ragionare seriamente di morti tra il personale sanitario e rendere giustizia alle estreme difficoltà in cui spesso esso opera (non solo in tempo di Covid) è un’operazione complicata, noiosa e ben poco soddisfacente; inoltre mettere mano ai veri problemi del lavoro dei sanitari (scarsità di personale, disorganizzazione, turni massacranti, burn-out e minacce legali, etc.) è troppo complicato, meglio organizzare una bella elemosina (per gli amanti dell’artimetica, 15 milioni di euro per 500 morti fanno 30.000 euro a morto; e giusto oggi ci indignavamo perché hanno ammazzato l’ambasciatore Attanasio per miseri 50.000 dollari…). A noi piacciono le lacrime plateali, gli applausi dai balconi, le interviste alle infermiere con le piaghe da mascherina, “unirci nel ricordo, grato e doloroso, di quanti hanno pagato con l’estremo sacrificio la propria inclinazione all’altruismo” come ha detto Mattarella. E questo ci basta. Siamo gente di poche pretese.

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15 febbraio – STAVOLTA COPIO DA QUELLO BRAVO, COME A SCUOLA.

In occasione dell’entrata invigore dell’obbligo vaccinale surrettizio per gli over-50 vi propongo una riflessione non mia, ma che sposo senza meno. Si tratta di una lettera aperta che un (purtroppo piccolo) gruppo di docenti e personale dipendente dell’Università degli Studi, dell’Università per Stranieri e del Conservatorio Musicale di Perugia ha inviato alle rispettive Autorità accademiche. Una goccia di acqua pulita nel putrido mare di ignavia che ci circonda, ma non per questo meno preziosa. Ringrazio chi l’ha scritta e chi l’ha firmata, mettendosi in gioco con onestà intellettuale e competenza (tutta merce rara, al giorno d’oggi) e mi scuso se ne faccio man bassa in questa nota, ma davvero non riesco a pensare nulla di più appropriato da dire oggi:

In seguito all’emanazione del Decreto Legge 7 gennaio 2022, n. 1, che ha modificato l’art. 4-ter del Decreto Legge 1° aprile 2021, n. 44, estendendo l’obbligo vaccinale al personale delle Università, riteniamo necessario condividere con voi alcune riflessioni su importanti elementi di criticità presenti nel Decreto e sulle gravi ripercussioni che a nostro parere ne derivano. Come membri di queste Istituzioni, siamo molto preoccupati della frattura che è stata prodotta negli ultimi due anni da provvedimenti governativi che hanno diviso il corpo sociale, e in particolare il corpo accademico, in un momento particolarmente difficile da tutti i punti di vista.

I recenti Decreti Legge introducono in modo diretto o indiretto l’obbligo di vaccinazione per interi settori della popolazione, incluse le fasce di età più giovani, a bassissimo rischio di manifestare il covid-19 in forma severa, come attestano i rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità. Nessuna traccia vi è, invece, nei decreti, di strategie preventive o terapeutiche diverse da una vaccinazione di massa di ormai chiaramente dubbia efficacia.

Va altresì considerato che i vaccini attualmente somministrati sono farmaci ancora in fase di sperimentazione, dato che l’autorizzazione alla loro immissione in commercio è avvenuta in via “condizionata” e temporanea, sulla base del Regolamento della Commissione Europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006, che si applica espressamente ai “medicinali” per i quali “non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia” (art. 4, n. 1, del regolamento). Inoltre le evidenze scientifiche circa l’efficacia e la sicurezza della somministrazione di dosi booster a distanza ravvicinata sono scarse.

Questi aspetti, uniti alla mancanza di una pianificazione di medio-lungo termine e di una definizione dei parametri che permetteranno di ritenere conclusa l’emergenza Covid-19, rendono da un lato imprudente e dall’altro preoccupante la strategia di estensione dell’obbligo del Super Green Pass, che si configura come strumento di controllo della vita sociale destinato a sopravvivere alla stessa campagna vaccinale. Inoltre, la comunicazione in tema vaccinale è stata estremamente variabile e incoerente: dalla promessa dell’immunità di gregge, si è passati all’evidenza che il vaccino non protegge dal contagio; da un solo ciclo vaccinale si è passati alla necessità di una terza dose e forse una quarta. Nel frattempo, il CEO di Pfizer afferma che la formulazione attuale non protegge e che da marzo sarà disponibile una nuova versione del vaccino che proteggerà dalla variante Omicron.

Per tutti questi motivi, le misure previste dal Decreto Legge n. 1/2022 non appaiono coerenti e commisurate allo scenario attuale, salvo per la loro capacità di generare divisioni e conflitti nella comunità universitaria. Col nuovo Decreto, a chi sceglierà di non vaccinarsi o di non proseguire con ulteriori somministrazioni sarà impedito di lavorare e di percepire lo stipendio, introducendo di fatto una sanzione che non trova precedenti nel nostro ordinamento. Questa disposizione avrà gravi ripercussioni sociali e psicologiche, che incideranno sulla vita individuale e familiare dei lavoratori sospesi, incluse persone al termine della loro carriera lavorativa, e avrà ricadute sulla formazione degli studenti, sulla ricerca e sull’attività culturale e amministrativa dei nostri atenei. Negare il cosiddetto “assegno alimentare”, che viene erogato perfino a chi è sospeso per motivi disciplinari o per avere commesso reati penali, appare un provvedimento inumano che aggrava la misura di sospensione di per sé già lesiva del diritto al lavoro su cui si incardina la nostra Costituzione. Si verrà inoltre a creare una palese violazione del diritto alla privacy, in quanto la sospensione del lavoratore metterà in luce il fatto che questi non è vaccinato, rivelando così a tutti un suo dato sensibile.

Nel clima di dialogo e confronto su cui si basa la vita della comunità accademica, siamo fiduciosi che si possa avviare nell’immediato una riflessione congiunta su questi temi così cruciali per l’Università nel suo complesso e che vogliate considerare la possibilità di non applicare in modo automatico il Decreto Legge n. 1/2022, in quanto tale Decreto appare in contrasto con norme nazionali, europee e internazionali. Comprendiamo che, per consuetudine, i vertici delle istituzioni pubbliche ritengono di essere tenuti ad applicare ogni nuova norma e di non poter agire altrimenti. Tuttavia, soprattutto in situazioni complesse, è loro diritto e dovere accertarsi che le norme prescritte soddisfino i requisiti che le rendono legittime. A tale riguardo, l’art. 28 della Costituzione recita: «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici». Esiste dunque una doppia responsabilità: una riferita al singolo dipendente pubblico e una riferita all’Amministrazione. Il pubblico funzionario è quindi tenuto a fare un’attenta valutazione di legittimità.

Di seguito evidenziamo gli elementi di dubbia legittimità del Decreto Legge n. 1/2022.

  1. Il Decreto in oggetto non è stato ancora convertito in legge, mentre in base all’art. 32 della Costituzione gli obblighi in tema di salute possono essere disciplinati solo e soltanto da leggi approvate dal Parlamento in via definitiva («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»), laddove per «legge» non può che intendersi un provvedimento legislativo adottato dal Parlamento al termine di un dibattito democratico aperto e trasparente che, per quanto riguarda i Decreti sul Green Pass e sul Super Green Pass, in Italia a tutt’oggi è evidentemente mancato.
  2. Anche laddove una siffatta legge dovesse essere adottata dal Parlamento, essa non potrebbe in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana come stabilisce lo stesso art. 32 della Costituzione («La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»). L’applicazione del Decreto, a nostro parere, prefigura una violazione di tali limiti anche in quanto subordina a un trattamento sanitario, per giunta sperimentale, il godimento dei diritti fondamentali al lavoro, alla sussistenza e alla socialità.
  3. In materia di tutela della salute, inoltre, l’art. 32 della Costituzione antepone esplicitamente il diritto individuale all’interesse collettivo («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»). L’impostazione sistematica della Carta costituzionale, confermata da costante giurisprudenza della Consulta, fa sì che la salute del singolo non possa mai essere sacrificata o messa a rischio nell’ottica di salvaguardare la salute collettiva. Considerato che l’assunzione dei suddetti farmaci è da ritenersi un atto irreversibile, che c’erano state in Italia, e solo fino al 26 settembre 2021, circa 14.500 segnalazioni di effetti avversi post-vaccinazione gravi e che la sperimentazione in materia si concluderà solo a fine 2023, non ci sono elementi per ritenere che il diritto individuale alla salute sia tutelato. D’altra parte questi vaccini non garantiscono nemmeno l’interruzione del contagio, il che significa che nemmeno la salute collettiva risulta tutelata.
  4. I contenuti del Decreto si pongono in contrasto anche con gli orientamenti espressi dalle due principali organizzazioni internazionali operanti sul piano regionale europeo, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, che hanno ritenuto necessario ribadire la libertà di scelta vaccinale allo scopo di scongiurare l’introduzione di illecite discriminazioni tra persone vaccinate e non vaccinate. Per prima è intervenuta l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, mediante la risoluzione n. 2361/2021 del 27 gennaio 2021, secondo cui «nessuno subisca pressioni politiche, sociali o di altro tipo affinché si vaccini, se non desidera farlo personalmente». In seguito, è intervenuta anche l’Unione Europea, mediante il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 953/2021 del 14 giugno 2021, il cui considerando 36 afferma chiaramente che «è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate», anche nel caso specifico di quelle che «hanno scelto di non essere vaccinate».
  5. Il Governo italiano ha adottato provvedimenti che di fatto spingono direttamente o surrettiziamente larghe porzioni di cittadini all’assunzione di farmaci ancora sotto sperimentazione, quali sono da considerare i vaccini anti Covid-19, in contrasto con alcuni principi generali di diritto internazionale ed europeo, nonché con principi fondamentali della bioetica (CIEB, Parere sull’obbligatorietà del vaccino anti-Covid, 20 dicembre 2021), quali: il principio di precauzione, come formulato dalla Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 e recepito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; il principio del consenso informato, sancito da strumenti sia di natura deontologica (il Codice di Norimberga del 1947 e la Dichiarazione di Helsinki del 1964) che giuridica (il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ratificato dall’Italia nel 1978); i principi di beneficenza, di non maleficenza e di equo accesso alle cure sanitarie, cui si ispira anche la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina (Convenzione sui diritti dell’Uomo e la biomedicina), firmata nel 1997 a Oviedo.
  6. Riteniamo che costringere alla vaccinazione, pena la sospensione dal lavoro e la perdita del sostentamento economico, rappresenti un’imposizione ingiustificata dal punto di vista sanitario e, in quanto tale, passibile di denuncia alla Corte Penale Internazionale come atto persecutorio nei confronti di un gruppo sociale, in questo caso identificabile dal suo status vaccinale (art. 7 dello Statuto di Roma)

Giova infine ricordare che la nostra Costituzione tutela il diritto alla salute, ma non lo pone al di sopra del diritto al lavoro e allo studio, né tantomeno al di sopra delle libertà personali. Tutti questi diritti devono essere bilanciati. L’epidemia va gestita 1) con misure adeguate e 2) senza rinunciare agli elementi cardine dello Stato di Diritto. Ma le attuali scelte del governo vengono meno ad entrambi questi requisiti.

In conclusione, ritenendo che esistano gli elementi per considerare il Decreto Legge n. 1/2022 in contrasto palese con il diritto internazionale, europeo e costituzionale, auspichiamo che vogliate urgentemente procedere a una valutazione della possibilità di disapplicare il suddetto Decreto.

Che dire di più? Chiunque si vedesse recapitare queste parole dovrebbe cascare dalla sedia e poi dimettersi o salire sulle barricate. Qualunque giornalista ne venisse a conoscenza potrebbe trarne un’inchiesta da Pulitzer. Qualunque politico responsabile di questo scempio (per cinico calcolo o per ignoranza non fa differenza) dovrebbe dimettersi seduta stante. Qualunque intellettuale abbia avallato senza la minima perplessità questo abominio dovrebbe ritirarsi per sempre dalla scena pubblica.

Ma tranquilli, non succederà nulla di tutto questo.

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14 febbraio – IGNORANTE O MASCALZONE?

Domani entra in vigore l’obbligo di vaccinazione per gli over-50, il vergognoso provvedimento preso dal governo, di fatto senza alcun passaggio parlamentare, in totale spregio dell’art. 32 della Costituzione. La radiosa alba di questa nuova era è stata salutata con soddisfazione da Speranza, come ci ha raccontato il GR1 delle 7.00 di oggi:

La curva dei contagi si sta piegando. A confermarlo è il Ministro della Salute Roberto Speranza: “Oggi noi stiamo piegando la curva sostanzialmente senza aver dovuto far pagare alle persone un prezzo di chiusure come in altre epoche e in altre stagioni. Questo è avvenuto grazie ad una campagna di vaccinazione straordinaria: il 91% delle persone sopra i 12 anni si sono vaccinate”. Il Ministro rivendica anche l’obbligo di vaccino per gli over 50: “Penso che sia stata una scelta giusta, coraggiosa, che ci mette nelle condizioni di guardare anche con maggiore fiducia i prossimi mesi” e aggiunge che il governo è al lavoro per reperire fondi per un bonus per l’assistenza psicologica”.

Sorvolo sul bonus per l’assistenza psicologica perché mi vergogno anche solo a nominarlo (l’enorme danno psicologico provocato a larghe fasce di popolazione in questi due anni, soprattutto bambini e giovani, lo affrontiamo con un bonus, come il cambio del decoder TV…), vorrei solo documentare il mio percorso mentale di stamattina, in seguito all’annuncio ministeriale. Sì perché mi è bastata una decina di secondi per scoprire la balla colossale sparata dal ministro, cioè che la curva dei contagi si piega grazie alla (dissennata e in questo sì straordinaria) campagna di vaccinazione.

Ed ecco i famosi dati (quelli che Speranza ed il suo capo dicono di leggere) da cui si evince la balla, anche senza fare analisi complesse (riprendo semplicemente alcuni grafici del Lab24 del Sole 24 Ore, del GediLab de La Repubblica e di Our World in Data) e al lordo delle distorsioni che ben conosciamo (le conte farlocche di contagi, morti e ricoveri).

Tenendo conto dell’andamento nel tempo della campagna vaccinale in Italia:

già il grafico più banale (e inutile) ci fa vedere che i contagi, dal novembre ’21 (quando, come si vede qui sopra, eravamo vaccinati quasi quanto oggi), aumentano con andamento esponenziale, molto più di quanto non abbiano mai fatto, anche in era pre-vaccino:

e lo vediamo anche in un grafico desunto dagli stessi (inutili) dati, ma che ha un aspetto diverso e ci rende più facile il confronto con i grafici successivi:

Infatti, se vogliamo fare le persone un pochino più serie e andiamo almeno a cercare il grafico con la percentuali dei nuovi positivi su tamponi effettuati, cioè il famoso “tasso di positività” (almeno per ridurre la distorsione data dal parallelo aumento esponenziale dei tamponi, che affligge i due grafici precedenti), vediamo che l’andamento è confermato e la balla è evidente: la vaccinazione di massa non ha avuto alcun effetto sui contagi (né per prevenirli, né tanto meno per invertirne la curva):

Ma questo noi  lo sapevamo già (solo Speranza a quanto pare no), sin da quando ci dissero che questi vaccini non evitano il contagio, ma solo la malattia grave e la morte (rischi che riguardano quasi esclusivamente la popolazione molto anziana e molto malata già di suo). E infatti, come si vede da questi due grafici, il vaccino ha avuto un buon effetto sia sui decessi sia sui ricoveri in terapia intensiva, entrambi con curve ben diverse da quelle dall’era pre-vaccino:

Ovviamente neanche in questo caso possiamo dire che i vaccini invertono la curva (perché solo un idiota potrebbe pensare che un’azione che si dipana in un tempo lungo, come una campagna vaccinale, possa avere un effetto riscontrabile in poche settimane, cioè l’arco di tempo in cui una curva epidemiologica, di qualunque tipo, si inverte…), ma che i fragili, col vaccino, rischino di meno la morte o la terapia intensiva è un dato di fatto e di questo ci possiamo anche un po’ ascrivere il merito. Mentre, altrettanto ovviamente, il green pass, semplice o rafforzato che sia, non è mai servito a nulla fino ad oggi e meno ancora servirà da domani in poi, né per contagi, né per i morti, né per i ricoveri (ma questo chi lo ha inventato – l’Europa – lo sapeva e infatti lo ha inventato per tutt’altro scopo che non quello con cui Speranza & C. lo hanno adottato).

Al povero ministro che così rimane orfano del merito per l’inversione della curva possiamo solo dire che non si crucci troppo: infatti tutte le influenze hanno più o meno lo stesso andamento, pressocché indipendentemente dall’azione dell’uomo, con qualche differenza nell’altezza della curva (le influenze meno virulente ce l’hanno più bassa) e, più raramente, nel periodo in cui si sviluppano (il più delle volte tra le ultime due settimane dell’anno e le prime 10-12 di quello successivo, ma ci sono state eccezioni), come documenta costantemente il portale Influnet dell’ISS:

e se lui non lo sapeva forse non è colpa sua, semplicemente i numeri non li sa leggere, così come avevamo sospettato da un paio di anni in qua. Perché altrimenti la spiegazione alternativa è che sia solo uno squallido mascalzone, lui e tutta la sua combriccola di consiglieri, esperti e media di propaganda…

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8 febbraio – FACCIAMO UN PO’ COME CAZZO CI PARE

…diceva un famoso comico una ventina d’anni fa (parlando di quella formazione politica, sedicente liberal, grazie alla quale è stato introdotto in Italia lo stile di governo disinvolto e sprezzante della Costituzione che oggi un po’ tutti hanno imparato ad esercitare…). La sagace massima, infatti, è pienamente rispettata anche nell’odierno frangente pandemico, dove tutti dicono di leggere i dati, ma, a giudicare dalle conseguenze di tali letture, delle due l’una: o non sanno leggere (cosa non poi così improbabile) oppure… semplicemente fanno appunto come cazzo gli pare! Tra le tante prove (ce ne sono a bizzeffe in questo blog) oggi porto a suffragio di questa mia tesi due eventi lontani nel tempo e apparentemente molto differenti, ma il cui confronto può suscitare una notevole, pur amara, ilarità.

Ricordate il luminoso esperimento di Vo’ Euganeo nel 2020? Il famoso paesino veneto dove si ebbe il primo (?) morto per (?) Covid d’Italia? Che fu sigillato e trasformato in laboratorio in vivo da Crisanti e colleghi, con risultati che resero questo studio “un esempio internazionale” di cui ci vantammo per mesi? Date un’occhiata a questo articolo sul blog dell’Università di Padova, in cui l’esperimento di Vo’ Euganeo è ben spiegato. Esso costituisce infatti un tassello abbastanza importante dell’ondata di follia che ci ha travolto in questi due anni (e il suo rilievo internazionale ha contribuito, insieme allo spettacolare panico messo in scena nel nostro paese, anche alla diffusione mondiale della stessa follia). In particolare, nello studio si dice che, a seguito del primo decesso ufficiale Covid in Italia avvenuto il 21 febbraio 2020 nel comune di Vo’, “le autorità nazionali e regionali hanno imposto la chiusura di tutti i servizi pubblici e le attività commerciali e imposto il divieto di circolazione della popolazione dal 23 febbraio all’8 marzo 2020. Durante questo periodo, abbiamo testato due volte l’intera popolazione per la presenza del virus nei tamponi nasofaringei. Pertanto, Vo’ ha rappresentato un’opportunità unica per comprendere l’epidemiologia di SARS-CoV-2 e le sue dinamiche di trasmissione con dettagli senza precedenti. L’esperienza di Vo’ rappresenta una prova indipendente del concetto che, nonostante la trasmissione silenziosa e diffusa di SARS-CoV-2, la trasmissione può essere soppressa”. Si disegnano così i due capisaldi della nostra vita nei due anni successivi: le politiche squisitamente reattive ed il dogma del tracciamento/contenimento. Faccio presente che lo stesso studio, se avete letto bene e fatto due conti mentre leggevate, aveva mostrato anche che la diffusione del virus era già fuori controllo (e l’ISTAT lo sancirà definitivamente qualche mese dopo), che la componente asintomatica e paucisintomatica era largamente maggioritaria, che la malattia grave colpiva solo alcuni tra i più anziani e che la letalità – nonostante i piccoli numeri (e la variante più aggressiva) – già sembrava abbastanza bassa (1 morto su 145 positivi totali, letalità apparente dello 0,69%; ricordo che in quel periodo, grazie ai ben noti conti farlocchi, ISS diffondeva percentuali a due cifre!)… Ma, a parte questi dettagli, sulla base dell’esperimento en plein air nella cittadina veneta (e l’esempio cinese), abbiamo modellato tutti gli interventi da adottare: chiusura della gente in casa, distanziamenti, mascherine, sanificazioni ambientali, tamponi e tracciamenti, in un continuum che non si è interrotto mai, neanche in piena estate, fino alla vaccinazione di massa ed al delirante green-pass all’italiana (che, lo ricordo per la cronaca, ha la funzione esattamente contraria a quella prevista dal regolamento europeo che lo ha inventato).

Bene, ora veniamo ai giorni nostri. È di circa un mese fa la notizia del focolaio Covid su una nave MSC in crociera nel Mediterraneo14, con 150 contagiati; ovviamente se n’è parlato pochissimo, impegnati come eravamo nell’appassionante telenovela del Quirinale, ma è in realtà di estremo interesse perché, al pari del leggendario esperimento di Vo’ Euganeo, ci mostra alcune evidenze rilevate in un luogo confinato (una nave) e, quindi, in un setting controllato, nonché su un campione significativo di alcune migliaia di persone (per la precisione circa 5000 passeggeri e 900 uomini di equipaggio). Ebbene, dal nuovo “esperimento” in vivo, a due anni di distanza dal precedente, notiamo:

  • che il vaccino non ferma il contagio;
  • che abbiamo una positività di circa il 2,5% della popolazione osservata, esattamente come quella rilevata a Vo’ due anni fa, ad inizio pandemia;
  • che quesi positivi sono quasi tutti asintomatici (a Vo’ erano il 43%, mentre il 40% erano paucisintomatici o con sintomi lievi);
  • che di questi 150 positivi non solo nessuno è morto, ma nessuno è stato neppure ricoverato (non conosciamo la composizione demografica della popolazione della nave, ma possiamo presumere che vi fossero sia giovani che anziani) e questa è veramente l’unica differenza con l’esperimento di Vo’ (dove vi fu 1 morto ed il 17% dei positivi fu ospedalizzato).

Ma soprattutto rileviamo che, nonostante le rigide misure adottate sulla nave e nonostante il super green pass necessario per imbarcarsi (si vedano qui le ferree regole fissate da MSC), cioè nonostante la vaccinazione di massa obbligatoria, il costante tracciamento tamponario, distanziamenti e mascherine anche all’aperto, ed altre simili stronzate (ancora oggi vigenti ovunque in Italia) il contagio ha fatto tranquillamente il suo corso esattamente come faceva due anni fa, mentre l’unica cosa che è cambiata rispetto a Vo’ è appunto che non c’è stato né il morto né le ospedalizzazioni e ciò per merito dei vaccini, che hanno protetto adeguatamente gli anziani (cioè le categorie a rischio di morte e/o ospedalizzazione; alle altre non sarebbe successo nulla, come è sempre stato in quest due anni).

Dunque cosa evincerebbero da tutto ciò degli individui normodotati, normo-acculturati e minimamente onesti? Che, al di là dei due anni di vita buttati nel cesso di fatto senza motivo (non è cambiato praticamente nulla dall’inizio, il virus ha fatto il suo corso naturale mentre noi ci agitavamo inutilmente, l’unico vero spartiacque è stato il vaccino), di sicuro oggi che abbiamo vaccinato praticamente tutti i fragili (con percentuali dal 94 al 97% tra gli ultrasessantenni) potremmo tranquillamente fregarcene dei contagi (su cui non possiamo nulla), eliminare il vergognoso green pass (che non ha alcun significato se non quello odioso di controllo sociale), riaprire tutto senza limitazioni, mascherine, sanificazioni, etc. (che non servono a nulla) e buttarci definitivamente dietro le spalle questa surreale vicenda. Punto.

E davanti a queste (nuove?) evidenze, cosa fanno i nostri governanti & compagnia cantante, invece di chiedere scusa e ritirarsi nell’oblio (come avverrebbe in un paese di gente normale)? Basta aprire a caso qualche giornale o fare un breve zapping in tv per avere la scontata risposta (due esempi: qui e qui).

Cioè continuano – non si sa per quanto, nell’assurdo paese di decerebrati quali siamo – a fare quello fanno indisturbati da due anni in qua: se infischiano dei dati, della logica, del buonsenso, delle leggi e… fanno un po’ come cazzo gli pare!

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5 febbraio – NOTIZIA SCONVOLGENTE

Ieri in auto ascoltavo il GR1 delle 19.00 e a momenti andavo fuori strada: “Se da una parte si pensa alla graduale riduzione delle restrizioni, soprattutto per gli immunizzati, dall’altra resta il nodo di chi ancora non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, si tratta di circa 4 milioni di persone. Tra loro c’era anche la famiglia di Pietraperzia, in provincia di Enna: padre, madre e tre figli, tutti morti di Covid. “Il paese è sconvolto, ci conosciamo tutti”: è addolorato Salvatore Vincenzo Messina, sindaco di Pietraperzia, 6800 abitanti in provincia di Enna, costretti in meno di due mesi a dire addio ad un intera famiglia. “Questo maledetto virus si è accanito su questa famiglia, ne ha fatto 6 vittime”: padre, madre, tre figli e la suocera di uno di loro, ammalati e morti in uno stillicidio iniziato pochi giorni prima di Natale. “Non erano vaccinati nessuna delle sei vittme”. Poi il servizio continua con la morale di rito: nonostante la scienza e le sue luminose sicurezze esiste ancora tanta ignoranza che conduce alla rovina. Ma questo non mi interessa, ora. Il fatto è che la notizia mi ha colpito: immaginavo la famigliola di mamma, babbo e tre bambini (o almeno uno un po’ più grande, visto che aveva una suocera). Che diavolo è successo? Ho dovuto penare un po’, ma alla fine ho trovato notizie più precise. Riassumo brevemente per punti:

1) i morti hanno rispettivamente 91, 81, 78, 55, 55, 52 anni. Faccio notare che tre di loro appartengono alle fasce d’età a rischio di malattia grave e morte;

2) non abbiamo idea delle condizioni fisiche di queste persone (giustamente, dato che, tranne che per il covid, esiste ancora la privacy sui dati sensibili delle persone, come sono quelli sullo stato di salute); ci dobbiamo fidare delle chiacchiere di paese, che dicono trattavasi di brave persone in perfetta salute (si sa “gli eroi son tutti giovani e belli”…), francamente un po’ poco per un’analisi sensata della vicenda;

3) non si tratta tecnicamente di una famiglia, ma di almeno 3-5 nuclei familiari imparentati tra loro: 81 e 78 erano coniugi; 55, 55 e 52 sono i loro figli, che avevano proprie famiglie; 91 era la suocera di uno dei figli. Inoltre, per quanto ne sappiamo, tutti gli altri figli, nipoti e parenti vari dei diversi nuclei sono tutti vivi e vegeti;

4) indubbiamente la coincidenza colpisce, ma bisogna sempre inquadrarla nel contesto generale dei numeri e della casistica: a fronte di uno sfortunato gruppo familiare, ve ne sono alcuni milioni che hanno avuto la stessa malattia tra tutti i propri componenti senza alcuna conseguenza (anzi, nella stragrande maggioranza, senza neanche sintomi) e non più di 140.000 famiglie che hanno avuto un morto15. E ciò al di là della tristezza e della umana comprensione, che rimangono doverose – basta di fare le bestie che neanche onorano più i morti se sono morti di covid. O con covid… – e che non hanno nulla a che vedere con la statistica dei numeri. Ma, dopo aver pianto con i nostri sfortunati concittadini, bisogna usare anche un po’ di razionalità: la probabilità che una famiglia sia spazzata via dal covid in Italia è nell’ordine dello 0,0000…% (ad es. ipotizzando che 2 milioni di famiglie abbiano avuto il covid, sarebbe lo 0,00005%; in realtà è un conto che non è così facile fare, ma è giusto per dare un’idea delle proporzioni: è sicuramente maggiore l’incidenza delle famiglie intere stroncate da incidenti stradali, per dire…).

Ergo: se ancora esiste una scuola in Italia, consiglierei di mettere anche elementi di logica ed elementi di statistica tra le materie obbligatorie. Alle medie e alle elementari, ovviamente: non c’è bisogno di concetti molto avanzati per farsi un’idea sensata del mondo e dei suoi fenomeni, giusto per non essere turlupinati…

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3 febbraio – GRAZIE, NANI E BALLERINE

Solo una breve nota, per riportare un paio di frasi dal GR3 delle 8.45 di oggi, che mi hanno fatto accapponare la pelle (soprattutto per la naturalezza con sui sono state proferite). Tralasciando il titolo nel sommario del GR (“Nuova fase di speranza: meno ricoveri, meno divieti grazie ai vaccini“), la prima è che, grazie al CdM di ieri, “cambiano le regole per garantire maggiore libertà a chi ha seguito le indicazioni del governo“; la seconda riguarda le nuove regole per la scuola: “Rivoluzione anche nel mondo della scuola: si dimezza la quarantena con didattica distanza, che passa da 10 a 5 giorni e riguarda solo i non vaccinati (…) Nessuna discriminazione – ribadisce il ministro dell’istruzione Bianchi – [vogliamo] privilegiare le attività in presenza, però bisogna anche dare un segno forte che l’elemento vero di sicurezza è la vaccinazione”. Libertà solo per chi segue le indicazioni del governo, bambini puniti a casa se non vaccinati (ma non è discriminazione, lo dice il ministro), la scuola con funzione di propaganda, i vaccini che sciolgono i divieti (del resto il virus ci aveva tolto la libertà, quindi non fa una piega)… Insomma, Rivoluzione sì, ma Fascista.

Intanto a Sanremo Checco Zalone ci prende per il culo con un magnifico sketch su Oronzo Carrisi, virologo, satira che ovviamente nessuno ha davvero compreso (a partire dalla immancabile rima che il nome richiama) come del resto avvenne anche per due perle di irrisione come “L’immunità di gregge” e “La vacinada“. E un cantante – Dargen D’Amico, a me sconosciuto – canta: “Che brutta fine le mascherine / La nostra storia che va a farsi benedire / Ma va’ a capire perché si vive se non si balla“.

Solo (pochi) nani e ballerine sono rimasti a estremo baluardo della nostra morente civiltà. Nuova fase di speranza? Boh.

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2 febbraio – VOLEVO PARLARVI D’ALTRO, MA ANCHE QUESTA NON È MALE.

Sono giorni che cerco di reperire dei dati per fare una riflessione sui decessi per fasce d’età, ma non si trovano da nessuna parte; ISS ed Epicentro, interpellati direttamente, non rispondono (il primo) o rispondono in automatico che il sistema “per ragioni di tutela della privacy, non prevede, al momento attuale, la disponibilità di dati diversi da quelli già pubblicati sulle pagine di EpiCentro”: quindi niente da fare. Ho chiesto anche ad ISTAT, vediamo se rispondono…

Intanto però vi segnalo questo ottimo articolo apparso sul sito di Nicola Porro, a firma di Paolo Becchi, Giuseppe Cutuli e Nicola Trevisan, dal titolo “Nuovi dati Iss: si confermano i dubbi sulla terza dose” che è di estremo interesse. E fa il paio con quanto avevo già segnalato qui l’11/1 scorso.

Intanto i nostri gerarchi oggi riuniscono il Gran Consiglio per decidere nuovi urgenti provvedimenti per far fronte alla terribile emergenza. Va beh…

PS: Anche io ho dubbi sulla terza dose, ma molto più semplici di quelli di Becchi-Cutuli-Trevisan: perché vaccinare tutti con la terza dose in vista della primavera-estate? Certo, sempre meglio del vaccino che ho ricevuto io, prima dose a giugno, seconda a luglio, ma comunque senza alcun senso. Del resto abbiamo affidato tutto il programma vaccinale ad un ottuso generale dell’Esercito (scelto – immagino – perché un generale dei Carabinieri non era disponibile) che esegue gli ordini del suo Duce senza tentennamenti, dritto alla meta…

PS 2: Da ieri il mio green pass è scaduto e sono diventato un pericoloso no-vax. Occhio!

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24 gennaio – PALÙ È TORNATO TRA NOI?

È abbastanza evidente che Giorgio Palù sia un abile fiutatore dell’aria che tira. Così, dopo le illuminanti e sensate opinioni che esprimeva sulla pandemia da pensionato e libero pensatore e dopo il “salto mortale della quaglia” verso posizioni più ortodosse una volta divenuto presidente dell’AIFA (ne abbiamo parlato qui), oggi deve aver capito che il castello di stronzate mostra qualche crepa vistosa e corre ai ripari. Al GR3 delle 8.45 di oggi ha infatti detto quanto segue: “Un virus pandemico, prima o poi, finisce per diventare endemico e questo lo si acquisisce o per selezione naturale (perché il virus non ha interesse a uccidere l’ospite) o perché aumentano le difese immunitarie e, tra vaccinazioni e infezione naturale, ci stiamo avvicinando verso quella che è un’immunizzazione della popolazione umana”. D: Non c’è il rischio che Omicron muti in un patogeno più aggressivo? R: “Omicron, se può avere la contagiosità che ha adesso più la capacità che aveva Delta di infettare anche il polmone, ecco che può diventare un problema molto serio, ma è difficile che un virus reverta (sic) in queste condizioni, perché ha già ottenuto un vantaggio selettivo e credo che, dal punto di vista della virologia evoluzionistica, tende a diventare più contagioso, magari più immunoevasivo, ma meno virulento”. D: In che direzione andiamo con i vaccini? R: “È bene aggiornare i vaccini e, soprattutto, i ricercatori si stanno concentrando sui vaccini pan-coronavirus, ricordo però che lo stiamo tentando da vent’anni o trent’anni per l’influenza e ancora non lo abbiamo”.

Tutto chiaro? Cioè che la pandemia è già da tempo endemia (e quindi tracciamento e contenimento sono inutili); che, come sempre, avviene c’è un progressivo adattamento uomo-virus che assicura la convivenza e la sopravvivenza di entrambi; che tutte le manfrine sulle varianti sono ridicole; che vaccinazione (di chi rischia di più) e immunizzazione naturale (degli altri, che sono la stragrande maggioranza) è, come sempre, la strategia migliore, piuttosto che la vaccinazione di massa, peraltro con vaccini che, per definizione, non ce la fanno a rincorrere la notevole variabilità di virus mutevoli come i coronavirus… Non so quante volte abbiamo già detto queste cose negli ultimi due anni, dal nostro piccolo pulpito ignorante, quindi fa piacere sentirlo finalmente anche da qualcuno di “istituzionale”.

Quello che, tuttavia, Palù non può dire è che, proprio in conseguenza di quanto sopra, è di tutta evidenza che abbiamo sbagliato quasi tutto in questi due anni, con i lockdown, le mascherine onnipresenti, la Santa Sanificazione, il mantra del distanziamento, il dogma del tracciamento/contenimento e tutto il corollario di conseguenze (va da sé, non del virus, ma delle nostre scelte sconsiderate), in una progressiva (e, a quanto pare, infinita) spirale di panico collettivo, azioni-reazioni senza logica e senza fondamento, sovvertimento dei valori della socialità, annichilimento di fondamentali principii costituzionali, etc. Quindi c’è poco da gioire…

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23 gennaio – GIUSTO PER DIRE QUANTO SIAMO RIDICOLI..

Anche oggi solo una breve video-riflessione. Vi invito a guardare questo cinegiornale dell’Istituto Luce del gennaio 197016.

Non commento, voi i conti li sapete fare anche da soli. Ricordo solo che, nel 1970, avevamo 53,7 milioni di abitanti (oggi 59,2) e, soprattutto, che l’età mediana della popolazione era di 32,8 anni, mentre oggi la popolazione è molto invecchiata (l’età mediana è di ben 47,3 anni). Ah, e a quel tempo non avevamo i vaccini, non facevamo un milione di tamponi al giorno a casaccio, né, tanto meno, ne facevamo ai morti…

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21 gennaio – NO-GREENPASS, RAGNI E VISIGOTI, ATTENTI!

Dopo giorni di attesa, il nostro Duce Luminoso ha parlato e ci ha elargito il motuproprio con la lista di chi può andare dove e a quali condizioni. Non so, mi ricorda qualcosa.

Si comincia così…

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18 gennaio – IDIOZIE E MASCALZONATE

Ancora un esempio di idiozia (del giornalista) e di scientifica mascalzonaggine (dell’esperto interpellato). Si tratta di un breve servizio del GR3 delle 6.45 di oggi, che riporto integralmente:

In molti si domandano se anche l’Italia non vada verso l’endemizzazione del virus sulla falsariga di quanto sta succedendo nel Regno Unito. Walter Ricciardi consulente del ministro Speranza: “Si va in quella direzione, ma l’Inghilterra ha pagato un prezzo salato in termini di morti, di pressione sui sistemi sanitari, di economia e peraltro loro hanno il 90% degli ultrasessantenni che ha fatto la terza dose, quindi è sicuramente un sacrificio che è stato fatto, noi stiamo andando in questa direzione però dobbiamo aumentare la quota dei vaccinati”.

E ora l’analisi, passo per passo.

In molti si domandano se anche l’Italia non vada verso l’endemizzazione del virus sulla falsariga di quanto sta succedendo nel Regno Unito (evidentemente il giornalista pensa che il virus si comporti in modo diverso nei vari paesi europei, a sostanziale parità di condizioni…). Walter Ricciardi consulente del ministro Speranza: “Si va in quella direzione, ma l’Inghilterra ha pagato un prezzo salato in termini di morti (non più di noi: il Regno Unito ha avuto fino ad oggi 2.222 morti per milione di abitanti, l’Italia 2.344), di pressione sui sistemi sanitari (non più di noi, come si può vedere da questo grafico:

e faccio presente che, al 2020, noi avevamo 8,6 posti in TI per 100.000 abitanti, l’Inghilterra 10,5 e che oggi noi – 60 mln. di abitanti –  abbiamo 1700 persone in TI, il Regno Unito – 68 mln. di abitanti – ne ha 746), di economia (non ho abbastanza conoscenze, ma i dati che raccolsi aggiornati al 9/21 sembrerebbero raccontare altro) e peraltro loro hanno il 90% degli ultrasessantenni che ha fatto la terza dose (vero; noi comunque abbiamo dal 90 al 94% di vaccinati over 60 e dal 67 al 79% con terza dose. A proposito, ricordo che, sebbene poco detto dal mainstream, l’efficacia del vaccino contro la malattia severa non cambia molto né nel tempo né tra due e tre dosi, come si vede da questo grafico:

quello che cambia è l’efficacia nella diagnosi, cioè nel contenere il contagio, che è l’inutile ossessione della triade governanti-esperti-media; di qui la fissa che hanno per vaccinare tutti e sempre, continuamente, anche fuori stagione, anche se non serve…) quindi è sicuramente un sacrificio che è stato fatto (stronzata strumentale, quindi), noi stiamo andando in questa direzione però dobbiamo aumentare la quota dei vaccinati (considerando la popolazione over 12, oggetto della campagna vaccinale, abbiamo già il 90% parzialmente protetto e l’87% completamente vaccinato, soprattutto, come abbiamo detto, nelle fasce d’età più a rischio; considerando anche che vi sono soggetti che non possono essere vaccinati (probabilmente non sono molti, viste le scarse controindicazioni, ma non riesco a trovare alcun dato ufficiale in merito), a quanto diavolo dobbiamo arrivare per sentirci protetti e smetterla finalmente con tutte le restrizioni?)”.

Non servono – credo – ulteriori commenti.

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14 gennaio – SE L’INFORMAZIONE NON FA (PIÙ) IL SUO LAVORO

Parlando con un mio buon amico ho raccolto due domande su cui vale la pena riflettere.

1) La narrazione sul virus è univoca: come fa una persona normale a sviluppare un pensiero non dico critico, ma almeno equilibrato sul tema pandemia?

2) E, posto che ormai vi sono evidenze che tale narrazione sia sostanzialmente errata, com’è possibile che nell’errore siano cadute nazioni intere? E perché? Cui prodest?

Non è facile rispondere. Cominciamo dalla prima domanda. Nelle democrazie liberali, il ruolo di stimolare il pensiero critico nell’opinione pubblica è dell’informazione (non per niente il giornalismo veniva una volta definito “il cane da guardia della democrazia”, lo watchdog journalism), un ruolo che infatti essa perde nelle dittature. Purtoppo, nella odierna vicenda della pandemia, si è realizzata un’incredibile saldatura tra il potere e l’informazione, tale che, nonostante formalmente continuiamo a vivere in una democrazia, l’informazione è diventata nella quasi interezza (tranne sporadici casi, tutti di nicchia) semplice amplificatore della voce del potere, trasformandosi di fatto, come avviene nelle dittature, in semplice propaganda. A mia memoria, un fronte unico dell’informazione, senza più voci dissonanti, senza differenze ideologiche, senza contraddittorio di alcun tipo, non si era mai visto dalla fine del fascismo, cioè nell’era democratica, in nessuno dei periodi, per quanto oscuri, possiamo aver attraversato. Si dirà che ciò è dovuto all’eccezionalità della situazione; tuttavia, chi legge queste pagine sa che i numeri ci raccontano tutt’altro, ma anche solo a guardarci indietro nella storia (recente o lontana non fa differenza) la vicenda umana è piena di eventi estremi (guerre, disastri e sì, anche epidemie e pandemie, etc.), perciò non possiamo certo parlare di eccezionalità. Quella che è cambiata è forse la sensibilità delle popolazioni, le condizioni socio-economiche, i riferimenti culturali; ma non nel senso che tutto questo sia aumentato o migliorato, rendendoci più solidi, più forti, più consapevoli… Tutt’altro: ci siamo involuti, l’ignoranza regna e il nostro narcisismo si è fatto patologico, così la paura della morte ci attanaglia e svenderemmo tutto (anche la proverbiale mamma) in nome di questa paura. Va beh, mi sono lasciato andare ad un po’ di psico-sociologia d’accatto e chiedo scusa; ma il discorso sull’informazione rimane valido. Con il risultato che tutto è spettacolarizzato e, non avendo più il ragionamento alcuno spazio (essendo ben poco spettacolare), le notizie vengono date (o meglio gridate) non solo senza alcuna verifica, ma addirittura senza alcuna analisi (non so quante volte ho sentito, nello stesso servizio, una notizia ed il suo contrario o numeri senza alcun senso anche per un bambino delle elementari, etc. tutta roba che un giornalista che leggesse oltre a scrivere, o che si ascoltasse oltre che parlare, noterebbe immediatamente…), si invitano esperti che dicono tutti le stesse cose, i giornalisti fanno domande ma non ascoltano le risposte e così via. Per avere una prova di quanto dico non c’è bisogno di chissà quale ricerca, basta ascoltare con attenzione (altra facoltà che purtroppo latita, stavolta dal lato degli spettatori) un qualunque notiziario. Anzi, facciamolo insieme, con la puntuale trascrizione della “sezione covid” del GR3 delle 8.45 di oggi: si tratta di tre notizie, che riporto integralmente di seguito.

COVID – 10 regioni a rischio arancione, oltre 184.000 i nuovi contagi, sempre alto il numero dei morti, ma scendono i ricoveri in terapia intensiva, picco previsto per la prossima settimana “infatti – dice il sottosegretario Sileri – in alcune aree già scendono i contagi”; alle 11 si riunisce il Comitato Tecnico Scientifico per affrontare la questione dei criteri di conteggio dei casi: in molti, a partire dai governatori, ribadiscono la necessità di un cambio di passo. La pandemia ha ormai un altro volto, tra copertura vaccinale e numero esponenziale di tamponi, occorre un cambio di passo per evitare una fotografia distorta della realtà. Le regioni e alcuni scienziati sono in pressing: il bollettino che misura giornalmente il contagio in Italia va modificato, “l’attuale criterio è un tormento quotidiano – afferma Agostino Minozzo, ex coordinatore del CTS – la comunicazione più sensata dei dati e dei numeri dovrebbe avere una certa periodicità” Proprio il CTS oggi darà il suo parere al Governo anche sulla richiesta dei territori di considerare come “casi” solo i sintomatici ed eliminare i test per chi i sintomi non li ha. Quanto agli ospedali Raffaele Donini, assessore alla sanità dell’Emilia-Romagna, ribadisce “la necessità di classificare meglio chi si ricovera per Covid e chi per altre patologie e poi ha il Covid in maniera totalmente asintomatica; [quanto ai] tracciamenti e ai tamponi ci sembra di svuotare il mare con un cucchiaino, abbiamo una domanda enorme con le nostre risorse che non sono decuplicate, chiediamo più semplificazione”

LA PANDEMIA ALL’ESTERO – Caso Djokovic: poco fa l’Australia ha revocato il visto al tennista numero uno al mondo per motivi di salute e ordine pubblico, rischia anche un bando di tre anni. Negli Stati Uniti la Corte Suprema blocca la legge voluta da Biden sull’obbligo vaccinale nelle aziende. In Francia oltre 300.000 nuovi contagi, ma il tribunale di Parigi sospende l’obbligo di mascherine all’aperto e i docenti scioperano contro i protocolli anti-Covid. Hong Kong vieta i voli in transito da oltre 150 paesi

FOCUS GR3 – Nel nostro approfondimento parliamo dell’uso degli antibiotici contro il Covid. Caso emblematico quello dello Zitromax, il più utilizzato per la terapia domiciliare, da giorni non più reperibile nelle farmacie di tutta Italia. “Troppe prescrizioni non servono a curare il virus” avverte però l’Agenzia Italiana del Farmaco. [Abbiamo] intervistato Evelina Tacconelli coordinatrice della task force dell’AIFA: “AIFA scoraggia l’utilizzo degli antibiotici in generale contro le infezioni virali, in quanto chiaramente non hanno un effetto contro i virus; in particolare per la zitromicina è stato dimostrato che non portano alcun beneficio, in particolare se associato con l’idrossiclorochina per il paziente affetto da Covid-19, anzi alcuni studi hanno addirittura dimostrato che potrebbe essere associato a complicanze cardiache soprattutto nel paziente anziano”. Qual è il quadro della resistenza agli antibiotici in Italia? Ci sono collegamenti con un tasso aumentato di letalità? “Una delle più importanti criticità della sanità italiana è l’utilizzo improprio degli antibiotici che in Italia è il più elevato di tutta Europa e la conseguenza è una mortalità per infezioni severe causate da batteri resistenti che è la più alta d’Europa”. Qualcuno lamenta una sostanziale stasi nelle cure domestiche per il covid: qual è lo stato dell’arte reale sulle linee guida AIFA? “Sicuramente c’è stata un’evoluzione perché, nel corso degli ultimi 24 mesi, sono stati prodotti numerosi farmaci che hanno un’azione di ritardo dell’evoluzione del covid e soprattutto che possono essere utilizzati non in regime ospedaliero: prima di tutti sicuramente gli anticorpi monoclonali, a seguire oggi abbiamo anche antivirali per via orale ed in più alcuni degli antivirali per via endovenosa, ovviamente questi farmaci sono indicati per coloro che hanno un rischio di peggioramento della malattia”

E ora analizziamo le tre notizie. Nella tabella linkata qui abbiamo, a sinistra lo stesso testo delle tre notizie (diviso in parti per comodità), a destra i fatti e le considerazioni critiche: leggete la tabella e poi tornate qui.

Ovviamente, tutte le cose elencate nella colonna di destra della tabella sono quelle che, nel giornalista che faccia watchdog journalism, dovrebbero suscitare le domande da fare per spiegare al pubblico o per inchiodare l’interlocutore alle stronzate che dice o per chiedere conto a chi detiene il potere di come esso viene esercitato… Ma questo può avvenire solo se: a) il giornalista studia e si informa, cioè se “consuma le suole” come si diceva una volta; b) il giornalista vuole fare informazione e non propaganda; c) se il giornalista, per amore dell’informazione, non ha paura di parlare anche a scapito del proprio interesse o di quello del suo giornale o di chi lo paga.

Ecco quindi perché la narrazione sul virus è univoca e perché una persona normale, a meno che non abbia voglia di studiare e molto tempo da perdere (come me), non può sviluppare un pensiero né critico né informato sul tema pandemia: perché – semplicemente – l’informazione non fa più il suo lavoro. E perché ormai viviamo in uno stato “fascista di fatto”, in cui si esercita il potere senza “pesi e contrappesi”, si calpesta la Costituzione in nome di un’emergenza inesistente, non esiste informazione ma solo propaganda, si perseguitano le minoranze che dissentono. Punto.

Rimane il problema del cui prodest. Beh, in parte la spiegazione sta nello stesso passo completo di Seneca: cui prodest scelus, is fecit cioè “colui al quale esso giova, egli ha compiuto il delitto”, quindi, nel nostro caso: i politici di turno (che capitalizzano il consenso fondato sulla paura e sul “merito” di averci salvato dalla morte), il mondo scientifico (di cui nessuno, fino all’avvento del Covid, si interessava, nessuno ascoltava, nessuno finanziava) e il mondo dell’informazione (che ormai si nutre di sensazionalismo, di contributi pubblici – e non si morde la mano che ti nutre – e di audience, cioè di introiti pubblicitari). Ma c’è anche un paese di cialtroni, quale noi siamo, che ci guadagnano un po’ tutti, dato che siamo riusciti a farci dare dall’Unione Europea – famosa per il suo braccino corto (la Grecia ne sa qualcosa) – ben quasi 200 miliardi di euro (di cui 70 a regalo), in qualità di paese più falcidiato dal Covid del continente (giusto per fare un raffronto, il secondo paese più finanziato è la Spagna con 70 miliardi ed il terzo è la Francia con 39). Ecco attualmente cui prodest tutto questo. E, tranquilli, non c’è e non ci sarà nessun giornalone, nessuna TV, nessuna Iena o Report che inchioderanno nessuno – responsabile e/o beneficiario che sia – per tutto questo scempio…

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13 gennaio – LA VERITÀ SI FA STRADA. FORSE. MA A FATICA.

Non credevo alle mie orecchie, quando l’ho sentito stamattina al giornale radio… Leggete questo articolo da RaiNews. Sconcertante: dopo 20 mesi (voglio graziarli per i primi due di confusione, comprensibile anche se ingiustificabile), tutti questi genii si accorgono (ma solo perché ci hanno sbattuto la testa quando le regolette demenziali che si sono inventate si ritorcono loro contro) che contare i positivi coi tamponi è inutile e basare tutte le scelte conseguenti su questo dato è scellerato; che i tamponi devono tornare ad essere diagnostici e non statistici né di tracciamento e vanno (eventualmente) fatti solo ai sintomatici e solo se servono; che bisogna smetterla di (cito) “conteggiare come ricoveri dovuti a coronavirus i pazienti ospedalizzati per altre patologie e poi risultati positivi” per “distinguere all’interno dei ‘ricoveri Covid positivi’, quali afferiscono direttamente a una patologia ‘Covid-dipendente’”. Complimenti, finalmente ci siete arrivati, ma anche un ignorante uomo della strada, capace giusto di due conti in colonna, lo avrebbe capito da un pezzo…

Altro momento di incredulità (ma per motivi opposti) l’ho provato leggendo gli articoli che in questi giorni hanno riportato con grande enfasi il grido d’allarme dei chirurghi italiani, i quali denunciano la drammatica riduzione (50-80%) dell’attività operatoria a causa del Covid. Sebbene vi sia chi, come l’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (Acoi) (intervistata da AdnKronos) riesce ad affrancarsi un po’ dall’idiozia imperante e correttamente attribuisce le responsabilità (“Se avessimo dato una programmazione certa a queste risorse umane, forse oggi non saremmo in queste condizioni”; “Se il ministro della Salute, Roberto Speranza, e le Regioni investono oggi in (…) più operatori (infermieri, anestesisti, chirurghi) e nelle strutture, in un anno possiamo recuperare”), tuttavia altri, come la SIC – Società Italiana di Chirurgia, preferisce la narrazione del virus cattivo e dei no-vax assassini, come riporta ad esempio il Fatto Quotidiano: “posti letto di chirurgia dimezzati, blocco dei ricoveri in elezione, terapie intensive riconvertite per i pazienti Covid, infermieri e anestesisti delle sale operatorie trasferiti ai reparti Covid. In questo modo l’attività chirurgica in tutta Italia è stata ridotta nella media del 50% con punte dell’80%, riservando ai soli pazienti oncologici e di urgenza gli interventi. Ma spesso non è possibile operare neanche i pazienti con tumore perché non si ha la disponibilità del posto di terapia intensiva nel postoperatorio”, dal momento che “le terapie intensive sono in gran parte occupate da pazienti principalmente no vax”. Lasciamo perdere la retorica anti no-vax , ormai francamente ridicola, facciamo piuttosto due conti. Oggi abbiamo in Italia 1.669 persone malate di Covid in terapia intensiva; come si può evincere dai dati ufficiali AGENAS:

il totale dei posti disponibili in terapia intensiva è 9.244 e, prima del Covid, erano 5.100. La domanda è: com’è possibile che l’attività delle chirurgie sia paralizzata con 9.244 – 1.669 = 7.575 posti restanti quando, prima del Covid, tutto funzionava bene con soli 5.100 posti? Sicuramente ci saranno singole realtà più intasate di altre, ma davvero, con tutti i soldi che ad es. buttiamo via ogni giorno coi tamponi, non riusciamo a trovare soluzioni organizzative più adeguate nelle specifiche situazioni che lo richiedono (perché di questo si tratta, evidentemente, visti i numeri)?

Ma ce n’è un’altra di domanda che sorge spontanea e che è ancora più inquietante: dopo aver saputo che in Italia abbiamo contato come morti Covid i decessi per altre cause (ma positivi, anche con test post mortem), e stante quanto ci dicono i chirurghi, ma anche quello che ci disse l’ISTAT nel Rapporto Annuale 2020 (si legga la sezione “L’impatto del Covid-19 sull’assistenza ospedaliera” a pag. 7), è così peregrino sospettare che l’eccesso di mortalità registrato nel 2020-21 sia dovuto non marginalmente ai morti per cure non prestate, mentre i morti PER Covid sono stati, di fatto, solo un anticipo di mortalità (cioè persone che sarebbro comunque morte in un tempo più o meno breve per condizioni di anzianità e/o malattia preeistenti)?

Allora ecco la domanda finale: ora che sappiamo non solo dai dati, ma anche da chiare ammissioni di soggetti qualificati, che la conta dei “casi”, dei morti, dei ricoveri e delle terapie intensive (i 4 pilastri su cui è stata tenuta in piedi l’emergenza per ben due anni) sono farlocche, non è ora di mandare a casa – e con vergogna – Presidente del Consiglio, Ministro, CTS e compagnia cantante? Nei paesi civili si fa così. Da noi no.

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9 gennaio – LA MATEMATICA NON È UN’OPINIONE?

Evidentemente il mio maestro delle elementari (buonanima) si sbagliava quando, tirandomi un orecchio, mi ricordava la celebre e (all’epoca sembrava) saggia massima. Perché il cimitero logico-aritmetico (si noti, neanche matematico, ché sarebbe troppo) nel quale ci dibattiamo da ormai due anni l’ha confutata da tempo: la matematica è diventata un’opinione, eccome! In questo blog non si fa praticamente altro che denunciare questa deriva (in fondo è nato per questo), ma qualche volta vale la pena di riportare qualche esempio emblematico, non fosse altro che per testimoniare a noi stessi di non essere rincoglioniti del tutto…

La riflessione di oggi prende spunto da un paio di dichiarazioni pubbliche, una di Anthony Fauci (che non ha bisogno di presentazioni) e l’altra di Mary Travis Bassett, Commissario del Dipartimento della Salute dello Stato di New York, rilasciate rispettivamente il 30 e il 27 dicembre scorso e di cui possiamo leggere un estratto in questo articolo dal blog di Nicola Porro (tra i pochi ad aver riportato la notizia in Italia, ovviamente; ma se volete potete leggere la notizia sul Newsweek e sul New York Post; ma tranquilli, anche in America questa roba passa relativamente sotto silenzio), con relativa lettura tra le righe, che sostanzialmente sottoscrivo (con qualche distinguo, che tuttavia vi risparmio perché non necessario al nostro ragionamento). Insomma, a prescindere dalle finalità più o meno buone, i due importanti esponenti statunitensi della famosa “scienza” (quella vera, l’unica, secondo i nostri politici e giornalisti) ammettono candidamente il primo che, almeno negli USA, si contano tra gli ospedalizzati Covid anche i bambini che, ricoverati per altro, incidentalmente sono risultati positivi al tampone; la seconda che i numeri sono sempre piccoli, ma gli si da enfasi “per motivare i pediatri e le famiglie a cercare la protezione della vaccinazione” dei bambini17. E se queste interpretazioni truffaldine dei numeri avvengono negli USA, dove i concetti di “verità” e “lealtà” sono praticamente una religione, non è almeno verosimile che anche nella nostra “fantasiosa”, “creativa” Italia avvenga altrettanto? Lo abbiamo in più di un’occasione sospettato e sommessamente (non avendo dati incontrovertibili a supporto) pure detto, ma ora l’ipotesi che l’incredibile discrepanza ad esempio tra il numero dei morti Covid in Italia rispetto al resto del mondo, ben visibile in questa piccola tabella:

(Fonte: Worldometer, 9/1/22)

possa essere motivata dal nostro modo “allegro” di contare i morti (di cui io stesso, nel mio piccolo, ho avuto la prova diretta, per quel che vale) non appare più così peregrina, sebbene non vi sia praticamente nessuno in Italia a cui interessi approfondire questo argomento inchiodando ai numeri chi di dovere18

In effetti, la discrepanza dei numeri sui morti è un tema che da tempo mi fa diventare matto: posto che l’unica ipotesi alternativa – cioè che il virus si comporti in modo diverso a seconda della nazione in cui opera – è evidentemente senza senso, mi pare che l’ipotesi più probabile sia quella del conteggio fatto a cazzo, almeno nei 3-4 paesi i cui valori sono fuori scala, cioè USA (e, per quanto sopra, non meraviglierebbe), Belgio (che già a inizio pandemia lo ammetteva), UK e Italia. In quest’ultimo caso, c’è anche un altro indizio nei numeri ufficiali, che più volte ho notato senza trovare una spiegazione plausibile. Guardate questa tabella, che ho riportato nella sezione “I Numeri” e relativa ai tempi pre-vaccino (novembre 2020):

ma anche quest’altra, che ho riportato nella nota del 7/1 e che per comodità ripropongo, relativa alla situazione attuale:

Ricordando che si tratta di dati ufficiali, presi dal portale Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità (chi volesse “divertirsi” a fare i conti da solo può trovare gli open data scaricabili in questa pagina del sito ISS), c’è un dato che salta all’occhio subito: dalle analisi delle cartelle cliniche (in numero talmente grande da essere molto significativo, almeno per quanto riguarda gli ospedalizzati; gli asintomatici sono invece sicuramente molto sottodimensionati) risulta che, nelle fasce più anziane, il numero dei morti è superiore al numero delle persone che, tra i contagiati accertati, hanno avuto una condizione clinica severa (tanto da richiedere l’ospedalizzazione) o critica (con ricovero in terapia intensiva). Com’è possibile? È verosimile che sia morta tanta gente per causa diretta del Covid ma senza avere nessun sintomo o sintomi lievi? Boh… Non è più verosimile che, come si diceva una volta (ma poi hanno smesso tutti di dirlo, chissà perché), molta gente sia semplicemente morta CON Covid (cioè morta per altra causa, ma con tampone positivo) mentre noi l’abbiamo contata come fosse morta PER Covid, in tal modo di fatto “gonfiando” le statistiche (a dispetto delle linee guida OMS che pure sono molto chiare)? E che invece i paesi più seri di noi contino solo, correttamente, i morti per causa diretta da Covid? Il dubbio è quanto meno legittimo19

Va beh, forse un giorno ne sapremo di più. Intanto però – per chiudere – segnalo un altro divertente nonsenso del momento. In questi giorni non si fa altro che denunciare l’impennata dei contagi come il segnale di una malattia sempre più aggressiva, che sovraccarica gli ospedali o rischia di farlo, che ora se la piglia addirittura anche coi bambini, etc. Ebbene, qualcuno si è reso conto che, dal momento che il numero dei contagiati sta a denominatore sia nei tassi di ospedalizzazione sia nel tasso di letalità, l’impennata dei contagi sta facendo crollare detti tassi, fotografando una malattia molto meno grave e molto meno letale di come ce la siamo descritta fino ad oggi? E che perciò, col nostro delirio di misure senza significato e senza fondamento, ci stiamo solo autodistruggendo? Beh, in un mondo in cui anche la matematica è diventata un’opinione (e per di più sbagliata), almeno una buona notizia…

Aggiornamento del 11/01 – Sempre sul tema della matematica opinionistica (o, meglio, su come la matematica può essere piegata ai propi fini) segnalo l’ultimo rapporto della sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, quello – per intenderci – che ieri Speranza ha snocciolato in conferenza stampa con Draghi (quel tizio che dice di basare tutte le sue scelte sui dati). Una delle tabelle più apprezzate è la Tab. 6 (a pag. 26), perché mostra in tutta la sua drammaticità quanto rischiano di più i non vaccinati rispetto ai vaccinati (sia con terza dose, sia con due dosi da meno di 4 mesi, sia con due dosi da più di 4 mesi):

Ebbene, tecnicamente ciò è vero: i numeri del “rischio relativo” mostrano ad es. che un non vaccinato rischia la morte 26,2 volte di più di un vaccinato con terza dose (gli altri confronti li potete fare da soli) ed anche i tassi sono abbastanza preoccupanti. Quello che qui però non si vede è che i numeri assoluti sono relativamente piccoli (sono nella tabella 5, a pag. 23 del rapporto, per chi fosse curioso) e che, perciò, questi dati sul rischio relativo (che tanto piacciono ai fan della pandemia mortale) perdono abbastanza di senso; inoltre, usare il tasso “per 100.000” è un artifizio (legittimo) per rendere più visibili dei numeri che altrimenti sarebbero piccolissimi, difficili da apprezzare. Se infatti trasformiamo i dati della tabella di cui sopra in valori percentuali (immediatamente più chiari a chiunque rispetto al tasso per 100.000), l’effetto è ben diverso, come si può vedere in questa tabellina (che riguarda solo i non vaccinati, perché non ho voglia di andare oltre):

Ovviamente, se facessimo la stessa operazione anche per i vaccinati le percentuali sarebbero ancora più piccole, pressoché insignificanti e, se questo indubbiamente significa che per la stragrande maggioranza delle persone il vaccino praticamente azzera i rischi (tranne che per i fragilissimi), dalla tabellina qui sopra vediamo che in realtà i rischi sono bassissimi anche per i non vaccinati: ad es. io, che ho 56 anni, se non fossi vaccinato, avrei in generale 0,1 probabilità su 100 di andare in ospedale, 0,02 probabilità su 100 di andare in terapia intensiva e 0,003 probabilità su 100 di morire e, qualora fossi tra quel 3,7% che si contagia (anche se, come è noto, questo dato è farlocco, perché basato sui tamponi e perciò pesantemente sottodimensionato), avrei 2,8 probabilità su 100 di andare in ospedale, 0,4 probabilità su 100 di andare in terapia intensiva e 0,09 probabilità su 100 di morire20. Ed anche i dati assoluti, relativi al periodo 19/11-19/12 a cui la statistica ISS si riferisce, ci dicono qualcosa di interessante: innanzitutto che il totale dei ricoverati non vaccinati in terapia intensiva è stato di 1200 unità, mentre i vaccinati sono stati 600, ovviamente non tutti contemporaneamente (degenza media, stimata ad ottobre, di 14,9 giorni), quindi con una pressione relativamente bassa sul sistema sanitario21; inoltre vi sono stati rispettivamente 8278 e 8473 ricoveri in area medica, ed anche questi 17 mila (con una degenza media di 11,3 giorni22) non devono aver avuto un impatto drammatico sul sistema ospedaliero; infine i morti, 1170 tra i non vaccinati e 1578 tra i vaccinati, in tutto meno di 100 al giorno di media23. Dove sono i dati che giustificano le parole di Draghi di ieri: “gran parte dei problemi che abbiamo oggi dipende dal fatto che ci sono dei non vaccinati”? E senza considerare il fatto che, tra i 6 milioni di non vaccinati sono ricomprese anche (ma il dato esatto è introvabile) tutte le persone che, per le loro condizioni fisiche, non possono fare il vaccino e che, proprio per tali condizioni, sono tra i più a rischio di ospedalizzazione e morte (e non solo per covid)…

Chiudo con un’ultima perla di “matematica opinionistica”. Sempre alla conferenza stampa di ieri Speranza ha detto che “restano non vaccinati in questo momento in Italia poco più del 10% delle persone che hanno più di 12 anni, eppure questa piccola minoranza occupa due terzi dei posti letto in terapia intensiva e il 50% dei posti letto in area medica: provare a ridurre ancora l’area dei non vaccinati, per ridurre la pressione sui nostri ospedali”. Sorvolo su quel 2/3 e quel 50% (che – evidentemente, dati i numeri sopra citati – non si riferiscono a tutti i posti disponibili, ma ai posti attualmente occupati, cioè 2/3 del 17% delle TI e la metà del 26% dei posti ordinari disponibili) e vorrei piuttosto sottolineare che, mentre per Speranza quasi il 90% di vaccinati significa potenziare e aggravare le misure e dare la caccia senza quartiere ai no-vax, in Spagna, con una percentuale simile di vaccinati ed altri numeri analoghi ai nostri, il governo Sanchez sta pensando di cominciare a “trattare il Covid come una normale influenza”24.

Cari Draghi, Speranza e tutta l’allegra combriccola, mi sa che “gran parte dei problemi che abbiamo oggi” dipende da voi.

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7 gennaio – AVVERTENZE

Si sentono montagne di stronzate in questi giorni e non so dove mettere le mani, perciò do solo poche brevi avvertenze25, riguardo ad alcune delle affermazioni che si sentono più di frequente.

I contagi sono fuori controllo: assolutamente sì e non da ora, ma sin dall’aprile 2020. E lo sappiamo per certo dal 3/8/20. Ne parlai sin dall’inizio qui ed è ancora più vero oggi: il fatto che rileviamo tanti contagiati è semplicemente perché facciamo una montagna di tamponi ricercandoli espressamente e non perché sia cambiato qualcosa da due anni in qua. Di fatto, il numero di contagi è un dato irrilevante, specialmente ora che l’83% della popolazione è vaccinato o in corso di vaccinazione.

È colpa della variante omicron: colpa di cosa? Di una malattia più grave o più frequente? No. Di più morti? No. Di più contagi? Forse. Ma anche se fosse: 1) chi se ne frega, dal momento che siamo tra i paesi più vaccinati al mondo? 2) abbiamo più volte spiegato che le varianti che emergono e si diffondono di più sono quelle meno aggressive (e questo vale particolarmente per i virus, che muoiono con l’ospite).

Obbligo vaccinale per fermare il contagio: il contagio non può essere fermato con questi vaccini che non sono sterilizzanti (lo abbiamo detto in più di un’occasione), ma servono solo ad evitare la malattia grave e la morte nei soggetti che rispondono al trattamento (che sono la stragrande maggioranza; purtroppo però le persone molto anziane e molto malate, anche se vaccinate, possono ammalarsi gravemente e morire comunque).

Mascherine più potenti per fermare il contagio: in teoria, passare dalla mascherina chirurgica (che protegge l’altro) alla FFP2 (che protegge anche chi la indossa) potrebbe essere sensato, ma rimane la questione fondamentale: perché è così importante che io non mi contagi, dal momento che sono vaccinato ed il contagio non mi fa nulla? Se invece il problema è quello del contagio degli altri, basta la chirurgica usata correttamente e solo in presenza di non vaccinati a rischio o di vaccinati talmente malmessi da rimanere a rischio comunque; nel resto delle situazioni la mascherina (di qualunque tipo) potrebbe essere tranquillamente abolita.

Dobbiamo lottare fino all’azzeramento dei contagi: impossibile (i contagi sono da sempre fuori controllo e, dopo due anni, il virus è endemico, cioè si è installato definitivamente tra noi), insensato (si tratta di una malattia a bassa letalità e che non colpisce a casaccio, ma essenzialmente può avere effetti gravi solo su una ristretta fascia di popolazione estremamente fragile) e inutile (abbiamo i vaccini che ci proteggono egregiamente).

Dobbiamo lottare finché non avremo più malati in ospedale né morti: come sappiamo, col Covid si possono ammalare gravemente e/o morire quasi esclusivamente le persone molto anziane e/o molto malate; non è che, se sei un 90enne con tre patologie gravi, fai il vaccino e poi vivi felice fino a 120 anni… Purtroppo, quindi, continueremo ad avere malati e morti, sia di questa che di altre malattie, rassegniamoci.

Obbligo vaccinale ed altre restrizioni basati sui dati ed evidenze: assolutamente falso. Non c’è bisogno di essere degli scienziati per capire quello che dicono questi quattro grafici (facilmente reperibili da chiunque su internet, basta googolare “dati covid”):

Il gran numero di contagi rilevato dipende esclusivamente dalla dissennata campagna di tamponamento di massa, senza alcun riscontro né nelle ospedalizzazioni né nei decessi (che hanno entrambi da sempre un andamento stagionale). I dati sconfessano, inoltre, anche l’ossessione vaccinale, sia verso i pochissimi no-vax (in gran parte giovani), sia verso le stesse fasce giovanili: basta mettere vicini i dati sulla vaccinazione per fasce d’età e quelli sugli esiti clinici del contagio e sui morti, sempre per fasce d’età:

(dati Epicentro agg. al 6/1/22)

Obbligo vaccinale legittimo: ancora devo capire come si possa, con un semplice decreto legge (cioè un atto del governo) derogare all’art. 32 comma 2 della Costituzione (mi risulta che ciò possa essere fatto solo con una legge ordinaria, cioè emanata dal Parlamento). Speriamo in un sussulto di onestà del Presidente della Repubblica o della Corte Costituzionale…

Ospedali al collasso (o prossimi): falso. Questi i dati AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali del Ministero della Salute) di oggi:

La pandemia sta bloccando tutto: non è la pandemia, né il virus, ma i provvedimenti insensati che abbiamo preso (è la madre di tutte le inversioni logiche di questo tempo, confondere l’azione – naturale e sempre uguale a se stessa da milioni di anni – del virus con quella conseguente – questa sì contingente e sempre mutata nel tempo, purtroppo recentemente non in meglio – dell’uomo). Sembra una lapalissiana banalità, ma pensateci bene, non lo è, purtroppo26

Ora potete capire meglio quello che ci sta accadendo in questo surreale momento della nostra storia.

Ah e dato che ci sono, vi dico cosa sta per succedere: il nostro luminoso governo eufascista ha fissato l’obbligo vaccinale per gli over 50 e le altre amene misure a partire dal 15 febbraio, periodo in cui tutte le curve (contagi, morti, ricoveri) cominceranno, come di norma avviene tutti gli anni, naturalmente a scendere e ciò farà loro dire che avevano ragione a prendere queste misure. Inoltre, all’arrivo del prossimo inverno, decideranno che si può smettere di fare i tamponi (saremo vaccinati al 150%), così magicamente non avremo più contagi e l’eroico governo ci dirà che ci ha salvato la vita e finalmente siamo fuori dal tunnel. E subito dopo, nel 2023, ci saranno le elezioni…

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29 dicembre – UNA RISATA VI SEPPELLIRÀ

Il dio Tampone sta tradendo i suoi adepti. Dopo un anno e mezzo di tracciamento selvaggio (cominciato a pieno ritmo dalla fine dell’estate del 2020), che abbiamo più volte dimostrato essere inutile (non ci dice nulla sull’effettiva diffusione del virus e, dopo l’avvento del vaccino, non regge più neppure la scusa di rintracciare i contatti dei positivi) se non addirittura dannoso (sulla base di questo dato errato abbiamo calcolato il famigerato Rt; senza parlare dell’enorme quantità di soldi buttati via), ormai la gente non solo si è abituata all’inserimento del simpatico bastoncino nel naso, ma anzi lo ha trasformato in un piacevole rito e si mette volentieri in fila per ore pur di ottenerlo. Eh sì, perché nelle ultime settimane la premiata ditta CTS & Governo – in un avvincente climax che ci ha portati dal semplice tampone diagnostico all’antica di marzo-aprile ’20 alla Grande Tamponatura Patriottica di massa a partire dalla successiva estate, fino al tampone punitivo per i restii al vaccino degli ultimi mesi – ha introdotto il tampone autoprescritto ed anzi, in questo periodo natalizio, ha consigliato a tutti di adottarlo come simpatica prassi nelle riunioni familiari.

Ebbene, grazie anche al catechismo messo subito in campo dall’informazione, i cittadini hanno entusiasticamente aderito e allegri serpentoni di auto o di “persone-a-1-metro” sono comparsi un po’ in tutto lo Stivale davanti ai drive-in e alle farmacie, con grande giubilo di governanti, esperti e media.

Così, grazie alla enorme quantità di tamponi fatti su gente sana (solo ieri sono stati fatti 787.000 tamponi rapidi e 247.000 tamponi molecolari), stiamo scoprendo montagne di positivi asintomatici (ma guarda un po’…) i quali, per le luminose regole attualmente vigenti, vengono chiusi in casa (sebbene vaccinatissimi) e, con loro, vengono internati, per un tempo variabile a seconda della velocità con cui arrivano le risposte al test, anche tutti gli sfortunati che hanno avuto contatti con i pericolosi untori.

Il risultato? Centinaia di migliaia di persone sanissime chiuse in casa, che non lavorano e non vanno a scuola (va beh, ora è Natale e questo non si vede…). E finalmente accade a tutti i livelli quello che già a suo tempo dicevamo per i reparti Covid degli ospedali, dove mancava il personale che, asintomatico, rimaneva a casa dal lavoro in quanto semplicemente positivo, per non farlo operare… tra i malati di Covid! In particolare il campanello di allarme suona alle orecchie dell’allegra combriccola Governo-Esperti-Media quando escono le notizie sul traffico aereo natalizio annullato a causa delle quarantene covid dei dipendenti27: che il giochino ci si stia rivoltando contro? Anche qualcuno più lucido nel granitico Fronte Unico del Virus Devastante comincia a dirlo con chiarezza… E così anche gli sceriffi del territorio, cioè i Presidenti delle regioni, che, proprio per la vicinanza con l’elettorato terrorizzato, in questi mesi hanno sempre avuto posizioni più dure dello stesso Governo nazionale, oggi tastano il polso dell’elettorato perplesso e, prima che diventi un elettorato incazzato, cercano di correre ai ripari proponendo una riforma della quarantena. E Governo e CTS mangiano subito la foglia e fanno altrettanto (fingendo di averlo pensato a prescindere, sulla base di “evidenze”, per cercare di contenere il ridicolo28).

Vedremo come finirà la telenovela comica, ma intanto qualcuno pensa ancora che il dogma del Tracciamento e Contenimento abbia veramente un contenuto “scientifico”? Se non basta il racconto del balletto di cui sopra, fughiamo ogni dubbio mettendo a confronto le strategie di tracciamento messe in campo da due paesi comparabili per struttura demografica, ricchezza, qualità dei servizi sanitari, clima, etc. come Italia (linea blu) e Giappone (linea verde) (aggiungo anche la Germania, linea marrone, per mitigare un po’ la vergogna):

E ricordo, giusto per la cronaca, che l’Italia ha avuto 2270 morti covid (?) per milione di abitanti, la Germania 1327 ed il Giappone 146 (sì, avete letto bene: 146, non ho dimenticato uno 0): insomma, aver fatto dieci volte i tamponi del Giappone ed il doppio della Germania (2,3 milioni per milione di abitanti contro i 1,1 milioni della Germania e 233.000 del Giappone) non pare aver giovato poi così tanto nella protezione dei fragili (che, lo ricordo, sono praticamente gli unici che possono morire col “virus assassino”).

Intanto però solo ieri abbiamo speso qualcosa come 32 milioni di euro per tamponi (al costo di 59€ per tampone molecolare e di 22€ per quello antigenico: ne parlammo qui, il 17/2); dall’inizio dell’anno 2021, avendo fatto 44 milioni di tamponi molecolari e 64 milioni di antigenici, abbiamo speso 4 miliardi di euro, che si aggiungono ad almeno altri 2 miliardi spesi nel 2020, per il totale di circa 140 milioni di tamponi fatti da inizio pandemia. Pertanto, ammesso che (come dimostrano i giapponesi) i tamponi davvero necessari (cioè quelli a scopo diagnostico) fossero una 15ina di milioni e che fossero ovviamente tutti molecolari, sarebbe bastato spendere circa 885 milioni di euro e avremmo risparmiato oltre 5 miliardi. E se a questi 5 miliardi ne aggiungiamo un altro paio che avremmo risparmiato se avessimo vaccinato solo chi ne ha bisogno davvero e non tutti indistintamente (ma parliamo solo del costo vivo dei vaccini, senza gli enormi costi della somministrazione, che non so quantificare), se non avessimo comprato i famosi banchi a rotelle e se la prestigiosa struttura commissariale (di Arcuri, va detto) non avesse comprato 800 milioni di mascherine irregolari, cioè almeno 6-7 miliardi di euro letteralmente buttati nel cesso (e questo solo per citare gli sprechi più eclatanti), potete farvi un’ idea di quale prodigioso potenziamento dei servizi sanitari avremmo potuto produrre con queste cifre, se ben utilizzate invece che sperperate a vuoto (ad esempio, altri 5000 posti in terapia intensiva per 10 anni, arrivando così alla metà dei posti che ha la Germania ed essere preparati ai prossimi virus senza cadere dalle nuvole).

Anche se qui, purtroppo, la risata si strozza in gola, speriamo che questo clamoroso autogol sia solo l’inizio del crollo del castello di stronzate costruito in questo anno e mezzo. E che finalmente la gente si svegli da questo globale, inspiegabile “sonno della ragione”…

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  1. I 9 indicatori incriminati erano: 1.1, 1.4, 2.1, 2.2, 2.3, 3.1, 3.2, 3.4, 3.6; i 4 sono: 1.4, 2.1, 3.1 e 3.6. []
  2. Ad ulteriore conferma di ciò si confronti il documento con uno analogo elaborato dalle autorità inglesi e citato nella stessa bibliografia della supercazzola. []
  3. Qualche esempio? Ansa e Rainews, giusto per citarne un paio. Interessante invece il caso de Il Tempo che, pur aderendo alla superficiale narrazione generale, propone anche qualche dato di contraltare. []
  4. E anche dalle 80.000 di cui parlava Draghi un mese fa… []
  5. Che, per la cronaca, è questo qui:

    []

  6. Non vorrei dare, tuttavia, la falsa impressione che la questione dell’eccesso di mortalità sia semplice da dirimere e che i risultati siano senza ombre, perché non è così, si tratta di una cosa molto complessa, che può dare risultati molto diversi a seconda dei metodi di stima e di calcolo che si adottano. Si legga ad esempio questo utilissimo articolo del sito ScienzaInRete da cui, tra le altre cose, si comprende che la stima dell’eccesso di mortalità ottenuta da ISTAT-ISS utilizzando la media grezza della mortalità degli anni 2015-19, non tiene conto di aspetti tutt’altro che irrilevanti come l’invecchiamento progressivo della popolazione e porta ad un risultato sovrastimato dell’eccesso di mortalità: ad esempio, uno studio dell’Imperial College inglese, che invece tiene conto dell’invecchiamento della popolazione generale, suggerisce che la stima dell’eccesso di mortalità calcolata da ISTAT-ISS per il 2020 sia sovrastimata di circa 35.000 unità e che quindi le morti ufficialmente attribuite a COVID-19 in Italia nel 2020 (circa 79.000) sono in numero maggiore rispetto alla mortalità generale in eccesso (che risulterebbe di 65.000 unità e non 100.000 come indica ISTAT-ISS):

    Questo risultato – che, per quel che vale, a me pare statisticamente molto solido – potrebbe indicare come sempre meno peregrina l’ipotesi che in Italia sovrastimiamo i morti COVID-19 e che, nel 2020, almeno 14.000 di questi morti erano già previsti tra le morti attese per altri motivi (ed anche che, tra i restanti 65.000 morti COVID, sia forte la componente di un semplice anticipo di mortalità, dal momento che, facendo conti analoghi, anche nel 2021 avremmo un eccesso di circa 10.000 unità a fronte di 58.000 morti COVID, dei quali, quindi, 48.000 sarebbero riassorbiti nella media annuale “normale”). Un altro illuminante esempio è quello di uno studio recentemente pubblicato su The Lancet che invece, riguardo all’Italia, fa tutti i calcoli basandosi su una stima dell’eccesso di mortalità di 259.000 morti in due anni, quando la stima dell’ISTAT è di 137.000, ovviamente giungendo così a conclusioni diametralmente opposte, cioè che il numero dei morti COVID sia di molto sottostimato (nel mondo 18,2 milioni contro i 6 ufficiali) e che la pandemia sia stata ben più grave di come sembrerebbe a prima vista (da notare che i soggetti che hanno effettuato lo studio sono finanziati da Bill Gates che, come è noto, è tra i principali sostenitori dell’OMS e della vaccinazione planetaria; ma questo è complottismo e lo ritiro subito…). []

  7. Nel glossario al rapporto ISTAT-ISS del giugno 2020, viene così definito: “si tratta dell’aumento della mortalità generale a seguito di fattori ambientali o climatici particolarmente sfavorevoli (ad esempio inquinamento, caldo eccessivo) o a condizioni epidemiologiche (come in caso di epidemie) dovuto ai decessi in prevalenza di persone con condizioni di salute molto compromesse; si verificherebbe in questo caso un’anticipazione di decessi che sarebbero comunque avvenuti nel breve periodo (questo fenomeno è noto col nome di harvesting, cioè “mietitura”), mentre successivamente si dovrebbe assistere a una diminuzione della mortalità”. []
  8. Peraltro non vi è neppure una differenza nella copertura vaccinale nelle varie regioni tale da spiegare la diminuzione dei decessi 2021 al Nord. []
  9. Sono conti che ISS non pubblica e ricavarli da soli dai pochi open data resi disponibili è molto complicato e richiede una grande fatica (comunque dall’incerto risultato) che ora non ho voglia di fare; magari tra un po’ dei tempo… []
  10. E odio dire “io l’avevo detto”, ma in effetti molta di questa roba la sapevamo già (o la potevamo presumere pur dai pochi dati che avevamo) sin dal maggio-giugno 2020 e, se ne volete una conferma andate a spigolare nell’archivio delle vecchie versioni della sezione “I NUMERI” di questo blog. Quindi… sì, io l’avevo detto. []
  11. Questo il grafico dello Stringency Index calcolato da Our World in Data:

    e questo il Containment and Health Index, che combina lo Stringency Index con altri parametri come la politica di test, mascherine, etc.:

    Anche gli altri dati fanno riferimento alla stessa piattaforma, cui rimandano i diversi link: una volta sulle mappe interattive, basta passare il mouse sull’Italia e sull’Ucraina per vedere una sintesi dei dati []

  12. Che, lo ricordo, è n. di morti / popolazione, quindi un numero che sale sempre, a sostanziale parità di popolazione []
  13. In premessa alla periodica Scheda Nazionale Infortuni sul Lavoro da Covid-19, si legge: “L’articolo 42, comma 2, del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 dispone che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. Si precisa che, secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie (come appunto il Covid-19, ma anche ad esempio l’Aids, la tubercolosi, il tetano, la malaria, le epatiti virali), l’Inail tutela tali affezioni morbose, inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta.” []
  14. La notizia mi era sfuggita, l’ho recuperata dentro uno dei soliti ottimi articoli dell’amico Claudio Romiti, che ringrazio. []
  15. Ovviamente sono molte di meno, se consideriamo per “famiglia” un’entità allargata come quella della notizia in questione. E se consideriamo la conta “allegra” dei morti che abbiamo fatto in Italia… []
  16. Per inquadrare meglio la Hong-Kong, segnalo che ne parlammo anche qui, parecchio tempo fa. []
  17. A proposito di queste due affermazioni, i più malfidati possono anche consultare l’ultimo “Pediatric COVID-19 update: January 7, 2022” del New York State Department of Health, quindi un documento ufficiale il quale, a leggerlo bene e neanche tanto tra le righe, conferma sostanzialmente quanto detto dai due personaggi. []
  18. Non è del tutto esatto, qualcuno sporadicamente lo ha detto (ad es. questo articolo del novembre ‘20 su Il Giornale), ma sicuramente senza l’enfasi necessaria e, soprattutto, senza inchiodare nessuno. []
  19. E non sono solo io, povero ignorante, a dirlo: leggete cosa dice Bassetti in merito (lo prendo dal sito di Nicola Porro perché lì ci sono anche alcune considerazioni pertinenti della redazione; chi fosse allergico può leggere le stesse dichiarazioni su Repubblica, dove peraltro si riportano anche alcune interessanti considerazioni dell’infettivologo sulla follia dei tamponi). []
  20. Ovviamente si tratta, come sempre nel mio caso, di “statistica della serva”, perché le basi dati sono poco omogenee (non fosse altro perché i vari valori sono relativi a periodi non esattamente uguali; ma del resto anche l’ISS fa lo stesso…), ma descrive comunque un quadro sostanzialmente coerente con quello desumibile dai dati generali, più consistenti. Quindi approssimazione sì, ma perdonabile. []
  21. Ricordo che i posti totali di terapia intensiva in italia sono all’incirca 10.000. []
  22. Vale la pena di segnalare anche, sempre in tema di matematica “servile”, il contenuto dell’articolo del Corriere della Sera sopra linkato, in cui si fanno i conti di quanto ci costano le bizze dei no-vax che finiscono in ospedale; bisognerebbe però ricordare all’acuto giornalista che in Italia si buttano via 30-40 milioni di euro al giorno per tamponi completamente inutili, sicuramente più sprecati dei soldi usati per curare i no-vax… []
  23. Ricordo, giusto per inquadrare le proporzioni, che in Italia, mediamente, muoiono 2.000 persone al giorno per tutte le cause, con valori più elevati in inverno. []
  24. Ne ha parlato El Pais, ma i media italiani lo hanno passato abbastanza sotto silenzio o ne hanno parlato di sfuggita nelle pagine interne, come il Corriere della Sera. []
  25. Mi scuso se, per mancanza di tempo, non metto tutti i link alle fonti, ma l’ho già fatto in altre parti del blog e sono comunque verificabili, con un po’ di pazienza []
  26. Un esempio o un altro tra i tanti. Ma in questi giorni basta digitare su Google “autisti quarantena” o “insegnanti quarantena” e si può avere contezza di questa follia nelle sue proporzioni. Maledetto virus! []
  27. Notizia peraltro solo in parte esatta, come si evince ad una più attenta analisi come quella del CorSera, che evidentemente già subodora una possibile debacle della strategia governativa del tampone universale e tenta di dimostrare che non c’entra con quanto sta accadendo nel trasporto aereo… []
  28. Senza riuscirci, ovviamente; sentite in quale supercazzola si avviluppa il viro-star Lopalco al GR3 delle 8.45 il 30/12: “Sicuramente si sta andando nella direzione giusta, perché è ovvio che chi entra in contatto comunque con un vaccinato deve comunque seguire delle prescrizioni, deve portare la mascherina; si fa più affidamento sulle buone pratiche, sul buon senso del cittadino piuttosto che su degli isolamenti che in questo momento potrebbero davvero bloccare il paese. D: Si parla da tempo della cosiddetta “endemia” ovvero della convivenza con il virus: stiamo entrando in questa fase? R: In questo momento, se andiamo ad analizzare i dati, nella popolazione vaccinata siamo già ad un livello di endemia, cioè un livello in cui il virus circola ad una certa intensità nella popolazione vaccinata, però in questa popolazione vaccinata il numero di casi gravi e soprattutto il numero di persone che vanno a finire in terapia intensiva è molto basso, in pratica è quello che succede normalmente in una situazione di endemia magari durante la stagione epidemica, ricordiamo quello che succede con l’influenza. D: Quali le ripercussioni sugli ospedali? R: Ovviamente c’è il problema purtroppo che in Italia abbiamo ancora una sacca di persone non vaccinate quindi con un’alta circolazione virale e la probabilità poi che si intasino gli ospedali è ancora una probabilità concreta. D: I non vaccinati sono sempre più a rischio? R: Se costoro fino ad ora potevano contare magari sul fatto che i vaccinati li proteggevano anche dall’infezione, ora devono cambiare sicuramente atteggiamento perché non sono sicuramente garantiti dalla vaccinazione di massa”. Una incredibile quantità di boiate sparate in pochi secondi (ne ho evidenziate alcune) e non so se è peggio Lopalco che sembra uno studente delle medie interrogato e che non ha studiato, oppure il giornalista che fa le domande senza ascoltare le risposte, visto che non inchioda l’intervistato alle bestialità che dice… []