Le altre considerazioni 2020-21

INDICE (dalle note più recenti a quelle più datate)


FACCIAMO INSIEME UN PICCOLO ESERCIZIO, SU UN CASO REALE.

21 agosto – Alla radio e alla TV oggi parlavano di: 1) grave aumento dei contagiati, siamo tornati ai livelli dei primi di maggio; 2) 6 morti in più di ieri; 3) nella mia regione (l’Umbria), abbiamo un preoccupante Rt di 1,34, il più alto d’Italia. Come al solito, una volta sentita la notizia, vado a cercare i dati ufficiali. Ed eccoli qua.

Tabella ripresa da Gedi Visual

Che ci dice questo dato? Intanto che, dei 16.014 positivi in Italia, 15.063 (cioè il 94%) sono asintomatici o paucisintomatici o hanno sintomi lievi che si curano a casa, come in una normale influenza e che solo il 6% è malato tanto da essere ricoverato con sintomi (anche se non sappiamo quanto severi) o in terapia intensiva; perciò, come sempre, fare confusione tra positivi e malati (peraltro chiamandoli genericamente “casi”) è fuorviante.

Va bene, ma questo aumento dei “casi” totali? Ebbene forse abbiamo bisogno di un dato in più per poterlo valutare, cioè sapere almeno quanti tamponi sono stati fatti…

Grafico ripreso da Gedi Visual

Sfido che abbiamo 845 “casi” in più, abbiamo fatto quasi 50.000 tamponi contro i 41.000 di ieri! Ma la percentuale dei tamponi positivi sui tamponi totali – e questo è il dato minimamente sensato – continua a viaggiare tra l’1 e il 2% del totale da molte settimane, quindi in realtà non c’è alcun aumento dei “casi”.

Beh, ma almeno i 6 morti in più li vogliamo considerare? Sicuramente è sempre una triste contabilità quella dei morti. Ma che dire delle 630 persone morte ieri per patologie cardiovascolari? E delle 490 morte di cancro? A occhio direi che sono notizie più sensazionali dei 6 morti con coronavirus e, a rigor di logica, ambiti che richiederebbero più urgentemente degli interventi di “contenimento”…

Ok, ma almeno il terribile Rt a 1,34 in Umbria (notizia Ansa) fà un po’ di paura, no? Non abbiamo mai parlato di Rt perché si tratta di un indice (quello di trasmissibilità) che già è difficile calcolare all’inizio di una epidemia (il cosiddetto R0), figuriamoci in corso, quando le variabili sono molteplici (e soprattutto si basa sul numero dei positivi rilevati con i tamponi, che è un numero senza senso)… Comunque, a quanto pare, oggi in Umbria abbiamo un indice di trasmissione Rt superiore a 1, una soglia considerata limite per possibili interventi di contenimento. E quanti sono questi nuovi positivi che hanno fatto impennare l’indice Rt? Ebbene, il 17/8 era 1, il 18 erano 10, il 19 erano 4, il 20 sono 17 (e, peraltro, sempre a fronte di una notevole variabilità del numero dei tamponi)… Ci vogliono altre prove del fatto che Rt non sia un indice affidabile e che quindi è insensato utilizzarlo per descrivere la situazione?

Ed ecco perciò le risposte alle notizie che ho sentito oggi, 21 agosto 2020: a quanto pare, effettivamente, c’è qualcosa su cui “non si può abbassare la guardia”, ed è su quanto e come ci viene comunicato da istituzioni e media; e l’esercizio della verifica e della critica diventa imprescindibile, tutti i giorni…

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NOTIZIE PREOCCUPANTI DALL’O.M.S.

14 settembre – Leggo sul sito dell’Ansa una notizia preoccupante: “Coronavirus: Oms, in Europa aumenteranno i morti nei mesi di ottobre e novembre“. Lo stesso sul sito dell’AGI: “In autunno risaliranno i contagi e aumenteranno i morti. La fosca previsione dell’Oms“. Mi pare opportuno approfondire, percò cerco di capirne di più leggendo altri giornali, ma trovo dappertutto lo stesso articolo, addirittura in molti casi con le stesse identiche parole e capoversi: il copia-incolla è evidentemente di gran moda. Anche nei giornali stranieri (quei pochi che posso capire) la situazione non è migliore. Va beh, cercherò di capire da solo…

Intanto, da quello che vedo, non si tratta di un pronunciamento ufficiale dell’OMS ma di un’intervista al capo di OMS Europa, Hans Kluge. Infatti sul sito di WHO Europe non c’è traccia, al momento, di queste parole né, tanto meno, della “fosca previsione”. Ma andiamo al contenuto.

“Diventerà più difficile. In ottobre e novembre vedremo una maggiore mortalità” in Europa, dice Kluge. Su quali dati si basa questa previsione? Non è dato saperlo. Forse è perché ad ottobre e novembre in Europa sarà autunno e si abbasseranno di nuovo le temperature, con un prevedibile aumento delle malattie respiratorie e influenza? Ma questo non è un dato, è così da sempre; e comunque, anche in questo momento, nell’emisfero boreale è pieno inverno, perciò, data la uguale e contemporanea presenza dei due estremi stagionali nell’area pandemica, possiamo assumere i dati mondiali come una “media” abbastanza accettabile… E su questo piano davvero non ci sono novità.

Infatti, il giornalista dice che “secondo i conteggi della Johns Hopkins University ad oggi i decessi nel mondo sono 922.737 a fronte di 28.996.407 casi”. I numeri, detti così, sembrano spaventosi… Peccato che, facendo la solita divisione ormai ben nota (morti su contagiati), abbiamo un tasso di letalità (apparente, lo ricordiamo) del 3,18%. E che una settimana fa i “casi” erano 27,3 mln. con 892.000 morti (tasso del 3,26%). E che una settimana ancora prima erano rispettivamente 25,2 mln. e 846.000 morti (tasso del 3,35%). E un mese prima il tasso era del 3,8% e ai primi di luglio del 4,2%. Quindi i dati che, tutti i giorni, istituzioni e giornali ci comunicano, al momento, non spiegano questa profezia, anzi sembrano dire – e da mesi – l’esatto contrario…

Insomma, magari l’allarme sarà anche vero e motivato, ma è difficile dire da dove venga il vaticinio di Kluge. E quando poi “avverte che gli approcci stanno diventando troppo politicizzati e (…) che è importante che la risposta sia basata su dati epidemiologici e di salute pubblica”, alla perplessità si aggiunge la preoccupazione…

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L’O.M.S. AVVERTE

26 settembre – Prima notizia del GR3 (lo ascolto religiosamente tutte le mattine, da sempre): “L’epidemia corre nel mondo e l’OMS avverte: rischiamo 2 milioni di morti”. Purtoppo non vengono forniti altri dati utili, se non il solito snocciolamento di cifre assolute, senza senso. Urge perciò un approfondimento.

Intanto, come al solito, non si tratta di un pronunciamento ufficiale o di uno studio o di una statistica, ma della solita dichiarazione alla stampa, stavolta del Direttore Esecutivo del Programma per le Emergenze Sanitarie dell’OMS, Michael Ryan, che dice (fonte ANSA): “Abbiamo perso un milione di persone in nove mesi e potrebbero volerci altri nove mesi prima di avere il vaccino”; i giornalisti stavolta hanno perciò fatto da soli una rara operazione di moltiplicazione: nove mesi=1 mln. di morti, ergo altri nove mesi=2 mln. di morti. È già qualcosa, certo… ma, ancora come al solito, il dato, detto così, è fuorviante.

Ecco, infatti, il grafico dell’andamento del numero dei contagiati rilevati (che, come si ricorderà, non sono quelli reali, questi ultimi probabilmente stimabili – ma è solo una mia idea – in almeno 5-6 volte tanto) e del numero dei morti:

Fonte: Statistichecoronavirus.it

E’ evidente che l’andamento della curva dei contagi è ben diverso da quello della curva dei morti, l’una essendo molto ripida (cioè il contagio aumenta in fretta), l’altra molto più livellata (cioè i morti aumentano relativamente poco e in misura costante); e questo avevamo già avuto modo di notarlo poco sopra (cfr. 14 settembre), parlando del tasso di letalità (apparente) che scende – di poco, ma costantemente – ad ogni rilevazione giornaliera.

Ciò significa che se, accanto all’agghiacciante numero dei 2 mln. di morti (che rimane sempre orribile, intendiamoci), ci mettiamo quello dei contagi che ci “servono” per ottenere quel numero di morti, al rateo di crescita attuale (cioè prolungando le curve qui sopra) abbiamo una cifra tra 105 e 120 mln. di contagiati, il che porterebbe il tasso di letalità apparente a 1,9 – 1,7%1: cioè saremmo in presenza di una malattia che si conferma sempre meno “mortale”. E non ci dimentichiamo che, dai dati al momento in nostro possesso in Italia, sappiamo che tra il 70 ed il 98% dei contagiati (a seconda della fascia d’età) non ha sintomi o ha sintomi insignificanti o sintomi lievi come quelli di un’influenza.

E mi viene in mente anche un’altra domanda: ma 2 mln. di morti nel mondo in 18 mesi (cioè 1,4 mln di morti in un anno) per una epidemia sono tanti come sembrano? Vado a cercare i dati sul sito dell’OMS

A quanto pare, una malattia trasmissibile, senza cure specifiche e senza alcun vaccino, che faccia 1,4 mln. di morti all’anno non è poi così sconcertante nel quadro generale delle cause di morte nel mondo (da sola non rientrerebbe neanche tra le prime 10, mentre farebbe passare le Lower Respiratory Infections dal 4° al 3° posto). Anche in questo caso, intendiamoci: non è un raffreddore e tra 3 milioni e mezzo di morti e 5 milioni c’è una bella differenza, ma descrivere il COVID-19 come la peste che ci spazzerà via dalla faccia della terra è un po’ eccessivo.

Quindi, in conclusione, è certamente giusto il richiamo di Ryan alla necessità di studiare cure sempre più efficaci e, magari, un vaccino, così come quello ad essere sempre pronti a far fronte alle situazioni di emergenza, ma il tentativo delle cronache giornalistiche di tenere vivo il terrore surrettiziamente non mi pare sensato…

Ma, a questo punto, scorrendo i dati OMS nella stessa pagina, incontro anche questi grafici e mi sorge un altro dubbio…

Non è che per caso questa folle paura del Covid-19, oltre che esagerata, sia anche un po’ “classista”? Beh, a confrontare questi due grafici (il primo relativo ai paesi ricchi, il secondo ai paesi poveri) nei quali si vede come ci sia gente al mondo che alla devastante azione delle malattie trasmissibili (peraltro in gran parte curabili altrove) è purtoppo abituata rispetto ad un’altra parte del mondo per la quale è un evento raro, il dubbio si trasforma in certezza.

E alla conclusione di cui sopra va aggiunto che forse alimentare il terrore non è solo insensato, ma è anche un po’ indegno…

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LA SOGLIA PSICOLOGICA

28 settembre – Oggi grande enfasi nei media al superamento del milione di vittime da Covid-19 nel mondo, con ampio e capillare spargimento di terrore da parte dei media. Ma oggi facciamo subito a chiarire la questione, bastano queste due videate dal sito worldometer.info:

Facciamo due conti “della serva” al volo: 1.002.524 (deaths – morti ad oggi) / 33.319.566 (coronavirus cases – contagiati ad oggi) = 3% (tasso di letalità apparente nel mondo ad oggi), quindi fino ad oggi è morto il 3% di chi si è contagiato. Domanda: se il 14/9 moriva il 3,18% dei contagiati, il 7/9 il 3,26%, il 5/8 il 3,8%, il 2/7 il 4,9%, oggi che siamo al 3% stiamo meglio o peggio di ieri o di due settimane fa o di un mese fa? (Il conto si può fare anche sui casi chiusi – closed cases, come fa worldometer: le percentuali sono un po’ diverse, ma l’andamento nel tempo è sostanzialmente lo stesso).

Secondo conto (non servono neanche le operazioni, i numeri sono già calcolati sul sito): dei 7.675.032 attualmente contagiati nel mondo, 7.610.030 sono in condizioni miti (mild condition), mentre 65.002 contagiati sono in condizioni severe o critiche (serious or critical); cioè il 99% dei pazienti sono attualmente asintomatici o in condizioni non gravi, mentre l’1% è in condizioni gravi o critiche.

Insomma, abbiamo varcato la soglia psicologica: ma forse sarebbe meglio ri-varcare la soglia delle scuole elementari e re-imparare a leggere e a far di conto…

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STAVOLTA IL MONITO È DELL’ I.S.S. E CONTE RICARICA

3 ottobre – Prima notizia del mio GR3 del mattino: “Non abbassare la guardia: i tecnici dell’Istituto Superiore di Sanità, nel pubblicare il loro rapporto settimanale, continuano a ripeterlo. Il covid è in aumento per la nona settimana consecutiva, ora siamo a quota 2.500 con un record di tamponi (…) Anche Giuseppe Conte invita a tenere alta l’attenzione ricordando che siamo in stato di emergenza (…) annuncia una campagna per invitare a scaricare l’app Immuni come un imperativo morale” (sic).

Caspita! Che sta succedendo? Bisogna leggere subito il rapporto settimanale dell’ISS. In effetti la sintesi giornalistica è esatta, le cose che dice il rapporto sono quelle; ma il problema è proprio questo: il rapporto ISS snocciola, come sempre ha fatto fino ad oggi, cifre assolute e relativi grafici, indici come Rt (che abbiamo già visto essere poco significativo di per se stesso) o tassi su 100.000 abitanti (questi invece che sarebbero utili) ma il tutto sempre e comunque a partire da dati non campionari (i contagiati rilevati dai tamponi) e perciò di fatto inutili, come abbiamo più volte detto… Il grafico che sarebbe utile avere, invece, è quello dell’andamento dei nuovi positivi sul numero di tamponi effettuati e, ovviamente, questo grafico nel rapporto ISS non c’è. Lo prendiamo da 24Lab del Sole 24 Ore:

In effetti è vero che abbiamo un incremento dei positvi al Sars-Cov-2 nelle ultime 9 settimane (la linea rossa), quindi la tendenza è certamente in aumento; tuttavia va anche detto che siamo passati gradualmente dall’1% al 4%, quindi non esattamente un’impennata (che ci sarà, ma non è ancora arrivata)… Comunque, sempre aumento è; ma aumento di cosa? Ovviamente dei contagi che però, come si ricorderà, non vuol dire affatto malati, anzi in una percentuale dei casi – ad oggi, 3/10 – tra 35 e 75% (a seconda delle fasce d’età) la malattia non compare neanche minimamente (sono gli asintomatici). Non sarà perciò più utile alla comprensione degli aspetti pratici della questione, capire quanto e come ci si sta effettivamente ammalando, a fronte di questo, per ora lieve, incremento percentuale dei contagi? Anche questa notizia, però, è assente dal rapporto ISS e bisogna cercarla altrove (ancora su Lab24):

Ed ecco qua il dato finalmente utile: il grafico sul trend delle terapie intensive (rosso scuro) e dei ricoveri in ospedale (rosso) rispetto al totale dei positivi in isolamento domiciliare (in rosa), quest’ultimo comprensivo di asintomatici, paucisintomatici e sintomi lievi. Ebbene, come si può vedere, dalla fine di giugno i positivi tanto malati da richiedere il ricovero in ospedale sono all’incirca il 6% e questa percentuale non cambia nelle ultime 9 settimane, nonostante l’aumento dei cosiddetti “casi”, perciò la gravità del Covid-19 (cioè l’impatto reale sulla popolazione) è sempre quella da almeno 3 mesi. Se banalmente sovrapponiamo i due grafici, che hanno scale diverse, quindi non sono in realtà sovrapponibili, tuttavia possiamo apprezzare la differenza dei due andamenti, anche in relazione all’andamento (questo sì già impennato) del numero dei tamponi effettuati:

Se tutto questo significa che siamo alla seconda ondata e che presto saremo nelle stesse condizioni di marzo, io non sono in grado di dirlo; quello di cui però sono certo è che, ancora una volta, istituzioni e media comunicano dati sostanzialmente inutili alla comprensione comune (quando non addirittura fuorvianti), almeno riguardo alla situazione attuale (ad esempio continuando a spacciare la positività al tampone per la malattia).

In questo quadro rilevo, inoltre, che pur essendo uscito il 3/8 scorso il pre-rapporto dell’indagine sierologica dell’ISTAT, dal quale si evince che il numero dei postivi reale era – al 15/7 – sei volte superiore a quello rilevato coi tamponi (e in questi mesi non può che essere naturalmente aumentato), della cosa non solo non si fa menzione nei rapporti ISS, ma si continuano a calcolare tutti gli indici sulla base errata del numero dei casi rilevato dai tamponi. Tanto per capirci, facendo il solito “conto della serva”, se assumiamo che gli asintomatici o quelli che hanno sintomi lievi e non vengono perciò ospedalizzati sono 6 volte quelli rilevati, il tasso di ospedalizzazione da Covid-19 passa dal 6% all’1% e il tasso di letalità passa dal drammatico 11,4% dichiarato a tutt’oggi da ISS ad un più verosimile 1,9%…

Se i nostri bravi giornalisti avessero fatto due conti e avessero perciò riportato questi numeri, sarebbero risultate vieppiù stridenti le parole odierne del Presidente del Consiglio (riportate alla fine del servizio del GR3) relative al prolungamento dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021: “Adesso siamo in stato di emergenza: non significa che stiamo vivendo un lockdown, non significa che c’è qualcuno che sta abusando di pieni poteri, ma semplicemente è una previsione, quella contemplata dallo stato di emergenza, che ci consente di mantenere operative una serie di poteri e facoltà che sono necessari per affrontare queste situazioni”. Quali situazioni, signor Presidente? E, a questo punto, quali poteri e facoltà? Mi sa che gli “imperativi morali” da seguire dovrebbero essere altri che non scaricare una inutile app.

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BUONE O CATTIVE NOTIZIE?

6 ottobre – Una cosetta detta en passant al termine di un servizio del TG1 delle 13.30, a mo’ di chiosa terrorizzante dopo aver parlato della situazione fuori controllo del COVID nel mondo: secondo una stima dell’OMS, almeno il 10% della popolazione mondiale sarebbe stata già contagiata, cioè un numero 20 volte superiore a quello dei contagi ad oggi rilevati…

Lì per lì ho esultato alla buona notizia. Poi però, dal contesto, ho capito che era stata data come una cattiva notizia. Che cosa mi sfugge? Approfondisco. Anche i giornali italiani riportano la notizia, ma praticamente è sempre la stessa sintesi pubblicata dall’ANSA. Mi pare un po’ pochino, perciò cerco oltre, fino a trovare un ampio articolo della Associated Press che riporta a grandi linee quanto espresso nella riunione di ieri della “WHO’s 34-Member Executive Board Focusing on COVID-19“. Dopo aver notato come le sintesi giornalistiche italiane si distinguano sempre per eccessiva semplificazione (spesso al limite della manipolazione della notizia) e che l’articolo della AP contiene parecchie informazioni interessanti anche dal “lato politico” dell’OMS, verifico che in effetti la notizia c’è: “La malattia continua a diffondersi. È in aumento in molte parti del mondo “, ha detto Michael Ryan (vd. sopra, 26/9) “Le nostre migliori stime attuali ci dicono che circa il 10 per cento della popolazione mondiale potrebbe essere stata infettata da questo virus”; Margaret Harris, una portavoce dell’OMS, ha affermato che la stima si basa su una media di studi sugli anticorpi condotti in tutto il mondo2 e che avere un 90% stimato di persone non infettate significa che il virus ha “l’opportunità” di diffondersi ulteriormente “se non agiamo per fermarlo”.

Quindi nessuno, nemmeno l’OMS, coglie la buona notizia? Pare di no, anzi siamo in un pessimistico vicolo cieco logico: uno infatti dice che purtroppo il virus corre ed ha già contagiato addirittura il 10% della popolazione mondiale (avrebbe perciò preferito una percentuale più bassa), l’altra invece dice che, siccome la percentuale è così bassa, abbiamo purtroppo ancora un 90% di persone che si possono infettare perciò dobbiamo fermarlo (cioè avrebbe preferito che la percentuale fosse più alta)…

Siamo seri e facciamo due conti, piuttosto: se nel mondo ci sono 760-780 milioni di contagiati, invece dei 35 milioni rilevati con i tamponi, e considerato che si tratta in gran parte di asintomatici o paucisintomatici o, al massimo, di malati con sintomi lievi (altrimenti sarebbero entrati in contatto con il sistema sanitario e sarebbero stati “tamponati”, rientrando tra i 35 milioni rilevati), questo significa che:

– il tasso di letalità nel mondo non è del 2,9% (dato al 5/10), ma dello 0,13%, simile, pertanto, a quello delle influenze stagionali pandemiche o a quello delle influenze asiatica del 1956-58 e di Hong Kong del 1968-69;

– la percentuale di malati nel mondo che sono in condizioni severe o critiche non è dell’1% (vd. sopra, 28/9), ma considerevolmente più bassa (potrebbe addirittura essere nell’ordine dello 0,05%).

Anche volendo considerare che, nel numero di 760-780 mln. di contagiati, ci possano essere pure consistenti quote di morti e malati gravi non rilevati dai servizi sanitari (che farebbero muovere i decimali di cui sopra), questa stima dell’OMS inequivocabilmente disegna un quadro della malattia molto meno grave e preoccupante di quello che credevamo ed il naturale, atteso aumento dei contagi che, con l’arrivo della stagione fredda, si verificherà nell’emisfero boreale, dovrebbe fare meno paura. E non è, quindi, una buona notizia? Ma qui si continua a confondere il contagio con la malattia e, in questo modo, a terrorizzare il mondo. Ad arte, evidentemente.

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SULLE MASCHERINE, QUESTE SCONOSCIUTE

7 ottobre – Dibattito serrato sulle mascherine, in questi giorni. Anzi no, in Italia non c’è alcun dibattito su questo tema, che pure è sensibile e pesantemente impattante sulla vita di ciascuno di noi. Ora si parla, in particolare, di mettere la mascherina a tutti e sempre, anche all’aperto. E nessuno dice niente…

Per me, che mi occupo da più di vent’anni di salute e sicurezza dei lavoratori e, perciò, con le mascherine e le protezioni respiratorie ho una certa dimestichezza, questo fenomeno è incomprensibile. Innanzitutto, ho sempre faticato le pene dell’inferno per far portare per più di qualche minuto le mascherine ai lavoratori per le quali erano prescritte, mentre ora vedo gente che, per lavoro, le porta per 8-10 ore senza alcuna protesta, gente che se la mette anche quando sta da sola in auto o che ci passeggia tranquillamente, anche al caldo; ma soprattutto, mi meraviglia che le mascherine si prescrivano a tutti indistintamente e senza precauzioni, quando invece, nel mio lavoro, esse sono un dispositivo il cui utilizzo deve essere attentamente vagliato e valutato anche per i rischi che esso intrinsecamente comporta, il tutto regolato da precise norme di legge sin dagli anni ‘903.

Queste norme non sono lì per caso: infatti le mascherine, se da un lato proteggono da qualcosa, dall’altro comportano dei rischi per gli utilizzatori.

La legge impone innanzitutto di effettuare una valutazione del rischio, cioè ragionare se il rischio da cui si deve proteggere, per la sua probabilità o per il danno che può comportare, richiede un intervento di mitigazione. Se l’intervento è necessario, la legge prescrive che dapprima si cerchino soluzioni che rimuovano il rischio alla fonte; se ciò non è possibile, che si adottino in via preferenziale misure di prevenzione del rischio; se anche questo non è possibile o se la misura di prevenzione da sola non riesce a ridurre adeguatamente il rischio, solo in quel caso si ricorre ad una misura di protezione; e, prima di ricorrere ad un dispositivo di protezione individuale (la mascherina è uno di questi), si deve verificare se non vi sia la possibilità di utilizzare un dispositivo di protezione collettiva, che è comunque preferibile. Come si può vedere, il processo per cui si arriva a prescrivere l’utilizzo di una mascherina è molto complesso ed essa è, di fatto, l’extrema ratio. E non è finita qui.

Infatti, nel momento in cui si decide di utilizzare una mascherina, deve essere effettuata un’ulteriore valutazione, questa volta relativamente ai rischi che essa stessa può comportare. E non sono pochi, come si può evincere da questa tabella, tratta dall’All. VIII al D.Lgs. 81/08 (li ho evidenziati in giallo):

Vi sono, inoltre, altri rischi da considerare, specialmente sul piano comportamentale: ad esempio, indossare la mascherina può dare all’utilizzatore un errato senso di sicurezza che fa abbandonare altre precauzioni necessarie, esponendolo perciò ad ulteriori rischi.

Pertanto la prescrizione della mascherina a lavoratori esposti ad un rischio ambientale fa parte, in realtà, di un complesso di azioni, prima di tutto preventive ed organizzative. In particolare, nella mia esperienza lavorativa, quando si arriva alla prescrizione di una mascherina (già a sua volta scelta attentamente in base alle caratteristiche di protezione e di comfort), questa si accompagna sempre alla indicazione di un tempo di utilizzo: ad es. se si deve indossare una mascherina FFP2 o FFP3 (che sono molto filtranti) per un tempo lungo, ne sceglierò un modello con valvola per l’eliminazione dell’anidride carbonica e dell’umidità, e prescriverò di organizzare il lavoro in modo che il lavoratore possa alternarsi con un collega dopo 1-2 ore di utilizzo, passando quindi ad una lavorazione dove possa respirare liberamente. È inoltre opportuno (nonché, in taluni casi, obbligatorio) fornire all’utilizzatore adeguata formazione ed addestramento all’uso della mascherina, oltre alle necessarie informazioni (che di norma fornisce il produttore)4 .

Nell’oderno frangente, in cui la prescrizione e l’uso di mascherine sono diventati così disinvolti, mi sorgono perciò due dubbi: qualcuno ha fatto questo processo di valutazione del rischio? E questo qualcuno ha considerato, oltre ai rischi da cui la mascherina protegge, anche i rischi a cui essa espone l’utilizzatore?

Io credo di no. E se invece è stato fatto, lo si è fatto male, visti i risultati. La mascherina sembra infatti diventata un feticcio: per i politici, che la prescrivono ad ogni pie’ sospinto e spesso senza alcuna logica; per i comitati tecnico-scientifici, che la invocano per mantenere questa incredibile sanitarizzazione della società; per i cittadini, che ormai la considerano un accessorio, spesso anche ornamentale come la cravatta o la sciarpa, oppure un talismano contro la sventura della malattia, un oggetto che perciò non ci disturba più portare, anzi ci fa sentire magicamente al sicuro e, perché no, anche eleganti. E, a quanto pare, siamo contenti così.

P.S. – Qualcuno mi ha chiesto cosa farei io. E’ presto detto. Considerato che nessun tipo di mascherina è in grado di filtrare un virus (perché è troppo piccolo) ma solo delle particelle più grandi come – nel nostro caso – il droplet, e quindi non c’è mascherina che possa proteggere chi la porta, prescriverei solo la mascherina chirurgica a chi opera in presenza di persone fragili (che sono le uniche “a rischio”) e solo per contatti ravvicinati o lunghe esposizioni (nel qual caso la mascherina va comunque cambiata ogni mezz’ora – un’ora). Per tutti gli altri scopi (ad es. il mitico contenimento dei contagi e, comunque, per la proteggere se stessi) la mascherina è del tutto inutile, se non – quando viene usata a “a cazzo” come facciamo noi (cioè maneggiandola continuamente, portandola ininterrottamente per ore, usando la stessa per giorni o settimane) – addirittura dannosa. Ecco tutto.

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ISTERIA CONTRO RAGIONE

16 ottobre – L’isteria aumenta esponenzialmente, esattamente come la curva dei contagi: quest’ultima era attesa (almeno tra i più avvertiti), ma la prima non necessariamente. Invece eccola qui, impregnare le cronache giornalistiche, ma anche le esternazioni dei politici (che credono di essere rassicuranti solo perché parlano con la mascherina indosso o usano toni distesi) e le dichiarazioni di molti degli esperti di turno (non del tutto disinteressati, in genere).

Bisogna fare un po’ di ordine nelle idee e cercare di prendere decisioni sensate su una base razionale, a partire cioè da quello che sappiamo.

SAPPIAMO PER CERTO (data la grande mole di dati che abbiamo raccolto in tutto il mondo):

  1. che Covid-19 è una malattia a bassa letalità (stime da dati OMS e ISS-ISTAT vanno da circa 0,15% a 2,4%, in costante discesa);
  2. che mentre la curva dei contagi si impenna, quella dei morti rimane quasi livellata (quindi si muore sempre di meno);
  3.  che tra il 75% (fascia > 80 anni) ed il 99% (fasce < 20 anni) dei contagiati sono asintomatici, paucisintomatici o con sintomi lievi come quelli di una normale influenza (dati ISS degli ultimi 30 giorni – 55.700 casi su 71.800 totali rilevati);
  4. che la situazione dei contagi in Italia (ma anche in Europa e in tutto l’emisfero nord del mondo), sebbene gli incrementi siano più marcati che non a febbraio-aprile (perché si fanno più tamponi), è sicuramente migliorata, con percentuali di ricoveri e di morti enormemente più basse;
  5. che SARS-CoV-2, come gli altri coronavirus, risente della temperatura ed ha un andamento stagionale, con picchi nella stagione fredda.

POSSIAMO RAGIONEVOLMENTE PRESUMERE (sempre a partire dai dati ufficiali):

  1. che se, come è noto, alla data del 15/7 (dati ISTAT) in Italia avevamo 6 volte i positivi rilevati dai tamponi (l’OMS stima ad oggi addirittura oltre 20 volte di più nel mondo), pur tenendo conto che al tempo si facevano 40.000 tamponi al giorno ed oggi se ne fanno 120.000 (cioè il triplo), possiamo presumere che vi siano al momento (15/10) almeno 2,2 mln. di persone che hanno contratto il virus dall’inizio dell’epidemia e che non siano attualmente 92.000 i positivi ma ben di più (da 250 a 500.000), dei quali 6.000 in ospedale (539 in terapia intensiva),cioè il 1,2-2,4% (l’eccesso di casi rispetto a quelli rilevati sono infatti senza dubbio asintomatici o paucisintomatici).

SAPPIAMO DALLE DICHIARAZIONI DI ESPERTI O DA ALTRE FONTI (sono notizie utili, ma solo in parte da fonti istituzionali e/o verificabili facilmente):

  1. che al momento si ricoverano anche molti pazienti asintomatici, paucisintomatici e con sintomi lievi (ARS Toscana parla del 40% dei ricoverati in settembre il cui stato clinico non arrivava ad essere severo);
  2. che la durata dei ricoveri sta diminuendo (in Sicilia ad esempio è attualmente di 5-6 giorni) ed anche nelle terapie intensive aumenta la percentuale di pazienti che entrano per pochi giorni e poi tornano nel reparto ordinario;
  3. che la capacità di risposta alla malattia da parte del sistema sanitario è incommensurabilmente migliorata: siamo in grado di curare meglio i malati di Covid-19, con nuovi protocolli e farmaci, molto più efficaci che nei mesi passati;
  4. che questo virus non è molto diverso, per comportamento e per conseguenze sulla popolazione, da altri virus del passato; la grande novità di questa pandemia è stata un fattore introdotto dall’uomo, cioè la velocità, elemento inserito nella dinamica del contagio dall’intensità, dai volumi e dalla velocità degli spostamenti delle persone nel mondo, un dato inedito rispetto al passato.

INFINE, SAPPIAMO IN LINEA GENERALE:

  1. che il contagio da SARS-CoV-2 avviene principalmente per contatto delle mucose (bocca/naso e occhi) con droplet, cioè goccioline pesanti generate nel tratto respiratorio (e non da aerosol, se non in particolari situazioni in ambiente sanitario), quindi il contagio per via aerea può avvenire solo da molto vicino; il contagio per contatto delle mucose con le mani che hanno toccato oggetti o superfici dove le droplets possano essersi depositate è certamente possibile, ma deve fare i conti con il fatto che il virus muore al di fuori dell’ospite e che, sebbene possa rimanere presente sulle superfici anche per parecchie ore, esso perde velocemente la sua carica infettante;
  2. che il contagio avviene esclusivamente in caso di esposizione “efficace” all’agente patogeno (cioè in presenza di una certa quantità di quest’ultimo ed un contatto sufficientemente prolungato nel tempo);
  3. che, come per tutte le patologie polmonari, la vita all’aria aperta è un importante presidio di prevenzione e cura (considerato anche che i raggi UV del sole inattivano il virus);
  4.  che il concetto di “salute” dell’individuo come semplice dato biologico, come assenza di una malattia, è ormai superato da molti decenni; sappiamo infatti da tempo che la salute dell’individuo è determinata da molti fattori, quali il benessere psicofisico, le relazioni umane, la sfera psicologica ed emozionale, il nutrimento culturale e spirituale, la tranquillità economica, etc., elementi che vanno curati e mantenuti al pari della biologia dell’esistenza.

Perché dunque questa isteria (purtroppo non solo italiana)? Perché sembriamo cadere dal pero ad ogni report giornaliero dei dati? Perché questo climax di provvedimenti e norme d’urgenza, allarmi deliranti, risposte scomposte? Perché questa ossessione per alcuni particolari della vita, col rischio di perdere di vista il quadro generale dell’esistenza dei cittadini?

Perché, in poche parole, non cerchiamo di essere razionali?

Non è difficile. Ad esempio, a me – ignorante uomo della strada – pare che una buona strategia di azione per la salute collettiva, coerente con i dati sopra riportati, potrebbe essere la seguente:

  • smettere di rincorrere i contagi, dato che questo virus pandemico non può più essere fermato e che solo un vaccino (nel giro di anni) può farlo, sempre ammesso che un vaccino sia effettivamente realizzabile e che sia realmente efficace nel tempo;
  • concentrarsi sulle cure e sulle capacità di risposta dei servizi sanitari che ormai hanno le conoscenze e le competenze organizzative per affrontare l’emergenza quando emerge; investire risorse in servizi e in personale che li gestisce (questo ridurrebbe di gran lunga anche la piaga dei malati gravi e dei morti tra i sanitari, non vestirli come degli astronauti per ore e ore di turni massacranti);
  • “lasciare che il virus circoli” non è un permesso che noi gli concediamo, è un dato di fatto che non possiamo controllare, perciò dobbiamo imparare a conviverci; ma questo non trasformandoci tutti definitivamente in malati/untori, confinati in luoghi chiusi o isolati dietro maschere e schermi; è sufficiente sapere che se ci ammaliamo molto probabilmente non avremo particolari problemi, che il rischio di andare in ospedale è molto basso e quello di morire è irrilevante se non siamo molto anziani e/o malati, che qualche piccola accortezza e cautela riducono di gran lunga i rischi per queste persone;
  • le poche accortezze e cautele da raccomandare alla popolazione sono semplicissime: mascherina (FFP2 con valvola, cioè quelle protettive e non troppo dannose per chi le porta, non quelle chirurgiche) alle persone che possono essere a rischio e solo quando stanno in presenza di altre persone (+ eventualmente, in caso di estrema vicinanza, una visiera trasparente, se non portano già degli occhiali); mascherine chirurgiche per tutti gli altri solo quando sono in presenza di persone a rischio e non possono stare distanti; lavarsi le mani ogni tanto, cosa che è una buona prassi igienica sempre, non solo in questo periodo; consigliare stili di vita sani e con attività all’aperto; abolire il distanziamento sociale (che porta molti più danni dei – discutibili – benefici) ed il delirio delle sanificazioni ambientali (se non dove servono davvero e non tanto per il coronavirus, cioè nelle strutture sanitarie). Questo è molto più che sufficiente per avere un buon livello di protezione per le persone fragili e fare un po’ di prevenzione per tutti gli altri (ovviamente il discorso è diverso per gli operatori sanitari, ma non lo affrontiamo qui; tuttavia, come detto, anche lì ci sono eccessi che andrebbero rivisti);
  • comunicare tutto questo istituzionalmente, con semplicità e chiarezza, considerando i cittadini soggetti pensanti, che hanno diritto ad essere informati e messi in grado di comprendere, non esseri decerebrati che vanno imboccati e irreggimentati; questo anche per cercare di disinnescare la spirale terroristica in cui sono precipitati i media;
  • riattivare tutte le attività, in tutti i settori pubblici e privati, senza limitazioni, esattamente come si faceva prima della pandemia, far tornare tutti alla normalità.

Insomma, se, dopo il lockdown finalizzato ad alleviare la pressione sui servizi sanitari, avessimo riaperto tutto senza limitazioni e con le poche cautele di cui sopra, se avessimo sfruttato la tregua estiva per investire 1 miliardo (o 3, secondo alcune fonti) non in banchi di scuola monoposto ma in potenziamento dei servizi sanitari e per informare correttamente i cittadini, credo che oggi ci ritroveremmo più attrezzati ad affrontare l’inverno, più consapevoli e meno confusi, più concreti e meno isterici.

Ma per questo ci vuole la Politica, quella vera…

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UN PO’ DI RISPETTO PER IL PERSONALE SANITARIO

18 ottobre – Tra le tante favole di questa pandemia c’è quella della strage del personale sanitario. Favola non perché via sia alcun dubbio sul fatto che il personale sanitario abbia sostenuto un eccezionale gravame di lavoro nei mesi scorsi (e altrettanto certamente ne avrà nei mesi a venire), lavoro svolto con impegno e competenza, spesso sotto grandi pressioni e sempre con enorme assunzione di responsabilità; no, la favola è, come spesso capita di questi tempi, quella dei numeri, e getta una luce sinistra su chi ci sguazza dentro, sbandierandoli senza ritegno, dai media sempre assetati di sensazionalismo ai politicanti di turno.

Vediamoli, quindi, questi numeri, che prendiamo dal rapporto preliminare della “Indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2” effettuata dall’ISTAT (con dati aggiornati al 15/7) e dal Bollettino settimanale prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nell’edizione del 24/7 (con dati aggiornati al 21/7)5. In particolare, quest’ultimo, riporta la seguente tabella (n.7) con la distribuzione dei casi e dei morti tra il personale sanitario:

Sempre nello stesso bollettino si trova la tabella (n.2) col complesso dei casi rilevati ed il complesso dei deceduti, sempre per fascia d’età (questo è un estratto):

Nel confronto tra le due tabelle il bollettino ISS, a pag.12, nota che i dati “indicano che la letalità tra gli operatori sanitari è inferiore, anche a parità di classe di età, rispetto alla letalità totale (vedi Tabella 7 e precedente Tabella 2), verosimilmente perché gli operatori sanitari asintomatici e pauci-sintomatici sono stati maggiormente testati rispetto alla popolazione generale”, cioè perché nel denominatore del rapporto morti/contagiati tra il personale sanitario vi sono rappresentati anche coloro che, nelle poche rilevazioni con tampone di quel periodo, sono di sicuro sottorappresentati nella popolazione generale (cioè asintomatici e paucisintomatici, che peraltro costituiscono una alta percentuale tra i contagiati), cosa che comporta una pesante distorsione nel calcolo del tasso di letalità, come abbiamo già molte volte spiegato.

Risulta pertanto più utile cercare di raffrontare i dati sul personale sanitario con quelli che possiamo calcolare a partire dall’indagine ISTAT, questa sì effettuata su base campionaria e, perciò, in grado di darci una fotografia del contagio sicuramente più attendibile. Prendiamo quindi i dati dal prospetto 2:

e li combiniamo con quelli desunti dal bollettino ISS, facendo qualche adattamento (questa tabellina di riepilogo è mia; è un po’ approssimativa, ma sostanzialmente corretta):

Ed ecco svelato l’arcano: il tasso di letalità per fasce d’età tra il personale sanitario è praticamente lo stesso della popolazione generale, cioè i sanitari sono morti come tutti gli altri cittadini italiani quindi, sotto questo specifico aspetto, non sono stati più “martiri” degli altri. Anzi, vi sono due ulteriori dati che in realtà ci dicono che proporzionalmente sono morti meno degli altri: il tasso di letalità medio che, essendo i contagiati sanitari in maggioranza giovani (età mediana 48 anni, dice ISS) con pochissimi morti, è molto più basso di quello della popolazione generale (che ha un’età mediana di 61 anni); e questa tabella dell’indagine ISTAT:

da cui si evince che il personale sanitario si è contagiato molto di più di tutti gli altri lavoratori (che fossero o meno attivi nel periodo del lockdown e delle fasi 2 e 3), di qui il tasso di letalità medio molto più basso che nella popolazione generale6.

A questa conclusione giunge anche l’OMS nel suo rapporto settimanale dell’11/10 (pag. 11): “Secondo i dati analizzati, il personale sanitario mostra una percentuale inferiore di comorbidità, ospedalizzazioni e decessi rispetto ai lavoratori non sanitari, anche tenendo conto delle differenze di età e sesso tra le due popolazioni”.

Quindi, ancora una volta, una “narrazione covid” del tutto infondata. E stavolta anche particolarmente odiosa, perché ai danni di lavoratori che costringiamo (e non da ora) ad operare tra mille difficoltà, restrizioni, superlavoro, costanti minacce legali, etc. e che poi pensiamo di ripagare con applausi, omaggi virtuali, premi alla memoria e altre amenità7; persone che davvero meritano più rispetto di così…

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INFERENZE

20 ottobre – Qualche giorno fa è stata data la notizia di un 33enne ucraino, atletico e in piena salute (e per giunta anche negazionista, con un sinistro – ma per molti gustoso – contrappasso), che è morto di Covid-19. La notizia fa immediatamente pensare tutti quelli che non hanno mai letto manco un numero delle statistiche sul Covid (cioè la quasi totalità della popolazione) che, anche se sei in giovane età e nel pieno delle forze, devi pensare che puoi morire di Covid. Ovvio, direi.

Ma allora la domanda sorge spontanea: di fronte alla notizia di un’anziana di 81 anni pure diabetica o di una 100enne ricoverata in una RSA che guariscono dal Covid, qualcuno si sognerebbe mai di dedurne che, anche se sei anziano e malato, quando prendi il Covid puoi stare tranquillo di guarire? Mi sa di no…

Insomma, i dati è meglio leggerli, se si vuole davvero inferire qualcosa (cioè trarre delle conclusioni logiche). Perché in tal caso ci si accorgerebbe che anche i giovani muoiono di Covid, ma in casi rarissimi (tanto da essere statisticamente irrilevanti) e generalmente in presenza di gravi concause, e che anche gli anziani possono guarire dal Covid e anzi, nel 70-80% dei casi, anche loro non hanno sintomi o hanno quelli di una semplice influenza.

Quindi, caro palestrato italico 30enne, cara nonnetta che ancora vai nell’orto a zappare, state tranquilli, con ogni probabilità andrà tutto bene. Almeno per la salute.

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VIROLOGISMO

2 novembre – Ho ascoltato integralmente la conferenza dell’Istituto Superiore di Sanità del 30 ottobre e ne sono rimasto colpito. In questo momento così difficile e delicato, in cui bisognerebbe giustificare oltre ogni ragionevole dubbio qualunque scelta che il governo prenda, dato l’impatto drammatico che queste hanno sulla nostra vita, un’ora di aria fritta:

  • il Dr. Brusaferro ha – letteralmente – recitato i dati del rapporto settimanale (come se non sapessimo leggerli da soli) senza minimamente spiegare quello che, invece, non siamo in grado di capire da soli, cioè come e perché da questi dati discendano le scelte (scellerate) che stiamo facendo;
  • il Dr. Locatelli ha messo su la consueta “supercazzola” di roba già nota e scontata, perciò pressoché inutile;
  • il Dr. Rezza ha fatto il compitino, leggendo svogliatamente i dati dal cellulare (come facciamo noi tutti i giorni), guardandosi bene dal darne qualche interpretazione;
  • infine, le domande dei giornalisti, inqualificabili…

Soprattutto quest’ultima cosa mi ha sconcertato: se lì ci fosse stato un giornalista sensato8, con un paio di domande intelligenti li avrebbe inchiodati. Come, ad esempio, quelle che seguono.

Dato che:

  • fare i tamponi a tappeto per tracciare i contagi non ha più senso ormai da tempo (se non per tracciare eventuali cluster in situazioni “chiuse”, come carceri, RSA, conventi, caserme, etc.) dato l’enorme numero di persone che ha contratto il virus SARS-CoV-2 (l’ISTAT al 15/7 stimava in 1,5 milioni in Italia, ben sei volte i contagi rilevati con i tamponi; l’OMS, il 6/10, stimava che il 10% della popolazione mondiale fosse stato infettato, cioè 780 milioni di persone!);
  • i dati che abbiamo a disposizione a livello nazionale e mondiale sono ormai in quantità tale da mostrare incontrovertibilmente che Covid-19 è una malattia a bassissima letalità (stime dai suddetti dati OMS e ISS-ISTAT vanno da circa 0,15% a 2,4%, in costante discesa) e dalle conseguenze gravi solo in un limitatissimo numero di casi (sono dati ISS ben noti da mesi) mentre per la stragrande maggioranza delle persone (tra l’80% e il 99% a seconda delle fasce d’età; sempre dati ISS) la malattia è assente o con sintomi insignificanti o con sintomi lievi come quelli dell’influenza;
  • oggi ci sono farmaci, trattamenti e protocolli efficaci per curare chi si ammala (oltre alla prospettiva, che dicono non lontana, di un vaccino).

A partire da questi elementi – che non sono inventati, sono dati ufficiali dell’ISS – non sarebbe più logico abbandonare questa strategia del tracciamento a tutti i costi e concentrare risorse ed azioni nella cura dei malati?

Invece di assumere – come si dice – 2000 persone e spendere tempo e risorse umane e finanziarie nei tamponi di tracciamento, non sarebbe meglio destinare tutto alla cura (e fare solo tamponi diagnostici)? Ad ampliare i servizi ospedalieri? Ad alleggerire il lavoro del personale sanitario organizzando meglio gli interventi? A potenziare (o anche solo far funzionare) i servizi territoriali per la cura dei malati a casa (senza necessariamente appesantire i soliti medici di base)?

Non era forse questo ciò che, a partire da dati che erano già chiari a giugno, si doveva organizzare durante l’estate, in vista di una inevitabile seconda ondata (e non si sa come mai oggi tutti cadano dal pero, trattandosi di un virus che, come tutti i coronavirus, ha un andamento sensibile alla stagionalità)?

E, visto che sappiamo cosa fare, perché non lo facciamo subito, ad esempio usando i 5 miliardi che vogliamo invece dare alla gente massacrata da un lockdown che potremmo tranquillamente evitare?

Invece siamo avviati in tutt’altra direzione. E il perché mi si è palesato in un’affermazione fatta en passant da Brusaferro nella conferenza stampa (più o meno al minuto 1.01.40, per chi la vuole risentire con le proprie orecchie), che ho trovato agghiacciante e, purtroppo, profondamente esplicativa: “Il tracciamento rimane il nostro obiettivo, per riportarlo completamente sotto controllo dobbiamo abbassare la curva (…) ridurre il numero dei casi e quindi piegare la curva; piegando la curva riacquistiamo la capacità di tracciare tutti”. Quindi il nostro obiettivo non è “curare la gente” (cosa che potremmo fare tranquillamente, ora che sappiamo come fare, abbiamo le cure e le risorse), ma “tracciare”? Stiamo affamando mezza Italia (e, tra un po’ di tempo, tutta, come avvenuto anni fa in Grecia) e ammazzando tanti malati di altre patologie, al solo scopo di “tracciare” il virus (uno dei milioni che abbiamo incontrato e che incontreremo, e neanche dei peggiori)?

Qui ci vuole qualcuno che inchiodi questa gente alle enormità che dice e alla responsabilità delle decisioni scellerate che ne conseguono.

Perché questo non è più neanche scientismo, è addirittura virologismo… E la politica (tutta, spiace dirlo) è sempre più assente.

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COLLASSI

12 novembre – TV e giornali parlano da giorni di collasso degli ospedali. Ma se vado alla fonte, questi sono i dati di oggi (si noti che hanno due scale di valori diverse):

Fonte: GEDI Visual (12/11/20)

Perciò mi sono chiesto: a parte la Provincia Autonoma di Bolzano che ha un valore fuori scala (ma conoscendo gli altoatesini sono certo che staranno comunque gestendo la situazione al meglio, ad esempio usando degli alberghi…) e un po’ il Piemonte (che ha un valore al 91%), dov’è tutto questo collasso? Forse sono quelle righette rosse, le “soglie d’allerta”, a spaventarci…

Ok, ma allora, se collassiamo riempiendo i reparti al 40% e le terapie intensive al 30%, che ci si fa in genere con i restanti 60 e 70%? Li teniamo lì vuoti, per riserva? Oppure il problema è che, quando parliamo di posti in terapia intensiva e in ricovero ordinario, si tratta in realtà non di posti Covid ma di posti totali e quindi impegnarli sopra le soglie significa non poter curare altre patologie che ne hanno bisogno? In effetti è proprio così: il Ministero della Salute indica il 30% dei posti disponibili in terapia intensiva ed il 40%  dei posti in ricovero ordinario come soglie critiche, oltre le quali rallenta l’assistenza degli altri pazienti ricoverati9.

Quindi – ultima domanda di oggi – a novembre (dopo 6 mesi in cui potevamo applicare le lezioni organizzative imparate dal disastro della prima onda) stiamo esattamente nelle stesse condizioni in cui ci trovavamo a marzo, quando in assenza di un’adeguata pianificazione pandemica (invece esistente in altri paesi), siamo andati in tilt? L’unica differenza è che stavolta, invece che limitarsi ad alcune zone del nord Italia, il disastro si estende a tutto il Paese?

Se avessimo fatto ciò che ci eravamo proposti dopo il marzo-aprile (e sancito in un documento ufficiale che, secondo quello che ho potuto capirci, è largamente disatteso), oggi le cose sarebbero diverse:
– se avessimo più che raddoppiato (come era stato annunciato) i posti in terapia intensiva, oggi non avremmo il 45% di riempimento, ma il 25%;
– se avessimo potenziato la medicina di base (ad es. implementando protocolli per la cura a casa dei pazienti meno gravi) e attivato e/o fatto funzionare (non solo per i tamponi) le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), oggi non avremmo le file chilometriche fuori dai pronto soccorso;
– se avessimo creato Covid Hospital e Alberghi Covid, oggi non avremmo il sovraccarico dei reparti ordinari e sapremmo dove trasferire le persone in convalescenza invece di lasciarle ad occupare posti letto in ospedale;
– se la smettessimo con i tracciamenti (ormai inutili, e lo immaginavamo da agosto), oggi avremmo personale da impegnare negli ospedali, nelle USCA e negli Alberghi Covid.

E se davvero avessimo fatto tutto questo, oggi non dovremmo fare un altro lockdown e affondare definitivamente un Paese – questo sì – già al collasso.

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VOGLIAMO LASCIARE IN PACE LA SVEZIA?

13 novembre – Bordate contro la Svezia da parte dei giornali italiani di ieri (un esempio dal Fatto Quotidiano). Il motivo è sempre quello: un paese che non ha fatto lockdown né leggi speciali, ma si è semplicemente limitato a raccomandare prudenza ai suoi (civili, va detto) cittadini, fa rabbia ai “chiusuristi” ed esalta gli “aperturisti” (con una netta prevalenza dei primi, che sono molti di più). Ma invece di fare i partigiani, cerchiamo di capire.

Intanto la notizia proviene dal quotidiano inglese The Guardian che, in realtà, è più moderato nei giudizi rispetto alle sintesi riportate in Italia. E comunque, questo è un piccolo confronto dei dati svedesi con quelli di Italia ed Europa:

Fonti: Mia elaborazione da dati Worldometer e UN (12/11/20)

Con buona pace dei detrattori italiani, possiamo vedere che la Svezia ha valori migliori dei nostri, pur non avendo fatto alcun lockdown; e, grazie a questo, ha perso molto meno PIL di noi nel 2020 e recupererà prima di noi dal 2021. Ma vediamo anche i dati attuali (direttamente dal sito dell’Agenzia Svedese per la Sanità Pubblica):

Come si può vedere, anche per i nostri amici svedesi i positivi da tamponi sono principalmente giovani, i morti sono in gran parte ultraottantenni e i morti sotto i 50 anni percentualmente irrilevanti.

E’ interessante notare che le curve di contagi e decessi hanno invece un andamento diverso rispetto a quelle italiane (riportate qui sotto):

Fonte: Worldometer (13/11/20)

Infatti, confrontando le variazioni giornaliere dei nuovi positvi si vede che in Svezia questi sono andati aumentando quasi fino a luglio ed hanno mantenuto valori apprezzabili per tutto il resto dell’estate, salvo poi ricominciare una lenta risalita da settembre; in Italia invece, dopo il picco di marzo, i positivi sono discesi fin quasi ad azzerarsi dall’inizio dell’estate, fino ad agosto, quando abbiamo cominciato la caccia ai positivi tra vacanzieri e nella “movida”, per poi registrare, da ottobre (inizio delle scuole e ripresa invernale delle attività), l’impennata che conosciamo. Lo stesso ragionamento vale per le variazioni nel numero dei decessi. Questa differenza negli andamenti ritengo renda conto delle diverse strategie adottate nei due paesi: in Svezia si è lasciato correre il virus, specialmente durante l’estate e specialmente tra i giovani, in Italia abbiamo cercato di contenerlo; il risultato è che alla ripresa delle attività dopo l’estate e all’arrivo della stagione fredda, in Svezia c’è più immunità diffusa, da noi molto meno, quindi da noi c’è un’impennata dei fenomeni, in Svezia per ora sembrerebbe di no… Intendiamoci, è solo una mia deduzione basata sui dati attuali, può darsi venga smentita, ma per ora mi pare verosimile.

E, per concludere, anche il dato delle terapie intensive attualmente è migliore in Svezia dove, dei circa 600 posti disponibili, 131 sono impegnati (al 13/11) cioè il 22%, mentre in Italia siamo ad un impegno medio del 45% (3.230 su 7.092 posti al 13/11)10.

Rimangono invece – per me – inspiegabili le differenze con Norvegia e Finlandia (tassi di mortalità dieci volte più bassi, ma incidenza maggiore di terapie intensive sul totale dei casi attivi ed altre discrepanze). Ma potrebbe significare semplicemente che la Svezia ha fatto peggio dei suoi vicini (e, comunque, che noi abbiamo fatto peggio di tutti e tre)…

Allora, basta di criticare (o glorificare) la Svezia?

AGGIORNAMENTO di Settembre 2021: sullo stesso argomento (ma scritto meglio e più aggiornato) consiglio la lettura di questo ottimo articolo de La Bussola Quotidiana del 24/08/21. E consiglio anche quest’altro pezzo sul Corriere della Sera del 1/9, dove la giornalista prova a demolire il modello svedese, ma, obtorto collo, su ogni argomento toccato deve ammettere che le cose non vanno poi così male come vorrebbe: e più di concludere che il giudizio sulla Svezia rimane”indecidibile” non riesce a fare.

AGGIORNAMENTO del 17/11/21: Come avrete notato, è un po’ che nessuno parla più della Svezia, sebbene abbondino in questi giorni sui media nostrani le notizie (più o meno affidabili) su quanto accade negli altri paesi (in genere per mostrare che noi siamo i più bravi). Qual è il motivo di questo silenzio? Se avete un quarto d’ora di tempo, troverete la risposta in questo video di Radio Radio del 12/11 scorso. Tanto per confermare quanto abbiamo tante volte detto sia sulla Svezia e le sue scelte a confronto coll’isteria italica, sia sul significato squisitamente socio-politico delle pandemie, sia sul comportamento inqualificabile dei nostri media mainstream.

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MONSIEUR MALAUSSÈNE A GENOVA

17 novembre – Interessante testimonianza del clima surreale che stiamo vivendo è questa vicenda degli ultimi giorni che riguarda il Prof. Matteo Bassetti. Ho faticato un po’ a ricostruirla, ma eccola qui.

Bassetti, come è noto, è assurto alle cronache nazionali per le sue posizioni critiche riguardo soprattutto alle informazioni terroristiche diffuse da media ed istituzioni in questi mesi, particolarmente in merito alle caratteristiche cliniche (essendo un medico di prima linea) della pandemia di SARS-CoV-2, alla gestibilità dei malati tra ospedale e territorio, alla modulazione delle misure di contenimento in relazione alle differenti fasi di evoluzione della pandemia, etc. Purtroppo, una volta in pasto a giornali, TV e social media, tutto viene stravolto e la complessità delle questioni si riduce a pochi e semplicistici slogan, i contenuti si perdono nella polemica trita: così Bassetti viene assegnato alla fazione dei “negazionisti” e addio ragionamenti di merito. Che è invece ciò che cerchiamo di fare ora.

Nella notte del 13/11 (alle 1.06) Bassetti, credo giustamente orgoglioso di un buon lavoro portato a casa, condivide su Facebook una notizia rassicurante di cui è protagonista diretto, cioè che in Liguria, per far fronte alla situazione di confusione che sta creando in tutta Italia la congestione immotivata degli ospedali, si è riusciti a costruire un modello operativo concreto per gestire in maniera adeguata i pazienti a casa e definire criteri sensati ed univoci per il ricovero in ospedale.

E parte il carosello dei giornali; qualche esempio, da varie tipologie di testate: Repubblica, Fanpage, QuiFinanza, QuotidianoSanità, Genova24. A quanto pare Bassetti, si è arrogato il compito di stilare un protocollo per i medici di base italiani, in concorrenza con quello analogo che (finalmente, direi) sta mettendo a punto il Ministero della Salute, suscitando le ire della Federazione dei medici di base (che non è stata coinvolta) e di tanti medici suoi colleghi (che hanno deciso addirittura di lanciare una petizione contro di lui,) e venendo sconfessato dalla stessa agenzia nazionale AGENAS che lo aveva chiamato in una commissione a tema covid. Questo almeno è quello che si evince da una lettura superficiale (quella che fa la maggior parte di noi) delle cronache di stampa.

Personalmente ho avuto modo di essere spesso d’accordo col Prof. Bassetti, perciò la lettura superficiale non mi ha convinto. Genova24, encomiabilmente, aveva un link al documento originale da cui la vicenda è partita; e da lì si capisce tutto, perciò possiamo ricapitoliare la storia, stavolta a partire dai dati di fatto.

1) Innanzitutto ricordiamo che Bassetti è Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive al Policlinico San Martino di Genova. In questa veste fa anche parte del “Gruppo Operativo per il Coordinamento della Terapia Farmacologica Covid-19 (GOFT)” e del “Gruppo di Lavoro per Protocollo Criteri Accessi Ricoveri Ospedalieri e Dimissioni”, entrambi nell’ambito della A.Li.Sa. – Sistema Sanitario Regione Liguria. Egli è inoltre un componente del “Gruppo di lavoro per definire i criteri di appropriatezza dei ricoveri di pazienti Covid-19”, in seno alla AGENAS – Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali.

2) A.Li.Sa. ha emesso in data 10/11/20 il documento “Raccomandazione n. 2 – Indicazioni per la gestione domiciliare di pazienti con infezione da SARS-CoV-2” (Rev.04) (quello linkato sopra: non è reperibile sul sito di A.Li.Sa., forse è nell’area riservata, comunque si vede che è un documento ufficiale ed è in un formato controllato): si tratta, evidentemente, del protocollo a cui Bassetti fa riferimento nel suo post su Facebook. Quindi non un documento elaborato da lui o da suoi adepti, ma un documento ufficiale, elaborato da una struttura pubblica che ha, tra le altre, anche la competenza istituzionale di definire questo genere di protocolli, documento a cui Bassetti ha collaborato nella sua veste istituzionale.

3) Il documento, emesso dalle preposte istituzioni liguri, vale per la Liguria e non ha rilevanza nazionale.

4) Che questo documento esca nel momento in cui anche il Ministero della Salute sta lavorando ad analoghe linee di indirizzo per i medici di base sulla cura dei pazienti Covid a domicilio, non è disdicevole, anzi semmai depone a sfavore di Ministero della Salute e CTS, i quali avrebbero dovuto provvedervi nei mesi scorsi, in modo da non far trovare oggi le varie realtà locali a doversi organizzare autonomamente per far fronte all’emergenza (che tale avrebbe potuto non essere). Non per niente, i contenuti di questo lavoro ministeriale sono del tutto simili a quelli delle indicazioni elaborate da A.Li.Sa.

5) La FFIMMG, cioè la Federazione dei medici di base, non ce l’ha con la A.Li.Sa. (e men che meno con Bassetti) ma con il Ministero della Salute, per aver dato solo poche notizie a voce (ne ha parlato Locatelli nella conferenza stampa sui dati epidemiologici) e per non aver coinvolto i medici di base nella realizzazione delle linee guida. Peraltro, se sono arrabbiati secondo me ne hanno ben donde in questi giorni…

6) La AGENAS, inoltre, ha solo precisato che la notizia (non data da Bassetti) che l’Agenzia avesse emesso un protocollo per le cure domiciliari è priva di fondamento, dato che “il gruppo di lavoro istituito presso l’Agenzia, con il compito di definire i criteri di appropriatezza dei ricoveri dei pazienti Covid-19 nei diversi setting assistenziali [il gruppo di cui fa parte Bassetti, di qui evidentemente l’illazione giornalistica – n.d.r.], non ha il mandato per definire cure domiciliari”. Inoltre dal sito AGENAS non risulta che Bassetti sia coordinatore in questo gruppo di lavoro, come scrivono gli animatori della petizione su Change.org.

Quindi, macchina del fango a tutta potenza, un ginepraio di dichiarazioni, reazioni, false notizie in cui è difficile districarsi per setacciare la verità e, soprattutto, una bella notizia che diventa solo una brutta polemica tra le tante e un documento, ottimo nella forma e nei contenuti, che potrebbe essere utile a tutto il Paese ma che nessuno finisce per leggere davvero. Perchè, in fin dei conti, a noi basta il capro espiatorio da dare in pasto alla gente, l’eretico di turno a cui dare addosso…

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LA TERZA ONDATA

23 dicembre – Una precisazione sulla famigerata “terza ondata” del contagio di cui tutti parlano, alcuni divinandone l’arrivo, altri descrivendone gli effetti peggiori della seconda, ecc.

Chiariamo: la terza ondata ci sarà, senza alcun dubbio, e si verificherà nell’autunno 2021; quella di cui si paventa oggi non è quindi la terza ondata, ma solo la ripresa della seconda, che abbiamo artificiosamente interrotto attraverso l’interruzione della nostra vita – cioè il lockdown – e che, ovviamente, riprenderà non appena riprenderemo a vivere, così come prevede la natura (se noi viviamo il virus vive, se noi muoriamo il virus muore), e con una dinamica ben nota, che si può apprezzare anche da questo grafico sull’andamento stagionale della mortalità che lo stesso ISS pubblica settimanalmente nel Rapporto sulla Mortalità Giornaliera (e che non credo ci sia bisogno di spiegare):

Quindi nessuna terza onda dopo le feste di Natale, perché siamo e rimaniamo nel bel mezzo della seconda, che non possiamo modificare realmente, ma che avremmo potuto gestire senza grossi problemi se ci fossimo preparati adeguatamente quando ne avevamo il tempo.

Possiamo, semmai, parlare di ondate di panico (cioè, come dice il Vocabolario Treccani, un “senso di forte ansia e paura che… (si) può provare di fronte a un pericolo inaspettato, e che determina uno stato di confusione ideomotoria, caratterizzata per lo più da comportamenti irrazionali (…), psicosi collettiva provocata dal diffondersi di notizie allarmanti”), la prima a febbraio-marzo (ed era comprensibile), la seconda – invece inqualificabile – a ottobre e poi a seguire, perseverando in questa follia come stiamo facendo, la terza, la quarta, ecc.

Solo per la precisione…

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VACCINI: LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

27 dicembre – Il Grande Rito della Vaccinazione Collettiva ha inizio. Dopo aver assistito alla surreale cronaca chilometro per chilometro del viaggio salvifico del furgoncino dei surgelati, scortato dalle Forze dell’Ordine, lungo mezzo stivale, ripreso dai telefonini al suo passaggio e accolto all’arrivo dalle Autorità, che hanno poi portato a spalla il misero scatolone (la mente torna – per un agghiacciante scherzo della memoria – al viaggio del Milite Ignoto da Aquileia a Roma, cento anni fa esatti), ora si comincia con le vaccinazioni sulla pubblica piazza, con cerimonie officiate nel solco di una campagna pubblicitaria studiata ad hoc, con tanto di logo (la primula, simbolo di rinascita) e linea d’immagine (pare che verranno addirittura realizzati dei gazebo nelle piazze, a forma di primula, per attrarre i vaccinandi). Tale spiegamento di mezzi e risorse è stato ripagato dal massiccio investimento emotivo popolare, anche in risposta ad un impressionante e pervasivo racconto mediatico, con tutto il circo di nani e ballerine al gran completo, dai politici-educatori, ai vip-esempio, ai sanitari-eroi: in tutta questa inutile – e, per me, indecorosa – fuffa è quindi difficile capire gli aspetti significativi di questa “epocale” campagna vaccinale.

Le uniche notizie utili che ho potuto estrarre dal chiacchiericcio sono:

– che l’Italia ha acquistato/opzionato 202 milioni di dosi (che arriveranno da qui al 2022);

– che la somministrazione comincerà dal personale sanitario e dagli ospiti delle RSA, per poi passare a tutti gli anziani (prima gli over 80, poi gli altri da 60 anni in su) e malati, nonché successivamente agli operatori dei servizi essenziali (forze dell’ordine, personale della scuola, etc.), in seguito toccherà alla popolazione generale;

– che la vaccinazione sarà raccomandata, ma non obbligatoria (ci mancherebbe altro…);

– che si punta a raggiungere l’immunità di gregge entro ottobre, con l’80% di popolazione vaccinata (42 mln. di persone);

– che i costi dei diversi vaccini sviluppati nel mondo è incredibilmente variabile: dai 12 euro di Pfizer (che in più comporta grossi problemi logistici) e i 15 € di Moderna, ai 1,78 € di AstraZeneca (che dice di venderlo a prezzo di costo)11;

– che, secondo l’AIFA, “due dosi del vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty [il vaccino Pfizer – il primo arrivato sul mercato europeo – n.d.r.]) somministrate a distanza di 21 giorni l’una dall’altra possono evitare al 95% degli adulti dai 16 anni in poi di sviluppare la malattia COVID-19 con risultati sostanzialmente omogenei per classi di età, genere ed etnie. Il 95% di riduzione si referisce alla differenza tra i 162 casi che si sono avuti nel gruppo degli oltre 18mila che hanno ricevuto il placebo e i soli 8 casi che si sono avuti negli oltre 18mila che hanno ricevuto il vaccino”.

La prima domanda che mi sorge spontanea è: perché 202 milioni di dosi se, per vaccinare tutti con una prima dose ed il successivo richiamo, ne serviranno al massimo 120 milioni? Ce lo spiega il Ministro Speranza: per avere “una dotazione sufficientemente ampia per poter potenzialmente vaccinare tutta la popolazione e conservare delle scorte di sicurezza. Con le conoscenze oggi a nostra disposizione è molto probabile che saranno necessarie due dosi per ciascuna vaccinazione, a breve distanza temporale. Va inoltre ricordato che non vi è ancora evidenza scientifica sui tempi esatti di durata dell’immunità prodotta dal vaccino. La scelta compiuta, anche in questo caso, è ispirata al principio di massima precauzione”. Quindi mi pare di capire che abbiamo comprato 80-100 milioni di dosi in più del necessario perché “non si sa mai”: vogliamo tenerne un po’ da una parte per sicurezza e, soprattutto, non sappiamo se due dosi basteranno per immunizzarci o se questa manfrina andrà ripetuta periodicamente negli anni a venire…

La seconda domanda che mi viene è: dal momento che sappiamo ormai per certo che Covid-19 è una malattia che nel 99% dei casi non è pericolosa (e nel 75% neanche ci si accorge di averla), che meno dell’1% va in ospedale e meno dello 0,1% va in terapia intensiva, che la letalità è dello 0,5% (in diminuzione) e che muoiono quasi esclusivamente persone molto anziane e/o con molteplici patologie, come mai si ritiene necessario raggiungere l’immunità di gregge (cioè l’immunizzazione dell’80% della popolazione12) invece che semplicemente proteggere col vaccino le categorie a rischio (come si fa con il vaccino influenzale)? Perché in tal caso, invece di vaccinare 42 milioni di persone, basterebbe vaccinarne 19 milioni (tra operatori sanitari e persone over 60) + quelli che, tra i 7,4 mln. di persone con almeno una comorbidità cronica, non appartengono già alle categorie di cui sopra, come si può evincere da questa tabella tratta dal Piano Strategico vaccinale del Ministero della Salute:

Da qui la terza domanda: perché spendere 2 miliardi di euro (+ i costi della logistica, della somministrazione, della pubblicità, etc.) per vaccinare tutti (forse) col vaccino immediatamente disponibile, quando si potrebbero spendere solo 500 milioni per proteggere adeguatamente gli unici che rischiano davvero col covid-19 (se non, addirittura, appena 100 milioni di euro, se solo attendessimo l’arrivo – ormai prossimo – del vaccino più economico)? Tra l’altro, potendo investire la differenza nel potenziamento delle risposte, ospedaliere e territoriali, a questa e alle future emergenze (che non mancheranno).

La quarta e ultima domanda, stavolta su un aspetto che mi è più congeniale, quello dei numeri: posto che la sicurezza del vaccino non è in dubbio13 e perciò, a mio parere, questo tema non può costituire in alcun modo un motivo di contrarietà alla vaccinazione (i no-vax se ne facciano una ragione), tuttavia qualche perplessità sulle valutazioni di efficacia e, soprattutto, sul tema costi-benefici, a leggere i numeri, può legittimamente sorgere. E dato che c’è già chi lo ha spiegato meglio di quanto potrei fare io, rimando all’articolo di Repubblica che ne parla e riporto qui sotto le immagini del post originale del Prof. Filippo Festini dell’Università di Firenze su Facebook:

Tutti i numeri sono ufficiali e consultabili sui siti dell’AIFA e dell’EMA e, ovviamente, sottoscrivo pienamente questa analisi.

Rimane, infine, la questione dell’obbligatorietà del vaccino e di altre amenità di cui si sente parlare (come quella del “registro” introdotta in Spagna o del “patentino” che qualcuno auspicava da noi), ma per il momento lasciamo perdere: c’è la Costituzione a richiedere almeno che qualunque scelta in tal senso venga presa dal Parlamento e non dal Governo o, peggio, da Comitati Tecnico-Scientifici, quindi dovremmo stare tranquilli sul fatto che, almeno su questo tema, vi sarà una riflessione sul piano politico ed una approfondita verifica costituzionale.

Basta così. Sorvolo del tutto sul tema della comunicazione, che ci sta facendo assistere a spettacoli insensati (tipo l’esaltazione dei primi eroi vaccinati, come se fosse un atto di coraggioso sprezzo del pericolo; poi ci meravigliamo che esistano i no-vax…) o agghiaccianti (tipo le vaccinazioni in diretta dei personaggi famosi a scopo di educazione del popolo: peccato che si tratti di un virus e non di cancro del colon, le colonscopie in diretta sarebbero state più avvincenti…) o ridicoli (tipo il tracciamento televisivo delle spedizioni, con molteplici servizi di giornalisiti appositamente inviati in tutta Italia…), perchè sono già troppe le domande che, nella narrazione dominante, non trovano al momento risposta: altro che luce in fondo al tunnel… E di “epocale” in questa campagna vaccinale sembra esserci solo l’assurdità.

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NOI NON LEGGIAMO, GUARDIAMO LE FIGURE…

9 gennaio 2021 – Cerco di ascoltare il meno possibile radio e tv e di leggere il meno possibile giornali e siti internet sul tema della pandemia, però ogni tanto ci casco e mi tocca sentire la solita cascata di numeri senza senso o, peggio, fuorvianti. La cosa che più spesso mi colpisce è l’insipienza dei giornalisti, i quali ripetono a pappagallo numeri letti qua e là o dati da esperti o dalle autorità, senza in realtà considerarli minimamente, un po’ come quando, da piccoli, ci accusavano di leggere i libri guardando solo le figure… Io, invece, spesso sento dire numeri che mi fanno saltare letteralmente sulla sedia e che il giornalista che usasse un minimo di raziocinio, potrebbe tranquillamente usare per inchiodare l’esperto di turno o per cercare approfondimenti inediti; ma a quanto pare ormai il mestiere di giornalista è altro…

Insomma, stamattina ascoltando il solito GR3 sento dei numeri e vado ad approfondirli sul Lab24, la sezione con i dati sul sito del Sole 24 Ore, sempre molto documentato e che uso spesso per le mie riflessioni, quindi ne ho molta considerazione. Eppure anche semplicemente una breve scorsa come quella di stamattina mi ha fatto sorgere domande che non capisco come mai vengano solo a me… Elenco brevemente i punti (non ho voglia di dilungarmi).

“L’indice Rt a livello nazionale nel periodo 15-28 dicembre, che l’Iss calcola sui soli casi sintomatici, è salito a 1.03 superando il valore soglia di 1.0 per la prima volta dopo 6 settimane.” Domanda 1: perché ISS calcola Rt solo sui casi sintomatici? Gli asintomatici e paucisintomatici sono un numero enorme e “ignoto” (lo scrivo tra virgolette perché, anche se nessuno ne parla, come ho più volte detto, l’ISTAT ci ha suggerito questo numero con l’indagine di sieroprevalenza e anche l’OMS lo stimava, mesi fa, nel 10% della popolazione…) e tutti gli espertoni ci hanno sempre detto che sono contagiosi tanto quanto i sintomatici. Domanda 2: Non sarà che questo benedetto Rt, su cui basiamo tutte le nostre scelte, è un numero sostanzialmente campato per aria?

“Nella settimana di rilevazione 28 dicembre 2020 – 3 gennaio 2021 l’Iss certifica un nuovo aumento dell’incidenza a livello nazionale (166 nuovi casi per 100.000 abitanti), molto sopra la soglia dei 50 per 100.000 abitanti considerata quella minima utile per riprendere con efficienza le attività di tracciamento del contagio sul territorio.” Domanda: Ma il nostro interesse è la salute della popolazione (concetto ampio, che comprende non solo l’assenza di malattia) o è nel tracciamento del contagio? Siamo governati da politici o da virologi ed epidemiologi? Il dogma del tracciamento è sempre incombente, nonostante sappiamo almeno da agosto scorso (quando è uscito il pre-rapporto dell’ISTAT sull’indagine di cui sopra) che esso è completamente inutile, essendo i numeri del contagio del tutto fuori controllo?

“Come abbiamo verificato più volte nei giorni scorsi la stima attuale dell’epidemia, sulla base dei parametri insensibili al basso numero di test (primi fra tutti i ricoveri in area medica e terapia intensiva, entrambi in crescita da inizio anno) porta a ipotizzare a causa dell’esiguo numero di test effettuati nell’ultima settimana mobile (1-7 gennaio 2021) un numero dei nuovi casi di almeno il 30% superiore a quello (112.816, media giornaliera 16.116) ufficialmente rilevato.” Considerazione: nelle stesse poche righe, si dice da un lato che gli unici dati sensati sono quelli insensibili alla conta basata sui test, ma subito dopo ecco che torniamo a riprendere questi ultimi come dato principe di tutte le nostre analisi.

“La stima più conservativa che si ottiene è di 146.600 nuovi casi (media giornaliera 20.951): in linea con i 150.722 registrati nella settimana epidemiologica 28 novembre – 4 dicembre 2020, che aveva preceduto la fase di allentamento con il passaggio di molte Regioni in zona gialla (6 e 13 dicembre). La crescita dei numeri attuali riflette proprio il periodo delle riaperture, durato fino all’introduzione della zona rosso-arancione nazionale a partire dalla vigilia di Natale. L’Iss osserva oggi “un aumento del rischio di epidemia non controllata e non gestibile” che sembra a “un nuovo rapido aumento di casi nelle prossime settimane qualora non venissero definite ed implementate rigorosamente misure di mitigazione più stringenti”. Vedremo solo a partire dal 25 gennaio gli effetti delle blande restrizioni approvate oggi e in vigore da lunedì 11 a venerdì 15 gennaio, data entro la quale è atteso un nuovo provvedimento. (…) Le restrizioni legate al colore giallo hanno finora dimostrato di essere del tutto inadeguate a contenere la diffusione dell’epidemia: si veda il caso del Veneto, ma anche il recente periodo in zona gialla della Lombardia (13-23 dicembre) che ha avuto come ricaduta l’attuale maggiore diffusione del contagio. Al massimo sembra possibile ottenere una stabilizzazione dell’infezione: con un rischio molto elevato visti i valori espressi in questa fase e la pressione che si mantiene ai livelli di allerta (occupazione del 30% dei posti in intensiva, del 40% in area medica) sul sistema ospedaliero nazionale”. Considerazione: sarà… ma più avanti nel sito, troviamo questi due grafici (uno con i dati assoluti, l’altro con la ripartizione percentuale), che a me continuano a dire che i numeri dei cosiddetti “contagi” cambiano sì, ma il dato veramente problematico (la pressione sui servizi sanitari), rimane sostanzialmente costante (e quindi, evidentemente, era questo il fronte su cui bisognava impegnarsi sin da maggio scorso, non sui tamponi a tappeto per rispondere al maledetto dogma del tracciamento):

Infine, una scorsa veloce alla tabella del “Contagio nel mondo, paese per paese”. Eccola qui (limitata alle prime 100 nazioni, ordinate per numero di contagiati ufficiali):

Domanda: Qualcuno ci sa spiegare perché l’Italia, col suo Sistema Sanitario Nazionale tra i migliori del mondo, ha un tasso di letalità ufficiale che la pone all’88° posto su 100 (peggio di noi solo Guatemala, Grecia, Bosnia ed Erzegovina, Perù, Bulgaria, Afghanistan, Iran, Cina, Egitto, Bolivia, Ecuador, Messico)? Perché la Spagna e Francia, con tassi di contagio superiori al nostro, hanno tassi di letalità rispettivamente del 26% e del 30% più bassi? E la disperata Inghilterra, del 22% in meno? Per non parlare della Germania (che ha un tasso di letalità più basso del 40%) e della vituperata Svezia (-45%)… C’è o no qualcosa di strano in questi numeri? Qualcosa che andrebbe indagato?

Devo dire che almeno una volta (era nel programma di Lucia Annunziata) ho sentito chiedere ragione – nello specifico, sulle discrepanze nel numero dei morti rispetto ad altri paesi – all’espertone di turno (Miozzo, Coordinatore del CTS, se non sbaglio), il quale ha risposto: “Noi siamo più rigorosi nei conteggi” (sic!). E l’intervistatrice s’è accontentata, passando alla figura successiva…

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NEANCHE NEL TRATTARE LA MORTE CI RISPARMIAMO IL RIDICOLO

25 gennaio – Due episodi indicativi del clima del momento (“momento” per modo di dire: siamo in mezzo a questa follia da un anno e non se ne vede la fine), senza commenti perché non ne vale la pena.

Il primo episodio. Al telegiornale ieri titolavano: “Morto a 87 anni Larry King, stroncato dal Covid”. Stroncato dal Covid? Un uomo della bella età di 87 anni, con due infarti alle spalle? Sul serio?

Il secondo. Giorni fa è morta una signora, amica della mia compagna. La signora, ottantenne malata di cancro in fase terminale e in stato cachettico da giorni, presso l’hospice cittadino14 in cui era ormai ricoverata ha contratto il Covid ed è stata perciò trasferita presso l’Ospedale Covid di pertinenza dove, dopo alcuni giorni, è deceduta. Causa ufficiale della morte di questa povera signora? Covid, ovviamente… E sorvolo sull’ignobile, barbarico trattamento che si riserva ai defunti e alle loro famiglie in questi frangenti.

La tragicommedia continua.

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NON SOLO IL PANICO: ABBIAMO ESPORTATO ANCHE L’IGNORANZA

27 gennaio – Al GR3 di stamattina si fa ironia: “La parola del giorno – Numeri: l’importante è averli e non darli”. Il fatto di cronaca a cui ci si riferisce è la polemica tra Regione Lombardia e ISS riguardo ai numeri che generano il calcolo del famigerato Rt. Ovviamente ci limitiamo all’ironia, a nessuno passa per la testa di approfondire la questione…

Del resto, sull’incredibile ignoranza dei numeri – che pure abbiamo ormai in abbondanza – e sulla capacità di riportarli senza alcun senso logico e, men che meno, approfondendone il significato, a quanto pare abbiamo ormai fatto scuola nel mondo intero.

Infatti, la notizia di questi giorni che l’ECDC (l’agenzia europea per la prevenzione ed il controllo delle malattie) ha introdotto il “rosso scuro” nelle sue mappe colorate delle regioni europee, mostra come, non più solo in Italia, tutte le valutazioni e le decisioni vengano prese sulla base di un dato che è, ormai con tutta evidenza, completamente errato: il numero dei contagi rilevati. Numero che, col passare del tempo, si rivela sempre più scostato dalla realtà.

Tutti infatti si arrabbiano quando la propria regione vene messa in zona rossa (dal presidente altoatesino Kompatscher di cui abbiamo letto nella notizia Ansa di cui sopra, al caso eclatante del presidente Fontana per la Lombardia, compresa la mirabile risposta dell’ISS, che a mio parere certifica ulteriormente l’alto livello di confusione che regna), ma nessuno coglie l’ovvio.

Un “ovvio” che è ormai chiaro e autorevolmente certificato da mesi:

  • il 3/8/20 l’ISTAT pubblica il report preliminare dell’ “Indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2” da cui si evince che, alla data del 15/7/20, i contagiati totali in Italia erano quasi 1,5 milioni, pari al 2,5% della popolazione, cioè ben 6 volte quelli rilevati alla stessa data con i tamponi (243.000)15;
  • a fine agosto 2020, secondo il sondaggio sierologico nazionale dell’Indian Council of Medical Research (ICMR), circa il 7% della popolazione adulta indiana potrebbe essere stata esposta al coronavirus (62 mln. di persone, contro i 3,7 mln. rilevati con i test): lo riporta il quotidiano The Hindu;
  • l’OMS, durante la riunione del “WHO’s 34-Member Executive Board Focusing on COVID-19” del 5/10/20, come riportato dalla Associated Press (e più semplicisticamente ripreso anche in Italia), ha evidenziato che, dalle numerose indagini sierologiche sulla popolazione – come quella fatta dall’ISAT in Italia – effettuate in molti paesi del mondo, almeno il 10% della popolazione mondiale sarebbe stata contagiata da inizio pandemia (cioè, alla stessa data del 5/10, circa 770 milioni di persone e non 35 milioni come rilevato dai tamponi, ben 22 volte di più);
  • in uno studio effettuato su un campione di 15 paesi sviluppati (con simili livelli di assistenza medica e di distribuzione della popolazione per età), pubblicato su “Royal Society Open Science” il 18/11/20 (e riportato, sia pur marginalmente, anche dalla nostra stampa), alcuni ricercatori australiani hanno concluso che “nonostante un miglioramento generale dei tassi di rilevamento con il progredire della pandemia, le (…) stime hanno mostrato che, al 31 agosto 2020, il numero reale di persone che sono state infettate nel nostro campione di 15 paesi era 6,2 volte maggiore del numero di casi segnalato. Nei singoli paesi, il numero reale di casi ha superato la cifra riportata per fattori che vanno da 2,6 volte per la Corea del Sud a 17,5 volte per l’Italia”.
  • in uno studio del 13/01/21, riportato dal Los Angeles Times, il L.A. County Department of Health Services stima che, nella zona della metropoli californiana, una persona su tre sia stata contagiata dal coronavirus dall’inizio della pandemia (più del triplo del numero cumulativo dei casi rilevati con i test);
  • il 19/01/21, il quotidiano inglese The Guardian riporta i risultati dell’indagine sierologica effettuata dall’Office for National Statistics, secondo cui il 12,1% della popolazione inglese di età pari o superiore a 16 anni (esclusi ospedali, case di cura e altri ambienti istituzionali)  – cioè circa 5,4 milioni di persone – sarebbe risultato positivo agli anticorpi a dicembre (mentre alla stessa data risultavano 3,2 mln. di contagiati confermati dai test, in questao caso anche compresi ospedali, case di cura, etc.) e che la cifra era dell’8,9% a novembre e del 7% ad ottobre, quindi in crescita costante e consistente (come del resto è naturale in questa stagione).

Ecco cosa è perciò del tutto “ovvio”, ma nessuno – in nessuna parte del mondo, evidentemente – sembra tenerne conto:

  • il numero dei contagiati rilevati con i tamponi non ha significato (non è neanche campionario, quindi anche farne un uso meramente statistico è abbastanza inappropriato);
  • tutti gli indici basati su questo numero sono insensati, in particolare il famoso Rt e ben 9 dei 21 indicatori16 utilizzati dal Ministero della Salute per definire l’appartenenza di una regione ad una delle 3 aree di rischio (con le pesanti ripercussioni sulla vita della popolazione, che ben conosciamo);
  • i numeri della pandemia, una volta parametrati alla reale quantità di popolazione contagiata e non ai positivi rilevati con i tamponi, crollano vertiginosamente: nel mondo abbiamo circa 1,1-1,2 mld. di contagiati totali con un tasso di letalità dello 0,17%; in Italia il virus è stato contratto da almeno 10-12 milioni di persone, oltre il 99% dei quali non se n’è neppure accorto o al massimo – non più del 25% – ha avuto sintomi lievi come quelli di una normale influenza; meno dell’1% è andato in ospedale e solo lo 0,1% ha avuto bisogno di terapia intensiva; il tasso di letalità si aggira intorno allo 0,5 – 0,8% e riguarda quasi esclusivamente soggetti molto anziani e/o con gravi comorbidità; nei fatti, quindi, Covid-19 è una malattia “normale”, simile ad altre pandemie influenzali che abbiamo già incontrato nella nostra storia;
  • continuare ad insistere con il dogma del tracciamento a tutti i costi, nonostante il contagio sia completamente fuori controllo (e perciò intracciabile) da mesi, è insensato e costituisce uno spreco enorme di risorse (economiche ed umane), le quali potrebbero essere meglio impiegate nella cura di chi si ammala per davvero;
  • avendo chiaro che alla quasi totalità (oltre il 99%) della popolazione che contrae il virus non succede praticamente nulla, potremmo smetterla di perseguire l’immunità di gregge con i vaccini, ma vaccinare soltanto quella ridotta quota di popolazione che è statisticamente più a rischio, cioè anziani e malati, nonché le categorie di lavoratori che di costoro si devono occupare qualora si ammalino (cioè sanitari e assistenti), come già si fa per le influenze stagionali; ed anche qui si realizzerebbero enormi risparmi di risorse, impiegabili più utilmente nella cura;
  • se si investe in cura e gestione dei malati, non c’è alcun motivo per contenere forzosamente il contagio nella popolazione generale, dal momento che ci si ammala seriamente in pochissimi casi (generalmente curabili) e che, facendo girare il virus, aumenta naturalmente l’immunizzazione generale; ed in tal modo eviteremmo ulteriori gravi danni all’economia, alla formazione dei giovani, alla socialità, alla cura delle altre patologie, etc.

Insomma, il GR3 ha ragione, ma la realtà è che i numeri ce li abbiamo, eccome, e se preferiamo continuare imperterriti “a dare i numeri” ormai è solo una precisa scelta, irrazionale ed ostinata…

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MALATTIE NEGLETTE E MALATTIE SUPERSTAR

29 gennaio – Abbiamo già più volte detto di come questa pandemia sia una malattia “dei ricchi”, cioè che ha colpito l’immaginario delle popolazioni dei paesi sviluppati (il cui stile di vita “da immortali” viene ritenuto il paradigma dell’esistenza umana) e generato il panico alla sola evidenza che nella vita, ad un certo punto, specialmente se si è vecchi e malati, si può addirittura morire… Ed i numeri lo dimostrano, dato che (fonte OMS), non si sa come, ma il 77% dei “contagiati” e l’80% dei morti stanno in Europa e in America (dove complessivamente vive il 23% della popolazione del mondo); quindi gli altri o sono più immuni di noi o, semplicemente, hanno altro a cui pensare che non a contare i malati di influenza…

Una interessante prospettiva su questo argomento ce la da anche Medici Senza Forontiere, nella odierna Giornata Mondiale delle Malattie Neglette: “Più di 1,7 miliardi di persone nel mondo colpite e centinaia di migliaia di vittime ogni anno: sono i numeri causati dalle 20 malattie tropicali dimenticate (NTD, Neglected tropical diseases). Dal momento che, però, riguardano soprattutto persone povere nel Sud del mondo, non rappresentano un buon mercato per gli investimenti in ricerca e sviluppo di farmaci”. Christos Christou, presidente di MDF, aggiunge che “la pandemia COVID-19 minaccia i progressi verso il controllo e l’eliminazione dei NTD. I programmi NTD sono stati interrotti, i sistemi sanitari fragili sono ancora sotto pressione e ci sono indicazioni allarmanti che le risorse saranno dirottate e i finanziamenti ridotti. Esiste il rischio reale che le NTD possano scivolare in ulteriore abbandono, che i risultati significativi degli ultimi anni siano invertiti e che ancora più vite vengano perse a causa di NTD. La risposta globale alla pandemia ha mostrato cosa è possibile fare quando c’è volontà politica e un investimento significativo di risorse. Anche se equo accesso a queste innovazioni non è sicuro, il mondo si sta mobilitando per sviluppare vaccini, trattamenti e test diagnostici per COVID-19. Lo stesso può essere fatto per NTD. Possiamo superare l’incuria con impegni, fondi e strumenti migliori per trovare, diagnosticare e curare i pazienti”. E il rapporto MDF rincara: “I progressi verso il controllo e l’eliminazione dei NTD sono minacciati dalle crisi umanitarie, dai disastri naturali e dalle migrazioni causate dai cambiamenti climatici e dalla pandemia Covid-19. Ci sono già indicazioni che i finanziamenti NTD siano stati condizionati sia quest’anno che lo scorso anno. L’impatto deve ancora essere calcolato integralmente, ma si rileva che parte delle risorse NTD sono state dirottate verso il controllo della pandemia; e alcuni finanziamenti sono stati cancellati. E ci sono indicazioni che i fondi si ridurranno ulteriormente nel corso del 2021. Oltre all’impatto sui finanziamenti, molti programmi NTD sono stati influenzati negativamente da COVID-19 nel 2020, come l’interruzione della somministrazione di massa di farmaci, ed i traguardi precedentemente ottenuti potrebbero andare persi”.

Sono parole che fanno riflettere, almeno chi ancora un cervello ce l’ha e cerca di usarlo un pochino oltre il semplice mantenimento delle funzioni vitali…

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LA PANDEMIA DEL LAVORO

30 gennaio – Ieri mi hanno segnalato questo breve intervento televisivo di Antonio Martino, economista e già parlamentare (di area liberale) e più volte Ministro della Repubblica, ma soprattutto un vecchietto che 1) dovrebbe essere terrorizzato dal Covid e 2) potrebbe tranqullamente strafregarsene del futuro del nostro paese e del mondo, eppure mostra più lucidità, equilibrio e lungimiranza della maggior parte dei commentatori che ho sentito negli ultimi mesi… Pur nella semplificazione (comunque apprezzabilmente documentata) della breve esposizione, Martino coglie, oltre che vi è una discrepanza tra le proprozioni percepite e quelle reali della pandemia, anche che la minaccia più importante alla salute e alla vita non è data dal Covid (che ha fatto fino ad oggi 2 milioni di vittime e al massimo ne farà altrettante) ma dal fatto che si sono persi centinaia di milioni di posti di lavoro, il che significa povertà e morte per un numero enorme di persone nel mondo.

Allora ho cercato qualche dato ed ho trovato l’ultimo rapporto dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro, cioè l’agenzia ONU he si occupa di promuovere la giustizia sociale e i diritti umani legati al lavoro in tutti i suoi aspetti). E proprio dal ILO Monitor: COVID-19 and the world of work. Seventh Edition del 25/02/21, riporto alcuni stralci dell’abstract, che mi pare dicano tutto molto meglio di quanto potrei fare io.

“Nuove stime annuali confermano che i mercati del lavoro in tutto il mondo sono stati sconvolti nel 2020 su una scala storicamente senza precedenti. Nel 2020, l’8,8% dell’orario di lavoro globale è andato perso rispetto al quarto trimestre del 2019, l’equivalente di 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. La perdita di ore lavorative è stata particolarmente elevata in America Latina e Caraibi, Europa meridionale e Asia meridionale. Le perdite di ore lavorative nel 2020 sono state circa quattro volte maggiori rispetto alla crisi finanziaria globale del 2009.

In termini relativi, le perdite di occupazione sono state più elevate per le donne (5,0%) che per gli uomini e per i giovani lavoratori (8,7%) piuttosto che per i lavoratori anziani. La perdita di posti di lavoro nel 2020 si è tradotta principalmente in una crescente inattività piuttosto che in disoccupazione. Rappresentando il 71% delle perdite globali di occupazione, l’inattività è aumentata di 81 milioni, il che ha portato a una riduzione del tasso di partecipazione alla forza lavoro globale di 2,2 punti percentuali nel 2020 al 58,7%. La disoccupazione globale è aumentata di 33 milioni nel 2020, con il tasso di disoccupazione che è aumentato di 1,1 punti percentuali al 6,5%.

Gli ultimi dati dell’indagine sulla forza lavoro (fino al terzo trimestre del 2020) rivelano il contrasto tra la massiccia perdita di posti di lavoro nei settori più colpiti (come alberghi e servizi di ristorazione, arte e cultura, vendita al dettaglio e edilizia) e la crescita dell’occupazione in settori più qualificati (come l’informazione e la comunicazione, le attività finanziarie e assicurative). Questa divergenza tenderà ad aumentare la disuguaglianza all’interno dei paesi. Allo stesso tempo, vi sono notevoli differenze tra i paesi per quanto riguarda la gravità dell’impatto della crisi sui posti di lavoro nei settori più colpiti.

Allo stesso modo, l’evidenza dai dati nazionali disponibili mostra che l’impatto della crisi sul “reddito da lavoro post-sostegno” (che include il sostegno al reddito ricevuto dai lavoratori) è stato disomogeneo tra le diverse parti della forza lavoro, sebbene le misure di sostegno al reddito ne abbiano mitigato l’impatto. Nel complesso, le perdite di reddito da lavoro post-sostegno sono state relativamente maggiori per i giovani lavoratori, le donne, i lavoratori autonomi e i lavoratori a bassa e media qualificazione. Spesso la distruzione di posti di lavoro ha avuto ripercussioni sproporzionate sui posti di lavoro scarsamente retribuiti e poco qualificati. Tutto ciò indica il rischio di una ripresa disomogenea, che porterà a disuguaglianze ancora maggiori nei prossimi anni.

Sebbene ci siano aspettative che una robusta ripresa economica si verificherà nella seconda metà del 2021 con il lancio della vaccinazione contro COVID-19, l’economia globale sta ancora affrontando alti livelli di incertezza e vi è il rischio che la ripresa non sarà uniforme. Le ultime proiezioni indicano un persistente deficit di lavoro nel 2021. Basandosi, tra l’altro, sulle previsioni economiche del Fondo monetario internazionale (FMI) a partire da ottobre 2020, lo scenario di base prevede una perdita continua dell’orario di lavoro del 3,0 per cento nel 2021 rispetto a il quarto trimestre del 2019, che corrisponde a 90 milioni di posti di lavoro equivalenti a tempo pieno (FTE). Nello scenario pessimistico, la perdita di ore lavorative nel 2021 rimarrà al 4,6 per cento, ovvero 130 milioni di posti di lavoro a tempo pieno, rispetto al quarto trimestre del 2019. Anche nello scenario ottimistico, che presuppone condizioni più favorevoli, una perdita dell’1,3 per cento dell’orario di lavoro globale (o 36 milioni di posti di lavoro FTE) è ancora previsto nel 2021 rispetto al quarto trimestre del 2019.”

Quindi il virus ha ucciso per ora 2,2 mln. di persone (nella stragrande maggioranza anziane e già malate e sopratutto nella parte ricca del mondo); le misure restrittive adottate in risposta al Covid hanno fatto perdere finora 255 mln. di posti lavoro e ne faranno perdere altri 90 mln. nel 2021, il che verosimilmente ucciderà molti milioni di persone (di cui molti giovani e soprattutto nella parte povera del mondo).

Mi sa che il buon Martino ha ragione…

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I CONDANNATI NEL BILANCIO DEMOGRAFICO ISTAT 2020

2 febbraio – Titoli catastrofici oggi sui giornali italiani (alcuni esempi: La Stampa, Repubblica, Agi). Il tutto a partire dal documento “Primi riscontri e riflessioni sul bilancio demografico del 2020” di Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’ISTAT, pubblicato il 01/02/21.

Scrive Repubblica: “Un documento del presidente dell’Istat, Blangiardo, evidenzia le prime tendenze demografiche: i morti oltre quota 700 mila. Sono 1990 al giorno, di cui 200 di Covid. I nuovi nati sotto la soglia di 400 mila. E andrà ancora peggio per il crollo di migrazioni e matrimoni. Cifre impressionanti e un confronto evocativo, che rende bene l’idea di quanto l’anno da poco concluso sia stato straordinario: nel 2020 i morti superano i nati nell’ordine di 300 mila unità, cosa mai vista dall’influenza spagnola del 1918” e, di seguito, una serie di estrapolazioni dal testo dell’ISTAT, con tanto di grassetti ad evidenziarne le scabrosità. La tragedia di proporzioni bibliche è così servita…

Ma il documento l’ho letto anche io e ne ho evinto considerazioni del tutto diverse. Sarò scemo io? Vediamo un po’…

Repubblica copia pedissequamente il rapporto ISTAT: “Il margine superiore dei 700 mila morti – oltre il quale nell’arco degli ultimi cent’anni ci si è spinti giusto all’inizio (1920) e quindi nel pieno dell’ultimo conflitto mondiale (1942-1944) – e il limite inferiore dei 400 mila nati, una soglia mai raggiunta negli oltre 150 anni di Unità Nazionale. Si tratta di due sconfinamenti che, di riflesso, spingerebbero il valore negativo del saldo naturale oltre le 300 mila unità; un risultato che, nella storia del nostro Paese, si era visto unicamente nel 1918, allorché l’epidemia di “spagnola” contribuì a determinare circa metà degli 1,3 milioni dei decessi registrati in quel catastrofico anno”.

Peccato però che si siano scordati della nota, che invece è di fondamentale importanza: “Tutto ciò se ragioniamo in termini di frequenza assoluta del fenomeno; va da sé che la diversa numerosità della popolazione determina un’incidenza relativa comunque più ridotta: 12,2 morti annui per mille abitanti nel 2020, a fronte di 16,8 nel 1943-1944 (in media) e 19,1 nel 1920”. Quindi, i morti saranno anche 700.000, ma questa cifra non ha nulla a che vedere con quelle analoghe del 1920 e del ‘43-‘44.

E peccato che si siano dimenticati di controllare le tabelle demografiche degli ultimi 10 anni17, in cui, dopo un trentennio di relativa stabilità, abbiamo cominciato a registrare annualmente crolli della natalità di 12-22.000 unità, cioè diminuzioni annue del 2-5%. Quindi questo limite inferiore dei 400.000 nati non è poi così strano…

E, infine, peccato che il parallelo con il 1918 (anno della famigerata “spagnola”) sia assolutamente fuori luogo. Il tasso di crescita naturale era già crollato dal 1915 e nel ’18 raggiungeva il minimo (-17,3 per mille; gli anni dal 1915 al ’18 sono gli unici tre, tra il 1861 ed il 1986 con numeri negativi o prossimi allo 0) per la concomitanza dell’enorme numero di morti (tra guerra e “spagnola”) con il minimo storico della natalità (trend cominciato sempre dal 1915): il tasso di mortalità nel 1918 fu infatti del 35,3 per mille  (il più alto di sempre), con la “spagnola”, a quanto dice l’ISTAT, responsabile di metà di quel tasso, cioè del 17 per mille. Non riesco a vedere il parallelo con il nostro tasso del 12,2 per mille che, rispetto al 2019, è aumentato (e quanto per causa diretta di Covid o meno rimane ancora da stabilire) di 1,6 punti per mille…

Ci sono poi alcune altre considerazioni che mi sono venute leggendo il documento:

  • perché altri consistenti aumenti del tasso di mortalità nel tempo (ad esempio, + 0,9 per mille nel 2015) non ci hanno – che io ricordi – preoccupato minimamente?
  • il problema del saldo pesantemente negativo tra morti e nati sta nello scostamento del  +2,3 per mille del tasso di mortalità 2020 rispetto alla media 1946-2019 o nel -6,5 per mille del tasso di natalità 2020 rispetto alla media dello stesso periodo (tenendo anche conto che i valori della natalità nel tempo variano enormemente tra 23 e 6,7 per mille, mentre quelli della mortalità variano poco, tra 12,2 e 9,1)?
  • nel rapporto si evidenzia che sono diminuti del 50,3% i matrimoni; ma sbaglio o sono stati proibiti per mesi, nonché poi scoraggiati dalla montagna delle altre bizantine proibizioni per la restante parte dell’anno? Come poteva essere altrimenti?
  • non è invece incredibilmente “evocativo” il parallelo che il presidente ISTAT fa tra l’effetto Covid nel 2020 e l’effetto Chernobyl nel 1986-87 sulle dinamiche della natalità18? A quanto pare abbiamo davvero considerato SARS-CoV-2 alla stregua di una radiazione nucleare…

Ma c’è ancora un ultimo argomento che, dal mio punto di vista, è assolutamente dirimente.

È così difficile per la nostra civiltà occidentale riuscire ad accettare che nella vita si muore? Che nella vita di tutti, prima o poi, arriva un’età o una malattia grave che ci porta via?

È così difficile accettare che se, a causa di un’influenza episodicamente più cattiva di altre e per la quale, a differenza di queste ultime, non disponiamo di un vaccino in anticipo, muore qualcuno in più del solito, non è una cosa al di fuori della normale esperienza umana?

E perciò, non è del tutto evidente che non ha senso condannare per questo milioni di donne e giovani alla disoccupazione o, peggio, alla inoccupazione e milioni di famiglie alla povertà estrema (come emerge da recenti rapporti ISTAT), far perdere due anni di scuola, socialità e formazione umana ai nostri giovani (Telefono Azzurro denuncia un aumento dei tentativi di suicidio tra gli adolescenti…), nonché caricare sulle future generazioni debiti insostenibili con pesanti impatti sulla loro vita (primo tra tutti l’impossibilità a formarsi una famiglia, fare figli, ad avere una vecchiaia serena…), solo per questo infausto episodio che ci è capitato e per quel +1,6 per mille nel tasso di mortalità che (forse) esso ha comportato?

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METTIAMO ORDINE TRA LE PANDEMIE

3 febbraio – Facciamo un po’ di chiarezza su alcuni semplici dati, perché si leggono tante stupidaggini in giro e non se ne può più.

Cinque sono le grandi pandemie della nostra storia recente:

E questi sono i dati di mortalità mondiali di ciascuna:

 Totale morti nel mondoPopolaz. mondiale (Età mediana)Tasso di mortalità
Spagnola (1918-20)50 – 100 mln.1,3 mld.
(n.d.)
3,84 – 7,69 %
Asiatica (1956-60)1 – 4 mln.2,9 mld.
(23,1 anni)
0,03 – 0,14 %
Hong-Kong (1968-69)1 – 4 mln.3,6 mld.
(21,5 anni)
0,03 – 0,11 %
Russa
(1977-79)
700.0004,3 mld.
(22 anni)
0,02 %
Covid-19 (2020-22)5,5 mln.7,8 mld.
(30,9 anni)
0,07 %
(Per il Covid-19 ho fatto una stima abbondante in base ai 2,4 mln. di morti dei primi 11 mesi)

E, dato che ci sono, segnalo anche questo articolo di Federico Fubini, pubblicato quasi un anno fa sul Corriere della Sera.

Ognuno può fare da solo le proprie considerazioni…

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UNA COSA (QUASI) SENSATA, IN UN MARE DI INSENSATEZZA

7 febbraio – Nel triste panorama delle misure insensate (quando non assurde) partorite dall’isteria collettiva in risposta al Covid, un posto di preminenza lo assume la ripartizione a colori del rischio, ideata (parola grossa) per semplificare e invece diventata, con un fiorire di eccezioni e bizantinismi, un ginepraio entro cui è pressocché impossibile, per il cittadino normale, districarsi. Recente vittima di questo sistema demenziale è una parte della mia regione, l’Umbria, sull’orlo di diventare Zona Rossa.

Tuttavia, stavolta, ritengo che la scelta sia (quasi) giusta. Sì perché, come più volte detto, il lockdown, anche duro, è una misura di emergenza che è legittimo adottare, per un tempo limitato, qualora il sistema dell’assistenza sanitaria non sia più in grado di far fronte, con le sue forze normali, ad una situazione di crisi. Perciò, non ci vedo nulla di male se, a fronte di un problema, ad esempio, di sovraccarico di un ospedale, si adottino misure nel territorio del suo specifico bacino di utenza, fino a che non venga meno l’emergenza o, qualora si ritenga che andrà per le lunghe, finchè non ci si organizzi per potenziare la risposta e, una volta fatto, tornare alla piena normalità.

Quindi, abbiamo un problema in alcune zone dell’Umbria? Ok, allora, in queste zone, chiudiamo tutto per 15 giorni, nel frattempo ci riorganizziamo, potenziamo le risposte e l’emergenza non sarà più tale, anche se riapriamo tutto. Fino a qui la parte sensata… O, almeno, così sembra. Perché l’asino casca inesorabilmente su: 1) le cause; 2) gli obiettivi; 3) le conseguenze.

  1. Le cause. Il motivo per cui si adotta la zona rossa, secondo ISS e Regione, è che abbiamo una certa presenza di variante inglese e brasiliana del virus (rispettivamente 18 e 11 casi, ma secondo i giornali siamo in ginocchio19…), nonché un Rt a 1,18 ed i ricoveri in terapia intensiva e area non critica al di sopra delle rispettive soglie (del 30% e 40%) considerate di sicurezza perché, andando oltre, può rallentare l’assistenza degli altri pazienti ricoverati. Quest’ultimo motivo, secondo me, è l’unico valido per adottare un provvedimento di lockdown; gli altri due sono assurdi: Rt è un indice – lo abbiamo detto molte volte – insensato perché basato su un numero (quello dei positivi rilevati con i tamponi) a sua volta completamente privo di significato (e lo sappiamo da agosto dello scorso anno); la presenza o meno di variante inglese o brasiliana (o altre: ce ne sono diverse) è di scarso interesse (se non per i virologi), perché sebbene ritenute più diffusive e, si dice, soprattutto tra i bambini e i giovani (ma senza conseguenze, lo ricordiamo), nonché potenzialmente più resistenti al vaccino (ma non vi sono ancora prove al riguardo), non provocano cambiamenti nell’incidenza della malattia o nella sua gravità, né tanto meno nella mortalità.
  2. Gli obiettivi. Nelle intenzioni dei nostri governanti, il lockdown dovrebbe sostanzialmente servire a tenere sotto controllo il contagio (in particolare quello dalle due famigerate varianti), in modo da far abbassare l’Rt; l’alleggerimento del peso sugli ospedali dovrebbe venire di conseguenza, senza ulteriori specifici interventi. Ecco qui: ancora una volta vince il dogma del tracciamento a tutti i costi e del contenimento (nonostante siano impossibili ormai da molti mesi), per rintracciare un virus che, in oltre il 99% dei casi (e non è un’iperbole, sono i dati ufficiali ISS), non ha conseguenze sulle persone che ne sono contagiate. Quando invece l’unica cosa da fare (in relazione alla sola, delle tre cause sopra dette, della quale abbia senso preoccuparci) è quella di utilizzare il lockdown per potenziare le risposte sul territorio e in ospedale, smettendo di spendere montagne di soldi in tamponi e concentrando le risorse sulla cura della malattia e sulla vaccinazione delle fasce a rischio (anziani e malati) e di chi se ne deve occupare se costoro stanno male (cioè il personale sanitario); e questo è esattamente ciò che invece non si farà, dal momento che non è stato fatto neanche a fronte del primo lockdown, peraltro durato due mesi, e nella stagione estiva, quando la situazione si era momentaneamente tranquillizzata.
  3. Le conseguenze. Stanti le cause ritenute importanti e gli obiettivi ad esse legati, è evidente che il lockdown sarà sciolto quando avremo una diminuzione dei contagi ed un abbassamento di Rt, così potremo tornare in zona arancione e, se tutto va bene per altri 15 giorni, in zona gialla. Insomma, continueremo in maniera indefinita a non vivere, a non lavorare, a non studiare, etc. almeno fino alla buona stagione, quando la famosa “morsa del virus” si attenuerà normalmente, senza nostro merito. A nessuno viene in mente che, fare un lockdown per salvaguardare gli ospedali e utilizzarlo per migliorare le risposte ai problemi reali della malattia (e non per riprendere il conto perso), permetterebbe di riaprire tutto, avendo riorganizzato il sistema in modo da reggere l’impatto della vita, finalmente ripartita…

Quindi, anche questo lockdown, come quello dello scorso anno, come quello di Natale e come quelli – più o meno mascherati – di questi mesi (in effetti, a ben vedere, non ne siamo mai usciti), non servirà a nulla. O meglio, farà solo i suoi inevitabili danni collaterali (disoccupati, famiglie precipitate in povertà, studenti che hanno di fatto perso due anni di scuola, abbandono scolastico, patologie diverse dal Covid che non vengono curate, etc.).

A questo punto, vorrei solo che fosse chiaro che, se sarà così, non sarà a causa del virus “crudele e malvagio”, ma solo a causa nostra. Perché le cose per bene si potrebbero fare, eccome! Giusto per fare un esempio, guardate questi grafici:

Sono gli andamenti dei ricoveri Covid in area non critica e in terapia intensiva, relativi all’Umbria. La linea nera è quella della soglia di occupazione oltre la quale il sistema sanitario, in Umbria, va in affanno e rischia di non riuscire più a rispondere alle altre patologie. Le altre linee costituiscono le soglie che l’Umbria avrebbe qualora disponesse di posti in ospedale nella media nazionale (linea viola) o se avesse il dato della regione italiana attualmente più virtuosa (linea rossa); ciò significa che, se oggi siamo costretti ad un lockdown (e anche secondo me lo siamo, proprio per il superamento di queste soglie), è perché non ci siamo organizzati per innalzare le soglie quando, dopo la prima ondata, avevamo il tempo (e le risorse, se non le sprecavamo con i tamponi) per farlo, cosa che qualche altra regione ha comunque fatto. Si dirà, d’altro canto, che ciò è evidente per i posti letto in area non critica, ma che lo è molto di meno per le terapie intensive; è vero, tuttavia faccio notare la linea verde, che indica quale sarebbe la soglia qualora noi avessimo un rapporto terapie intensive/popolazione come quello tedesco20. E se lo fanno in Germania, perché non da noi?

Se lo facessimo, oggi saremmo vivi, invece dei mezzi morti che – ormai quasi senza più accorgerci – siamo diventati.

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HO SCRITTO A DRAGHI…

15 febbraio – Oggi ho scritto una mail alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Chissà se la leggeranno? Ecco il testo.

Gentile Presidente Draghi, mi permetto di rivolgerLe questo appello perché Lei è uno che sa leggere i numeri e perché Lei non è un politico di professione, perciò credo non abbia interessi elettorali, né a breve né a lungo termine.
A Lei che sa leggere i numeri, vorrei dire che, se legge con attenzione e con coraggio, senza mediazioni, i numeri della pandemia (quelli del Ministero, dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’ISTAT, non le fantasie malate di negazionisti, no-vax e altri rimbambiti), si accorgerà:

  • che i contagi sono un falso problema, essi sono del tutto fuori controllo praticamente da sempre (e lo sappiamo per certo sin da agosto, grazie all’indagine ISTAT) ed è perciò inutile continuare a sprecare soldi e risorse umane per inseguire il dogma del tracciamento e del contenimento, ormai impossibili;
  • che è sbagliato continuare a fare scelte in base all’indice Rt, che è fuorviante, basato com’è su un dato del tutto errato (quello dei contagi rilevati con i tamponi; come detto, ad agosto l’ISTAT ha certificato che il numero era sottostimato di ben 6 volte, figuriamoci oggi);
  • che in oltre il 99% dei casi le persone che contraggono il virus non se ne accorgono neanche o se la cavano con i sintomi lievi di una semplice, pur se fastidiosa, influenza; che meno dell’1% ha bisogno di andare in ospedale e che all’incirca lo 0,01% va in terapia intensiva;
  • che a livello mondiale i numeri (ormai in quantità enorme) confermano che questa malattia ha un tasso di mortalità non superiore a quello di analoghe pandemie del passato (ad es. la “asiatica” del ’56 e la “Hong-Kong” del ’68) che tuttavia non hanno generato il panico ed i conseguenti colossali danni economici di quella odierna;
  • che chi rischia di stare molto male e/o morire sono solo una parte (non superiore al 20-25%) delle persone molto anziane e molto malate;
  • che l’unico vero problema non sono e non sono mai stati i contagi (e quindi neanche lo spauracchio del momento, cioè le varianti), quanto piuttosto la capacità del SSN di curare una malattia al tempo poco nota (e senza vaccino) e di disporre di sufficienti risorse per rispondere ad una emergenza di notevoli proporzioni; a marzo-aprile 2020 abbiamo dovuto fermarci per questi due motivi, giustamente, ma poi abbiamo capito come curare i malati, come dovevamo attrezzarci per far fronte all’emergenza e come procurarci dei vaccini: da quel momento in poi, tutte le montagne di disoccupati e di nuovi poveri, le imprese messe in ginocchio, i mesi di scuola persi, i ragazzi spinti verso l’abbandono scolastico e finanche verso il suicidio, i debiti colossali contratti, etc. sono stati letteralmente una “inutile strage”.

E per concludere, a Lei che non ha interessi politici da difendere e può veramente fare lo Statista, propongo di fare un atto di coraggio, un atto politico vero, come la politica non ha saputo fare in questo anno, avendo di fatto delegato tutto ai professionisti dell’emergenza (la Protezione Civile ed il Commissario) e a pochi esperti della scienza medica (il CTS):

  • licenzi il CTS, oppure almeno lo renda garante anche di altri aspetti che concorrono alla salute dei cittadini e della società, cioè le istanze del lavoro, dell’economia, della socialità, della formazione, della cultura, etc., ad oggi totalmente assenti, in una visione – superata ormai da decenni – della salute come mera assenza di malattia;
  • licenzi Arcuri e la Protezione Civile, lasci che l’emergenza – quando c’è – sia gestita con gli strumenti del SSN, come la legge già prevede, e revochi il surreale (e inutilmente allarmante) stato di emergenza;
  • sospenda il delirio dei tamponi a tappeto e potenzi le risorse per la cura, per la medicina di territorio e per le strutture ospedaliere d’emergenza;
  • ridimensioni (e, quindi, potenzi) la campagna vaccinale, limitandola a chi ne ha realmente bisogno (anziani e malati) e a chi se ne deve occupare quando costoro stanno male (i sanitari), nonché alle categorie di servizio più importanti, perché tutto il resto delle persone non rischiano praticamente nulla ed il vaccino, per questi altri 45 milioni di italiani, è uno spreco inutile di denaro pubblico;
  • riapra subito tutto, faccia ripartire la vita e, con essa, l’economia, sciogliendo finalmente tutta l’immotivata paura che continua a governarci e riducendo l’enorme ipoteca che – noi vecchi, pavidi e stupidi – abbiamo messo senza pietà sul futuro dei bambini e dei giovani di oggi (e di un purtroppo lungo domani).

La ringrazio per l’attenzione, mi scuso per averLe fatto perdere tempo e Le faccio i migliori auguri di buon lavoro, anche se sarà difficile e faticoso. Cordiali saluti.

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BESTIALITÀ

16 febbraio – Mi sono bastati 10 minuti di TG2, ieri, per raccogliere questo piccolo florilegio di bestialità.

Ricciardi (Consigliere del Ministro Speranza) dice che serve un lockdown completo, “breve ma intensivo, per abbassare il numero dei nuovi contagiati”; e con lui concorda poco dopo Cartabellotta (Presidente della Fondazione Gimbe) perché tale provvedimento “farebbe abbassare la curva del contagio, permetterebbe un migliore tracciamento, allontanterebbe lo spettro di un 2021 tutto stop and go”. Geniale! Perché non ci abbiamo pensato prima? Ah ma, a pensarci bene, non è quello che abbiamo fatto per due mesi lo scorso anno e poi abbiamo continuato a fare a più riprese e in modi diversi anche dopo, fino alle vacanze di Natale, etc.?  E siamo ancora qui… E con quale scopo dovremmo farlo, poi? Per controllare i contagi e migliorare il tracciamento!

Del resto, in un successivo servizio, si vaticina che “la crescita delle varianti, secondo gli studiosi di modelli statistici, potrebbe raddoppiare i casi in due settimane con possibili conseguenze gravi entro metà marzo”; e continua l’esperto, tale Gerli – Big Data Scientist (?): “esiste una correlazione strettissima tra il numero dei contagiati e il numero dei pazienti morti a 14 giorni: un raddoppio dei casi in 14 giorni porterebbe, tra un mese, al raddoppio dei pazienti morti rispetto ai valori attuali”. Ma va? Cioè se invece dei 400mila contagiati di oggi ne avessimo 800mila (come a novembre) avremmo, invece dei 350 morti di oggi, 700 morti al giorno, grazie all’ardita applicazione della tabellina del 2? Rabbrividiamo, dicevano anni fa un gruppo di comici… Ah, tra l’altro a novembre i morti al giorno erano ben più di 700… Va beh, lasciamo perdere.

E comunque la guerra contro il covid è ormai senza quartiere. E senza vergogna. A Roma si moltiplicano i siti di somministrazione dei vaccini, tra cui anche l’Auditorium Parco della Musica e la Nuvola di Fuksas (sic!). “Il Presidente della Regione Zingaretti ha sottolineato la valenza simbolica della collocazione di grandi siti di vaccinazione all’interno dei centri di produzione culturale. Il messaggio è chiaro – dice – stiamo combattendo e ci riprenderemo la nostra vita”. A me il messaggio chiaro (e agghiacciante) pare sia che, in un mondo in cui ormai conta solo la vita biologica, trasformare i luoghi di cultura in ambulatori è l’ultimo, definitivo atto…

Mi fermo qui. Ma solo perché poi ho spento la TV…

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LA SERVA ED I SUOI CONTI

17 febbraio – Come uomo della strada, i “conti della serva” (e addirittura la “statistica della serva”) sono il mio pane quotidiano e, con tutti gli ovvi limiti che questo approccio può presentare e le inevitabili approssimazioni che comporta, tuttavia la serva – che non conosce il Rasoio di Occam, ma lo usa – in genere qualche ragione ce l’ha.

E così oggi, sentendo ancora una volta alla radio la preoccupazione per le varianti e per il potenziale collasso di terapie intensive e ordinarie sotto il peso di nuove potenziali ondate di ricoveri, la serva – notoriamente curiosa come una scimmia – ha drizzato le orecchie.

La serva sa che in Italia abbiamo cercato, per quasi un anno, di tracciare e contenere il virus con i tamponi a tappeto, forti di quanto riuscimmo a fare a marzo ’20 in quel paradisiaco laboratorio per virologi ed epidemiologi che fu Vo’ Euganeo, il secondo focolaio di SARS-CoV-2 dopo Codogno (cioè sigillare un paese di 3000 abitanti, chiudere tutti in casa, fare uno screening di massa e vedere come si comportava il virus: praticamente un perfetto esperimento in vivo, cercando di fare il verso ai “pragmatici” amici cinesi). Ai primi di agosto, però, l’ISTAT ci ha chiaramente detto che questa idea di tracciare e contenere con i tamponi era ormai inutile (al tempo, i contagiati in Italia erano già sei volte quelli che avevamo rilevato con i tamponi) e noi, invece di limitare i tamponi al solo uso diagnostico ed eventualmente per lo screening in poche realtà chiuse (come RSA, ospedali, carceri, caserme, monasteri, ecc.), abbiamo insistito e addirittura potenziato la strategia dei tamponi di massa. Strategia che perdura ancora oggi, nonostante che, nel frattempo, abbiamo conosciuto meglio le dinamiche di questo virus (sappiamo che oltre il 99% dei contagiati sono asintomatici o se la cavano con una malattia lieve, che muoiono quasi esclusivamente persone molto anziane e malate, che il virus procede “a onde” stagionali come i virus influenzali), sappiamo di quali risorse ospedaliere e di territorio abbiamo bisogno per affrontare le ondate epidemiche, sappiamo come curarlo, abbiamo sviluppato dei vaccini. E, nonostante tutto questo, continuiamo ancora imperterriti a fare tamponi, a non curare la malattia sul territorio e ad avere gli ospedali che facilmente vanno oltre le soglie di occupazione (quelle soglie di sicurezza del 30-40% di ricoveri Covid, oltre le quali si rischia di rallentare l’assistenza per le altre patologie).

La serva vede che fino ad oggi in Italia abbiamo fatto 36,6 milioni di tamponi e rilevato 2,8 milioni di positivi21 e sa che, di costoro, meno del 30% ha avuto sintomi, compreso l’1% che è andato in ospedale22. La serva sa anche che un tampone molecolare costa allo Stato in media 59 euro (quello rapido costa meno, 22 euro, ma solo da poche settimane questa tipologia è stata inserita nelle statistiche, quindi la serva non la considera). D’altro canto, la serva sa che attualmente in Italia abbiamo circa 8.600 posti in terapia intensiva (14x100mila abitanti; per inciso, la Germania ne ha 34) e che ne avevamo circa 5.000 prima del Covid; ed ha scoperto che creare un posto in terapia intensiva per un utilizzo covid (cioè nell’ipotesi di usarlo a questo scopo per due anni) costa circa 150.000 euro (compreso il costo di infermieri e medici per gestirlo).

Perciò la serva mette mano al taccuino: abbiamo fatto 36,6 milioni di tamponi spendendo circa 2,16 miliardi di euro, per tracciare tutti i contagiati (senza riuscirci) e per contenere il virus (senza successo). E si chiede: ma se invece avessimo fatto solo quelli a scopo diagnostico e per tracciare/contenere eventuali cluster – diciamo, per semplicità, circa 1/3 di quelli fatti, cioè 12,2 milioni – e, in tal modo, avessimo speso solo 720 milioni? Con la restante parte dei soldi così risparmiata (1,44 miliardi di euro), quanti posti in terapia intensiva avremmo potuto mettere in funzione?

La serva strabuzza gli occhi: avremmo potuto creare altri 10.000 posti in terapia intensiva, portando la media italiana dagli attuali 14 a 31 posti x 100.000 abitanti, quasi come la Germania!

Quindi, se avessimo fatto tesoro dell’esperienza di marzo-aprile 2020 e avessimo concentrato i nostri sforzi (parallelamente alla ricerca di un vaccino) sul rispondere alla malattia piuttosto che sul rintracciare il virus che la provoca, non avremmo MAI avuto un’occupazione delle terapie intensive superiore al 20% (neanche durante i picchi di novembre; oggi saremmo all’11%). Perciò – pensa la serva – probabilmente avremmo potuto evitare (o almeno ridurre sensibilmente) restrizioni e chiusure e, di conseguenza, disoccupazione, fallimenti, povertà, crollo del PIL, ma anche banchi a rotelle, perdita di due anni di scuola, aumento dell’abbandono scolastico e dei tentativi di suicidio tra i minori, azzeramento della produzione culturale, ecc.

… la serva For President!

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A PENSAR MALE SI FA PECCATO… – NUOVI DOCUMENTI DA ISTAT E ISS

20 febbraio – “A pensar male si fa peccato, ma generalmente ci si azzecca” diceva il purtroppo – incredibile a dirsi – compianto Giulio Andreotti. Ed è quello che temo mi stia capitando oggi, mentre analizzo due importanti documenti, uno dell’ISTAT-ISS (Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente – Periodo gennaio – novembre 2020) e uno del solo Istituto Superiore di Sanità (Il case fatality rate dell’infezione SARS-CoV-2 a livello regionale e attraverso le differenti fasi dell’epidemia in Italia. Versione del 20 gennaio 2021).

Chi legge questo blog sa che uno degli aspetti per me più sconcertanti, riguardo ai numeri della pandemia, è lo scientifico ignorare, da parte di tutti gli analisti, i risultati dell’Indagine di Sieroprevalenza sul SARS-CoV-2, disposta dal Governo con un Decreto Legge, a suo tempo esaltata da media ed istituzioni per la sua importanza e per l’impressionante dispiegamento di forze messe in campo per realizzarla23 e poi completamente dimenticata, nonostante i dati preliminari pubblicati fossero, a mio parere, dirompenti24.

Ebbene questo è esattamente quanto accade anche nel caso dei due documenti che sto leggendo: dei risultati dell’indagine di sieroprevalenza dello scorso anno ancora nessuna traccia. Beh, non proprio: l’ISTAT nel suo rapporto con ISS la cita, ma giusto per dire che, nel tempo, “è molto cambiata anche la capacità diagnostica di tale virus, grazie all’aumento della possibilità di eseguire tamponi molecolari e alla ricerca attiva di casi secondari che è stata messa in atto da Regioni e Provincie Autonome. È stato stimato, grazie anche all’indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2 condotta da Istat e Ministero della Salute, che nella prima ondata il rapporto tra i casi notificati e i casi reali fosse almeno nel rapporto di 1:6”. Non è molto, ma c’è anche da dire che, per lo specifico tema dell’impatto del Covid sulla mortalità totale (oggetto del documento ISTAT-ISS), la quantità dei contagi non è una grandezza che interessi il ragionamento.

Al contrario di quanto avviene invece per il rapporto dell’ISS sul Case Fatality Rate, il quale, essendo un tasso di letalità, è calcolato sui contagiati e, perciò, qui la mancanza è grave: in questo caso, infatti, cambia tutto se al numeratore abbiamo un certo numero o un numero 6 volte più grande; tuttavia, in questo rapporto, all’indagine di sieroprevalenza non si fa alcun cenno, nemmeno in bibliografia…

Il documento dell’ISS è davvero emblematico: metodologicamente ineccepibile, nonché perfetto nell’esposizione, ma totalmente inutile perché basato su premesse errate e concentrato su aspetti irrilevanti o, nel migliore dei casi, noti da tempo. A cosa serve, quindi? Non riesco a darmi una risposta…

Il documento si pone il problema di trovare un parametro per valutare l’impatto dell’epidemia sui decessi, migliore di quanto non sia l’IFR (Infection Fatality Rate), inutile anglicismo per indicare il tasso di letalità, cioè numero di morti su popolazione infetta. Perché? La spiegazione ha del surreale: “questa tipologia di stima può risentire di due principali distorsioni. In primo luogo, le stime puntuali e il loro confronto nello spazio e nel tempo possono essere distorte da differenze e modificazioni nell’accessibilità ai test diagnostici. Ad esempio, una ridotta capacità di tracciamento di casi asintomatici conduce a una di sottostima della popolazione infetta esposta al rischio di morte e alla conseguente sovrastima della letalità. In questi casi, è più appropriato utilizzare il termine Case Fatality Rate (CFR) che, diversamente dall’IFR, è calcolato esclusivamente sulla popolazione dei casi noti, ossia quelli diagnosticati e notificati.

In secondo luogo, l’utilizzo di dati aggregati cumulati a una certa data non tiene conto dell’intervallo di tempo che intercorre tra la diagnosi e l’eventuale decesso. In questa circostanza, i casi per i quali l’infezione è relativamente recente da non aver ancora potuto manifestare eventuali complicazioni fatali sono conteggiati nella popolazione infetta a rischio di decesso, causando così una sottostima dell’IFR e del CFR. Un modo per limitare quest’ultimo elemento di distorsione è quello di analizzare dati individuali riferiti ai soli casi per i quali è trascorso un tempo dalla diagnosi ragionevolmente sufficiente per osservare l’eventuale occorrenza di un decesso collegato all’infezione”. Perfetto! Per la prima distorsione, che è la più grave perché può sovrastimare l’indice di ben 6 volte, ce la caviamo semplicemente dando un nome diverso all’indice, cioè “tasso di letalità calcolato sui casi rilevati” (CFR) invece di “tasso di letalità calcolato su tutti gli infetti” (IFR); poco importa se, in questo modo otterremo un indice che, come più volte si ammetterà timidamente nel corso del documento, è pesantemente condizionato dal numero dei tamponi effettuati e, non essendo questi ultimi condotti su base campionaria ma col precipuo scopo di rintracciare i positivi, questo indice non può avere un qualsivoglia valore statistico. Invece facciamo i precisi con la seconda causa di possibile distorsione, vera ma pressoché ininfluente (infatti sono stati così eliminati dal conteggio appena lo 0,2% dei casi). Giusta, infine, la terza preoccupazione: “è importante considerare la struttura demografica della popolazione e calcolare CFR standardizzati per età e sesso al fine di rendere paragonabili le stime riferite a diverse popolazioni, sia a livello nazionale che a livello regionale”, ma purtroppo questo non è sufficiente a rendere il CFR un indice sensato.

Infine, l’ultima chicca: “malgrado esistano delle linee guida per la corretta classificazione dei decessi associati al COVID-19, è opportuno considerare che parte delle differenze residue tra i CFR standardizzati regionali potrebbero essere spiegate da una diversa sensibilità della definizione di decesso COVID-19 applicata a livello regionale”. Cioè non siamo del tutto certi che stiamo contando bene i morti di Covid: ci rendiamo conto di quale impatto questa candida ammissione possa avere?

Per il resto, il documento è tutto un fiorire di tabelle e diagrammi che dicono poco o nulla di nuovo e, per quanto ne posso capire io, anche ben poco di utile. Segnalo giusto un paio di passaggi.

Il primo è che il “relativo contenimento della mortalità e del CFR durante la seconda ondata epidemica è verosimilmente dovuto alla combinazione di diversi fattori:

1) aumentata disponibilità di servizi ospedalieri dedicati,

2) migliorate conoscenze in merito a possibili trattamenti terapeutici,

3) aumentata capacità diagnostica con conseguente tracciamento di casi asintomatici e paucisintomatici a ridotto rischio di decesso.

D’altra parte, gli elevati livelli di mortalità e CFR registrati durante la prima ondata hanno verosimilmente risentito di un effetto “harvesting”, ossia dell’anticipazione del decesso tra persone in condizioni di salute molto compromesse a inizio epidemia che sarebbero comunque decedute nel breve periodo”. Ordunque, i primi due fattori hanno impatto sulla mortalità (indice sensato, utile e da tenere sotto controllo), il terzo ha impatto sul CFR che è invece inutile o, al massimo, fine a se stesso: conviene quindi agire e investire sui primi due fattori o sul terzo?

L’altro passaggio interessante è costituito da una serie di grafici sulla distribuzione dei decessi nel tempo per regione (la figura 3, per chi se la vuole andare a guardare), i quali, secondo me, mostrano come, a parte alcune regioni del centro nord duramente colpite dalla prima ondata, nel resto d’Italia un’ampia circolazione del virus in estate avrebbe potuto elevare il livello di immunizzazione nella popolazione generale senza che ciò avesse un impatto traumatico sulla mortalità del periodo (data l’evidente stagionalità del fenomeno) e perciò potenzialmente ridurre l’impatto sulla mortalità complessiva nella seconda ondata. Ma ammetto che forse è solo una suggestione…

Rimane da parlare dell’altro documento, cioè del rapporto dell’ISTAT sull’impatto del Covid sulla mortalità totale nel periodo gennaio-novembre. In realtà non c’è molto da dire, il documento conferma quanto già rilevato dalle precedenti versioni dello stesso (già analizzate nella parte de I NUMERI di questo blog), cioè che vi è stato un consistente eccesso di mortalità in Italia rispetto ai trend in discesa consolidati nel quinquennio 2015-19 e che “l’eccesso di mortalità può fornire un’indicazione dell’impatto complessivo dell’epidemia, non solo tenendo conto dei decessi attribuiti direttamente a Covid-19, ma anche di quelli che possono essere sottostimati o indirettamente collegati, come le morti causate da un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico”.

In particolare trovo significative alcune conferme:

  • che 1/3 dei morti in eccesso rispetto agli stessi periodi non siano decessi correlati al Covid;
  • che è comunque difficile dare conto del contributo effettivo del Covid-19 all’eccesso di mortalità registrato, “questa misura, infatti, risente di problemi metodologici (…) e della difficoltà nell’identificare i decessi causati da Covid-19 quando questi avvengono in pazienti con numerose patologie concomitanti”;
  • che l’eccesso di mortalità è particolarmente “ingiustificato” durante la prima ondata nelle regioni del centro e del sud, dove i dati di contagio erano al tempo molto contenuti (tale eccesso, in questa parte d’Italia, è pertanto da attribuirsi esclusivamente a fattori secondari, quali la paura di andare in ospedale – pratica che veniva scoraggiata anche dalle istituzioni e dai media – ed il rallentamento delle prestazioni ordinare nei servizi sanitari).

Sarebbe infine utile capire quale sia stato il contributi Covid all’eccesso di mortalità nelle tre aree di riferimento dell’analisi (Nord, Centro, Sud) e nelle tre fasi (prima ondata, estate, seconda ondata), soprattutto per capire se il lockdown generalizzato di marzo-aprile è stato opportuno, oltre che per alleggerire il peso sugli ospedali in sofferenza, anche per contenere la mortalità; purtroppo però questo aspetto non è specificamente indagato nel rapporto ISTAT (mi riservo, però, di analizzarlo con più calma nei prossimi giorni).

Per il resto, sicuramente ho fatto peccato; se ci ho azzeccato vedremo…

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SUGGESTIONI

23 febbraio – Qualche giorno fa, nella ricorrenza del primo anniversario dal “paziente uno”, in un servizio al telegiornale25, un’operatrice sanitaria, ricordando quei giorni, ha detto qualcosa del tipo: “Siamo andati a dormire la notte del 20 che era tutto normale, ci siamo svegliati il 21 che eravamo in un film catastrofico e ci chiedevamo: sta capitando davvero a noi?”.

Probabilmente la suggestione dell’intervistata è relativa a Contagion, film del 2011 diretto da Steven Soderbergh, che consiglio di rivedere perchè, secondo me, della stessa suggestione sono stati vittima anche coloro che si sono trovati a governare in questo frangente: è infatti piuttosto impressionante vedere come le misure che vengono adottate nel film siano esattamente le stesse26 che ci sono poi divenute familiari in questo ultimo anno… I governanti cinefili non hanno però colto che lì si parlava di un virus che uccideva chiunque, di qualunque età o condizione (tranne pochi inspiegabili immuni), e nel giro di poche ore, senza alcuna cura possibile, perciò un po’ diverso dalla nostra influenzona cattiva, che uccide in meno dell’1% dei casi (e quasi esclusivamente persone anziane con gravi patologie concomitanti) e che, in più del 99% dei casi, non ci si accorge nemmeno di avere o si supera con sintomi lievi. Quello che invece è assolutamente identico al film è il panico…

Suggestione di tutt’altro genere. In un libro che sto leggendo27 ho trovato questa interessante citazione: “Ci stiamo avvicinando a una sintesi logica della biologia e dell’economia… la politica dovrà essere in grado di realizzare in modo sempre più stretto questa sintesi, che oggi è appena agli inizi, ma che permette già di riconoscere come un fatto ineluttabile l’interdipendenza di queste due forze”; “come l’economista e il commerciante sono responsabili dell’economia dei valori materiali, così il medico è responsabile dell’economia dei valori umani… È indispensabile che il medico collabori a un’economia umana razionalizzata, che vede nel livello della salute del popolo la condizione del rendimento economico… Le oscillazioni della sostanza biologica e quelle del bilancio materiale sono generalmente parallele”. Impressionante no? Non potrebbe tranquillamente essere un discorso al Parlamento pronunciato in questo tempo di crisi pandemica da un Conte o uno Speranza o un Draghi? Oppure il manifesto programmatico del CTS? Invece è solo l’estratto da Etate et Santé (Stato e Salute) una pubblicazione del 1942 dell’Institute Allemande di Parigi, che spiega caratteristiche e meriti della politica nazionalsocialista in materia di salute ed eugenetica…

Cose incredibili che stanno capitando davvero a noi…

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LE COSE IMPORTANTI

5 marzo – Due notizie che la dicono lunga su come anche le scale di valori e l’importanza delle cose per un popolo, possano essere diverse in giro per il mondo.

In Myanmar, dai primi di febbraio la gente è costantemente in piazza a manifestare contro il golpe militare, migliaia di persone di tutte le età che sfilano per le strade, assembrate senza alcuna distanza sociale, spesso senza mascherine e senza guanti, sicuramente senza gel sanificanti e senza disinfezioni ambientali, etc.: evidentemente la revoca delle libertà costituzionali minime, la cancellazione di quel poco di democrazia conquistata, la prospettiva di ripiombare in un regime militare odioso e distruttivo sono cose che fanno più paura della nostra influenzona cattiva…

In Italia, non solo abbiamo gente che pur di fare il vaccino passerebbe sopra a chiunque, esattamente come avviene nelle resse da panico28, ma addirittura il nostro governo, nel plauso generale e senza che nessuno vi veda nulla di stridente, fa il bullo – ancora una volta, significativamente, apripista in Europa – fermando l’esportazione (pienamente legale) di vaccini imbottigliati in Italia e destinati ad altri paesi che li hanno regolarmente prenotati e pagati: perché prima ci vacciniamo noi e che gli altri si attacchino…

Qualcuno ha ancora dubbi sulla decadenza irreversibile della cività occidentale?

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QUELLO CHE VARIA E QUELLO CHE RESTA UGUALE…

6 marzo – I virus notoriamente mutano. E lo fanno non perché siano interessati ad aggirare le difese dell’ospite per ucciderlo (vale la pena ricordare che il virus non vive al di fuori dell’ospite, perciò uccidere quest’ultimo per il virus significa morire) ma semplicemente per sopravvivere; l’obiettivo è infatti quello di trovare un equilibrio che permetta la coesistenza e, quindi, la sopravvivenza di tutti. Ok, è un modo un po’ romantico per descrivere un processo naturale in realtà privo di qualunque volontarietà o finalità, ma serve per capirci.

Ora, anche il nostro coronavirus SARS-CoV-2 non è da meno e fa il suo lavoro, si replica e, nel farlo, produce degli “errori” che danno luogo alle varianti, le quali, nella maggior parte dei casi, non hanno particolare significato e in breve si estinguono, mentre in taluni (rarissimi) casi danno luogo ad una versione del virus più capace di sopravvivere e che, in un tempo più o meno lungo, soppianta le versioni meno efficienti preesistenti.Delle centinaia di varianti di SARS-CoV-2 rilevate fino ad oggi, alcune sono assurte agli onori della cronaca e sono diventate le nuove stelle dei talk-show e dei dibattiti sui media, di volta in volta “destando preoccupazione” o “allarmando” o “pesando” ecc., con un’enfasi che spesso arriva a sfiorare il ridicolo29. E, di conseguenza, diventando la nuova priorità di una politica ormai priva di bussola e che naviga a vista nella nebbia fitta.

Perciò facciamo un po’ di ordine. Le varianti attualmente più diffuse sono la “inglese”, la “sudafricana” e la “brasiliana”; in particolare la prima è quella comparsa da più tempo (rilevata a settembre 2020 in Inghilterra) e di gran lunga la più diffusa (in predicato di diventare la principale forma in circolazione, soppiantando definitivamente la precedente a cui eravamo così affezionati…). Vi sono evidenze che la variante inglese abbia una maggiore capacità di trasmissione rispetto alle altre (dal 36% al 75% in più, a seconda dei diversi studi) e quella sudafricana del 50%; per la brasiliana non vi sono evidenze di maggiore trasmissibilità.

Purtroppo quello della trasmissibilità è l’unico tema che interessi i cultori del tracciamento e contenimento e i fan dell’Rt (il partito largamente maggioritario in Europa), perciò autorizza immediatamente ad indurre nuova paura e panico nella popolazione, nonché spinge la politica alle reazioni inconsulte ormai ben note. Ma che cosa, di queste varianti, interessa a noi che non siamo né virologi, né epidemiologi, né immunologi, né statistici? A noi interessa:

  1. se con le varianti ci si ammala di più o più gravemente;
  2. se con le varianti si muore più facilmente;
  3. se con le varianti i vaccini non funzionano.

C’è poi un’ulteriore questione, ma la vedremo dopo.

Ebbene, cerchiamo le risposte nei documenti ufficiali, in particolare nel documento dell’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control, cioè l’Agenzia dell’Unione Europea per la prevenzione ed il controllo delle malattie) sul tema delle varianti, pubblicato il 21/01/21. E le risposte sono:

  1. NO, non vi è nessuna evidenza di un aumento del rischio di ammalarsi con le varianti o che la malattia provocata da queste ultime sia più grave30;
  2. NO, non vi è alcuna evidenza che le varianti siano più mortali o che uccidano soggetti che non siano quasi esclusivamente molto anziani e molto malati;
  3. NO, non vi è alcuna evidenza che i vaccini già sviluppati non abbiano effetto sulle varianti.

Ovviamente, se la trasmissibilità è elevata, possono aumentare di conseguenza anche i valori assoluti dei ricoveri (e quindi la pressione sul sistema sanitario) e dei decessi. Tuttavia, nonostante il dilagare della variante inglese nel nostro paese e checché ne dicano i media, il nostro sistema sanitario non è al momento sotto pressione (terapie intensive al 28%, area non critica al 32% – Dati Agenas); e, a livello europeo, l’eccesso di mortalità è in discesa da almeno un paio di settimane, come si può evincere dagli ultimi bollettini settimanali di EuroMOMO (monitoraggio europeo “della mortalità, che mira a rilevare e misurare le morti in eccesso legate a influenza stagionale, pandemie e altre minacce per la salute pubblica”):

L’ultima questione – quella su cui poco fa abbiamo sorvolato – è perciò la più disperante: per la diffusione di queste varianti continueranno a chiuderci in casa a tempo indeterminato, a farci girare mascherati, ad affamare o impoverire milioni di persone, a buttare nel cesso anni di vita e di scuola dei nostri giovani, etc.? E qui la risposta, putroppo, è semplice e sconcertante…

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NUOVO CTS, VECCHIA MUSICA

16 marzo – Da oggi abbiamo un nuovo CTS. Non è una notizia di poco conto, dal momento che, grazie all’assenza sempre più evidente della politica, al CTS abbiamo di fatto delegato ampi poteri sulla nostra vita nell’ultimo anno (né la situazione sembra in procinto di cambiare a breve).

Nella nuova formulazione, dai dapprima 20, poi 26 (grazie all’aggiunta di 6 esponenti donne, di cui ci eravamo dimenticati – sic!), si passa oggi a 12 membri (con già 2 donne all’interno: stavolta niente passi falsi), con i “divi” Franco Locatelli e Silvio Brusaferro rispettivamente coordinatore e portavoce.

La novità è perciò solo nel numero ridotto di membri (si sa, agli italiani piace che siano in meno possibile a comandare), perché invece, sul piano dei contenuti, nulla di nuovo: ancora sempre e solo medici, epidemiologi, infettivologi, professionisti dell’emergenza a cui si aggiungono un esperto in materie giuridico-amministrative a fare da segretario verbalizzante e – bontà loro – un paio di esperti in materie statistico-matematiche (in effetti che nessuno sapesse far di conto nel Comitato precedente lo avevamo sospettato).

Insomma, tutto perfetto per mantenere l’impostazione ottocentesca del concetto di salute, tanto cara al Ministro Speranza e che ha ispirato tutte le scelte sciagurate dell’ultimo anno…

Perché che la salute non si limiti alla mera assenza di malattia, ma piuttosto sia il frutto di una complessa combinazione di fattori quali l’equilibrio psicologico, l’affettività, la socialità, una sana e soddisfacente vita lavorativa o scolastica, la coltivazione di interessi e attività, lo sport e la vita all’aria aperta, la fruizione di cultura, ecc., sembrava qualcosa di scientificamente assodato ormai da diversi decenni e culturalmente acquisito nella nostra società moderna; ma evidentemente non è così, se chi ci governa non ha pensato minimamente che un CTS, per essere davvero utile, dovesse comprendere anche competenze economiche, psicologiche, pedagogiche, culturali, sportive, ecc. e che fosse necessario rimetterlo al suo ruolo di servizio ad una politica che si riassumesse la responsabilità della necessaria sintesi tra le tante esigenze della vita dei cittadini, non solo della loro esistenza biologica. Ed anche col nuovo CTS-deus ex machina, l’impostazione già rodata non si smentisce.

Ma che ce frega, basta la salute e un par de scarpe bone…

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L’ISTERIA COLLETTIVA NON SALVA NEANCHE I VACCINI

17 marzo – L’incredibile ignoranza dei numeri e la risposta isterica di cittadini ed istituzioni, alimentata dai media,  colpiscono anche la panacea vaccinale a cui il mondo disperatamente si sta aggrappando.

E così oggi, sulla base di dati inesistenti e deliberatamente ignorando i dati utili, tutti se la prendono col vaccino di AstraZeneca; e non per il fatto – vero – che la sua efficacia è scarsina (meno del 60%) e che, come tutti i vaccini covid, protegge il paziente dall’ammalarsi ma non dal contagiarsi (e perciò dall’essere potenzialmente contagioso, con buona pace dei fautori dell’immunità di gregge, che diventa evidentemente impossibile), ma perché si ha paura di morire a causa del vaccino stesso31.

Da quali dati proviene questa paura? Sostanzialmente dai 4-5 casi italiani su 1,5 mln. di vaccinati (alcuni già confutati, altri tutti da verificare) a cui i media hanno dato ampio e sensazionale risalto in questi giorni. E poco importa se uno dei paesi che sta più avanti con le vaccinazioni, la Gran Bretagna, ci fornisca dati (in questo caso davvero probanti, date le dimensioni dei numeri) secondo cui al 28/2 erano stati segnalati 227 morti su 10,7 mln. di vaccinati Pfizer e 275 morti su 9,7 mln. di vaccinati AstraZeneca (quindi i due vaccini hanno dati sostanzialmente uguali, con incidenza di casi fatali intorno allo 0,002%); e poco importa se l’EMA, che monitora questi aspetti regolarmente e non solo quando il sentimento popolare lo richiede, per voce del suo Direttore Esecutivo Emer Cooke ci dica che “l’incidenza osservata in seguito ai vaccini non è superiore a quella di eventi tromboembolici nella popolazione generale”. E importa ancora meno il semplice ragionamento logico: “bisogna dire che in Italia ogni giorno muoiono circa 1.800-2.000 persone, e che qualche persona muoia avendo preso il vaccino il giorno prima fa parte della realtà: il vaccino non dà l’immortalità, protegge soltanto dai danni indotti dal Covid” (Silvio Garattini, in un’interessante intervista rilasciata ad Adnkronos).

Quindi, così come abbiamo fatto da un anno in qua con i dati della pandemia (trasformata da malattia relativamente “normale” a peste del secolo), ora ci ripetiamo con i vaccini, che da unica speranza per tornare a vivere, si trasformano in pericolosi killer. Purtroppo, ancora una volta, nulla di nuovo sotto il sole…

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SUI VACCINI C’È QUALCOSA CHE MI SFUGGE…

18 marzo – Sui vaccini veramente continuo a non capire la strategia. L’obiettivo del Piano Vaccinale è quello di vaccinare almeno l’80% della popolazione entro il mese di settembre in modo da raggiungere un adeguato livello di immunità di gregge. Ma c’è qualcosa che non mi torna.

Secondo Wikipedia, l’immunità di gregge è una “forma di protezione indiretta che si verifica quando una parte significativa di una popolazione (o di un allevamento) ha sviluppato anticorpi specifici verso un agente infettivo (sia anticorpi sviluppati in seguito a superamento della malattia sia dopo una vaccinazione): la presenza di anticorpi sviluppati direttamente in un’alta parte della popolazione finisce con il fornire una tutela anche agli individui che non hanno sviluppato direttamente l’immunità”. A tale proposito WP riporta anche un chiarissimo schema esplicativo:

Quindi è evidente che la condizione affinché l’immunità di gregge si verifichi è che vi siano dei soggetti “vaccinati e sani” a fare da isolanti per i non vaccinati suscettibili.

Questo in linea generale; ma passiamo ora al nostro caso concreto.

Nella documentazione che in Umbria viene consegnata ai vaccinandi (sia con vaccino Pfizer che AstraZeneca) si specifica che “anche dopo somministrazione di entrambe le dosi del vaccino, si raccomanda di continuare a seguire scrupolosamente le raccomandazioni delle autorità locali per la sanità pubblica, al fine di prevenire la diffusione del COVID-19”; ciò significa che, nonostante il vaccino, si deve continuare ad usare la mascherina, tenere le distanze, sanificare le mani, etc. e questo non perché ci siano problemi di efficacia (dichiarata al 95% per Pfizer e al 59,5% per AstraZeneca) ma perché il vaccinato potrebbe continuare ad essere contagioso anche se, grazie al vaccino, non sviluppa la malattia.

A conferma di quanto sopra, vengono anche le parole della Dr.ssa Soumya Swaminathan, Chief Scientist nel Board Esecutivo dell’OMS che nel dicembre scorso, su Twitter, ha riportato un breve decalogo “per contrastare la confusione tra infezione e malattia” (sic!), nel quale, tra le altre cose, dice: “idealmente, vogliamo vaccini per prevenire sia la malattia che l’infezione stessa, in modo che non possa essere trasmessa ad altri. La maggior parte dei vaccini riduce la probabilità sia di malattie che di infezioni, ma svolge un lavoro migliore nella prevenzione delle malattie. Spesso le persone pensano che se vengono vaccinate non si ammaleranno e non potranno infettare altre persone, ma non è sempre così. (…) Gli studi iniziali dimostrano che i nuovi vaccini COVID sono molto efficaci nel prevenire le malattie, comprese quelle gravi. Ciò significa che se sei vaccinato, le tue possibilità di contrarre la malattia COVID sono molto inferiori rispetto a se non lo sei. (…) Ciò che non si sa ancora è quanto bene i vaccini COVID proteggano le persone dalle infezioni e dalla trasmissione del virus ad altri. Sulla base di ciò che sappiamo su altri agenti patogeni e sui loro vaccini, è probabile che una persona vaccinata non sia protetta dalle infezioni quanto lo sono dalle malattie. (…) Mentre gli studi sono in corso e mentre i vaccini sono in fase di lancio, è importante che le persone continuino a seguire le misure comprovate”.

Quindi, riprendendo lo schema di Wikipedia, nasce un problema: se invece del “vaccinato e sano” abbiamo un “vaccinato e contagioso”, tutto il discorso sull’immunità di gregge evidentemente salta.

Allora:

  • se la vaccinazione non riduce il rischio di infettare gli altri, che senso ha insistere nel perseguire l’immunità di gregge col vaccino?
  • se l’utilità del vaccino è principalmente quella di evitare a chi contrae il virus di sviluppare la malattia, perché sprecare tempo e risorse per vaccinare tutti o quasi (l’ipotesi è di arrivare ad almeno 42 mln. di vaccinati), pur sapendo che una percentuale tra il 50 e il 70% dei contagiati (a seconda della fascia d’età) sarà completamente asintomatica e che, in generale, una percentuale tra l’85 e il 99% dei contagiati (a seconda della fascia d’età) se la cava senza sintomi o con i sintomi lievi di una normale influenza (dati ISS)?
  • se il vaccino evita solo la malattia, perché non ci limitiamo a vaccinare solo chi rischia la malattia grave (anziani e malati) e chi li deve curare (i sanitari), cioè circa 19-20 milioni di soggetti tra operatori sanitari, persone over 60 e soggetti con comorbidità cronica (fonte: Piano Strategico vaccinale del Ministero della Salute, tabella 2)?
  • sbaglio o in tal modo, al ritmo di 500.000 somministrazioni/giorno previsto dal Commissario, potremmo chiudere completamente la partita entro 2 mesi e riaprire tutto da giugno prossimo?

Se qualcuno ha delle risposte a queste domande mi faccia sapere. Io non ci arrivo.

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CHE SQUALLORE, ORA PURE IL NOBEL!

22 marzo – Questa è l’esatta trascrizione del Focus GR3 di questa mattina (è l’edizione del GR3 delle 8.45, si può riascoltare su RaiPlayRadio):

L’affacciarsi nel mondo dell’incubo covid, i primi uomini e donne chiamati a combattere la pandemia: nel nostro approfondimento Donatella Gori da voce al personale sanitario italiano, ufficialmente candidato al Nobel per la Pace. Il comitato del premio ha reso nota la motivazione: “Il personale sanitario italiano è stato il primo nel mondo occidentale – si legge nella motivazione – a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, ricorrendo ai possibili rimedi di medicina di guerra combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la propria”. Giuliano Ricciardini, primario infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, ricorda bene com’è cominciata la guerra, la sera in cui lo chiamarono per portare assistenza al paziente uno: “Siamo partiti in cinque, ho alzato il telefono e nessuno ha negato la sua presenza, per cui fin dai primi minuti si è vista la voglia di combattere”. Poi, in quella trincea citata nella motivazione, sono scesi tutti: “È stato commovente vedere tutte le persone che si sono messe in gioco con dei turni massacranti. La dedizione e soprattutto la compassione di tutto il personale sanitario medico, ma anche quello amministrativo.” All’idea di lotta insita nella metafora bellica, Giuliano Ricciardini antepone quella di umanità: “Se dovessi raccontare ai miei nipotini quello che ho visto, la prima cosa che racconterei è questo cuore che ci hanno messo tutti quelli che hanno lavorato in questa fase; la gente che aveva compassione, stava insieme all’ammalato”. Oggi per il personale sanitario ci sono difficoltà per le quali la candidatura al Nobel appare quasi un riscatto: “Ti trovi che il lavoro che è stato fatto e che stiamo ancora facendo tante volte non è riconosciuto come prima. Non siamo mai stati eroi e non siamo mai stati delinquenti come alcune volte ci vogliono far passare, adesso cominciano ad arrivare denunce, però in molti di quelli che lavorano con me continuo a vedere la stessa dedizione e lo stesso cuore”

Riporto il testo per intero perché è emblematico (e, per me, doloroso: ho sempre ritenuto il GR3 una roccaforte dell’approccio non conformista e non superficiale alle notizie). In esso ci sono tutti gli ingredienti del vergognoso e tragico teatrino mediatico dell’ultimo anno.

C’è innanzitutto la superficialità nel raccogliere le notizie (in genere dalle agenzie, senza alcun ulteriore approfondimento): la notizia dell’accettazione della candidatura da parte del comitato del Premio Nobel, con tanto di citazione della motivazione, è riportata uguale da tutti i giornali e pedissequamente ripresa anche qui.

C’è poi la forgiatura e la farcitura della notizia per renderla accattivante, sensazionale e funzionale all’assunto che si vuole dimostrare: in questo caso si dice che la frase ad effetto con metafora bellica sarebbe tratta dalla motivazione con cui il Comitato del Premio Nobel ha accettato la candidatura. Peccato che, come si può leggere nella pagina dedicata del sito ufficiale del Nobel Prize, “Il Comitato stesso non annuncia i nomi dei candidati, né ai media né ai candidati stessi. Nella misura in cui alcuni nomi emergono nelle speculazioni anticipate su chi riceverà il Premio di un dato anno, si tratta di pura supposizione o di informazioni fornite dalla persona o dalle persone dietro la candidatura. Le informazioni nel database delle nomine del Comitato per il Nobel non sono rese pubbliche fino a dopo cinquant’anni (…) La restrizione riguarda i candidati e i nominatori, nonché le indagini e le opinioni relative all’assegnazione di un premio”. Infatti, la suddetta frase non è tratta dalla motivazione con cui la candidatura è stata accettata dal Nobel, ma sono solo le parole del presidente della Fondazione Gorbachev, promotrice dell’iniziativa, alla ricezione dell’accettazione della candidatura (perché l’unica forma di riscontro che la Fondazione Nobel fornisce è la seguente: “Una lettera o un’e-mail di conferma della ricezione della candidatura presentata viene normalmente inviata entro un paio di mesi dalla scadenza per la presentazione della domanda”; insomma è la ricevuta…), come si evince da questo articolo nella sezione Sanità del Sole24Ore. E ovviamente né il GR3 né alcun altro media italiano si è sognato di dire che ci sono in tutto 329 candidature al Premio Nobel per la Pace 2021, delle quali 234 individuali e 95 di organizzazioni…

C’è inoltre la solita sostanziale ignoranza dei numeri, che veicola una narrazione falsificata dei fatti: la metafora bellica e allusiva si presta perfettamente (“in trincea per salvare vite e spesso perdendo la propria”), ma è fuorviante: i sanitari sono morti meno della popolazione generale, anche se si sono ammalati più di altre categorie di lavoratori, ovviamente con altissima percentuale di asintomatici, paucisintomatici e sintomi lievi, essendo prevalentemente under 50 (non lo dico io, lo dicono ISS, ISTAT e OMS – vedi mia nota del 18/10).

C’è quindi l’immersione della notizia nella melassa emozionale: come gli applausi dai balconi, i tributi musicali su YouTube, le giornate dedicate e altre amenità simili, si riduce tutta la questione al grande cuore e alla abnegazione dei nostri sanitari in questo frangente, dimenticando tutto quello che essi sono chiamati a fare sempre e tra mille insidie per tenere in piedi il nostro sempre più pericolante SSN, non soltanto nell’ultimo anno.

E c’è, infine, la dolosa distorsione della realtà, che nella melassa si diluisce fino a disperdersi: e così le ultime frasi del Dr. Ricciardini, che sono il vero nocciolo della questione, perdono tutta la loro forza e si trasformano in una notazione pelosa e nulla più. Invece di dire che, se questi lavoratori hanno dovuto fare sacrifici abnormi è perché abbiamo sistematicamente massacrato la Sanità per anni32; che se non eravamo pronti a gestire un’emergenza è perché abbiamo considerato inutile investire in questo ambito quando l’emergenza non c’era; che se oggi, ad un anno di distanza dalla prima crisi, ci ritroviamo in crisi esattamente come un anno fa, è perché abbiamo sprecato tempo e denaro in attività inutili (il tracciamento ed il contenimento) invece di investire in cura, in posti letto, in medicina di territorio, in medici ed infermieri33; che se non sappiamo più cosa siano la salute e la cura è perché abbiamo trasformato la Sanità in burocrazia, formalità, in medicina difensiva perché sempre sotto minaccia legale, etc.; e si potrebbe continuare…

Quindi un’altra narrazione tra le tante di questi lunghi mesi, priva di senso e di decenza. Ma soprattutto un’altra squallida, sonora e stavolta addirittura internazionale presa per il culo per i nostri poveri sanitari…

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ABBIAMO CONTAGIATO ANCHE LA MERKEL? NO, L’ABBIAMO SOLO FREGATA…

30 marzo – La notizia è vecchiotta (ci ho messo un po’ per approfondirla), ma interessante. Riguarda la Germania e lo strano balletto del cancelliere Merkel in quest’ultima settimana e mostra, secondo me, che quella di un grande e scomposto panico globale, veicolato dallo spettacolare modello cino-italiano di risposta al Covid, è tutt’altro che un’ipotesi campata per aria; e che alcuni nodi stanno venendo al pettine. Ma andiamo con ordine.

Martedì 23/3 tutti i giornali riportano la notizia che la Germania entrerà in un pesante nuovo lockdown, dato che, secondo la Merkel, il paese avrebbe a che fare con «un nuovo virus», «significativamente più letale, significativamente più contagioso e che contagia per molto più tempo», cosicché «i posti letto in terapia intensiva si stanno riempiendo di nuovo» (difficile, per me, trovare le fonti in tedesco, ci dobbiamo accontentare di quanto riportato dalla stampa italiana, peraltro con le evidenti enfatizzazioni di singoli aspetti che ben conosciamo: ANSA, Rai News, Il Post).

A questo punto mezza Germania insorge (addirittura anche e le chiese cattolica ed evangelica protestano) e, il 24/3, la Merkel fa marcia indietro, chiedendo scusa per la figuraccia e assumendosene la responsabilità (ANSA), ricordando però che l’errore “è stato fatto per una buona ragione e cioè quella di frenare la terza ondata e far tornare indietro la curva dei contagi”.

Ovviamente tutta l’enfasi delle cronache è stata posta sulle suddette scuse e sull’assunzione di responsabilità (merce rarissima in Italia; giusto per un paragone, ricordiamo il recente analogo esempio dell’apertura/chiusura delle piste da sci…). Ma qui la cosa notevole, secondo me, è ben altra: l’inasprimento delle misure che la Merkel voleva, non aveva alcuna base sui dati; ed anche il dietro-front lo conferma, dato che alla fine nessuna di quelle misure verrà presa, nonostante la ribadita gravità della situazione.

Che infatti la situazione in Germania non sia particolarmente grave lo si evince dai dati dell’Istituto Robert Koch (l’equivalente tedesco del nostro Istituto Superiore di Sanità) aggiornati al 25/3 (dati che la Merkel conosceva di sicuro, peraltro in continuità con quelli della settimana precedente):

dove la curva rossa è quella della percentuale dei contagiati ricoverati in ospedale e la curva  blu è quella dei morti.

Inoltre, da questo specchietto di riepilogo dei dati dello stesso report, abbiamo altre due interessanti informazioni:

La prima è che ci sono 3260 ricoverati in terapia intensiva (su circa 28.000 posti totali, che sono 34 per 100.000 abitanti, più del doppio dell’Italia), quindi una percentuale di occupazione del 11,5% (noi attualmente siamo al 41%); la seconda è che ci sono 113 casi covid ogni 100.000 abitanti, dato sì superiore a quello di 100 che in Germania è considerato il limite per azionare il cosiddetto “freno d’emergenza”, ma ben più basso del nostro valore limite, che è fissato in 250 casi su 100.000 abitanti: sorvolo sull’assurdità intrinseca del dato, basato sui contagi rilevati (cioè su un numero senza senso), ma a me pare che anche quando si fissano soglie critiche con questa enorme variabilità ci sia decisamente qualcosa che non quadra…

Allora come mai anche la Merkel, che oltretutto ha una solida formazione scientifica alle spalle, usa i dati “all’italiana”? Non riesco a spiegarmelo.

Poi, il 26/3, leggendo la notizia che la Corte costituzionale tedesca ha bloccato la ratifica del Recovery Fund, il motivo di quelle affermazioni senza senso e senza base logica diventa, almeno per me, abbastanza chiaro: la Merkel è disperata a tal punto da usare ogni mezzo (anche la distorsione dei numeri all’italiana) per cercare di mantenere alta la tensione tra i tedeschi, perché comincia a sospettare che noi, paesi “cicala” del Sud Europa (e segnatamente l’eroica Italia, prima frontiera del Covid), col Recovery Fund europeo abbiamo dato una fregatura colossale ai paesi virtuosi, drammatizzando oltre misura un evento relativamente “normale” come questa pandemia, che i dati ormai mostrano da tempo essere non molto diversa da altri eventi simili del passato. Infatti, alcuni paesi meno insensati di noi hanno affrontato la pandemia senza lasciarsi prendere dal panico ed hanno ottenenuto risultati non peggiori dei nostri (ad es. la solita Svezia); ma la stragrande maggioranza c’è cascata con tutte le scarpe. Grande Germania compresa.

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DRAGHI LEGGE I NUMERI? MAH…

13 aprile – Da un po’ di tempo in qua, nelle dichiarazioni di Draghi e Speranza (ma un po’ di tutto l’attuale governo) non si manca mai di sottolineare che tutto si fa – e si farà – sulla base dei numeri della pandemia. Ipotesi interessante, visto che proprio la completa ignoranza dei numeri e/o il loro stravolgimento è ciò che più mi ha angustiato da un anno in qua; e perciò è anche la più grande delusione che mi ha dato il Governo Draghi. Un esempio? Il Caso Sardegna.

La Sardegna, unica regione italiana ad essere stata Zona Bianca nella storia di questo nostro sciagurato sistema dei colori, da questa settimana è Zona Rossa. Cosa è successo? I sardi hanno fatto le cicale, si sono crogiolati nel bianco ed oggi pagano le conseguenze della loro sconsideratezza: questa è la vulgata imperante (eccone un esempio tra i tanti).

Il principale responsabile del declassamento della Sardegna è l’ormai leggendario Rt, che in settimana si è attestato a ben 1,54, sospinto dalle famigerate “varianti”, approdate anche in questa isola felice. Nell’ottima sintesi dei dati riportata dal QuotidianoSanità del 9/4, si vedono i dati in base ai quali la scellerata decisione sulla Sardegna è stata adottata. Perché scellerata? Perché, a parte il valore di Rt (che, non ci stancheremo mai di dirlo, è un indice senza senso, in quanto basato su un dato sbagliato e inutile, cioè il numero dei postivi rilevati con i tamponi), ci sono altri elementi da considerare e li desumiamo da questa tabella tratta dallo stesso Report del Monitoraggio Covid settimanale del Ministero:

e da questa infografica dell’AGENAS, l’agenzia ministeriale che monitora i servizi sanitari regionali:

Da questi dati emerge che:

  • la Sardegna è all’8° posto su 21 per numero di casi testati nei 7 gg. (cioè è tra le regioni che hanno fatto più tamponi), ma è al 17° posto su 21 per numero di nuovi casi per 100.000 abitanti, con un valore (129) ben al di sotto della media nazionale (185);
  • la Sardegna ha una percentuale di positivi su tamponi effettuati di 5,6%, al di sotto della media nazionale (che è del 5,9%);
  • la Sardegna ha percentuali di occupazione dei posti in terapia intensiva e in area non critica stabilmente sotto il 30% (ricordo che rispettivamente il 30 e il 40% sono le soglie prudenziali oltre le quali il Ministero della Salute ritiene possa rallentare l’assistenza agli altri pazienti).

Quindi, a parte la variazione dell’Rt (che, come abbiamo già avuto modo di notare, specialmente quando i numeri sono piccoli, facilmente produce risultati distorti), in Sardegna non vi è alcuna vera emergenza, se non quella provocata dal terrore ancora una volta sparso a piene mani da istituzioni e media senza alcun fondamento.

Ma che la salute delle persone e la protezione e la cura dei fragili non sia il vero obiettivo delle azioni intraprese (che in effetti, a questo scopo, sembrano del tutto insensate: dal coprifuoco, alle bizantine norme sugli spostamenti o sul funzionamento dei negozi, ai surreali contingentamenti della vita sociale, etc.) appare più chiaro se si leggono i pronunciamenti di quelli che stanno dietro le decisioni del Governo (e che di fatto lo sostituiscono da oltre un anno), cioè CTS e Cabina di Regia. Leggiamo infatti nell’ultimo verbale di quest’ultima (9/4) le seguenti parole: “Per la terza settimana consecutiva l’incidenza scende lentamente restando quindi elevata e ancora ben lontana da livelli (50 per 100.000) che permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e tracciamento dei loro contatti“. Questo è sempre stato – ed evidentemente continua ad essere – l’obiettivo per il quale sputiamo sangue da oltre un anno: il dogma del tracciamento e contenimento!

Quindi abbiamo finalmente un Governo che – come afferma ad ogni piè sospinto – legge i numeri sul serio? Boh, non mi pare proprio… Ma di sicuro abbiamo un Governo ed un Parlamento che continuano ad abdicare alle proprie prerogative costituzionali in favore di una schiatta di medici e scienziati che ci ha trasformato in un esperimento epidemiologico a cielo aperto.

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SE FOSSIMO UN PAESE NORMALE…

15 aprile – Il Ministro Speranza, parlando alla Camera, tra le altre urticanti amenità (che vi risparmio) ha affermato che stiamo realizzando “una campagna vaccinale che oggi supera i 14 milioni di somministrazioni”.

Orbene, stando a questa tabella tratta dal Piano Strategico vaccinale del Ministero della Salute:

possiamo dire che, se fossimo un paese normale e sensato e perciò avessimo vaccinato subito gli operatori sanitari, ospiti e personale delle RSA, gli over 80 e la popolazione con almeno una comorbidità cronica (in gran parte peraltro appartentente alla fascia 60-79 anni, che ne avrebbe ricevuto anch’essa una notevole sgrossata), l’odierno traguardo dei 14 milioni (ricordo che anche la sola prima dose già protegge) di vaccinati sbandierato dal ministro, avrebbe potuto significare immediata riapertura di tutto sin da oggi.

Ma questo solo se fossimo un paese normale…

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SULLA MORTALITÀ IN GENNAIO-FEBBRAIO

16 aprile – Il mio amico giornalista Claudio Romiti ha oggi pubblicato su L’Opinione un’interessante riflessione sul fatto che i numeri relativi alla mortalità nel primo bimestre del 2021 sono sostanzialmente in linea con quelli della media dei 5 anni precedenti. Rimando alla lettura del breve articolo per il contenuto e le argomentazioni (che condivido); qui volevo solo riportare i dati ISTAT a cui l’analisi fa riferimento, per chi fosse curioso di approfondire:

Decessi totali nei mesi di gennaio e febbraio 2021, confronto con il 2020 e con la media 2015-2019
Decessi totali nei mesi di gennaio e febbraio nel periodo 2011-2021, per area geografica

Si noti, tra le righe, che negli anni 2012, 2015 e soprattutto 2017, abbiamo avuto dei picchi di eccesso di mortalità che – almeno che io ricordi – non suscitarono alcun allarme…

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SULL’INDIA E LA SUA VARIANTE

28 aprile – Abbiamo più volte avuto modo di dire che quello delle varianti è un tema ben noto quando si parla di virus e, anche nel caso del nostro coronavirus, si tratta di un’evoluzione naturale e scontata della pandemia, nel quadro dei normali processi di adattamento che caratterizzano la vita sulla terra, adattamento che – vale la pena di ricordarlo – fa in modo che i vari esseri possano coesistere; e ciò vale vieppiù per forme di vita non autonome, come i virus, che muoiono con l’ospite e che, perciò, tendenzialmente cercano di assumere forme che non lo uccidano. Insomma, con i virus e le loro varianti, noi conviviamo dalla notte dei tempi e così continueremo. Invece, a partire dall’arrivo di Sars-CoV-2, la “variante” è diventata il nuovo spauracchio. Ed ora è il turno della variante indiana, peraltro già nota da mesi e che non è neanche certo sia quella che caratterizza l’attuale incremento di casi in India, da cui il mondo intero è oggi terrorizzato.

Non mi dilungo sulle caratteristiche di trasmissibilità e letalità della variante indiana, ancora poco note, limitandomi ad osservare solo che, per logica, una variante la quale, tra le mille che si formano e scompaiono, si diffonde stabilmente nella popolazione dovrebbe essere quella più adatta all’ospite, cioè quella meno letale. Mi limito, invece, a richiamare l’attenzione sui numeri.

Come al solito i media sparano le solite cifre assolute, cercando di fare sensazione, e il fruitore poco avvertito o con poco tempo per approfondire (e anche – va detto – poco ferrato in matematica elementare) può rimanerne colpito; a parte pochissimi casi – come ad es. Il Post che esamina la questione con un certo equilibrio e intelligenza o questo articolo del Corriere della Sera non certo di prima pagina, ma almeno approfondito e non semplicistico – per il resto i titoli sono a dir poco sconcertanti, come questo lancio dell’AGI: “In India sta finendo la legna per bruciare in strada i morti di Covid”. E dopo il titolo continua: “L’epidemia è fuori controllo, i forni crematori lavorano 24 ore su 24 e i cadaveri vengono bruciati nelle strade su pire improvvisate. Con un totale di oltre 17,6 milioni di casi e quasi 200 mila decessi, l’India è ormai l’epicentro globale della pandemia”. Diversi altri giornali rilanciano la storia della legna che manca, mentre qualcuno, come Today, cerca altre strade per stupire: “Variante indiana: perché l’Italia si chiude contro le due mutazioni del coronavirus che provocano un morto ogni cinque minuti a Nuova Delhi”. Impressionante…

Vale però la pena ricordare qualche altro dato e fare due conti:

  • l’India è un paese di 1,4 miliardi di abitanti: davvero pensiamo che 17,6 milioni di casi e 200.000 morti, o anche i 2000 morti al giorno di questo periodo, siano dei numeri fuori scala per un paese di queste dimensioni?
  • l’India è uno tra i paesi più arretrati e con le più marcate disparità sociali al mondo: davvero ci sorprendiamo che gli ospedali siano in sofferenza, che le cure siano inadeguate, che manchino ossigeno e medicinali? E che anche in India il panico possa esacerbare la situazione oltre il necessario, come avviene un po’ ovunque nel mondo34? E che comunque in India si possa morire più facilmente che nei paesi ricchi dell’occidente?
  • un morto ogni 5 minuti a Nuova Delhi significa 288 morti al giorno: davvero riteniamo che questo sia un numero spaventoso, in una megalopoli da 21,7 milioni di abitanti (che da sola ha più di un terzo della popolazione italiana)?
  • anche in India il numero dei contagi è senza significato statistico, perché i test (come ovunque nel mondo) non sono effettuati su base campionaria ma “a casaccio”, se non addirittura per cercare espressamente i contagiati; in India, inoltre, si sono fatti pochi test in relazione alla popolazione (200.000 per milione di abitanti; in Italia se ne sono fatti 953.000, e siamo al 39° posto), sebbene siano di molto aumentati negli ultimi due mesi (contestualmente, guarda caso, all’aumento dei contagi); tuttavia nessuno parla del fatto che l’India è stato uno dei primi paesi al mondo a cercare di comprendere le reali dimensioni del contagio (sospettando che quello rilevato con i tamponi fosse solo una minima parte) e che, a settembre 2020, avevano già effettuato ben due indagini sierologiche che mostravano come attendibile una stima di circa 60 milioni di contagiati reali (quando coi tamponi ne contavano 5 milioni): questo significa che probabilmente oggi l’India viaggia intorno ai 220 milioni di contagiati totali e che, di conseguenza, i tassi di letalità sono molto più bassi di quello che rileviamo35.

E intanto noi continuiamo a fare gli indiani…

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MA NEANCHE LA MATEMATICA – DA SOLA – PUÒ SALVARCI

12 maggio – Da oltre un anno dico che la matematica e la statistica possono aiutarci davvero in questo nostro triste frangente; tuttavia, se queste vengono usate disgiuntamente dalla logica, c’è poco da fare. È infatti sopratutto quest’ultima che latita da mesi in tutti i campi, dalle decisioni dei politici alle indicazioni degli esperti, dalle considerazioni dei media alla percezione dell’opinione pubblica; così anche la matematica e la statistica ne fanno le spese. Riporto tre esempi recenti, giusto per la cronaca.

Primo esempio: si legga questo articoletto del quotidiano on-line Today del 26/4 (che riporta i conenuti di un articolo del Fatto Quotidiano), in cui “l’uomo dei modelli matematici della Fondazione Bruno Kessler che, dal febbraio 2020 studia i numeri dell’epidemia per l’Istituto Superiore di Sanità” comunica al CTS che riaprire è, al momento, troppo rischioso perché il suo modello dice che 1 – 0,72 = 0,28 (sic!), cioè quando Rt era 0,72, potevamo “riaprire un po’ meno di un terzo di quanto era chiuso senza che il tasso di riproduzione del virus superasse 1”, ma adesso che siamo a 0,81 non si può fare (immagino che il sofisticato modello permetterebbe al massimo un 19% di riaperture…); e poi giù tutte le lapalissiane conseguenze del fine ragionamento. Sino alla luminosa conclusione dell’articolo, in cui alcuni tra i più fieri terroristi del Covid si chiedono se il CTS sappia fare di conto perché loro, senza ovviamente dire su quale base (ci dobbiamo fidare), vaticinano 5-600 morti al giorno. Esemplare…

Secondo esempio: un articolo di Qui Finanza del 29/4 cita alcuni ricercatori di Yale che, attraverso uno studio di simulazione modellistica, hanno concluso che “l’identificazione dal 10% al 20% delle infezioni silenti tra i bambini entro 3 giorni dall’infezione porterebbe i tassi di attacco (cioè il rapporto tra nuovi casi nella popolazione e numero di persone a rischio contagio – n.d.r.) al di sotto del 5% con solo il 40% degli adulti vaccinati. Se le infezioni silenti tra i bambini non venissero rilevate, il raggiungimento dello stesso tasso di attacco richiederebbe una copertura vaccinale irrealisticamente alta (≥81%) per questa fascia di età, oltre alla vaccinazione degli adulti”. Insomma, il modello matematico è sicuramente perfetto; ma la logica? È sensato andare a cercare i bambini asintomatici (!) entro 3 giorni dal contagio (!!) o vaccinarne l’81% solo per fare in modo che, col 40% degli adulti vaccinati, si riduca il ritmo del contagio e, solo conseguentemente, l’impatto della malattia (che è poi quello che ci dovrebbe interessare di più)? Quando semplicemente vaccinando (secondo i numeri italiani) circa il 23% della popolazione (cioè, gli anziani over 70, i malati e gli operatori sanitari che li devono curare) possiamo gestire la malattia come una normale influenza stagionale (e al diavolo il conto dei contagi)? Boh…

Terzo esempio: oggi al GR3 delle 8.45 si parla dell’effetto vaccini: “il tasso di positività si attesta al 2,4%, merito della campagna di immunizzazione che si avvicina ai 25 milioni di somministrazioni”. Siamo sicuri? Perchè a guardare la linea azzurra in questo grafico (ripreso dalla sezione “I NUMERI”, dove è spiegato diffusamente) si può notare una cosa curiosa:

cioè che il 12/5 dello scorso anno avevamo un tasso di positività di circa il 2% (anche se, a quel tempo, nessun giornale o politico citava questo tasso, tutti sparavano soltanto numeri assoluti), quindi eravamo più o meno nella stessa condizione in cui siamo oggi, ma senza alcun vaccino.

Non c’è nulla da fare: senza la logica si danno solo i numeri…

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IL CULO E LA RAGIONE

29 maggio – Una delle fatiche maggiori, nel parlare di numeri della pandemia, è quello di cercare di far uscire il mio interlocutore dalla trappola emotiva del dato empirico. L’argomento più usato è del tipo: “un mio conoscente di 50 anni è andato in terapia intensiva e a momenti ci lascia la pelle” oppure “il babbo di un mio amico stava benissimo ed è morto di Covid a 70 anni”. Argomenti inoppugnabili in quanto basati su un dato esperienziale e quando, come in questo caso, generano sentimenti profondi come la paura, diventano indiscutibili.

In genere ci provo con un esempio banale. Se chiediamo ad un medico che lavora in un ospedale Covid di una grande città com’è la situazione Covid in Italia, ci dirà che è tragica; se facciamo la stessa domanda ad un vecchietto analfabeta di un paese sperduto della Sila dove non arriva il segnale tv, ci dirà che la situazione Covid in Italia è abbastanza tranquilla: entrambe le visioni sono legittime (basate, come sono, su un incontestabile dato esperienziale) e del tutto comprensibili, ma entrambe sono sbagliate. In realtà, l’unico modo per avere un’idea accettabilmente realistica di un fenomeno è astrarsi dalla mera esperienza empirica e cercare di comprenderlo nella sua completezza: i numeri e le statistiche servono a questo, pur con tutte le attenzioni del caso. Ebbene, questo piccolo esempio non convince quasi mai il mio interlocutore, che mi da ragione sul piano razionale, ma la sua paura – uno dei sentimenti irrazionali per eccellenza – e le convinzioni che ne conseguono non ne vengono intaccate. Per questo, tutto quello che ho fatto e faccio attraverso questo blog (che – lo ricordo – è nato proprio per aiutare chi legge a non aver paura, attraverso le riflessioni sui numeri che col tempo hanno lenito la mia) risulta inutile. Ma non posso fare altro, in questo frangente, per i miei simili, perciò continuo…

Sabato scorso ho cercato di parlare con una mia amica, molto spaventata, anche per esperienze personali: “Un collega mio coetaneo è morto di covid ed era perfettamente sano”. Dunque, la sua posizione è più che legittima e la sua paura più che comprensibile, perciò nella sua testa si è istallata l’idea che: 1) non è vero che tocca essere vecchi e malati per morire, 2) ergo possiamo morire anche io o mio marito che abbiamo 55 anni e siamo sani ed in ottima forma. Questa l’evidenza empirica, per la mia amica. Ma tale l’evidenza empirica descrive effettivamente la realtà?

Andiamo a vedere i dati36 e, guardando alla realtà da un punto di vista razionale e non emozionale, ci accorgiamo che:

1) l’età media dei morti con Covid è di 81 anni (mediana 82 anni) e solo il 3% dei morti non aveva alcuna patologia concomitante, mentre oltre l’85% ne aveva almeno 2 ed il 67% ne aveva 3 o più.

2) meno del 5% dei morti con Covid aveva meno di 59 anni e circa lo 0,7% dei morti aveva meno di 59 anni e nessuna patologia nota.

Quindi, in realtà è proprio vero: bisogna essere molto anziani e molto malati per morire di Covid; da giovani e sani questo certo può capitare, ma è altamente improbabile.

Quanto improbabile? Per fare un raffronto, in un anno sono morte con Covid 445 persone di età compresa tra 16 e 59 anni e senza patologie concomitanti note, mentre ogni anno muoiono di incidente stradale in media 1966 persone di età compresa tra 15 e 59 anni (media del periodo 2015-2019). Pertanto, per la coppia dei miei amici 55enni in salute, è di gran lunga più probabile – ben 5 volte di più – morire di incidente stradale (cosa di cui non ci si preoccupa più di tanto e sicuramente non si cambiano le proprie abitudini di spostamento per questo) che non di Covid-19 (ma di questo ci preoccupiamo enormemente e accettiamo qualunque restrizione o imposizione in merito).

Ecco, quindi, perché l’evidenza empirica è fuorviante e perché bisognerebbe il più possibile resistere alla tentazione di prenderla sempre per buona. Ma non è facile. E non è certo un caso che la saggezza popolare abbia immortalato questa difficoltà in un celebre detto: “quando il culo con la ragion contrasta, vince il culo ché la ragion non basta”…

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SENZA VERGOGNA

2 giugno – Non ho più voglia di scrivere, ma stamattina il GR3 delle 8,45 “me le ha cavate dalle mani”, come si dice dalle mie parti. Riporto solo tre brevi spigolature.

“È il 2 giugno, la Repubblica italiana compie 75 anni: una festa con il senso dell’impegno collettivo per il rilancio e la rinascita del paese è l’auspicio del capo dello Stato Mattarella. Nel 1946 il referendum che abolì la monarchia dopo il fascismo e la guerra, oggi la ripresa dopo la pandemia.” Vent’anni di fascismo, leggi razziali, deportazioni, una guerra mondiale (450.000 morti italiani, tra militari e civili e 320.000 invalidi e mutilati, soprattutto giovani) = pandemia di SARS-CoV-2? Ma parlate sul serio??

“Ripresa che vede conferme nei numeri dell’economia. Torna il segno più davanti al dato che indica l’andamento del PIL italiano. A certificarlo – a sorpresa – è l’ISTAT, che ribalta le stime sul primo trimestre dell’anno”. L’ISTAT rileva infatti un aumento del PIL da gennaio a marzo dello 0,1%, dato che porta il PIL 2021 a +2,6%, pertanto appaiono sempre più realistiche le stime di OCSE e Banca d’Italia per un recupero complessivo del 4,5% quest’anno. E, sempre nel primo trimestre, + 120.000 posti di lavoro. Peccato che nel 2020, rispetto all’anno precedente, abbiamo avuto un crollo del PIL dell’8,9% e di posti di lavoro ne abbiamo perduti oltre 900.000…

Infine, al termine di un servizio sul rapimento di un italiano ad Haiti, la giornalista se ne esce con questa perla: “Il paese è tra i più poveri del mondo, piegato dal terremoto del 2010, nel 2016 devastato dall’uragano Matthew e poi le emergenze sanitarie: il colera, il covid e il ritardo nell’adesione al programma di vaccinazioni Covax.” Ma sul serio? Haiti?? Un paese con un’età mediana della popolazione di 24 anni, ancora distrutto ad oltre 10 anni dal terremoto e dopo il quale sono morte più di 10.000 persone solo di colera, che per Covid ha avuto 321 morti in tutto, può considerare quest’ultimo un’emergenza? E preoccuparsi se non riceve la pelosa elemosina di vaccini dai paesi ricchi, per una malattia che è “mortale” solo nei paesi ricchi (o meglio, nella testa della gente dei paesi ricchi)?

Per la vergogna, ho spento subito la radio…

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ANCHE L’ISTAT È MORTA DI COVID

3 giugno – Ho lamentato più volte in queste pagine la mancata pubblicazione (ancora oggi, a quasi un anno di distanza) del report ufficiale di una delle più importanti (forse l’unica veramente importante dal punto di vista statistico, sull’argomento SARS-CoV-2 in Italia) indagini dell’ISTAT, quella di sieroprevalenza effettuata tra il 25 maggio ed il 15 luglio 2020 ed i cui primi risultati furono anticipati in un pre-rapporto il 3 agosto; circostanza che – lo confesso – mi ha fatto in più momenti dubitare del nostro benemerito istituto nazionale di statistica e che mi ha anche spinto a scrivere più volte ai responsabili della ricerca, non capacitandomi di questo inspiegabile silenzio su un dato assolutamente dirompente che essa sanciva e cioè che i contagi (sulla cui illusoria conta abbiamo basato tutte le scelte nell’ultimo anno) erano fuori controllo sin dall’inizio e che la colossale campagna di tracciamento/contenimento è stata un enorme, costosissimo, inutile spreco di tempo e risorse e che, d’altro canto, i numeri dei ricoveri e dei morti, parametrati alle reali dimensioni del contagio, sono molto meno spaventosi di come ce li siamo dipinti in questo anno di follia.

Ed oggi, pubblicato sul sito dell’ISTAT, leggo questo documento: “Una terza guerra mondiale? Contributo del presidente Gian Carlo Blangiardo“. Un delirio. Una follia. Il presidente dell’ISTAT, sfoggiando ovviamente fini analisi statistiche37, intende dimostrare che la pandemia di SARS-CoV-2 è, quanto ad effetti, da considerarsi alla stregua di una Terza Guerra Mondiale. Aberrante…

Ad onor del vero, va detto che egli stesso coglie una contraddizione fondamentale in questo ragionamento (cioè che di guerra muoiono prinicipalmente i giovani sani, di influenza quasi esclusivamente i vecchi e malati), ma da ciò (che già sarebbe più che sufficiente ad affondare l’agghiacciante parallelo) non trae alcuna conseguenza logica: “Ancora una volta, il linguaggio dei numeri si rivela chiaro ed inequivocabile. Esso mostra, pur con le necessarie distinzioni sul piano strutturale e territoriale, come in questi mesi si sia pagato – in Italia così come in quasi ogni parte del Pianeta – un prezzo di vite umane tale da configurare qualcosa di assimilabile ad una “Terza Guerra Mondiale”. Quando tutto ciò finirà –sperando che accada ovunque e il più in fretta possibile – saremo in grado di tirare le somme, anche con l’aiuto dei dati e delle analisi statistiche, riguardo ad un’esperienza che mai ci saremmo aspettati di affrontare, ma che invece (realisticamente e saggiamente) dovremo saper mettere in conto e farne tesoro“. Nè, temo, servirebbe a nulla controbattere che l’Asiatica del ’56 e la Hong-Kong del ’68, in relazione alla popolazione mondiale, fecero più morti di SARS-CoV-2 e che quindi – almeno – dovremmo considerare la nostra come la Quinta Guerra Mondiale…

A questo punto, quindi, la domanda sorge spontanea: Blangiardo c’è o ci fa? La risposta mi pare la dia lui stesso nelle righe successive: “Solo così potremo sperare di dar vita, come già accadde nel secondo dopoguerra, ad un’operosa fase di intensa “ricostruzione” (…) che possa consentirci di risollevare pienamente la testa e di ripartire. L’auspicio è che questa rinascita sia anche capace di segnare l’inizio di una stagione virtuosa e in grado di regalarci – al pari di quanto è successo la volta scorsa – l’entusiasmante esperienza di un nuovo (perché no?) “miracolo economico”. Ecco, quindi il senso di questo documento: un semplice assist al governo in carica e la postuma legittimazione all’operato di quello precedente, attraverso la giustificazione dello stato di emergenza in cui abbiamo vissuto per oltre un anno e che continuerà a lungo (le zone bianche in cui, senza morti e ricoveri, decadono i divieti ma non la mascherina né il divieto di assembramento, ne sono la lampante evidenza). E, in questo senso, anche il silenzio sull’indagine dell’anno scorso acquista un significato. Sinistro.

Ma, si sa, la guerra è guerra…

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VACCINI PER UNA NUOVA CIVILTA’ MONDIALE

16 giugno – Sappiamo che sui vaccini si consuma, a vari livelli, un teatrino demenziale (quando non vergognoso), che continua di fatto quello analogo della pandemia globale a cui abbiamo assistito impotenti nell’ultimo anno e mezzo. Così, nel mucchio delle notizie provenienti dal G7 della scorsa settimana (segnalo due articoletti di AdnKronos e di Avvenire, giusto per farsi un’idea), mi è saltata all’orecchio questa acuta osservazione fatta da un’esperta di politica internazionale (N. Tocci, ISPI) intervistata al GR3 di sabato mattina: “Se il resto del mondo non viene vaccinato, da sole le nostre economie non riescono a riprendersi”. Ne avevo già avuto sentore quando ho letto del programma COVAX (per saperne di più, si può leggere qui e qui), ma ora tutto appare più chiaro: bisogna vaccinare i paesi poveri – per una malattia che praticamente non hanno – perché, altrimenti, ci reinfettano… Complimenti.

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NEL MONDO INCANTATO

19 giugno – So che ci sono tutti gli estremi per cui Pascal Bruckner, filosofo francese, mi sputerebbe, attribuendo anche a me “il singhiozzo dell’uomo bianco”, tuttavia mi permetto di citare la sua Teoria del Reincanto, perché mi pare che essa possa ben descrivere anche il momento che stiamo vivendo.

Per comodità, cito da Wikipedia: Reincanto è un termine relativo alle teorie filosofiche e sociologiche secondo le quali al periodo di «disincanto del mondo», teorizzato da Max Weber come tendenziale «esaurimento del regno dell’invisibile», sta seguendo, nel mondo contemporaneo, un capovolgimento del modo di intendere la realtà tale che si torni «alla riconciliazione del quantificabile col meraviglioso.» A proposito del pensiero weberiano riferito al disincanto (inteso come l’abbandono, da parte dell’uomo evoluto, del senso del magico che porta alla perdita di quella «tecnica di salvezza» che permetteva di sopravvivere nella cruda realtà quotidiana), il saggista Pascal Bruckner introduce l’idea che ormai oggi vi sia un’inversione di interpretazione tale da poter parlare di re-incanto. Partendo dall’analisi dei fenomeni dei consumi di massa e di tutto ciò che è connesso ai metodi di marketing, Bruckner afferma che si stia operando un ritorno ad una riunificazione del reale col magico, della razionalità illuministica con la fantasia romantica. Egli scrive che oggi «siamo lontani dallo spirito del calcolo razionale che formava, secondo Max Weber, l’ethos degli albori del Capitalismo: la produzione mercantile viene messa al servizio di una magia universale, il consumismo culmina nell’animismo degli oggetti. Con l’opulenza ed i suoi corollari (gli svaghi ed il divertimento), una sorta di incantesimo a buon mercato viene messo a disposizione di tutti. I prodotti esposti in vendita nei nostri centri commerciali (…) non sono esseri inerti: vivono, respirano e, in quanto spiriti, possiedono un’anima ed un nome. Il ruolo della pubblicità è quello di dare loro una personalità attraverso una marca, di conferire loro il dono delle lingue, di trasformarle in piccole persone che parlano (…).»38.

Come non pensare, perciò, ad una forma di reincanto anche nella odierna congiuntura, dove gli esperti diventano stregoni dispensatori di verità assolute e indiscutibili; dove alla fiducia critica nella scienza si sostituisce l’ottusità dello scientismo; dove gli oggetti (come la mascherina, i guanti, il gel sanificante, ecc.) diventano magici talismani ed i comportamenti (come distanziarsi, darsi di gomito, evitare di incrociarsi, lavarsi le mani, ecc.) diventano compulsioni rituali, perdendo di significato; dove i numeri ed i dati statistici vengono sistematicamente soppiantati dall’emozione e dal dato empirico; dove ad una particella “di natura non cellulare e di dimensioni submicroscopiche, incapace di un metabolismo autonomo e perciò caratterizzata da vita parassitaria endocellulare obbligata” e neanche definibile come “organismo”39 si attribuisce la responsabilità del disastro sociale, della crisi economica, della perdita di posti di lavoro, ecc.? E si potrebbe continuare a lungo con gli esempi…

Ecco perché credo che la civiltà occidentale – peraltro già malata da tempo – sia ormai morta e sepolta. E che, a questo punto, io debba farmene una ragione.

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GLI UNTORI INGLESI

21 giugno – Tra le boiate di questi giorni, campeggia la paura verso gli inglesi, colpiti dalla “variante delta” di SARS-CoV-2. Ci si è messo pure Draghi in persona, figuriamoci.

Ebbene, giusto per la cronaca, riporto i grafici con gli ultimi dati inglesi40:

Quindi, è vero che ci sono nuovi contagi (il virus varia proprio a questo scopo, in un certo senso), ma non ci sono incrementi significativi sul piano dei decessi e dei ricoveri. Vogliamo guardarli più nel dettaglio? Limitamoci agli ultimi 30 giorni:

Perciò, a fronte di un aumento dei contagi rilevante (circa quadruplicati in un mese), abbiamo un aumento lieve di ricoveri e una sostanziale stabilità del numero dei morti.

Che cosa ne evinciamo, pur non essendo scienziati, ma semplicemente facendo di conto?

  • Che la variante delta, come tutte le varianti di qualunque virus, contagia più delle varianti attualmente più diffuse e probabilmente, col tempo, le sostituirà (come già fecero loro nei mesi addietro);
  • Che questo andamento, sicuramente interessante per gli studiosi, non ha alcuna importanza per noi, dato che malattia e decessi (che è ciò che dovrebbe interessare noi come popolazione) rimangono sostanzialmente con le stesse caratteristiche delle precedenti varianti, in più, da qualche mese in qua, con l’ampia disponibilità di vaccini a proteggere le fasce deboli della popolazione (le uniche che possono rischiare la malattia grave e/o la morte).

È sufficiente?

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NO, EVIDENTEMENTE NON È SUFFICIENTE

22 giugno – Sono costretto a tornarci sopra, dopo aver sentito un cumulo di immondizia in un servizio del TG2 delle 13.00 di oggi41. Eccone l’esatta trascrizione: “Le vaccinazioni intanto procedono, la metà degli italiani ha ricevuto una dose, il 29% ha concluso il ciclo vaccinale. Preoccupa però la diffusione della “variante delta” che i numeri ufficiali di tre settimane fa danno all’1%, ma che stime della Banca Internazionale dei Dati Genetici indicano invece al 26%: se così fosse l’Italia balzerebbe al quinto posto nel mondo per diffusione. Si attendono conferme dal Ministero della Salute, che ha disposto una nuova indagine rapida, mentre focolai si segnalano fra Piacenza e Cremona, con 24 casi. Una mutazione molto più contagiosa, che sta cambiando i sintomi della malattia, con meno tosse e più mal di gola e mal di testa, ma contro la quale un ciclo vaccinale completo funziona al 79%, riporta uno studio pubblicato sulla rivista Lancet. Vaccini che mancano, però, nei paesi più poveri: i 90 milioni di dosi consegnate sono gocce nell’oceano – avverte l’Organizzazione Mondiale di Sanità – mentre in Africa si prepara una terza ondata. In Italia intanto ieri numeri più bassi dal 18 agosto scorso: 495 i nuovi contagi e 21 i decessi“.

Quindi:

  1. Abbiamo circa un terzo della popolazione vaccinato completamente e metà della popolazione che sta già sviluppando gli anticorpi grazie alla prima dose, oltre ovviamente a tutti gli immuni perché guariti (che non sono 3,8 mln. come dice ISS, ma molti di più, dato che gli asintomatici – che sono la stragrande maggioranza – non sono computati, ma sono, chi più chi meno, immunizzati anch’essi).
  2. Però siamo preoccupati della “variante delta”. Perché? Perchè costituisce l’1% dei contagi. Cioè, sui 495 nuovi contagi di oggi, ben 5 sono della variante delta: una tragedia… Ma qualcuno dice che non sono l’1%, ma il 26% (cioè 128: ah beh, allora…). Non metto in dubbio l’autorevolezza della fonte, ma ci rendiamo conto che ciò significa semplicemente che noi non sappiamo (come fino ad oggi non abbiamo mai saputo) quanti sono veramente i contagi, nè per questa né per altre varianti del passato e del futuro? Perché il 25% di differenza tra quello che rileviamo e quello che possiamo stimare (cioè ben 25 volte di più, vorrei sottolineare) è relativo alla enorme massa degli asintomatici, che sfuggono a qualunque tracciamento. E questa – mi dispiace per i poveri giornalisti ed esperti tv – è una buona notizia, perché vuol dire che c’è una enorme massa di gente più o meno immunizzata e che i tassi di ricoveri e di decessi, essendo la platea dei contagiati enormemente più ampia di quelli che contiamo, sono molto bassi.
  3. E, comunque, va bene, poniamo pure il caso che questo aumento dei contagi sia così vertiginoso (addirittura 24 casi solo a Piacenza e Cremona: rabbrividiamo), ma con quali conseguenze? Ospedali al collasso? Non direi: i dati Agenas riportano attualmente il 4% di occupazione, con tendenza in discesa. Aumento dei morti? Assolutamente no: ieri sono stati 21 in tutto, un quinto rispetto a un mese fa, in costante discesa. Insomma, perchè diavolo “preoccupa la diffusione della variante delta“? A quanto pare – udite, udite – perché fa venire più mal di gola e mal di testa, anche se meno tosse…
  4. Così, per cercare un po’ di refrigerante terrore, ci gettiamo sull’Africa, per la quale “si prepara la terza ondata”. La Terza Ondata?? Non ci posso credere. Del resto, se anche giornali avvertiti e generalmente attenti alle questioni africane come Avvenire sembrano non renderesi conto delle assurdità che scrivono, non ci si può aspettare un granché dall’ignoranza del giornalista medio. Perché qui è proprio questione di ignoranza: come si può usare lo stesso metro di giudizio in Europa – che ha il 31% dei casi totali ed il 31% dei morti totali, ma il 9,6% della popolazione totale ed un’età mediana di 43 anni (di gran lunga la più alta nel mondo) – e in Africa – che ha il 2% dei contagiati ed il 2% dei morti (1/15 dell’Europa), ma il 17,2% della popolazione totale (il doppio dell’Europa) ed un’età mediana di meno di 20 anni? E poi: di che onde stiamo parlando? Leggetevi almeno il report settimanale dell’OMS, ogni tanto, prima di parlare (lo so, è in inglese, ma c’è Google Traduttore…), e se non sapete leggere i numeri, almeno guardate le figure (i grafici, che sono molto chiari)! Vi accorgerete di quante stupidaggini scrivete e avete scritto fino ad oggi; e magari smetterete di scriverene in futuro…

Ma, in fondo, la domanda vera è un’altra: perché mi ostino a guardare il telegiornale?

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ITALIA – INGHILTERRA

9 luglio – No, non parliamo di calcio, ma della sconcertante dissociazione tra le risposte inglese ed italiana all’attuale frangente della pandemia: la star del momento è, infatti, la variante “delta”, che in Inghilterra “corre” con progressi esponenziali, ma ciononostante il governo ha deciso che il 19/7 sarà il “Freedom Day” cioè il giorno in cui decadranno tutte le restrizioni42; mentre in Italia, dove a quanto pare la variante delta è destinata a diventare a breve quella “prevalente” (ha già raggiunto il 25% dei contagiati attivi) e viene definita come “molto più pericolosa”, le autorità ed i media instancabilmente ci esortano alla prudenza, a mantenere le misure, a non abbassare la guardia, prefigurando scenari esiziali potenzialmente imminenti. Vediamo di capirci qualcosa. Anche se non serve a niente, nel deliquio della ragione che impera.

Premettiamo intanto che, come sa chiunque abbia studiato un po’ di biologia alle scuole medie, un virus vive solo in un ospite vivo e, al di fuori di esso o se l’ospite muore, il virus non può sopravvivere43. Inoltre, come sa chiunque alla biologia abbia affiancato qualche elementare nozione di evoluzionismo, il virus non ha l’obiettivo di uccidere, ma solo quello di sopravvivere. Stanti questi due principi basilari, si può facilmente comprendere come, in un quadro di naturale variabilità del virus (che cerca solo di non farsi ammazzare dalle nostre difese immunitarie, provando a confonderle), una variante più letale per l’ospite sarà inevitabilmente destinata a soccombere, in favore delle varianti che sono meno letali; di conseguenza, una variante che si diffonde e prevale sulle altre è, per definizione, una variante meno letale. Questo in linea generale e sui tempi medio-lunghi. Ma – si potrebbe obiettare – nel breve periodo c’è un momento in cui la variante più letale, prima di perdere la sua forza d’impatto e scomparire, può comunque fare molti danni. Ebbene, è questo il caso? Vediamo un po’44.

Innanzitutto, cerchiamo di attribuire le giuste proporzioni al fenomeno. Attualmente (visto che continuiamo a cercarli senza tregua) stiamo trovando circa 900 nuovi positivi al giorno in tutta Italia: un numero irrisorio, sebbene con tendenza in aumento (ovvia, se è vero che si sta diffondendo la variante). Più interessanti sembrano invece i numeri inglesi, passati dai 5.000 nuovi casi di inizio giugno ai 27.000 di questi giorni: più avanti, cercando di non ragionare coi soli numeri assoluti, vedremo il senso di questa discrepanza, ma rimane il fatto che il Regno Unito sembra stare molto peggio di noi. Eppure le risposte dei due paesi sono antitetiche e, quella inglese, apparentemente incoerente con “la pericolosità” della variante…

Ma il punto è proprio questo. In cosa consiste questa maggiore pericolosità della variante? Abbiamo già visto (nella nota del 21 giugno scorso) la situazione inglese, vediamo perciò la preoccupante situazione italiana, che ha riportato il Covid in auge tra le notizie principali dei media nostrani.

Forse il motivo di tanta rinnovata preoccupazione è un maggiore numero di morti? Anche da noi, come in Gran Bretagna, a giudicare dai dati direi di no:

Allora sarà legata ad un esponenziale aumento dei ricoveri? In Italia sicuramente no:

E quindi? Dove sta questa pericolosità maggiore? Ebbene, eccola qui:

Ah scusate, la curva di crescita italiana è quasi invisibile, dobbiamo fare un ingrandimento:

Va beh, anche con l’ingrandimento il dato risulta ridicolo, in confronto a quello inglese, ma per l’italica ipersensibilità va bene lo stesso.

Eccoci quindi ancora e sempre allo stesso punto: invece che parametrare la “pericolosità” della variante alla malattia che provoca45 e alle sue eventuali conseguenze fatali46, basiamo tutto sul famigerato numero dei contagiati (peraltro ignoto da sempre, stanti le modalità con cui li contiamo), oggetto del dogma del tracciamento e contenimento che perseguiamo da oltre un anno, senza alcun senso né utilità. Quindi, secondo la vulgata imperante, se aumentano i contagi siamo in pericolo, anche se non ci sono malati gravi né morti: il pericolo È il contagio (e, per l’Italia, addirittura la “paura del contagio”, vista l’esiguità dei numeri attuali).

L’assurdità di questo approccio (interessante forse per gli epidemiologi, ma totalmente privo di significato per noi cittadini) è ulteriormente aggravata dal fatto che – come abbiamo più volte detto in queste pagine – il numero dei contagi è completamente inutile, non solo perché è drammaticamente sottostimato per la quasi totale mancanza del dato rilevantissimo degli asintomatici, ma anche perché è pesantemente condizionato dalla quantità dei tamponi effettuati, come si può ben vedere in questi grafici:

(dai quali risulta anche più chiaro, quindi, perché i numeri inglesi siano così diversi dai nostri: noi facciamo 180.000 tamponi al giorno, loro 1.100.000 e, come sappiamo, chi cerca trova…).

Ma, soprattutto, il dato è irrimediabilmente distorto dal fatto che non si tratta di una rilevazione campionaria, ma di una strategia di tracciamento, cioè di una ricerca attiva dei contagiati: l’effetto finale è che, cercando i positivi per tracciarli troviamo principalmente questi e, perciò, più cerchiamo più ne troviamo; in tal modo il numero dei contagi e le sue variazioni, nonché addirittura il tasso di positività, risultano del tutto privi di significato e non possono in alcun modo descrivere né la “pericolosità” del virus né il suo contrario.

Quindi, a parte gli studi clinici e quelli sul virus (che hanno utilmente portato, i primi a stabilire validi protcolli di cura, i secondi ad approntare vaccini efficaci), per il resto si è trattato di speculazioni del tutto arbitarie, basate su dati senza significato, che hanno infatti dato luogo a strategie di risposta differenti se non addirittura opposte da parte dei diversi stati (si pensi all’Italia e alla Svezia o ai modelli cinese e statunitense o, nel caso odierno, a Italia e Gran Bretagna di fronte alla stessa variante): in questo senso possiamo veramente dire che il virus, fregandosene di noi, ha fatto e continuerà a fare il suo corso, e che la pandemia, con le sue conseguenze sociali, politiche, economiche, ecc. ce la siamo costruita da soli, a conferma e potenziamento di quanto aveva, per altri versi, già acutamente intuito Virchow oltre un secolo fa, quando diceva che “un’epidemia è un fenomeno sociale che ha alcuni aspetti medici”47.

Così oggi, di fronte al dato dell’aumento “esponenziale” dei contagi, c’è chi, come la Gran Bretagna, dice che dovremo convivere col virus e le sue conseguenze (avendo finalmente cure e vaccini dalla nostra) e perciò riapre tutto e si butta alle spalle la questione, nonostante le varianti di oggi e di domani; ma, nello stesso tempo abbiamo chi, come l’Italia, con numeri insignificanti e dati azzerati quanto a ricoveri e morti, si ostina a fare l’esperimento epidemiologico in vivo, dove non conta la salute dei cittadini ma la conta dei positivi, cosa che, in uno scenario ormai inesorabilmente endemico, è destinata a non finire mai.

Quindi, Italia – Inghilterra 0-1.

E, visto che siamo ricaduti nella metafora calcistica, un’ultima osservazione sempre riguardo alle differenze di approccio da parte dei diversi paesi, stavolta in merito allo sport. Durante gli Europei di calcio in corso, ha fatto scandalo tra i commentatori nostrani l’irresponsabilità degli ungheresi che, invece dei nostri asfittici stadi con pochissimi e distanziatissimi spettatori, ha presentato lo spettacolo della Puskas Arena gremita di pubblico festante e davvero normale (cioè senza distanziamenti né mascherine), 65.000 spettatori per ciascuna delle 4 partite che lo stadio di Budapest ha ospitato. Ebbene, nonostante sia passato un mese dalla prima partita (e già 10 gg. anche dall’ultima), pare non ci sia stato alcun aumento di ricoverati né di morti in Ungheria, come mostrano questi grafici:

E ora si replica in Inghilterra per le ultime, seguitissime partite. Purtroppo nessuno ha voluto ascoltare il nostro saggio Draghi (“Mi adopererò perché la finale non si giochi dove i contagi stanno aumentando rapidamente”) o il supercazzolatore Locatelli, capo del CTS, e lo stadio di Wembley sarà pieno. Per cui si attende un’ecatombe.

Ecatombe che invece non ci sarà a Tokyo, dove le Olimpiadi – per le quali, nell’antichità, si interrompevano finanche le guerre – per la prima volta nella storia si svolgeranno in stadi vuoti, senza pubblico. Così morirà solo lo sport. Amen.

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NON MOLLANO L’OSSO

13 luglio – Non c’è niente da fare. Giornalisti, politici e virologi – le tre categorie i cui interessi hanno trovato una sicuramente non cercata ma, proprio per questo, ancor più singolare, potentissima convergenza nella gestione terroristica della pandemia di SARS-CoV-2 – non mollano facilmente l’osso e, puntando sulla “variante delta”, cercano di rilanciare il terrore nonostante i dati irrisori del comportamento di un virus con andamento stagionale durante l’estate.

Così i giornalisti, ormai in debito di sensazione, scrivono che l’OMS lancia l’allarme, quando invece si tratta solo di una funzionaria (epidemiologo responsabile tecnico OMS sul Covid-19) che ha scritto un tweet mentre guardava la partita di domenica. Per carità, opinione autorevolissima, ma non esattamente un pronunciamento ufficiale dell’OMS… Oppure paventano l’impennata dei casi ed il rientro in zona gialla, con tanto di nefasti vaticini dei nostri professionisti del terrore; bisogna arrivare in fondo all’articolo per renderci conto che si parla di numeri ridicoli: nella giornata 888 nuovi positivi di cui 15 sono stati ricoverati e 4 in terapia intensiva (i restanti 869 sono quindi asintomatici o giù di lì); in totale, al momento, abbiamo 1100 ricoverati, 158 in terapia intensiva, 13 morti. In un paese di 60 milioni di abitanti (dove, ad esempio, normalmente muoiono 2000 persone al giorno), non è esattamente un’ecatombe…

Così un politico come Macron, che è in calo di consensi ed ha perso pesantemente alle ultime elezioni amministrative, cerca di capitalizzare disperatamente la lotta al covid puntando sull’emergenza anche durante la stagione in cui il covid è oggettivamente ben poco emergenziale, come si evince da questi dati ufficiali del governo francese, relativi a nuovi ricoveri, nuove terapie intensive e nuovi decessi ospedalieri:

E l’idea macroniana di estendere il requisito del green pass a tutti i luoghi pubblici, in una sorta di nuova democrazia sanitaria, piace anche agli italiani, come il nostro commissario militare (uno degli attuali appaltatori della nostra democrazia, insieme al CTS) che auspica lo stesso provvedimento anche da noi ma, bontà sua, con un occhio alla Costituzione: si può avere lo stesso diritto di frequentare i luoghi pubblici anche da non vaccinati, ma ogni volta devi sottoporti allo stupro di naso e gola col tampone…

Così, infine, gli epidemiologi, i virologi e tutta la compagnia degli scienziati-star, che insistono col dogma del tracciamento e del sequenziamento, come se il mondo fosse solo un enorme esperimento in vivo e non un posto dove la gente deve vivere, lavorare, socializzare, crescere, curarsi, etc. convivendo con i virus come ha sempre fatto, cioè resistendo oppure ammalandosi, curandosi, in certi casi morendo… E allora si moltiplicano vaticinii, rimproveri, mementomori

Insomma no, questi l’osso non lo mollano. Ma un po’ è anche colpa dell’osso. Perchè a noi fare l’osso, tutto sommato, un po’ ci piace…

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COME POTRÀ MAI ANDARE MEGLIO?

14 luglio – Non c’è alcuna luce in fondo al tunnel: siamo precipitati in una micidiale barbarie socio-culturale, attraverso una spirale inspiegabile di ignoranza che è riuscita a rendere l’homo sapiens succube di un virus, ma come possiamo pensare che le cose miglioreranno in futuro se, sempre per ossequiare il virus (che, vale la pena ricordarlo, uccide quasi esclusivamente persone molto anziane e molto malate), abbiamo massivamente e pesantemente ipotecato l’istruzione e l’educazione dei nostri bambini e ragazzi? Se, nella nostra ignoranza della lingua italiana, ci siamo fatti infinocchiare da politici e media e se, nella nostra ignoranza della matematica, non siamo stati in grado di leggere e capire neanche i numeri più elementari della pandemia, come possiamo sperare in una collettività più consapevole quando, solo per fare un esempio, quasi la metà degli studenti della scuola secondaria (44%) non raggiunge le competenze minime in italiano e più della metà (51%) non raggiunge le competenze minime in matematica, in entrambi i casi con un drammatico aumento di 10 punti percentuali solo nel 2020, grazie alle deliranti politiche scolastiche dettate dal covid? Per non parlare, poi, del divario territoriale, con regioni del sud dove le percentuali di cui sopra raggiungono anche il 64% ed il 73% rispettivamente…

Lo dice il Rapposto INVALSI del 2021, che descrive “gli esiti di apprendimento conseguiti da più di due milioni di studenti italiani e ci danno modo di conoscere lo stato di salute del nostro sistema scolastico” e di cui si può leggere, per chi interessato, anche il più semplice report sintetico. Ma per leggerlo bisogna essere di stomaco forte, perché è davvero agghiacciante.

Oppure no, perché in effetti, non sapendo più né leggere né far di conto, forse la cosa ci scivolerà addosso tranquillamente…

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SCHIZOFRENIA

15 luglio – Mi chiedo spesso se la gente che parla si ascolta.

E’ possibile che, nello stesso servizio del TG1, il giornalista non colga la contraddizione tra l’inizio del suo pezzo, con l’allarme per la drammatica impennata dei contagi provocata dalla variante delta, che addirittura diventerà molto presto prevalente in Italia, e la conclusione dello stesso, dove si accenna alla continua e costante diminuzione dei ricoveri (sia ordinari sia in terapia intensiva) e dei decessi?

È possibile che un responsabile di redazione che “impagina” il telegiornale non colga lo stridore di avere, nello stessa edizione del TG1, una dovizia di servizi con la cronaca dell’isteria occidentale per il Covid e la fuggevole notizia che, a causa della stessa isteria, 23 milioni di bambini nel mondo non hanno ricevuto i vaccini di routine nel 2020 (3,7 milioni in più rispetto al 2019; e parliamo di malattie come difterite, tetano, pertosse e morbillo)?

Ed è possibile che nessun giornalista, opinionista, esperto, conduttore di talk-show, ecc. sia caduto dalla sedia leggendo ieri del Rapposto INVALSI del 2021 e oggi della nota dell’OMS e dell’UNICEF sullo stato delle vaccinazioni dei bambini del mondo (di cui si può leggere la quasi integrale traduzione in questo articolo di QuotidianoSanità)? Nessuno a cui salti all’occhio l’assurdità di un mondo (ricco) che si preoccupa allo spasimo della sopravvivenza ad oltranza dei propri vecchi e non si cura minimamente dei propri bambini e giovani? O la vergogna di un minoritario pezzetto di mondo (ricco) che si spende per vaccinare il resto del mondo, ma solo per una malattia che nel resto del mondo o non c’è o è l’ultima delle preoccupazioni?

Non so più come giustificare l’ignoranza e l’ottusità che mi circonda. L’unica possibilità è continuare a leggere e informarsi, cercando di non farsi inghiottire da questa follia schizofrenica. Ma è ogni giorno più dura…

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MEGLIO TARDI CHE MAI?

17 luglio – A ottobre dello scorso anno, dopo 7 mesi di cifre assolute sparate di continuo senza senso, ci si accorse che forse il numero dei “contagi” andava almeno parametrato al numero dei tamponi effettuati, così si cominciò a dare, insieme ai tanti numeri assurdi, anche quello della percentuale dei positivi. Ben poca cosa e anch’essa tutt’altro che scevra da pesanti limiti per un’utile interpretazione, ma almeno un passettino in avanti…

Oggi, finalmente, dopo 9 mesi, qualcuno ha cominciato a capire che decidere sul colore di una regione praticamente solo sulla base dei contagi (ben 9 dei 21 indicatori che servono alla decisione sono basati su questo numero) è poco sensato, mentre sarebbe più opportuno decidere in base alla pressione sui servizi sanitari (che è l’unico, vero problema di questa pandemia). Ancora molto poco, sulla strada della chiarezza, ma meglio tardi che mai…

Il problema è che il “tardi” è talmente tardi e il “poco” talmente poco, che siamo e rimaniamo ben lontani da qualunque comprensione diffusa della realtà di questa pandemia. Perché se continuiamo a considerare contagi=malattia (come è noto, i sintomi di quest’ultima hanno infatti luogo nel 20-40% dei contagi rilevati), a considerare attendibile il numero dei contagi rilevati con la inutile e dissennata campagna di tracciamento (quando da almeno un’anno sappiamo che non può essere così), a considerare il Covid-19 una malattia grave e mortale (ignorando che essa è tale solo in una percentuale molto bassa dei casi – circa l’1% va in ospedale e lo 0,01% va in terapia intensiva, la letalità è relativamente bassa e riguarda quasi esclusivamente persone molto anziane e/o già molto malate), se non usciamo da questi ed altri fraintendimenti e dai perversi loop logici che da essi conseguono, non ci si può ragionevolmente attendere alcuna chiara immagine di quello che si è capitato.

E sul “tardi” che, alla fine, diventa come il “mai”, un ultimo eclatante esempio: quello della Indagine di Sieroprevalenza fatta dall’ISTAT lo scorso anno (tra maggio e luglio) con grande battage mediatico, di cui fu presentato un pre-rapporto il 3/8 e di cui non si è più saputo nulla per molti mesi a seguire, né è stata data alcuna rilevanza dalle istituzioni o dai media, alla pubblicazione, il 12/4/21 (sic!), dei dati definitivi. I risultati dell’indagine – questa sì condotta, finalmente, con tutti i più raffinati requisiti campionari – sono, a mio parere, dirompenti (dal momento che dimostrano inoppungabilmente che la campagna di tracciamento su cui ci siamo concentrati da un anno e mezzo in qua è stata completamente inutile ed un pazzesco spreco di risorse, nell’ordine di diversi miliardi di euro), ma purtroppo ormai praticamente inutili…

A volte, tra “tardi” e “mai” mi sa che non fa molta differenza…

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ENORMITÀ

20 luglio – Con agghiacciante levità, il GR3 di stamattina, nella sua spiritosa rubrica finale “La parola del Giorno”, ci ha propinato questa incredibile (l’ho dovuta riascoltare più volte dal podacast perché non potevo credere alle mie orecchie) enormità:

“Lasciapassare: permesso scritto, rilasciato da un’autorità militare o politica, perché una persona possa accedere in un luogo dove le sarebbe altrimenti impedito di andare. Per un’estata sicura il Governo valuta i nuovi parametri”.

Non ce la faccio neanche a commentare…

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IMPENNATE

22 luglio – Da giorni i media italiani stanno descrivendo la catastrofica situazione dell’irresponsabile Gran Bretagna dove, dal 19/7, sono terminate tutte le restrizioni e si è tornati alla vita normale. Si parla di impennate dei contagi (la variante delta impazza), dei ricoveri e dei morti, insomma una tragedia.

Vi faccio vedere quattro grafici, giusto per la cronaca48:

CONTAGI
MORTI
RICOVERI
TEST EFFETTUATI

Faccio notare che la curva dei positivi è effettivamente impennata ed i numeri sono ai livelli di metà gennaio. E questo è un elemento importante, perché, nel frattempo le curve dei morti e dei ricoveri non solo non sono affatto impennate, ma soprattutto ci dicono che la situazione è in effetti ben differente da quella di metà gennaio, quando c’erano in media 1.100 morti al giorno, 37.000 ricoverati e 4.000 in terapia intensiva (oggi rispettivamente 52, 3.600 e 567). Quindi che sta succedendo? È presto detto: oggi in Inghilterra si fanno 1,1 milioni di tamponi al giorno, a metà gennaio se ne facevano la metà. E questo dovrebbe suggerire qualcosa…

Comunque, con buona pace dei nostri media schiumanti invidia, quello inglese sembra essere il modo più sensato di ragionare: siamo in maggioranza vaccinati, col virus e le sue varianti dovremo convivere pur in presenza di ricoveri e morti (tra l’altro, 43.000 persone che si contagiano senza stare male praticamente si immunizzano a costo – umano ed economico – zero), quindi basta emergenza, si torna a vivere.

Ma intanto in Italia continuiamo a cercare i contagi e proroghiamo lo stato di emergenza fino a dicembre.

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STAR BENEREMO!

2 agosto – Voglio solo segnalare l’ignobile bagarre che si è scatenata contro Giorgio Agamben e Massimo Cacciari a proposito di un loro intervento sul tema del green pass, pubblicato sul sito dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici (nella sempre interessante sezione “Diario della Crisi”) e rincarato qualche giorno dopo da Cacciari con un editoriale su La Stampa (qui la sintesi apparsa sull’Huffington Post). Ora, buonsenso vorrebbe che, quando parla un anziano saggio, uno studioso stimato, una persona d’esperienza ci si fermi ad ascoltare, magari senza concordare e rimanendo delle proprie convinzioni, ma almeno lasciandosi interrogare. Il “pensiero unico del virus”49 si è invece immediatamente mobilitato contro l’eresia, impegnando l’artiglieria pesante in un serrato fuoco di fila, con lo scopo di cancellare letteralmente l’argomento critico e chi lo propone: dalla Dr.ssa Viola che la butta sui morti e sulle bare di Bergamo, a Flores D’Arcais che, con la sua solita spocchia, irride e sputa fiele50, a Garattini (che però, ad onor del vero, è l’unico che dissente con rispetto ed una certa comprensione), dalla Stampa al Foglio, dall’Espresso al Sole 24ore, all’Huffington Post di cui riportiamo, per concludere, questa candida chicca a mo’ di sintesi: “Com’è possibile esprimere preoccupazione per la vita democratica e non per la vita? La vita non viene forse prima della democrazia, non viene forse prima di tutto?”…

Nessuno pare accorgersi di questo clima da MinCulPop e ciò è davvero deprimente: i famosi “anticorpi” democratici e costituzionali, la cui presenza nella nostra società avanzata davamo ormai per abbondante ed assodata, o non ci sono più o non funzionano. Né sembra esserci alcun vaccino all’orizzonte… Ci rimane solo di seppellire tutto con un’amara risata51.

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UN SUCCESSO DA REPLICARE?

3 agosto – Mi sbaglierò, ma sentire dire, continuamente e con dovizia di particolari, che non possiamo comparare l’Italia con la Svezia e poi sentire al GR3 di stamattina un servizio encomiastico sul Bhutan, un po’ mi sconcerta. E anche andando ad approfondire – come cerco di fare sempre – presso le fonti o su altri giornali, la sensazione rimane.

Il Buthan? Un paese di 760.000 abitanti (meno della mia regione), con un’età mediana della popolazione di 28,1 anni (in Italia è di 47,3), con un tasso di inurbamento del 42,3% (in Italia è del 71%), può essere comparabile con noi? Può costituire un esempio per i suoi soli 2 morti totali (3 per milione) e i suoi 2500 “casi” totali (3200 per milione) e per come si sono tutti lodevolmente vaccinati?

Boh, così dicono dall’UNICEF (la nota da cui il tam tam di questi giorni è partito, ripresa in modo più o meno approfondito sui media italiani e stranieri), ma se ne parlava già alcuni mesi fa sul sito statunitense The Atlantic (come ripreso anche in Italia sull’Huffington Post)52.

Sarà, ma lo sconcerto rimane…

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I DATI DEL PROFESSORE E QUELLI DELL’IDIOTA

9 agosto – Un amico mi ha chiesto di verificare alcuni dati riguardanti il Regno Unito, dopo aver sentito al telegiornale di SkyTG24 di ieri 8/8 questa accorata denuncia dell’esperto di turno – Davide Tosi, ricercatore in informatica presso l’Università dell’Insubria: “Sono stufo di sentirmi ripetere tutti i giorni che le scuole in Italia sono sicure e poi abbiamo visto cos’è successo a settembre 2020, abbiamo visto cos’è successo ad aprile 2021, abbiamo visto cosa è successo in UK, perché continuare a ripetere che le scuole sono sicure, che i ragazzi non si ammalano di covid e non hanno nessun problema con il covid, non è vero, perché in UK con il penultimo report del Public Health England abbiamo visto che nelle terapie intensive ci finiva nella maggior parte dei casi la fascia di età 15-24 e 24-44 quindi i ragazzi giovani finivano in terapia intensiva. Io non voglio più sentir dire che i ragazzi non si ammalano di covid, che a loro il covid non fa niente, che le scuole sono in sicurezza in Italia, perché così non è”. Il mio amico ha ragione, la questione sembra meritare un approfondimento…

Non mi soffermerei su quanto successo nelle scuole italiane a settembre 2020 ed aprile 2021, cioè nulla di grave, se non cluster di semplici contagi che hanno comportato – stanti le demenziali norme in vigore – chiusure e quarantene, ma nessun aumento di casi gravi (né tanto meno di morti) tra i bambini e giovani o stragi tra il personale scolastico. Desta invece più interesse il riferimento al Regno Unito, in cui la situazione delle fasce più giovani sembrerebbe in aperta controntendenza con tutta l’enorme mole di dati di cui fino ad oggi disponiamo su scala mondiale.

Leggendo questo famoso “penutimo report” (che in realtà parla solo dell’Inghilterra e non del UK, ma non importa) e scandagliando anche i dati ufficiali UK nelle apposite sezioni dei siti del governo inglese, del NHS (il Servizio Sanitario Nazionale) e del ONS (l’istituto nazionale di statistica, l’equivalente del nostro ISTAT), ho evinto quanto segue.

In effetti il tasso di ricoveri, in questo periodo confrontato con i picchi di gennaio, è più alto tra le fasce giovanili che non tra gli anziani, come si può vedere da questo grafico del ONS:

che in buona sostanza ricalca quanto si ricava dai dati sui ricoveri del NHS (il grafico l’ho fatto io, per semplicità, a partire dalla 2a settimana di gennaio):

nonché i dati del suddetto “penultimo report” del Public Health England (a pag. 53) riferito, in questo caso, alle terapie intensive:

L’interpretazione di questi “strani” dati è tuttavia piuttosto semplice. La prendiamo dal sito ONS (si riferiscono all’Inghilterra ma, come detto, li possiamo considerare validi per tutto il UK): “I tassi di ricovero ospedaliero continuano a essere più elevati tra i gruppi di età più avanzata, ma sono stati molto più bassi nella settimana terminata il 1° agosto 2021 rispetto al picco di metà gennaio (settimana terminata il 17 gennaio 2021). Tra quelli di età compresa tra 45 e 54 anni, le ammissioni erano un quarto del loro picco di metà gennaio, mentre tra quelli di età pari o superiore a 85 anni erano quasi 13 volte inferiori. Tuttavia, i tassi di ammissione nei gruppi di età più giovani erano simili a quelli osservati a metà gennaio. Le differenze di età nei tassi attuali rispetto a quelli osservati a metà gennaio probabilmente riflettono la priorità dell’età del programma di vaccinazione in Inghilterra”.

Infatti, come si può vedere da questo grafico:

la vaccinazione per le fasce più anziane è pressocché completata, mentre quella per la fasce giovanili è ancora abbastanza indietro. Pertanto ecco svelato l’arcano: i ricoverati giovani sono percentualmente di più perché essi sono di gran lunga meno vaccinati degli anziani. Inoltre i numeri dei ricoveri tra i giovani sono sostanzialmente gli stessi di gennaio; pertanto ecco svelato un corollario dell’arcano: in un momento in cui circola massivamente una nuova variante (il virus fa il suo lavoro, cerca di sopravvivere) i non vaccinati si ammalano di più, ma non più di quando circolava massivamente la variante precedente.

Ad ulteriore riprova, l’ONS riporta il seguente grafico (dati delle ultime settimane disponibili):

ricordandoci che “i recenti tassi di positività al COVID-19 sono stati più bassi nei gruppi di età più avanzata, ma i tassi di ricovero ospedaliero e i decessi sono stati più alti. I tassi di positività sono stati più alti tra i bambini in età di scuola secondaria (anni scolastici da 7 a 11) e più bassi negli adulti di età pari o superiore a 70 anni nell’ultima settimana (settimana terminata il 31 luglio 2021). I tassi di ricovero ospedaliero sono rimasti più alti nelle persone di età pari o superiore a 75 anni (settimana terminata il 1 agosto). Il numero di decessi per COVID-19 è aumentato in tutte le fasce di età dai 15 anni in su (settimana terminata il 23 luglio, Inghilterra). Il numero di decessi per COVID-19 è stato più alto in quelli di età pari o superiore a 85 anni e più basso nei bambini di età pari o inferiore a 14 anni”.

Tuttavia, si potrebbe obiettare, il Prof. Tosi parlava più specificamente del fatto che “con il penultimo report del Public Health England abbiamo visto che nelle terapie intensive ci finiva nella maggior parte dei casi la fascia di età 15-24 e 24-44, quindi i ragazzi giovani finivano in terapia intensiva”. Andiamo allora a cercare le tabelle con i numeri in questa pagina del PHE, per capire meglio. Ed eccoli qua i numeri, relativi alle ammissioni alle terapie intensive e semi-intensive, per sesso ed età, in Inghilterra:

(Per facilitare il ragionamento, ho riunito più tabelle “b” dai diversi rapporti ufficiali più recenti – la “a” è sempre la stessa in tutti i rapporti – ed ho aggiunto, in italiano, alcune voci)

Anche se le classi citate dal Prof. Tosi (15-24 e 24-44 anni) non sono visibili, tuttavia il ragionamento si può fare per le fasce 10-39 anni oppure, se si vuole dare maggior peso alla fascia scolastica, 5-29 anni; bisogna anche premettere che i numeri sono molto piccoli (in relazione ad una popolazione di 55 mln. di abitanti) e quindi poco significativi, specialmente se si vuole valutare la loro variazione nel tempo. Ebbene, da questi numeri innanzitutto si capisce perché il Prof. Tosi insiste sul “penultimo report”, ed è proprio perché se avesse preso l’ultimo (o quelli precedenti) le percentuali sarebbero drasticamente ridotte e, alla luce delle considerazioni sopra fatte, decisamente meno sconcertanti, perdendo perciò gran parte dell’effetto terrorizzante. E vieppiù tale effetto si riduce se si considerano i numeri assoluti (e se si confrontano con quelli delle settimane di picco, riportati nella prima tabella, la “a”), dal momento che, in questa fase dell’andamento epidemico, le percentuali risentono della bassa numerosità delle fasce anziane, che non vanno più in terapia intensiva grazie alla campagna vaccinale, la quale, invece, non ha ancora raggiunto la maggioranza dei giovani; in pratica, come abbiamo già visto sopra anche per i ricoveri UK in generale, nelle TI non sono tanto i giovani ad essere aumentati, quanto piuttosto gli anziani ad essere drammaticamente diminuiti ed è questo che rende il dato percentuale poco significativo (e non comparabile con il periodo pre-vaccino). Ricordiamo, infine, un’altro elemento, purtroppo non visibile nei numeri, ma che possiamo ragionevolmente ipotizzare, pur con tutte le cautele del caso, cioè che in questi piccoli numeri possa essere alta l’incidenza dei soggetti “deboli”, cioè bambini e giovani già malati, con gravi disabilità, immunodepressi, etc. e quindi a maggior rischio di contrarre la malattia grave.

Quindi, mi spiace per il Prof. Tosi, non solo i dati inglesi non fotografano affatto questa ecatombe di bambini e giovani, ma anzi ci confermano esattamente quello che da mesi ci dicono anche i dati italiani (dashboard ISS – dati ultimi 30 gg):

(Lo stato “severo” – colore arancio – indica il ricovero in ospedale, quello “critico” – colore rosso – indica i casi in terapia intensiva)

cioè che i giovani si contagiano di più, ma si ammalano molto di meno degli anziani e questo non solo ora che gli anziani sono di gran lunga più vaccinati dei giovani. Nell’ultimo Bollettino Covid dell’ISS del 4/8 si legge infatti che “un altro effetto della campagna vaccinale è la diminuzione nell’età mediana dei casi di COVID-19, dato che le categorie vaccinate prioritariamente sono state le fasce di età più avanzate”; nel contempo però “l’età mediana dei casi al primo ricovero è leggermente aumentata nell’ultima settimana (52 anni), così come l’età dei casi al decesso (82 anni). L’età mediana all’ingresso in terapia intensiva è risultata pari a 61 anni”, come si vede da questi grafici:

La nostra “accorata” informazione, ancora una volta, ha preso un granchio. Ma chi se ne frega, tanto non se ne accorge nessuno: chi mai sarà l’idiota che butta via mezza giornata per andare a cercare i dati e verificare? Intanto però, il professore, in pochi secondi e con una semplice affermazione sostanzialmente infondata, ha potuto terrorizzare qualche milione di telespettatori. E il danno è irreparabile.

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PROPAGANDA, SENZA NEANCHE UN PO’ DI DECENZA

12 agosto – Lo so, devo smetterla di ascoltare anche il mio GR3 del mattino, un tempo piccolo baluardo dell’informazione giornaliera essenziale e relativamente approfondita, oggi uno dei tanti propugnatori del pensiero unico del virus, quando non addirittura strumento della propaganda “MinSalPop”…

Due le coltellate infertemi oggi. Cominciamo con la prima, citando testualmente: In Italia sono quasi 7000 i nuovi casi di covd, 31 i decessi. Ad un mese dall’inizio della scuola il commissario Figliuolo annuncia che gli over 12 si potranno vaccinare senza prenotazione dal 16 agosto mentre si attende l’autorizzazione per i più piccoli. A Latina un bimbo di due anni è finito in ospedale, i genitori non erano vaccinati. Il focolaio si è manifestato a Formia in una famiglia di persone non vaccinate, in sette si sono contagiati, il più grave il papà quarantenne finito in terapia intensiva mentre in ospedale pediatrico a Palidoro c’è il piccolo di due anni assieme alla madre, ma non è il solo. Alberto Villani, pediatra del Bambino Gesù di Roma: “Nelle ultime settimane i pazienti in età evolutiva positivi sono aumentati e sono anche aumentati i bambini che necessitano di cure ospedaliere”. Quindi anche i più piccoli rischiano di ammalarsi? “Sono morti purtroppo 30 soggetti in età evolutiva ed alcune centinaia di ragazzi e bambini tra zero e 18 anni hanno avuto necessità di cure in terapia intensiva, con una degenza media di sette giorni”. Per questo ora, a ora pochi giorni dall’apertura della scuola, l’obiettivo principale della campagna vaccinale è la fascia tra i 12 e i 17 anni: ”avere quanti più ragazzi vaccinati è una garanzia per loro ma anche per tutti coloro che li frequenteranno”.

Obiettivo del GR3 di oggi è quindi quello di propagandare la vaccinazione dei bambini e dei ragazzi (il nuovo campo di battaglia del generalissimo Commissario) e lo fa spingendo sulla leva del terrore53. L’esempio della famiglia non vaccinata di Formia (da alcuni giornali54 descritta come no-vax e il padre spesso non portava la mascherina – sic!) col bambino di due anni ricoverato, fa certamente al caso, meglio ancora se corroborata dal parere di un esperto di bambini che, possibilmente, non sappia fare di conto. Ecco infatti l’informazione che passa, col processo logico sotteso alla notizia:

1) aumentano i bambini ed i ragazzi che si contagiano

2) aumentano i bambini ed i ragazzi che hanno bisogno di cure ospedaliere

3) anche i bambini ed i ragazzi muoiono e vanno in terapia intensiva come gli altri

4) per questo è necessario vaccinarli tutti, per la loro tutela (non solo per proteggere i fragili che vengono a contatto con loro, come si diceva una volta).

Non fa una piega. Peccato che:

1) sono mesi che – grazie al cielo, essendo questo un formidabile veicolo di immunizzazione – i giovani sono quelli che si contagiano di più (l’età mediana dei positivi negli ultimi 30 giorni è di 27 anni, dall’inizio della pandemia l’età mediana è 46 anni) e sono quelli che si ammalano di meno (e non solo della malattia grave, anche della malattia lieve); negli ultimi 30 giorni, la fascia 0-19 costituisce oltre il 25% dei contagi rilevati;

2) non so se sono aumentati negli ultimi giorni (è possibile, visto che appartengono a fasce non vaccinate) ma comunque, nella fascia 0-19, da inizio pandemia si sono verificati ricoveri ospedalieri nello 0,6% dei casi e terapia intensiva nello 0,04%; e ricordo che, in questi dati dell’ISS (basati su un campione opportunistico di 221.330 casi analizzati), sono pesantemente sottorappresentati gli asintomatici ed i paucisintomatici, circostanza che fa enormemente diminuire, nella realtà, le già piccole percentuali di cui sopra.

3.a) i 31 morti da inizio pandemia (oltre 1 anno e mezzo) nella fascia 0-19 costituiscono lo 0,02% dei morti totali, ma, insistendo nella stessa fascia circa il 16% dei contagi totali rilevati, il tasso di letalità (apparente, lo ricordiamo) tra gli 0-19 è del 0,004%, cioè praticamente zero. Di questi 31 morti non ho dati sulle condizioni di salute preesistenti al covid, ma, presupponendo che siano nella media dei dati ISS, possiamo presumere che almeno 25 fossero già in condizioni di grave fragilità prima di contrarre il virus. Quindi, se non sono già gravemente malati, i bambini ed i ragazzi non muoiono di covid. Giusto per la cronaca, nello stesso periodo sono morti in Italia circa 60 bambini (sicuramente in gran parte sanissimi) in incidenti stradali;

3.b) le “alcune centinaia” di ragazzi e bambini che sono andati in terapia intensiva sono in realtà meno di 15 sui 46.700 casi analizzati nei documenti ISS; ammesso che tale proporzione sia applicabile all’intera platea dei positivi nella fascia d’età 0-19 (circa 700.000 da inizio pandemia), possiamo inferire che i ragazzi e bambini che sono andati in terapia intensiva sono stati fino ad oggi circa 280. Numero che può sembrare elevato in termini assoluti, ma in realtà costituisce non oltre lo 0,04% dei positivi nella fascia 0-19 (in realtà, come detto sopra, molto di meno, a causa del grandissimo numero di asintomatici e paucisintomatici che sfuggono al tracciamento), quindi, con pratica certezza, possiamo ragionevolmente affermare che bambini e ragazzi non vanno in terapia intensiva per covid, tranne che in casi sporadici, statisticamente irrilevanti;

4) posto che, data la sostanziale sicurezza di tutti i vaccini autorizzati e dato che ormai li abbiamo già acquistati spendendo un sacco di soldi, è bene che tutti si vaccinino così (forse) questa follia finirà, non si riesce a capire in alcun modo la psicosi vaccinale imperante, con la sua assurda caccia al singolo non vaccinato e l’ancor più ridicolo obiettivo della copertura completa della popolazione a prescindere dagli effettivi rischi di malattia55. Stanti gli attuali numeri della campagna vaccinale, ben sintetizzati in questo grafico (fonte Lab24):

in Italia abbiamo già una copertura vaccinale più che sufficiente per tornare a vivere sin da ora senza limitazioni e senza paura, anche se rimanessero non vaccinati i bambini, i perplessi, i riottosi ed i rincoglioniti no-vax.

Alla luce di questi dati (che, lo ripeto fino allo sfinimento, sono quelli ufficiali di ISS e Ministero) potete giudicare da soli la notizia data dal GR3.

GR3 che si è subito dopo ripetuto, con questa perla, nella pagina delle notizie dall’estero (ne seleziono alcuni passi, chi vuole la può sentire per intero sul sito del GR3): Torniamo però in Myanmar dove il covid (…) diventa strumento di repressione selettiva, arma contro gli oppositori nelle mani del regime militare. (…) Intanto, fra la diffidenza della gente, continua la campagna vaccinale, i militari fanno sapere che il programma non comprende i roinja, la minoranza musulmana che vive schiacciata in campi profughi (…) e così, mentre la gente si cura e muore nelle proprie abitazioni rendendo irrealistiche le cifre ufficiali, certo certissimo è il numero dei morti per il colpo di Stato: ad oggi oltre 900.

Ah, il caro vecchio “singhiozzo dell’uomo bianco”, singhiozzo che con la pandemia ormai si rivolge solo a se stesso, cercando di presentare il mondo intero come vittima della “influenza cattiva”, una malattia grave ed inedita solo nelle fantasie irrazionali del mondo ricco-anziano-pasciuto. Così, siccome ci fa comodo, le cifre della pandemia in Myanmar diventano “irreali”, perché 227 morti per milione di abitanti (12.500 in tutto) in un paese con l’età mediana di 29 anni, alle prese con ben altre emergenze, sono comunque troppo lontane dai nostri 2.126 morti per milione… Che importa se tutti i paesi limitrofi sono sullo stesso ordine di cifre (Thailandia 99, Bangladesh 141, India 308), avendo età mediane della popolazione simili? E sorvolo sul regime cattivo che usa la malattia mortale, come se non fosse già abbastanza cattivo senza (un po’ come si fa con Bolsonaro che ci sembra un delinquente solo ora che fa il negazionista…) e sulla popolazione ignorante e fuorviata che è diffidente verso il vaccino (per una malattia tra le tante che hanno e nemmeno la peggiore)…

Ma va beh, ormai va così…

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I DUBBI DEL MOMENTO. E NON SOLO.

18 agosto – Sono giorni che, con un paio di amici, ci scervelliamo per capire cosa sta succedendo. Infatti, da un po’ di tempo, i dati della pandemia mostrano alcune incongruenze che non riesco a spiegarmi: mi riferisco in particolare all’aumento di ricoveri e di morti in questo periodo estivo 2021, in cui gran parte della popolazione (specialmente quella più fragile) è vaccinata, e segnatamente in confronto allo stesso periodo del 2020, quando nessuno era vaccinato; e tutto questo non solo in Italia, come mostra la seguente tabella in cui ho raccolto i dati di alcune nazioni56 (Dati Our World In Data e RKI):

La spiegazione ufficiale per questa strana situazione è che c’è la variante delta e la maggioranza dei ricoverati e dei morti è non vaccinata. A parte che non è esattamente così dappertutto (si veda, ad esempio, il caso dell’Islanda che, per le sue caratteristiche di relativo isolamento, costituisce quasi uno studio in vivo; e situazioni analoghe si riscontrano anche altrove, compreso da noi, sebbene la narrazione dominante dica di no), ma anche se fosse: perché i “non vaccinati” dello scorso anno non andavano in ospedale e non morivano come i “non vaccinati” di quest’anno? La risposta è nella variante delta, che l’anno scorso non c’era e che ora è ampiamente dominante? Boh, le differenze tra i due periodi sono così marcate che la spiegazione sembra insufficiente: infatti, non ci sono evidenze che le varianti comportino maggiore rischio di ospedalizzazione o morte, semmai possono essere maggiormente contagiose, ma sappiamo che la maggior parte dei contagi è attualmente tra gli under 40, i quali, in assenza di gravi patologie preesistenti, tendenzialmente non muoiono né vanno in ospedale. Quindi i conti non tornano…

Altre ipotesi? Voglio dire, a parte quelle assurde dei vaccini che infettano o dell’alta incidenza dei morti a causa degli effetti collaterali dei vaccini stessi…57.

I vaccini non funzionano? A parte le note e relativamente piccole percentuali di inefficacia58, niente lo fa pensare, anzi sembra di assoluta evidenza la riduzione della malattia severa e l’impatto sul numero dei morti; sul fatto che possa ridurre anche il rischio di contagio ci sono invece pareri discordanti, ma tendenzialmente dovrebbe avere un effetto anche su questo versante.

Allora? Beh, un articolo apparso oggi sul blog di Nicola Porro, a firma di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi (che propongono spesso interessanti letture, anche se quasi mai sono d’accordo), riporta un paio di studi (uno del 2015, uno più recente) che gettano una nuova luce sulla questione e, sebbene l’assunto dell’articolo sia un altro (che condivido poco), tuttavia esso suggerisce (almeno a me) un’ipotesi interessante e cioè che la strategia della vaccinazione di massa combinata con lockdown e misure prolungate di distanziamento, obbligo perpetuo di mascherine, etc. in luogo di quella della vaccinazione mirata dei soli fragili combinata con l’immunizzazione naturale di tutti gli altri per mezzo della circolazione del virus, parrebbe essere stata una grossa stronzata59

Leggete l’articolo, si fa presto. Faccio notare, tra l’altro, che i numeri della tabellina di cui sopra relativi alla vituperata Svezia (che ha dati migliori dei nostri nonostante non abbia mai chiuso nulla), nonché quelli della prudente Germania (la quale, checché se ne dica, non ha mai applicato norme insensate come le nostre) sembrerebbero confermare questa ipotesi. Ed anche questo illuminante documento dell’Istituto Mario Negri suggerisce, a mio parere, di avere maggiore fiducia sia nei vaccini che nell’immunizzazione naturale.

Sarà una stupidaggine? Boh, può darsi. Ma è innegabile che spiegherebbe molte cose. E che, finalmente, troverebbero conferma le nozioni di biologia che ho studiato sin dalle scuole medie, più di 40 anni fa, e che, con mia enorme e tuttora inesaurita meraviglia, sembrano completamente scomparse in qualunque odierno ragionamento. Non è poco, di questi tempi.

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OBBLIGO VACCINALE PER IL COVID-19?

25 agosto – L’obbligo vaccinale per il Covid sembra mettere d’accordo tutti, dai medici ai costituzionalisti, dai politici di sinistra a quelli di destra, dagli intellettuali agli ignoranti. Ma (e forse proprio per questo strano, inedito ed inquietante fronte granitico) due domande sorgono spontanee.

Innanzitutto: la nostra Costituzione lo permette? La risposta è sì. Lo spiega il costituzionalista Sabino Cassese in una recente intervista: “La Costituzione dispone che possono essere introdotti trattamenti sanitari obbligatori, ponendo un solo limite: quello di farlo per legge. Quindi richiede un intervento del Parlamento. Inoltre la Costituzione stabilisce che la Repubblica tutela la salute, aggiungendo che lo fa sia per tutelare un diritto dell’individuo, sia per assicurare un interesse della collettività. La conseguenza di queste due disposizioni è molto chiara. Possono essere disposti trattamenti sanitari obbligatori. La Corte Costituzionale ha aggiunto che la legge che li dispone deve essere non discriminatoria e proporzionata”. Cesare Mirabelli, presidente emerito di quest’ultima, ribadisce: “La vaccinazione è un atto medico che possiamo considerare intrusivo rispetto alla persona e perciò la base normale di ogni atto medico è la volontarietà. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, dice la Costituzione, come principio. E però l’obbligo può esserci, secondo la stessa Costituzione, con una disposizione di legge. Occorre una garanzia della fonte, non può essere un atto del governo a imporlo. (…) La legge lo può fare se risponde a determinati requisiti. Anche qui il principio costituzionale è che la salute è fondamentale diritto dell’individuo ma anche che deve essere tutelato l’interesse della collettività, cioè proteggere la salute di tutti e bloccare il diffondersi di malattie contagiose di questo tipo. L’obbligo di vaccinazione è previsto in altri casi e alcune malattie sono state debellate ricorrendo proprio alla vaccinazione. Perché l’obbligo possa essere imposto deve essere ragionevole. L’obiettivo deve essere la tutela della salute, che deve richiedere uno strumento tale e penso che di fronte a una pandemia con conseguenze così gravi come un numero così alto di morti e nel caso in cui non si raggiunga un certo numero di vaccinati la giustificazione è da ritenere esistente”.

A questo punto, quindi, sorge la seconda domanda: nel caso del nostro Covid-19 questi requisiti, che tutti ritengono scontati, sussistono davvero? Cioè possiamo applicare alla odierna situazione le stesse valutazioni che originarono gli altri obblighi vaccinali vigenti?

A tale proposito occorre dire che in Italia le vaccinazioni obbligatorie sono pochissime (una dozzina) e tutte a fronte di malattie con elevati tassi di letalità e/o con gravi impatti sulla sopravvivenza o la qualità di vita dei bambini (e degli adulti che essi diventeranno). Se ne può avere facilmente contezza spulciando questa pagina del Portale Vaccinazioni del Ministero della Salute, da cui si evince anche che tutte le vaccinazioni obbligatorie sono limitate esclusivamente ai bambini e ad alcune categorie di lavoratori. Di seguito un piccolo schema riepilogativo:

VaccinoObbligo perLetalità della malattia o altri elementi di pericolosità
DifteriteBambini20-30%, fino al 50% durante le epidemie (fonte Wikipedia)
5-15% negli USA (fonte CDC)
PertosseBambini13% prima dei vaccini, 0,5% prima dei vaccini ma con gli antibiotici, 0,1% oggi (fonte Eurosurveillance)
PoliomieliteBambini5-10% (fonte ISS)
MeningiteBambini10-20% (fonte ISS)
Epatite BBambini1% in media, ma più alta tra gli over 40. Evolve in epatite cronica nel 90% dei bambini contagiati (l’epatite cronica causa cirrosi e tumore nel 90% di casi) (fonte ISS)
MorbilloBambini0,1-0,2% nei paesi sviluppati, 10% nei paesi sottosviluppati. Alta incidenza di complicanze gravi, soprattutto per gli adulti (fonti ISS e Wikipedia)
ParotiteBambini0,01%. Rischi di sterilità per gli adulti (fonti ISS e Wikipedia)
RosoliaBambiniComplicanze nel 70% dei casi, gravi rischi per il feto durante la gravidanza (90%) (fonte ISS)
VaricellaBambiniGravi rischi di complicanze per adolescenti ed adulti, alto rischio di malformazioni e 30% di letalità per i neonati (fonte ISS)
TetanoBambini Lavoratori Sportivi agon.20-80% (fonte Orphanet)
Attualmente 11% negli USA (fonte CDC)
TubercolosiLavoratori16% (fonte ISS)
TifoLavoratori*10% (fonte ISS).
* Non è più una vaccinazione obbligatoria, salvo disposizioni regionali in caso di necessità.

Dallo schema si evince che il legislatore italiano ha deciso per l’obbligo vaccinale solo in pochi e selezionati casi, in relazione a malattie ad alta letalità e/o estremamente pericolose e invalidanti, e soltanto per determinate fasce di popolazione. Tutte le altre vaccinazioni (e sono parecchie) sono volontarie e, al massimo, raccomandate per talune categorie di persone a rischio (e in tal caso gratuite).

Veniamo al caso del Covid-19 e cerchiamo di capire se disporre un obbligo vaccinale erga omnes (che già di per sé non ha precedenti nel nostro ordinamento) sia almeno coerente con quanto disposto fino ad oggi in materia dal legislatore italiano. E qui, come altre innumerevoli volte ricordato in queste pagine, ritorna prepotente il problema dei numeri della pandemia. Infatti il tasso di letalità (indice importantissimo per definire la pericolosità di una malattia, dato dal numero dei morti su numero dei malati) purtroppo non è immediatamente disponibile perché, mentre conosciamo precisamente (forse) il numeratore, cioè il numero dei morti, non sappiamo praticamente nulla del denominatore, cioè il numero di coloro che fino ad oggi hanno contratto la malattia. L’unico tasso di letalità che possiamo facilmente calcolare, coi dati a nostra immediata disposizione, è il tasso di letalità apparente, cioè numero di morti su numero dei contagi rilevati; ma sappiamo bene che i contagi rilevati sono solo una parte dei contagi reali (al 15/7/2020 erano 1/6, oggi chissà – ne ho parlato molte volte, ad es. qui), né possiamo presumere che i contagi rilevati possano costituire un “campione” tale da permettere un qualche trattamento statistico del dato (si tratta di un campione opportunistico, cioè costruito non per un fine non statistico, ma per un fine altro, il famoso “tracciamento”), quindi questo tasso “apparente”, di fatto, non ha significato. E lo prova anche l’estrema variabilità di questo dato nei diversi paesi del mondo (quando ad oggi, con i grandi numeri raccolti in un anno e mezzo, i dati dovrebbero sostanzialmente essere allineati): si va dal 9,23% del Perù o il 7,84% del Messico, al 4,9% della Cina o al 4,7% del peggiore dei paesi europei (la Bulgaria), al 2,85% dell’Italia, al 2% dell’UK, all’ 1,7% di Francia e Spagna, fino ad arrivare allo 0,54% della Norvegia (la migliore in Europa) e giù giù fino allo 0,07% di Singapore. Direi che è chiaro: il tasso di letalità apparente ci dice ben poco…

Tuttavia, volendo cercare di stimare un tasso di letalità minimamente sensato a partire da un numero di contagiati più coerente con le stime suddette (non solo italiane), potremmo mettere in relazione i 129.000 morti alla data odierna con qualcosa come circa 27 mln. di contagiati complessivi (e non 4,5 come rilevato dai tamponi), ottenendo un sicuramente più sensato tasso di letalità “plausibile” dello 0,48%, probabilmente esso stesso sovrastimato quanto ai contagi (che potrebbero essere di più di 6 volte quelli rilevati, dopo un anno dalle prime stime) ma altrettanto probabilmente mitigato dalla campagna vaccinale (che, come si sa, impatta sul numero di morti e di malati gravi)…

Quindi il tasso di letalità è molto più basso di quello delle malattie per le quali fino ad oggi si è ritenuto giustificato, in Italia, l’obbligo vaccinale. Solo le cosiddette malattie esantematiche dei bambini hanno tassi di letalità inferiori, ma esse sono oggetto di obbligo a causa della gravità della malattia e/o delle conseguenze a breve e/o lungo termine. Allora forse dovremmo considerare la gravità della malattia Covid-19. Per fare questo ci vengono in aiuto i dati (aggiornati quotidianamente) dell’Istituto Superiore di Sanità; eccoli qui, aggiornati al 17/08/21, riuniti, per comodità, in una tabella che ho costruito io:

Fonte ISS

I dati che subito saltano all’occhio sono certamente quelli evidenziati nella colonna verde (percentuale dei contagiati per fascia d’età; si noti che la grande maggioranza dei contagiati ha meno di 50 anni), quella gialla (percentuale dei contagiati – sempre per fasce d’età – che nemmeno si accorgono di avere la malattia o, alla peggio, se la cavano con sintomi lievi come quelli di una normale influenza), nella colonna arancio (morti distinti per fascia d’età; si noti che sommando i morti sotto i 50 anni si arriva a poco più dell’ 1% del totale) e infine nella colonna viola (letalità apparente per fascia d’età)60.

Considerando i numeri della colonna gialla, e sapendo che in essi sono pesantemente sottrappresentati gli asintomatici ed i paucisintomatici (che in massima parte sfuggono al tracciamento), direi che neanche sotto il profilo della gravità della malattia possiamo affermare che l’obbligo vaccinale sia giustificato.

E, considerata la bassa incidenza della malattia grave e della letalità nelle fasce sotto i 50 anni (che – va sempre tenuto presente – nel contempo sono quelli che si contagiano di più e sappiamo che il vaccino tendenzialmente non protegge dal contagio, ma solo dalla malattia), è soprattutto l’obbligo per tutti indistintamente che appare senza fondamento.

Sorvolando, poi, sul fatto che, come diventa sempre più evidente col passare del tempo, il perseguimento dell’immunità di gregge col vaccino è un obiettivo totalmente senza senso (e lo avevamo ampiamente segnalato già diversi mesi fa).

Questo almeno dicono i numeri. Basterà?

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ZERO

28 agosto – Riparte la tiritera riguardo alla pressione del covid sugli ospedali. Anche nell’ultima conferenza settimanale, i neo-divi dell’ISS (una volta giustamente sconosciuti, oggi sulla cresta dell’onda) insistono sul tema: “aumenta purtroppo il tasso di occupazione dei posti di area medica e di terapia intensiva, rispettivamente intorno al 7,1% e al 5,4%. Alcune regioni si stanno avvicinando alla soglia critica [20 e 10% rispettivamente per passare in zona gialla. N.d.r.]”. Tra un po’ (siamo ormai vicini all’autunno e, come in tutte le epidemie di virus respiratori, assisteremo – e, non si sa perché, anche stavolta attoniti – al normale innalzamento delle curve) non si parlerà d’altro e rivedremo le file di ambulanze ai pronto soccorso, ascolteremo gli appelli accorati degli infermieri sui social media, guarderemo con terrore le percentuali superare le famose “soglie critiche” (fissate a nostro stesso arbitrio, ma passate come un dato di natura). Il tutto ovviamente per colpa del virus maligno e cieco e, variamente miscelati, della movida, dei giovani che cercano di vivere, di quattro no-vax, delle poche mascherine all’aperto, ecc.; e non certo per colpa nostra, popolo di ignoranti, analfabeti funzionali, tendenti al panico, affamati di magia e duci, incapaci di pianificare e organizzare61 (siamo alla terza onda periodica e ancora niente), guidati da una classe politica e intellettuale che sono pure peggio di noi…

Insomma, gli ospedali ed i servizi sanitari stanno lì apposta per curarci, spesso anche con fatica, a volte addirittura con abnegazione, mentre viviamo, facciamo cose, lavoriamo, stiamo insieme, facciamo sport, viaggiamo… A questo servono e questo devono fare, che lavorino all’1 o al 101%; sta poi a noi (e a quelli che eleggiamo) fare in modo che essi siano messi in grado di farlo al meglio, con le giuste risorse, con tutti gli strumenti, con la necessaria organizzazione. Da tempo passa invece il concetto che siamo noi che non dobbiamo ammalarci e che, a questo scopo, dobbiamo vivere il meno possibile, in modo da non disturbare il Sistema Sanitario. Un’inversione logica senza senso, quando siamo ormai ben lontani da quei due mesi di passione (marzo-aprile 2020, quando abbiamo risposto col panico e la disorganizzazione ad un evento inatteso, andando lì sì sotto pressione) che motivarono giustamente alcune scelte drastiche, reiterate poi ad libitum, in quel florilegio di assurdità che ormai mi sono anche stancato di raccogliere…

E ora, dopo il “contagio zero“, gli “zero morti“, gli “zero non vaccinati” (e con “zero tolleranza“), puntiamo anche allo “zero ricoveri”. Mah…

Ma, in fondo, c’è qualche “zero” che abbiamo già raggiunto. Si legga, ad esempio, questa intervista a Sergio Abrignani sul Corriere della Sera, capitatami sott’occhio stamattina. Tra le diverse giuste considerazioni e qualche interpretazione pure un po’ azzardata (la buona estate scorsa figlia del lockdown, ma si dimentica che oggi siamo figli di quello “mascherato” del periodo ottobre – maggio; e che la Svezia non ha fatto alcun lockdown e sta meglio di noi…), c’è una perla che va citata, dal momento che trasforma un immunologo dell’Università Statale di Milano e autorevole membro del CTS, in un frequentatore del Bar Sport: «Proporrei l’obbligo vaccinale perché le malattie infettive le contieni quando vaccini tutti e lo abbiamo visto con la polio, il vaiolo e altre malattie. Mi chiedo come sia possibile che con una malattia infettiva come il Covid che ha rischiato di distruggere la nostra economia e solo in Italia ha ucciso 130 mila persone ci sia ancora chi si interroga se sia opportuno o no vaccinarsi». Complimenti per la sintesi, in poche righe abbiamo inanellato tutte le migliori boiate qualunquiste del momento: covid = polio o vaiolo; un organismo di natura non cellulare e di dimensioni submicroscopiche, incapace di vita autonoma, ma distruttore di economie ed altre acquisizioni millenarie dell’incolpevole essere umano; il covid che uccide indistintamente (non quasi solo i molto anziani e molto malati); i paurosi del vaccino sono dei deficienti (e non gente terrorizzata dagli stessi media ed esperti che fino a ieri li terrorizzavano con la malattia mortale e cieca), i perplessi sull’obbligo di effettuare una costostosissima vaccinazione a tutti (a prescindere, quindi, dalle evidenze della bassa rischiosità della malattia per la stragrande maggioranza della popolazione) sono solo dei rincoglioniti no-vax. Se queste sono le posizioni in seno all’onnipotente CTS, allo zero ci siamo già. E da un pezzo…

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LA SERVA NON CI CAPISCE PIÙ NIENTE. O CI CAPISCE TROPPO?

6 settembre – La serva (quella dei famosi “conti”) è sempre più disorientata. Sente parlare di obbligo vaccinale e pensa che forse siamo a corto di vaccinati; poi va a vedere i dati e si accorge che il 71% della popolazione si è già vaccinato (oltre il 90% degli ultra settantenni) e, considerato chi è in attesa di prenotazione e chi non si potrà vaccinare perché inidoneo, probabilmente siamo già ad un livello altissimo di copertura, anche più di altre vaccinazioni… Sente parlare di green pass a scuola e pensa che evidentemente si tratta di un settore molto scoperto e delicato; poi va a vedere i dati e scopre che il personale scolastico è già vaccinato per oltre il 92%, senza considerare che nella scuola ci sono solo persone under 65 anni e minori, perciò con rischi molto bassi o praticamente nulli di malattia grave o morte… Sente il suo Presidente dire “Non si può invocare la libertà per sottrarsi alla vaccinazione, come licenza di mettere a rischio la salute e la vita altrui” ed il suo Presidente del Consiglio dire: “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente: non ti vaccini, ti ammali e muori; oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore”, ma da tutte le parti sente dire che il vaccino protegge il vaccinato dalla malattia grave e dalla morte e non gli altri dal contagio… Sente parlare di vaccini per tutte le età al fine di contrastare il contagio, ma se il vaccino protegge solo dalla malattia grave e dalla morte, il tema dovrebbe a rigor di logica riguardare quasi esclusivamente i molto anziani e molto fragili, mentre per gli altri sembrerebbe inutile…

E sente di nuovo montare la psicosi dei contagi, dei positivi, del tracciamento, mentre l’autunno si avvicina con le sue inevitabili curve in salita, che però credeva stavolta ci avrebbero preoccupato di meno, visto che ora abbiamo i vaccini; e invece no…

La serva prende carta e penna e comincia a fare i conti.

Ha già capito da tempo (basta guardare anche solo gli ultimi capoversi della nota del 25/8) che il Covid-19 è una malattia poco grave per la stragrande maggioranza della popolazione e relativamente poco letale. Sa già, quindi, che è falso dire che si tratti di una malattia mortale e con gravi conseguenze sulla popolazione generale.

Tutti dicono che si tratta anche di una malattia estremamente contagiosa e infatti da qui è disceso tutto l’ambaradan delle misure dell’ultimo anno e mezzo: tracciamento, confinamenti, vaccino obbligatorio e lasciapassare, ovviamente senza abbandonare neanche oggi mascherine, sanificazioni, etc. (perché, appunto, dicono che col vaccino ci si contagi lo stesso)…

In effetti i media danno ormai per scontata questa maggiore contagiosità, in particolare con la variante Delta, e, non soddisfatti, ora si spingono anche a ipotizzare che possa essere più letale. Questo articolo sul Corriere della Sera del 4/9 è da leggere, perché emblematico: dopo aver dato per scontato che la Delta sia “dal 40 al 60 per cento più contagiosa della variante Alfa”, la giornalista riporta una ricerca dell’Università di Cambridge pubblicata su Lancet che “potrebbe spiegare l’aumento dei decessi”. Allora, il report di Lancet l’ha letto anche la serva (che è malfidata e cerca sempre di consultare le fonti), accorgendosi che, sebbene le cifre riportate sul CorSera siano sostanzialmente rispondenti, tuttavia le conclusioni dello studio, a differenza di quelle del giornale, sono tutt’altro che categoriche: il 2,3% dei pazienti con variante delta contro il 2,2% di pazienti con variante alfa sono stati ricoverati in ospedale entro 14 giorni dal prelievo del campione e il 5,7% dei pazienti con variante delta rispetto al 4,2% dei pazienti con variante alfa sono stati ricoverati in ospedale o in terapia intensiva entro 14 giorni; insomma, almeno sui dati bruti, differenze sì, ma tutt’altro che marcate. Ed anche gli indici di rischio (HR), frutto di complessa elaborazione statistica (ignota alla serva), sono pressocché simili (tranne in un caso)62. Il tutto, infine, va inscritto in un quadro di incertezze e condizionalità lungamente argomentate nella parte finale del report (su cui ovviamente la giornalista glissa, anche per giustificati motivi di sintesi), le quali limitano ulteriormente la significatività pratica delle conclusioni dello studio, le quali infatti si limitano a dire genericamente che esso “ha riscontrato un rischio più elevato di ricovero ospedaliero o di assistenza alle cure di emergenza per i pazienti con COVID-19 infetti con la variante delta rispetto alla variante alfa. I risultati suggeriscono che le epidemie della variante delta nelle popolazioni non vaccinate potrebbero comportare un onere maggiore sui servizi sanitari rispetto alla variante alfa”. Un po’ pochino per “spiegare l’aumento dei decessi”…

Va bene, comunque la serva conviene che, sebbene la cosa spieghi ben poco, la Delta sembri più contagiosa della Alfa, almeno a giudicare dalla differenza nella percentuale di positivi su test a settembre 2020 e oggi (con “la Delta ormai in Italia al 99,7%” e con i vaccini che, come dicono, proteggendo dalla malattia ma non dal contagio, non impattano su questo numero):

(Fonte GEDI Visual)

Ma a questo punto, la domanda che le frulla nella testa diventa un’altra: a prescindere dalle varianti (di cui abbiamo più volte parlato nel loro significato meramente “evolutivo”, orientato alla sostanziale endemizzazione del virus, cioè alla “pacifica” coesistenza con l’ospite umano e non allo sterminio di quest’ultimo63) SARS-CoV-2 è davvero così spaventosamente contagioso?

La serva appoggia la penna sulla carta.

Dunque, in Italia abbiamo rilevato fino ad oggi quasi 4,6 mln. di positivi per mezzo di oltre 85 mln. di tamponi, per un totale di persone testate pari a 32,9 mln.: stando a questi dati sembrerebbe che, durante tutta questa pandemia, abbiamo rilevato un 14% di tamponi positivi, ma anche che, di conseguenza, l’86% delle persone testate era negativa, cioè non contagiata.

Perciò delle due l’una:

  1. questo dato è corretto e allora la malattia non è affatto così catastroficamente contagiosa come si dice;
  2. questo dato non è corretto e allora significa che:
    • la malattia è invece più contagiosa di quanto rilevato, ma anche che
    • da oltre un anno e mezzo fondiamo tutte le nostre decisioni su un dato, quello dei cosiddetti “contagi”, che è palesemente errato (si ricordi che ben 9 dei 21 parametri per definire il colore di una regione è basato su questo numero, così come il tasso di letalità, che a tutt’oggi viene dato al 2,8% da ISS, più della Spagnola del 1917 e quasi come il vaiolo!).

Se, quindi, vale la seconda ipotesi e i 4,6 mln. di positivi rilevati sono solo una piccola parte dei contagiati reali, ne consegue logicamente:

  • che perseguire il “contagio zero” è impossibile (e lo è stato sin dall’inizio, così come continua ad esserlo oggi quando, pazzescamente, viene perseguito attraverso i vaccini)
  • e che il tracciamento a questo scopo è del tutto inutile.

La serva si mette le mani nei capelli!

Se poi consideriamo che, facendo i calcoli non sul numero errato, ma su numeri più verosimili (stando alle – ormai vecchie, ma mai considerate da chi di dovere – stime di studi fatti ovunque nel mondo, Italia compresa, potremmo ipotizzare qualcosa come 20-25 di mln. di italiani che potrebbero averlo incontrato) abbiamo il quadro di una malattia relativamente poco letale (0,5-0,6%, concentrati quasi esclusivamente nelle fasce over 70 e con 2 o più gravi malattie concomitanti) e che sappiamo ormai per certo che in oltre il 99% dei casi (e oltre il 76% nella fascia più debole, la 80-89 anni) il contagio non genera sintomi o al massimo quelli lievi di una normale influenza (e tali percentuali sono sottostimate, dato che moltissimi asintomatici sfuggono al “tracciamento”), il corto-circuito è totale.

E, quale che sia l’ipotesi corretta (dato giusto=malattia poco contagiosa; dato sbagliato=malattia più contagiosa e meno letale, tracciamento e “contagio zero” impossibili), in entrambi i casi tutto quello che abbiamo provocato (noi, non il virus, caro Letta):

  • disoccupati e attività chiuse, aumento della povertà
  • malattie gravi trascurate
  • morti senza conforto
  • due anni di scuola (per ora) buttati via, aumento dell’ignoranza e della dispersione
  • distruzione della socialità (feste, sport, riti religiosi, ballo, convivii, etc.)
  • gravi vulnera alla Costituzione (stato d’emergenza infinito, compressione delle libertà fondamentali, decretazione d’urgenza continua, etc.)

tutto ciò è stato senza motivo, senza fondamento, senza senso.

La povera serva sarà pure ignorante, ma che molte cose non quadrino nella narrazione dominante e nella testa (o nell’onestà?) del granitico fronte “politici-media-esperti-intellettuali”, lo capisce anche lei. E che rischiamo di non uscirne più.

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PROMEMORIA

7 settembre – Segnalo brevemente un paio di cose che, altrimenti, rischiano di perdersi e che invece sono importanti.

La prima è la dichiarazione di Speranza a margine del G20 dei ministri della salute, il 5/9 scorso a Roma: “Io cerco sempre di restare umile ma è un appuntamento davvero importante. Puntiamo a firmare il Patto di Roma per vaccinare gli abitanti del mondo intero”. Che statista! Che esempio luminoso! Quale lungimiranza! Evviva il benefattore dell’umanità! E suggeriamogli che, tanto che ci siamo, potrebbe essere il caso di vaccinare il mondo intero – oltre che per la malattia che uccide una tantum qualche migliaio di anziani malati dei paesi ricchi – anche per la malaria e la tubercolosi, che si portano via ogni anno due milioni di persone (soprattutto bambini e giovani); va beh solo nei paesi poveri, le cui malattie non contano, ma visto che siamo per le spese… Ah, e per invogliarlo meglio facciamogli anche sapere che il vaccino ormai centenario (sic!) per la TBC sembra torni utile anche per il Covid, così magari anche i paesi poveri ottengono qualcosa di utile dall’auspicata Grande Vaccinazione Universale…

La seconda è l’Appello dei Docenti Unversitari: “No al Green Pass”, che ha trovato pochissimo spazio sui media, e laddove anche ne abbia trovato, spesso è stato minimizzato, come ho sentito fare stamattina nel “mio” GR3 delle 8.45 dove, dopo la scarna notizia, è stato intervistato soltanto il rappresentante dei rettori italiani (ovviamente contrario all’iniziativa), senza sentire quindi nessuna voce e, soprattutto, nessun argomento relativi all’Appello. Un bell’esempio di giornalismo alla nord-coreana, complimenti.

Ce n’è una terza, che aggiungo all’ultimo. Finalmente un intellettuale di sinistra che si accorge di cosa sta succedendo (anche se lo accreditano solo i media di destra): Massimo Cacciari che interviene nella trasmissione Quarta Repubblica del 6/964. Da incorniciare.

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LA SFERA DI CRISTALLO ED IL PERO

8 settembre – Nonostante i grandi progressi scientifici che abbiamo fatto e la vastità e raffinatezza delle conoscenze che possediamo, ancora oggi ci meravigliamo e “cadiamo dal pero” di fronte alle nozioni più banali della biologia o fatichiamo ad applicare le basi della logica. Così trasecoliamo al vedere un virus influenzale respiratorio che riprende forza nella stagione fredda o un virus che, per sopravvivere, varia (generalmente in una forma meno aggressiva, in modo da non uccidere se stesso insieme all’ospite; infatti le varianti più aggressive tendono ad estinguersi) e ci stupiamo se un vaccino, che consideravamo universalmente salvifico, in taluni casi non funziona e, più in generale, ci scandalizziamo perché, nella vita, quando si è molto vecchi e/o molto malati, spesso si muore… Perciò, date le assurdità che già si sentono sui vaccini (immunizzazioni al 100%, terze e quarte dosi, etc.) a fronte di quello che inevitabilmente succederà di qui a qualche settimana, quando, ostinati come siamo nella ridicola ossessione dell’inutile tracciamento, troveremo sempre più positivi, oppure quando, come avviene negli inverni di tutti gli anni (e qualche anno peggio che negli altri), la gente ricomincerà a riempire gli ospedali e, in taluni casi, a morire, prima di tutto questo volevo far presente un paio di cosette. Giusto per non cadere dal pero, per l’appunto.

Perché – ebbene sì – anche nel prossimo inverno ci saranno contagi e malati e morti, nonostante il vaccino. E quale che sia il capro espiatorio che si individuerà a fronte di questo “scandalo” (il 10% non vaccinato, qualche migliaio di no-vax, la variante di turno, questo o quell’ambito in cui non si applica ancora il green pass, la movida, la scuola, etc.), si sappia sin da ora che tutto ciò è nella natura stessa di un’infezione virale e nella natura stessa dei vaccini per combatterla. Ed i motivi sono presto detti.

Innanzitutto gli andamenti delle epidemie da virus di tipo influenzale sono sempre più o meno gli stessi, con un aumento sostanzioso dell’incidenza nelle settimane autunno-invernali ed un radicale ridimensionamento nei mesi caldi, come si può vedere da questi due grafici, il primo relativo all’incidenza settimanale dei casi di influenza dal 2004 al 2021, di cui è evidente l’andamento stagionale (anche nei casi anomali del 2020 e 2021), il secondo relativo all’andamento della mortalità stagionale (per tutte le cause) dal 2016, di cui sono evidenti i picchi in corrispondenza delle stagioni fredde (e delle epidemie influenzali annuali):

(Fonte ISS-Influnet)
(Fonte Min. Salute – SiSMG)

E, pur nella relativa regolarità del fenomeno influenzale, ci sono anni più difficili di altri (con parecchie migliaia di morti e ospedali al collasso65 ), come si può evincere ad esempio da questa ricerca del 2019 (peraltro, curiosamente, anche a firma di uno dei principali maghi dell’odierno terrore, W. Ricciardi), di cui riporto le risultanze: “Negli ultimi anni l’Italia ha registrato picchi di mortalità, in particolare tra gli anziani durante la stagione invernale. Le epidemie influenzali sono state indicate come una delle potenziali determinanti di tale eccesso. L’obiettivo del nostro studio era di stimare il contributo attribuibile all’influenza all’eccesso di mortalità durante le stagioni influenzali dal 2013/14 al 2016/17 in Italia. (…) Abbiamo stimato morti in eccesso di 7.027, 20.259, 15.801 e 24.981 unità attribuibili alle epidemie di influenza rispettivamente nel 2013/14, 2014/15, 2015/16 e 2016/17 (…). Il tasso medio annuo di mortalità per 100.000 variava da 11,6 a 41,2 con la maggior parte dei decessi associati all’influenza all’anno registrati tra gli anziani. Tuttavia, anche i bambini di età inferiore ai 5 anni hanno riportato un rilevante tasso di mortalità in eccesso attribuibile all’influenza nelle stagioni 2014/15 e 2016/17 (rispettivamente 1,05/100.000 e 1,54/100.000). Conclusioni: oltre 68.000 decessi sono attribuibili a epidemie di influenza nel periodo di studio. L’eccesso di decessi osservato non è del tutto inaspettato, visto l’alto numero di soggetti fragili molto anziani che vivono in Italia. In conclusione, l’imprevedibilità del virus dell’influenza continua a rappresentare una grande sfida per gli operatori sanitari e i responsabili politici. Tuttavia, la vaccinazione rimane il mezzo più efficace per ridurre il carico dell’influenza e dovrebbero essere presi in considerazione gli sforzi per aumentare la copertura vaccinale e l’introduzione di nuove strategie vaccinali (come la vaccinazione di bambini sani) per ridurre l’eccesso di mortalità attribuibile all’influenza sperimentato in Italia e in Europa nelle ultime stagioni”.

Insomma, non ci vuole la sfera di cristallo per sapere che anche quest’anno avremo un’impennata dei contagi da SARS-CoV-2 a partire dalle prossime settimane.

E ciò avverrà anche in un contesto di vaccinazione massiva quale il nostro. Perché? Per due motivi molto semplici. Il primo è che si tratta di vaccini che proteggono dallo sviluppare la malattia, ma non dal contagiarsi. Cosa che ovviamente va benissimo per tutti, tranne per i maniaci del tracciamento e dei contagi, a cui – ormai lo sappiamo – non interessa la salute della gente, ma la scomparsa del virus: ebbene si mettano l’anima in pace, col vaccino non ci riusciranno.

Il secondo motivo è ben descritto nella documentazione dell’AIFA relativa ai quattro vaccini autorizzati in Italia: cioè che nessuno di loro funziona al 100% su tutti i soggetti. In particolare, questo è un quadro di sintesi dei dati sull’efficacia dei quattro prodotti:

(Fonti: Riassunto Caratteristiche del Prodotto Jansenn, Spikevax, Comirnaty, Vaxzevira)

Stanti questi tassi di efficacia, su 41,3 mln. di vaccinati (al 31/8), per 36,7 mln. il vaccino risulterà efficace, mentre per 4,5 mln. non lo sarà (il 12,3% del totale dei vaccinati). Ora, se anche tutta la platea dei vaccinabili (al momento 54 mln.) si vaccinasse, noi dovremmo comunque attenderci almeno 80.000 ricoverati e 28.000 morti (se, come ritengo, partiamo dai dati di letalità e di gravità della malattia calcolati sul numero “palusibile” di 25-27 mln. di contagiati complessivi) e addirittura fino a 510.000 ricoverati e 170.000 morti (se invece consideriamo valido il numero – assurdo – di 4,5 mln di contagiati totali, che abbiamo rilevato con i tamponi). E senza considerare tutte le persone che, per particolari condizioni, sono fuori dalla platea dei vaccinabili e rimarranno comunque senza vaccino, pur essendo estremamente fragili. Ok, sono i soliti conti della serva, ma sono sufficienti a darci un’idea: morti e ricoveri non scompariranno magicamente perché ci sono i vaccini.66

Insomma, non ci vuole la sfera di cristallo per sapere che, anche quest’anno e nonostante la presenza massiccia del vaccino, avremo un’impennata delle ospedalizzazioni e dei morti per Covid-19 a partire dalle prossime settimane67.

E, ora che lo sappiamo, riusciremo a non cadere dal pero, quando tutto ciò inevitabilmente accadrà? E riusciremo finalmente ad avere reazioni razionali, prendendo decisioni non sulla base del panico ma della logica, evitando di spendere soldi ed energie in attività inutili (ad es. il tracciamento o la vaccinazione dei bambini o le terze, quarte, quinte dosi per tutti o nuovi lockdown e restrizioni) e indirizzando piuttosto le risorse verso la cura ed il potenziamento delle risposte, in modo da proteggere e curare i fragili, lasciando vivere tutti? Lo sapremo tra poco. E purtroppo, ancora una volta, non ci vuole la sfera di cristallo per immaginare come andrà a finire…

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L’UNIVERSITÀ E LO STATO SCIENTIFICO

10 settembre – “L’università sulla salute non negozia. L’università non ha mai ingaggiato trattative con lo stato. L’università sta con il green pass. L’università sta a fianco del governo che ha emanato un decreto doveroso, scientifico, serio. Nessun cedimento, nessun passo indietro. Nessuno.” Sono le parole del Prof. Ferruccio Resta, Magnifico Rettore del Politecnico di Milano e presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, in risposta all’ Appello dei Docenti Unversitari: “No al Green Pass” (di cui abbiamo già brevemente detto nella nota del 7/9). Non sono riuscito a trovare la fonte, ma la parole sono riportate da due giornali, uno – Il Foglio – che le glorifica, un altro – il Blog di Nicola Porro – che le esecra, quindi direi che possiamo fidarci che siano state effettivamente pronunciate.

Mi pare che facciano perfettamente il paio con quanto ha detto il Prof. Arnaldo Bruschettini, Rettore dell’Università di Napoli, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico: “Il compito dell’università non è soltanto culturale, ma anche e soprattutto etico e politico, ed è diretto a formare la classe dirigente che dovrà assumersi la cosciente responsabilità del domani, poiché lo Stato vuole cooperatori coscienti e fedeli, attivi e fattivi e, soprattutto disciplinati, e convinti che l’autorità dello Stato (…) non sia autorità dalla quale si possa prescindere”.

Ah, dimenticavo: l’anno accademico era il 1928-29 e, dopo la parola “Stato”, al posto dei puntini c’era la parola “Fascista”. Dettagli…

La simpatica citazione è tratta da E. Pelleriti, Le università del mezzogiorno tra fascismo ed epurazione, (2018). Un altro paio di gustosi aneddoti li traggo invece da Il fascismo nella provincia operosa: politica, economia e società a Terni nel ventennio nero (1921-1940), tesi di dottorato di A. Bitti, poi diventata un libro edito da Franco Angeli: “Vicepreside fu designato Vittorio Galli, medico, tra 1935 e 1936 vicesegretario, nonché componente del Direttorio federale del PNF. Nel luglio 1938 fu però costretto a rassegnare le dimissioni in quanto celibe e fu sostituito”. In un altro passo si racconta di un altro pubblico dipendente, il “conte Cesare Pressio Colonnese, il quale restò alla guida dell’ente sino al marzo del 1934, quando fu costretto a dimettersi perché celibe. (…) Nonostante la considerazione di cui godeva, la sua permanenza alla guida dell’amministrazione provinciale si chiuse prima della scadenza naturale del mandato a causa della sua condizione di celibe. A seguito della campagna demografica avviata dal regime dal febbraio 1934, vennero infatti imposte le dimissioni degli amministratori degli enti locali che risultavano celibi. In conseguenza di ciò il preside, con una lettera al prefetto di Terni, comunicava che «la mia coscienza di vecchio e fedele fascista mi porta a sentire che la condizione di celibe fa sì che io non mi trovi a posto con le direttive del capo del Governo. Perciò, sia pure con rammarico, rassegno a V.E. Le dimissioni da Preside di questa provincia»”. Insomma, anche al tempo, per lavorare nella scuola e negli enti pubblici, ci voleva un certificato, in questo caso lo Stato di Famiglia. Oltre alla tessera del PNF, ovviamente.

Qualche anno più tardi, un Regio Decreto sancirà i “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”, per ottemperare i quali ci voleva qualcosa di ancora più simile al green pass perché aveva in effetti a che fare con la biologia (l’analisi del DNA non c’era ancora, altrimenti sarebbe stata quella la prova, immagino); infatti, all’art. 6 il R.D. recitava “Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica”. Ah, a proposito: anche questi provvedimenti avevano dei presupposti “doverosi, scientifici, seri”, quale era il Manifesto della Razza, redatto da “un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane… sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare”…

Sarà per questi motivi che i Padri Costituenti, nella Costituzione antifascista di cui ci siamo dotati, inserirono principii come “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 32)  o “La scuola è aperta a tutti” (art. 34)? E che volevano un’università che non si confondesse mai più con lo Stato, tanto da sancire che “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”? Ho il sospetto di sì.

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POLIZIA DI STATO. MA QUALE?

30 settembre – C’è la polizia che sale su un aereo di vaccinati e greenpassizzati per buttare fuori una famigliola con bambino piccolo, rea di avere una documentazione non regolare68 e c’è la Polizia che sale su un palco di una manifestazione perché, fiera della divisa che indossa, usa il principio della libera espressione delle opinioni per difendere il Diritto e la Costituzione.

C’è la polizia che ricorda la Gestapo che rastrellava gli ebrei casa per casa e c’è la Polizia che difende il diritto di tutti, e soprattutto dei più deboli, a non essere discriminati.

C’è la polizia che vigliaccamente applica misure ingiuste e anticostituzionali (“eseguivamo solo gli ordini” lo dissero anche i criminali nazisti a Norimberga) e la Polizia che sente il dovere di metterci la faccia e la reputazione, rischiando di essere punita dai superiori, additata al pubblico ludibrio (la rabbia schiumante dei politici di governo è impressionante) e abbandonata finanche dai colleghi che dovrebbero difenderla (ma niente di nuovo: nella vicenda pandemia, i sindacati vanno da tempo a braccetto con la controparte – il governo – assomigliando sempre più alle corporazioni fasciste).

Questa polizia (sanitaria e morale) di stato non è la mia.

Il vice questore Nunzia Alessandra Schillirò è la Polizia del mio Stato.

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VI PREGO, QUALCUNO MI SPIEGHI…

2 ottobre – Ho visto in tv la platea di un teatro (dove, come è noto, si entra solo muniti di green pass) con gli spettatori tutti con mascherina e distanziati di uno o due posti. Avevo già notato una cosa analoga in aeroporto (e ovviamente in aereo), a cui si accede esclusivamente se in possesso di green pass (e altri documenti analoghi che vi risparmio) e dove comunque si deve stare in mascherina tutto il tempo, seduti (se si trova posto, visto che il numero dei posti a sedere è più che dimezzato) distanziati e con addetti che continuamente sanificano oggetti e superfici.

Qualcuno mi sa spiegare la logica? Se in un luogo confinato, in cui si entra e si esce solo attraverso varchi controllati, si passa solo col green pass, cioè con l’attestazione ufficiale di essere vaccinato o immune per pregressa malattia o sano per tampone negativo, mi spiegate perché, una volta dentro, dobbiamo continuare a fare le stesse, identiche cose che facevamo quando i vaccini e il green pass non c’erano? È vero o non è vero che se siamo tutti vaccinati o immuni, la malattia non la possiamo sviluppare e che, se anche venissimo in contatto con un positivo contagioso (che comunque in un teatro o in un cinema o in un aeroporto, non ci può essere), non solo non ci ammaliamo ma il nostro sistema immunitario, nel giro di poco tempo, distrugge il virus e non ci permette più di essere vettori efficaci (nonostante che il vaccino in sé “non sterilizzi”)?

Se no, a rigor di logica, ciò significa che il vaccino non funziona e che l’odioso green pass all’italiana, non solo è anticostituzionale e vergognoso e in spregio alle norme europee, ma non è neanche la misura di liberazione tanto decantata dai nostri ineffabili politici, riducendosi ad un mero strumento di coercizione e controllo sociale o, nel migliore dei casi, una misura magica, come da tempo è diventata la mascherina o il gel sanificante…

Ma la logica è scomparsa da tempo. E risposte non ne avremo. E allora sapete cosa faccio? Stavolta lo dico anche io e convintamente: io resto a casa! Ché è meglio. Chiamatemi quando hanno finito con tutte queste stronzate. Ciao.

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… MA TEMO, PURTROPPO, CHE LA SPIEGAZIONE SIA CHIARA

4 ottobre – Sono giorni di elezioni, in Italia. E, ascoltando e scartabellando qua e là, mi sono venute in mente due domande.

Se io scrivessi: “In quel tempo, la condizione di celibi, di ebrei, di non possessori della tessera del partito, non davano la possibilità lavorare liberamente, andare a scuola, esercitare la rappresentanza parlamentare ma, considerato che nel Parlamento – ormai defraudato delle sue prerogative –  non vi era che il partito unico, permettevano comunque di esercitare il voto”, avremmo ben chiaro a quale periodo della nostra storia io mi sita riferendo.

Ma se scrivessi: “In quel tempo non possedere il certificato vaccinale non dava la possibilità di lavorare, andare a scuola, esercitare la rappresentanza parlamentare, ma permetteva di esercitare il voto, considerato che comunque, in un Parlamento ormai defraudato delle sue prerogative, non vi era altro che un partito unico dello Stato Sanitario”, sarebbe altrettanto chiaro che stiamo parlando del 2021 e di una moderna democrazia occidentale di tipo liberale?

Ed è o no inquietante che nel surreale “Protocollo sanitario e di sicurezza per lo svolgimento delle consultazioni elettorali dell’anno 2021” tra i Ministri dell’Interno e della Salute (ebbene sì, è questo il nome odierno del vecchio Ministro della Sanità…) si sancisca che, “per quanto riguarda l’accesso dei votanti, è rimessa alla responsabilità di ciascun elettore il rispetto di alcune regole basilari di prevenzione (…) Per tali ragioni, il Comitato tecnico-scientifico non ritiene necessaria la misurazione della temperatura corporea durante l’accesso ai seggi.”, cioè che il CTS, se siamo bravi, ci permette di votare?

Speriamo nel giudizio (sicuramente arduo) dei posteri, perché su quello dei presenti mi sa che c’è poco da sperare…

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NON BASTA ASCOLTARE, BISOGNA PENSARE

7 ottobre – Sarò breve. Solo un paio di perle dal TG2 delle 13.00 di oggi.

La prima: “Capienza nei luoghi al chiuso: stasera il decreto legge. Le norme consigliate dal CTS sono al vaglio del Consiglio dei Ministri. Un Consiglio dei Ministri difficile quello di questo pomeriggio perché è la prima volta che le indicazioni del CTS sono considerate solo un punto di partenza”. In effetti è una novità: fino ad oggi, grazie all’insipienza della politica italiana, le indicazioni del CTS erano sempre diventate automaticamente legge cogente. Con buona pace di chi non è preoccupato della deriva fascista-morale-sanitaria che abbiamo intrapreso…

La seconda: “Ed è di queste ore la decisione della Corte Europea dei Diritti Umani che ha rigettato il ricorso presentato da un cittadino francese contro il Green Pass. Secondo la corte non sussistono elementi che dimostrino come la certificazione sia lesiva dei diritti civili”. Che cosa si evince da questa notizia? Ovviamente che la CEDU ha sancito che il Green Pass non lede i diritti umani. Ma la notizia è effettivamente questa? Giudicate da soli, leggendo questa sintesi di agenzia (uguale in tutti i giornali, ovviamente con “neretti” diversi a seconda dell’orientamento): il ricorso è irricevibile per motivi formali; per il resto la Corte osserva solo che il ricorrente non ha fornito informazioni che dimostrino come la legge sul pass sanitario violi i suoi diritti, punto. La vera notizia quindi è che non c’è più bisogno delle pressioni del potere per orientare l’informazione, i nostri media la propaganda ormai se la fanno da soli. E non pensiamo che – come facciamo col virus, per il quale pretendiamo la Verità incontrovertibile dalla Scienza Medica e da essa ci piace essere governati – gli esperti ci possano trarre sicuramente d’impaccio sul tema spinoso della legittimità del Green Pass e su cosa ne pensi, ad esempio, la CEDU: si leggano questi due autorevoli interventi per averne la prova (su Altalex e su Filodiritto, quest’ultimo decisamente più esauriente). Eh no, non basta ascoltare la notizia o l’esperto di turno…

C’è però una terza notizia, stavolta una buona, anche se appare nella miscellanea dei servizi di seconda scelta del TG, poco prima dello sport: c’è finalmente un vaccino per la malaria, l’OMS lo ha approvato e ne raccomanda l’utilizzo diffuso. Va beh, un po’ i giornali ne hanno parlato (senza esagerare); anche Speranza non ha perso l’occasione per un po’ di inutile buonismo d’accatto, qualche parola vuota e senza impegno (che fa il paio con quelle di un mese fa), quando il nostro interesse è ben altro (lo abbiamo già detto qui e qui): ma un po’ di sano entusiasmo ci sta, senza minimamente tenere in considerazione le enormi difficoltà economiche, logistiche, di risorse umane, etc. con cui, nella sconfinata e complicatissima Africa, qualunque programma medico si scontra e la necessità, per il mondo ricco, di mettere in campo risorse poderose, se veramente vogliamo fare qualcosa di concreto (un po’ come abbiamo fatto per la nostra influenzona ammazza-ultravecchi-e-ultramalati); intanto, per la gioia dei complottisti (ma è vero), la Glaxo Smith Kline (multinazionale rimasta appiedata nella corsa al vaccino Covid) si decide a tirare fuori questo vaccino dopo 15 anni di sperimentazioni e Bill Gates ci mette, bontà sua, un po’ di soldi: ringraziate i buana, bambini africani… E che ce ne freghi poco o nulla della loro malaria (e dei 260.000 bambini sotto i 5 anni che ne muoiono tutti gli anni) è abbastanza chiaro, non solo dalla poca enfasi su questa notizia (che avrebbe dell’epocale): l’intervista di Crisanti a Fanpage è esemplare (sin dal titolo: “Vaccino malaria, Crisanti a Fanpage.it: “Mossa disperata, i contagi aumentano per colpa del Covid”: grande giornalismo!); e tra le tante amenità, un’agghiacciante, candida ammissione: “il Covid ha complicato ulteriormente la situazione: con la pandemia infatti è diminuito l’impegno finanziario dei donatori e non è stato possibile, per paesi con scarse risorse economiche, riuscire a controllare la malattia. (…) [Le] tre azioni per il controllo della malaria devono essere coordinate e protratte del tempo, ma in Africa sono mancate a causa del Covid le risorse necessarie per farlo. Diminuite le donazioni, i malati sono tornati ad aumentare”, cioè: abbiamo distolto l’attenzione dell’Africa dalle vere malattie che hanno, per concentrarsi sulla lotta ad una malattia che non hanno (ma di cui abbiamo paura noi). Insomma, la notizia è decisamente più complessa e articolata di come viene semplicisticamente data dai media (o entusiasticamente rilanciata dai nostri infantili politici); ed ha un che di putrido e marcescente, che mi ha avvelenato anche l’unica buona notizia di oggi…

No, non c’è niente da fare: anche quando si ascolta il TG bisogna accendere il cervello e usarlo.

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FASCISMO

11 ottobre – Gli eventi di sabato a Roma mi interrogano. E il GR3 di stamattina, che pure nella prima parte si era tenuto in equilibrio sul filo per non scadere in immediate ed indebite analogie tra squadrismo fascista e proteste anti-greenpass, proprio negli ultimi secondi è entrato a gamba tesa: “La parola del giorno – Intolleranza: attaccamento rigido alle proprie idee e convinzioni. Non se ne ammettono altre e si cerca anche di impedirne la libera espressione. Intollerabile è l’aggressiva violenza degli intolleranti no-greenpass, un atteggiamento che uno Stato democratico non può tollerare”. Insomma, mi ci hanno trascinato con la forza…

Ci sono due temi.

Il primo è contingente. Il problema evidenziatosi sabato non è solo l’odiosa presenza di pericolose componenti come Forza Nuova tra i no-greenpass, ma è soprattutto la completa assenza degli altri, tutti appiattiti sulla politica sanitaria (questa sì fascista) del governo. C’è una massa di persone come me – libertario di sinistra da sempre – letteralmente abbandonata dalla propria parte politica tra questi animali. Ed è imperdonabile. E, spiace dirlo, ma non è colpa degli squadristi che si infiltrano dove gli altri non ci sono, né tantomeno dei pacifici no-greenpass accusati proprio da “quelli che non ci sono” di essere responsabili per non aver fermato ed escluso i violenti (come se fosse facile, da soli). Eh no, la colpa è prima di tutto di chi non c’è, di chi ha lasciato vuoto questo spazio politico, di chi ha abbandonato milioni di cittadini in un limbo di rappresentanza e rappresentazione negate…

Il secondo è generale. Lo squadrismo ed il fascismo non sono immediatamente sovrapponibili, anzi, anche storicamente, ad un certo momento lo squadrismo, pur rimanendo collaterale e assolutamente funzionale al fascismo di governo, fu “scaricato” da quest’ultimo. E non c’è alcuna contraddizione tra il nostro governo fascista e lo squadrismo che sembra ad esso oppositivo, mentre ne è figlio e collaboratore. Anzi direi di più: gli avvenimenti di sabato a Roma sono un’ulteriore conferma che siamo sulla stessa strada già percorsa esattamente un secolo fa, negli anni ’20 del novecento. È infatti impossibile, per me, non ravvisarvi un parallelo con l’oggi, quando vedo:

  • un governo che ha adottato uno stato emergenziale di eccezione da quasi due anni, che prende tutte le sue decisioni con decretazione d’urgenza e conferisce potere a comitati (pur “tecnico-scientifici”) e a “cabine di regia” esautorando di fatto il parlamento (un parlamento, tra l’altro, diventato praticamente “a partito unico”), che dispiega esercito e forze dell’ordine con oscuri e confusi (e perciò potenzialmente arbitrari) compiti di polizia morale e sanitaria, che istituisce senza colpo ferire un lasciapassare che discrimina i cittadini nell’esercizio dei loro diritti fondamentali (lavoro, rappresentanza, istruzione, libera circolazione), che permette (se non addirittura applaude) la censura delle opinioni, che considera i cittadini infanti da educare volenti o nolenti;
  • una popolazione irretita perché ignorante, analfabeta funzionale, rimbambita dal consumismo e figlia di decenni di scelte politiche a detrimento della cultura e soprattutto della scuola (con i suoi vergognosi tassi di dispersione e con quasi la metà di chi a scuola ci va che non raggiunge le competenze minime in italiano e in matematica);
  • la violenza degli squadristi che da un lato infiltra l’opposizione pacifica e la squalifica, dall’altra offre la giustificazione per la repressione al governo, al quale rimane di fatto funzionale e, nel profondo, consustanziale;
  • l’allineamento dei media alla narrazione imperante, convintamente unanime e pressoché totale (e, quello che è peggio, senza neanche bisogno di imposizioni dall’alto);
  • l’assenza di controparti sul tema covid, in un una sorta di nuovo corporativismo di fatto: dai sindacati che accettano il greenpass (basta che i lavoratori non paghino il tampone) ed altre costrizioni ai lavoratori ed ai loro diritti, alle imprese che si adeguano tranquillamente ad imposizioni governative costose ed insensate, all’Università che assoggetta di buon grado la propria indipendenza alle disposizioni del governo, agli organismi sportivi che si danno regole più restrittive di quelle prescritte dalla legge, finanche alla Chiesa Cattolica che ha piegato il volto dei propri riti alla ragione di stato ed ha barattato il suo coraggioso messaggio di speranza con un pavido rispetto di protocolli ed il non-disturbo del manovratore, in una specie di moderno concordato non scritto; e si potrebbero fare innumerevoli altri esempi.

Se tutto questo non è una pericolosa deriva verso un nuovo fascismo, ditemi che cosa lo è. Altro che apologia…

AGGIORNAMENTO del 4/11 – Alla lista dei diritti costituzionali fondamentali violati, si aggiunge la libertà di manifestare (parole del Prefetto di Trieste: “illustri costituzionalisti discutono come contemperare il diritto a manifestare con quello alla salute, ma per me quello alla salute prevale [insomma “se ne frega”, n.d.r.], servono formule per non reprimere ma comprimere e limitare il diritto alla manifestazione alla luce delle evidenze scientifiche”). Intanto il Ministro tedesco della Sanità Spahn ha parole di elogio per il modello fascista italiano, che vorrebbe applicato anche in Germania: chissà se la conferenza stampa si teneva in una birreria di Monaco?

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UN PAESE NORMALE?

12 ottobre – Dal GR3 di stamattina (a proposito, a quanto pare il mio ex-GR preferito ormai meriterebbe una rubrica apposita in questo mio blog degli orrori): “La foto del giorno – Milano, Teatro alla Scala: in prima pagina su Repubblica panoramica con grandangolo sul pubblico in sala. Immagine familiare, consueta: l’oro degli stucchi, il rosso dei velluti. La novità sono gli spettatori seduti senza distanziamento: è la prima volta da inizio pandemia entrati ovviamente con green-pass e mascherine. Il ritorno graduale e prudente alla normalità, quanto di più lontano dai deliri di piazza”. Normalità? Una platea di gente (peraltro certamente vaccinata o immune) tutta con la mascherina? E lo stare seduti vicini diventa una “novità”…

Dopo gli scontri di piazza di sabato il governo pensa che non basti punire solo i delinquenti che hanno commesso dei reati (ed infangato una legittima e pacifica manifestazione di cittadini pacifici): meglio limitare direttamente la libertà di manifestare…

Intanto Alessandra Schillirò, la vice-questore che aveva espresso la sua opinione sull’illegittimità del green-pass, è stata sospesa dal servizio. Il lapidario lancio è dell’ANSA e tutti i giornali lo riportano pari pari; solo su quelli di area destrorsa (sic!) si trova qualche elemento in più (ad es. sul Quotidiano Nazionale). Il Ministero dell’Interno censura ed esulta…

Qualcuno propone che, nel momento in cui scatterà l’obbligo di green-pass per lavorare, almeno i tamponi per i lavoratori non vaccinati siano gratuiti. Questa la risposta del Ministro del Lavoro: “Si può pensare ad ulteriori forme di calmierazione per i tamponi, ma renderli completamente gratuiti significa smentire l’orientamento che finora è stato seguito, che vede nel green pass uno strumento di tutela del luogo di lavoro e anche di incentivazione alla vaccinazione. Mi sembra ragionevole pensare a tutte le forme possibili di calmierazione, ma far diventare il tampone gratuito significa dire sostanzialmente che chi si è vaccinato ha sbagliato. Ci siamo vaccinati tutti perché lo ritenevamo utile per noi e per gli altri”. Insomma, un bastone infilato nel naso o nella gola ogni due giorni è un premio che non possiamo elargire così alla leggera; e non sarebbe neanche carino verso i vaccinati, che si sono piegati a proteggersi dalla malattia, sacrificandosi per tutti noi. In più, come governo faremmo una magra figura se permettessimo di aggirare in modo così indolore l’obbligo che siamo riusciti ad imporre con un’astuta scorciatoia…

E questo sarebbe un paese normale?

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IL CERCHIO

15 ottobre – La prima notizia del GR3 di stamattina: “Alle 11 il il Consiglio dei Ministri (…), sul green pass il governo conferma la linea della fermezza. Nessuna marcia indietro sul certificato verde, i tamponi non saranno gratuiti, sulle minacce di blocchi e proteste c’è allerta, ma non un allarme: Mario Draghi affronta il green pass day con tranquillità, questo filtra da Palazzo Chigi. I dati sono dalla parte del governo: l’effetto spinta ai vaccini c’è e dunque si continua su questa strada, il pass serve a mettere in sicurezza la ripresa economica, trasformare il rimbalzo del Pil nel 2021 in una crescita strutturale”. È quindi acclarato che:

  • il green pass non ha alcun significato per la salute pubblica, è solo uno strumento per realizzare l’obbligo vaccinale senza tutte le inutili e noiose trafile parlamentari che quest’ultimo avrebbe richiesto;
  • il governo più autoritario ed ottuso della nostra storia repubblicana non sente ragioni e procede per la sua strada, incurante di tutto ciò che schiaccia sotto i suoi cingoli (fosse anche la Costituzione);
  • l’obiettivo è meramente macroeconomico, del “micro” (dove c’è il popolo, dove si soffre sulla pelle) chissenefrega.

E non solo in Italia nessuno si incazza (tranne pochi coraggiosi, come quelli che, in questo 15 ottobre, giorno buio per la democrazia, cercano di farsi sentire scioperando), ma anzi c’è un enorme ed inedito (e perciò vieppiù incredibile) fronte compatto di media e intellighenzia, insieme alle larghissime fasce di popolazione – non importa se adepti convinti o solo terrorizzati – che si trascinano dietro, che approva, quando non addirittura esalta, questo stato di cose.

Com’è possibile? Come siamo arrivati a tutto questo?

Beh un pezzetto di risposta arriva alla fine dello stesso GR, con l’ultima notizia: “Vendite dei libri in aumento, ma i dati sulla lettura in Italia non sono incoraggianti (…) «Il vero elemento che emerge da questa ricerca sono le diseguaglianze e i divari»: è preoccupato il presidente dell’Associazione Italiana Editori (…) perché la percentuale di chi legge almeno un libro all’anno è passata dal 65 del 2019 al 59 del 2020, soprattutto al sud, soprattutto tra chi non ha studiato; al contrario leggono più di prima le fasce più acculturate e più abbienti, questo spiega la crescita ormai confermata del mercato del libro”. E così il cerchio si chiude.

Perché mi pare che anche questo possa spiegare qualcosa del momento che viviamo, dell’ignoranza profonda che ci attanaglia, ma soprattutto dell’altrimenti inspiegabile polarità di classe del mondo moderno, che non è più lotta, ma solo una dinamica di dominio e sottomissione, un rapporto sado-maso, coi sottomessi – sempre più ignoranti ed instupiditi da Facebook e tv – addirittura indotti a sposare essi stessi gli interessi o il punto di vista dei dominanti69.

Le torri d’avorio sono sempre più alte (che siano un po’ più popolate di una volta non ne cambia la natura) e l’inferno, comunque non meno affollato, è sempre più profondo. Che brutta fine stiamo facendo…

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LA PAROLA DELL’ANNO

2 novembre – Gioie e dolori dal mio GR3 del mattino (edizione delle 6.45), con – finalmente – qualcuno che cita qualche numero (niente di che, ma è già qualcosa), tuttavia – purtroppo – in una cornice e con conclusioni neanche minimamente consequenziali, perciò, come sempre, senza alcun senso. Cito testualmente: “Covid: probabile la proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo, lo conferma il sottosegretario Sileri, dopo le parole del Ministro della Salute Speranza. Sono oltre 2800 i positivi nelle ultime 24 ore, tasso di positività all’1,9%, numeri in crescita da giorni. Negli ultimi giorni assistiamo ad un aumento dei casi di Covid in Italia, ma la situazione è molto diversa rispetto a un anno fa. Se si prende una data campione, il 30 ottobre per esempio, i numeri parlano da soli: 12 mesi fa, nello stesso giorno, si contavano 31 mila positivi con appena 200 mila tamponi, adesso, nonostante la variante delta sia ormai dominante, i positivi sono 1/6, 4900, con più del doppio dei tamponi effettuati; allora il tasso di positività toccava il 15%, oggi è all’1. Discorso simile per i decessi: il 30 ottobre 2020 erano stati 191, il 30 ottobre 2021 si sono fermati a 37. Infine i ricoveri sia in terapia intensiva, oggi 346 allora 1400 in più, sia quelli nei reparti ordinari, oggi 2700 allora 17.000. Queste le evidenze che smontano ogni scetticismo e non è un caso che il Dizionario Oxford abbia scelto proprio vaccino come parola dell’anno 2021, nel 2020 era stata lockdown”.

Quindi i dati sono decisamente più favorevoli dello scorso anno, abbiamo i vaccini (e li abbiamo somministrati a quasi tutta la popolazione, non solo a chi ne ha effettivamente bisogno) e, ciò nonostante, prolunghiamo lo stato di emergenza di altri tre mesi, promulghiamo protocolli sempre più demenziali (quello in via di approvazione per la scuola ne è un luminoso esempio) ed il tanto amato green pass rimarrà probabilmente per sempre (visto che, a quanto pare, aspettiamo di non avere più contagi e di aver vaccinato il 70% del mondo per eliminarlo). Tutto ciò mentre in altri paesi a noi simili come la Gran Bretagna, pur con 50.000 contagi al giorno, ormai da mesi non vi è più alcuna restrizione.

Suggerirei al Dizionario Oxford di scegliere piuttosto schizofrenia come parola dell’anno 2021.

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CI RIMANE SOLO L’ESTINZIONE

8 novembre – Se c’è ancora tra voi qualcuno che ha dei dubbi sulla follia collettiva nella quale siamo immersi, vi prego, leggete questa nota. È lunga e pallosa, lo so, ma ne vale la pena. Si tratta della trascrizione di alcuni pezzi del GR3 delle 8.45 di oggi, già pazzesco di suo, insieme ad un articolo del Corriere della Sera ed un editoriale sul sito di Nicola Porro, entrambi linkati più avanti. Questi tre spaccati di informazione, messi a confronto tra loro, diventano, a mio parere, un monumento definitivo alla pazzia pandemica dell’occidente. Non vi pentirete dei dieci minuti di lettura che vi propongo…

Il GR3 in realtà aveva già cominciato ieri mattina (ascoltabile da qui), titolando “Aria di contagio: la Quarta Ondata ed il Modello Italiano per fronteggiarla” e giù un mucchio di numeri ed analisi senza senso, soprattutto sugli altri paesi del mondo che non seguono il nostro luminoso esempio e su quelli che invece si dice che lo ammirino.

Ed eccolo, il nostro “Modello Italiano”, dal GR3 di oggi (chi vuole ascoltarlo lo trova qui).

Poco più di 5800 nuovi casi, 26 morti, tasso di positività all’1,3%: con numeri della pandemia migliori che altrove, piuttosto che sentirsi sollevati, è il caso di conservare ogni precauzione, rigore, anzi attrezzarsi anche meglio per fronteggiare la nuova ondata di contagi. Considerazioni alla base dei nuovi piani anti-covid allo studio di autorità sanitarie e governo. La bussola sono sempre le cifre della pandemia (ricoveri, contagi). Occhi puntati oggi in particolare su alcuni territori, Provincia di Bolzano e Friuli Venezia Giulia, per esempio; attenzione crescente anche su Calabria, Marche, Veneto, Provincia di Trento, Lazio. Una fase delicata, dice a “In mezz’ora in più” Franco Locatelli, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, da affrontare senza allarmismi ma anche senza abbassare la guardia: “abbiamo la situazione più favorevole d’Europa” e questo per precisi motivi: “vaccini, mantenimento delle mascherine, green pass”. Vaccinazioni ha ricevuto almeno una dose l’86% degli over 12, si corre sulla dose addizionale già somministrata a un terzo dei destinatari attuali e si valuta se allargare la platea abbassando la fascia d’età; si valuta anche se estendere stato di emergenza e Green pass. Intanto per Locatelli nessun dubbio a vaccinare anche i più piccoli appena arriverà il via libera delle autorità regolatorie; al limite dell’ingiustificabile, aggiunge invece, le manifestazioni di protesta, con le misure messe in atto stiamo meglio di altri, ribadisce, anche in prospettiva: “sarà un Natale certamente connotato da maggior socialità rispetto a quella dell’anno scorso”.

Segue un servizio sulle proteste anti green pass e poi quest’altra perla.

Sulle proteste dei no Green pass il commento dell’epidemiologo Walter Ricciardi, consulente del Ministro della Salute: “Io credo che a un certo punto la manifestazione di libertà trovi il limite nel fatto che gli ospedali si riempiono a causa di queste manifestazioni. C’è bisogno di evitarli questi assembramenti, prima cercando di convincere e poi eventualmente anche cercando di vietare”. Terza dose: si allargherà la platea, ma fino a che punto? “Pian piano sarà per tutti come sta facendo Israele, come hanno cominciato a fare gli inglesi, i paesi che ci hanno fatto capire che se non si fa questa terza dose il picco dei contagi risale, quindi bisogna riproteggere tutta la popolazione”. Atteso l’ok dell’EMA per vaccinare i bimbi dai cinque anni in su: “sarà un passaggio importante perché la protezione dei bambini piccoli effettivamente toglierà ulteriore spazio al virus e ci potrà avviare verso una nuova normalità”. Green pass: Ricciardi, va bene così o servono modifiche? “Penso che debba essere presa in considerazione l’ipotesi di darlo soltanto alle persone vaccinate e alle persone guarite; il tampone rappresenta certamente un punto debole perché molti di questi tamponi sono falsi negativi”. Limitare il green pass a vaccinati e guariti può spingerci verso la soglia del 90% di immunizzati? “Già siamo in una buona soglia, c’è bisogno di tutti gli sforzi, anche misure come questa per incrementarla”.

Quindi, dopo un servizio sui deliri del nostro circo di politicanti, il giornale, senza alcuna vergogna, tira questa bomba.

Nel nostro approfondimento il nuovo allarme lanciato dal Programma Alimentare Mondiale sulla fame nel mondo: cresce il numero delle persone a rischio, dicono gli esperti delle Nazioni Unite, pandemie, guerre, disastri ambientali le cause principali. La malnutrizione nel mondo avanza a ritmi vertiginosi, all’inizio dell’anno si contavano 42 milioni di persone ridotte alla fame, oggi sono 45 milioni. Numeri quasi raddoppiati rispetto al 2019, prima della pandemia erano 27 milioni; le cause [sono] le guerre, i fenomeni climatici estremi sempre più frequenti e gli squilibri economici portati dalla pandemia, con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari ma anche di carburanti e fertilizzanti che servono per l’agricoltura. L’allarme lanciato dal PAM (programma alimentare mondiale) dopo una missione a Kabul; l’agenzia delle Nazioni Unite solo in Afghanistan assiste 23 milioni di persone, a soffrire per primi sono i bambini: ”Avevamo ricevuto un carico di medicinali per sei mesi, ma il numero dei bambini denutriti è raddoppiato, quindi la scorta sarà sufficiente solo per tre mesi” spiega il dottor Mohammed Sadik, responsabile della pediatria in un ospedale di Kandahar. “Molti bambini finiscono in terapia intensiva per mancanza di cibo” racconta un’infermiera che aggiunge “da mesi sto lavorando il triplo e senza stipendio per garantire l’assistenza”. Non solo Afghanistan, la malnutrizione sta facendo strage in 43 paesi già segnati da guerre crisi alimentari, come lo Yemen, la Siria, la Somalia e i costi dell’assistenza stanno aumentando il programma alimentare mondiale chiede più fondi per arginare il disastro umanitario.

Infine, la usuale chiosa radical-chic: “La parola del giorno – Ingiustificabile: un comportamento che non può essere ammesso, perdonato. Ingiustificabile quello dei no-vax e no-greenpass secondo il responsabile del CTS Locatelli, mentre il Viminale prepara la stretta sulle manifestazioni: sotto accusa, più che le idee, la condotta violenta”.

Tutto chiaro? Bene. E ora facciamoci quattro risate con questo articolo apparso oggi sul Corriere della Sera (non in prima pagina, ovviamente, ma in quella delle notizie dall’estero e presentato quasi come una folkloristica nota di costume), a firma di Luigi Ippolito, corrispondente che vive in Gran Bretagna. Leggetelo cliccando qui.

E per chiudere, consiglio la lettura del breve e, come sempre, brillante editoriale del mio amico Claudio Romiti, pubblicato stamane sul sito di Nicola Porro (ormai non mi fa più specie trovarmi sempre d’accordo con quelli che, quando il mondo era un po’ più sano, consideravo “avversari” politici). Cliccate qui per leggerlo.

Anzi no, per chiudere consiglio anche la lettura di questo articolo de La Stampa del 15/11 (uno tra i tanti apparsi sui media italiani e neanche il peggiore) riguardo all’ultimo spauracchio sbandierato dai media per spingere sull’acceleratore con la vaccinazione dei bambini, il rischio mis-c70. Consiglio una lettura con calcolatrice alla mano e confronti con la Tabella 9a della sezione “I Numeri”, per apprezzare a pieno la surrealtà dell’articolo.

Basta. Ogni mio commento è superfluo. È evidente che non ne usciremo più e che ormai l’unica soluzione possibile è l’estinzione.

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UN CONSIGLIO PER RISOLVERE IL PROBLEMA

19 novembre – Con l’arrivo dell’inverno e l’inevitabile aumento di contagi, ospedalizzati e morti, riscoppia l’inspiegabile sorpresa generale e, con essa, il panico della gente, l’isteria dei media e le conseguenti risposte a cazzo della politica, da tempo ormai esclusivamente reattiva e senza alcuna strategia.

Mettiamoci per una volta a confronto71 non con paesi dementi (come l’Austria), isterici (come la Francia) o con grandi differenze nella qualità dell’assistenza sanitaria (come Russia, Lettonia, ecc.), ma  piuttosto con paesi civili, simili al nostro per condizioni economiche, servizi sanitari, struttura della popolazione, ecc., come Regno Unito, Svezia, Giappone, Germania. Si tratta di paesi in cui il livello delle restrizioni e delle imposizioni sanitarie sono molto minori che da noi, come si può vedere da questo grafico (il colore più scuro corrisponde ad un maggior peso di restrizioni e imposizioni):

E questo senza che vi sia una qualche evidenza di correlazione con le morti e le ospedalizzazioni, come si vede da questi grafici (non tutti i dati sono disponibili per tutti i paesi considerati, ma va beh):

Né tantomeno sembra esserci una correlazione con il livello di vaccinazione della popolazione:

Ma noi lo sappiamo perché qui ci costringono ad andare in giro vaccinati, greenpassizzati e, comunque, mascherati e distanziati ecc. ecc., ce lo dicono tutti i giorni: per via dell’aumento dei contagi e dell’Rt.

Tuttavia anche e soprattutto su questo versante, i grafici sembrano dipingere un mondo completamente incoerente, dove sembra ci siano in giro virus diversi, tante e tali sono le differenze di impatto:

Allora? Com’è questa storia? Secondo me la spiegazione è semplice e la vediamo da questi tre grafici:

E tale spiegazione è che i contagi sono di più laddove si fanno più test (primo grafico), laddove le politiche di test non sono mirate ma sono a casaccio (secondo grafico) e laddove si fa tracciamento selvaggio (terzo grafico).

Perciò è evidente che l’emergenza (e al terzo inverno non può che essere l’unica spiegazione plausibile) è una costruzione ad hoc, una specie di paralisi mentale collettiva, del tutto scollegata dalla realtà.

Perciò, io ce l’ho un consiglio da dare ai nostri governi per risolvere definitivamente la situazione e arrivare finalmente all’agognato “contagio zero”: smettere di cercare i contagiati. Vedrete che se smettiamo di fare i tamponi, i contagi spariranno. E finalmente saremo liberi dal virus e felici.

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FACCIAMO UN PO’ IL PUNTO

27 novembre – Non vorrei pensaste che non scrivo più perché non abbia argomenti (l’esatto contrario: le stronzate sui media mi travolgono a tal punto da non riuscire a scrivere, dovrei farlo 24 ore al giorno, perciò mi sono scoraggiato..) o perché gli eventi stiano smentendo tutto quello che in questi due anni ho raccolto su queste pagine (anche qui l’esatto contrario: tutto previsto, tutto già predetto, tutte le intuizioni sono col tempo diventate verità manifeste): semplicemente faccio fatica a ripetere sempre le stesse cose, tutto qui.

Oggi però ho trovato qualcuno enormemente più capace di me che, con parole più appropriate e dall’alto della sua esperienza e competenza decennali, dice esattamente tutto quello che c’è da dire, né più né meno. Vi invito caldamente ad investire qualche decina di minuti del vostro tempo per ascoltare questi due video in cui parla il Prof. Mariano Bizzarri dell’Università La Sapienza di Roma.

Si tratta di un’intervista rilasciata sulla pagina Facebook Crescere Informati il 6 maggio 2021 ed un intervento alle audizioni in videoconferenza sul DDL 2394 (DL 127/21 – estensione certificazione verde COVID-19 e rafforzamento screening) presso la 1° Commissione (Affari Costituzionali) del Senato il 6 Ottobre 2021.

Se poi avete voglia di andare oltre, segnalo anche questo recente intervento di Giorgio Agamben ad un convegno di Radio Radicale (metto il link dal sito di Nicola Porro perché rimanda al punto preciso della lunga registrazione e perché vi si può trovare anche una comoda trascrizione) e, a seguire, l’intervento di Massimo Cacciari: anche in questo caso si tratta delle cose che vorrei scrivere qui in questi giorni, ma grazie al cielo dette meglio di me e con ben altra competenza. E anche stavolta me ne approprio.

Resistere è sempre più difficile e, purtroppo, sembra pure del tutto inutile. Ma ogni tanto scoprire di non essere da soli è già qualcosa.

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ABBIAMO PERSO ANCHE PALÙ

2 dicembre – Nonostante lo scorso anno Giorgio Palù fosse uno dei pochissimi che, dall’alto della sua innegabile esperienza, descriveva in maniera lucida e realistica la pandemia di SARS-CoV-2 (evidenziando anche molte delle assurdità con cui l’abbiamo approcciata – potete ascoltarlo qui), da quando è presidente dell’AIFA i sui giudizi sono diventati dapprima più sfumati, fino ad assumere la più supina adesione alle tesi propugnate dai suoi datori di lavoro. Leggiamo, ad esempio, questa breve intervista del 26 novembre scorso (peraltro rilanciata anche stamattina dal GR3) comparsa sul sito di AdnKronos. Quindi secondo Palù:

  1. abbiamo avuto “migliaia di ricoveri pediatrici”
  2. “in parte hanno avuto bisogno di cure in terapia intensiva”
  3. “il Covid è diventata una malattia pediatrica…
  4. …tra le prime cause di morte a questa età”
  5. “nessuna giovane vita è stata interrotta a causa del vaccino anti Covid” e “i problemi di miocardite, l’infiammazione al cuore che si è manifestata in ragazzi più grandi, in questa fascia d’età sono stati rarissimi e mai seri. Mentre invece è maggiore il rischio di prendere il Covid e sviluppare una sindrome infiammatoria, la Mis-C, che è grave e colpisce molti organi”;
  6. “Il vantaggio indiretto [della vaccinazione dei bambini] è sanitario e sociale. La circolazione del virus si riduce e i bambini non perdono la libertà”.

Mettiamo ora a confronto le affermazioni di Palù con i dati ufficiali dell’ISS riguardanti l’Italia (che è poi ciò che ci interessa veramente).

1 – Migliaia di ricoveri pediatrici? Tecnicamente è vero, in 21 mesi (cioè quasi due anni) abbiamo avuto circa 1.800 ricoveri nella fascia 0-19 (circa 850 tra 0 e 9 anni, circa 950 tra 10 e 19), quindi mediamente circa 1.000 in un anno (migliaia? no, UN migliaio), ma ciò significa che solo lo 0,26% (0-9) e lo 0,17% (10-19) dei positivi rilevati nelle due fasce d’età (e sappiamo come il dato dei positivi rilevati sia fallace, ne abbiamo parlato spesso, ad es. qui) sono stati ricoverati in ospedale, numeri veramente irrisori, in una platea, lo ricordiamo, di oltre 10 milioni di persone tra 0 e 19 anni;

2 – La “parte” di ricoveri di minori che ha avuto bisogno di terapia intensiva, sempre in 21 mesi, è in tutto di circa 110 persone (circa 50 tra 0 e 9 anni, circa 60 tra 10 e 19), quindi mediamente 60 in un anno. Molti? A confrontare il dato con quello europeo dell’influenza stagionale 2017-18 sembrerebbe di no:

Come si vede da questo grafico72, vi furono 417 terapie intensive nella fascia 0-19 in 10 paesi europei (in totale 253 mln. di persone), il che, parametrato ai 60 milioni di italiani equivale a circa 100 ricoveri. Quindi anche questa affermazione di Palù è tecnicamente esatta, ma la “parte” a cui fa riferimento è davvero molto piccola, sicuramente non superiore a quella analoga dell’influenza stagionale (per la quale, lo ricordiamo, non vi è alcun obbligo di vaccinazione per i minori);

3 – La trasformazione del Covid in “malattia pediatrica” è una deduzione di Palù dal fatto che nel 2020 “il 3% dei piccoli hanno avuto l’infezione, oggi siamo al 25% perché circola la variante Delta, molto più contagiosa”: ancora una volta, tecnicamente ineccepibile (a partire peraltro anche dal concetto, universalmente dato, che “contagiato” significa già “malato”, anche senza sintomi), ma, oltre a ribadire i limiti intrinseci nell’uso a scopo statistico della conta dei positivi col tampone di tracciamento (è il peccato originale di tutta la vicenda pandemica), dobbiamo ricordare che: 3.a) non era il 3% dei piccoli ad essere contagiato a inizio pandemia, ma i piccoli erano all’incirca il 3% dei positivi rilevati (e non è la stessa cosa), come si evince da questo grafico tratto dal rapporto ISS del 25/7/20:  

3.b) in realtà, come si può evincere da questa tabella dell’Indagine di Sieroprevalenza dell’ISTAT,

al 15/7/20 le percentuali di popolazione che avevano contratto il virus erano più o meno le stesse in tutte le fasce d’età; 3.c) quale che sia la causa del fatto che oggi il 25% dei contagi sia ascrivibile ai minori (cioè per le varianti o, secondo me più probabilmente, per la grande quantità di tamponi che oggi facciamo ai minori), rimane il fatto che per il 99,1% dei positivi nella fascia 0-9 e per il 99,6% di quelli della fascia 10-19 si tratta di una malattia senza sintomi o al massimo con i sintomi lievi di una normale influenza;

4 – Il Covid è tra le prime cause di morte tra i bambini? In Italia, i minori morti positivi al Covid in questi 21 mesi sono stati 34 (14 tra 0 e 9 anni, 20 tra 10 e 19), cioè circa 20 in un anno. Se il Covid risulti effettivamente tra le prime (quante?) cause di morte tra i minori non so dirlo con certezza (è difficile trovare i dati specifici e non ho voglia di cercarli), ma mettendo i numeri di cui sopra a confronto con questo grafico73 relativo alle cause di morte per età nel 2012 (i dati non sono recenti ma complessivamente sono allineati con quelli medi degli anni successivi, quindi più che affidabili) a me sembra di no:

5 – La questione dei rischi da vaccinazione non mi interessa, assumo come valida la tesi che i rischi sono molto bassi e mi fermo qui; né so quanti siano i casi di miocardite da vaccino tra bambini e ragazzi (e non mi interessa saperlo, assumo come valida la tesi che siano molto pochi e tutti casi reversibili); ma che la Mis-C sia un rischio consistente per i bambini che si infettano col Covid è palesemente una stronzata (l’ho già accennato qui), dato che, come riporta questo documentato articolo sul sito Nurse24, dal giugno 2020 al febbraio 2021, i medici di ben 81 ospedali in ben 34 paesi (cioè un bacino di molti milioni di soggetti; solo in Italia di 0-9 anni ne abbiamo quasi 5 milioni) hanno segnalato complessivamente 614 bambini con sospetto MIS-C, con un totale di 12 decessi: potete fare i conti da soli…

Tralascio volutamente il 6° argomento, perché letteralmente non ho parole; ma bastano e avanzano quelle di Palù: “Il vantaggio indiretto è sanitario e sociale. La circolazione del virus si riduce e i bambini non perdono la libertà. Abbiamo visto quali sono su di loro le conseguenze psicologiche nel restare chiusi a casa. Meno giochi, meno scuola, meno sport. Ecco, i genitori dovrebbero comprendere questo aspetto. Accettare la vaccinazione dei figli significa assicurargli benessere in senso generale, non costringerli a cambiare vita”. Cioè dobbiamo vaccinare i bambini non per proteggerli da una malattia (che non avranno), ma per proteggerli dalla follia degli adulti…

Siamo al capolinea.

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SEMPRE SUI BAMBINI, GIUSTO PER LA PRECISIONE

11 dicembre – “Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, 6 bambini su 1000 vengono ricoverati in ospedale e circa uno su 7000 in terapia intensiva, una casistica ancora limitata, ma proprio per arginare diagnosi e possibili complicazioni già si registrano tantissime prenotazioni, 4800 nelle prime due ore dall’avvio nella sola regione Toscana”. L’ha detto il GR3 delle 8.45 di oggi.

Questi dati sono contenuti nella FAQ (che curiosamente si legge “fac”, come fuck la parolaccia inglese per “fottere”, simpatico nomen omen) dell’ISS, che cito testualmente: “Anche se in misura minore rispetto all’adulto, anche nell’età infantile l’infezione da Sars-CoV-2 può comportare dei rischi per la salute, tanto è vero che circa 6 bambini su 1.000 vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7.000 in terapia intensiva. Inoltre anche nei casi (e sono fortunatamente la grande maggioranza) nei quali l’infezione decorre in maniera quasi completamente asintomatica, non è possibile escludere la comparsa di complicazioni quali la sindrome infiammatoria multisistemica (una malattia rara ma grave che colpisce contemporaneamente molti organi), e quello che viene definito “long Covid”, e cioè la comparsa di effetti indesiderati a distanza di tempo”.

Come sempre i numeri sono tecnicamente esatti, quindi non si può dire che chi ha scritto questo testo abbia mentito; egli ha tuttavia omesso di fare alcune specifiche importanti che, se esplicitate, fanno di questa FAQ qualcosa di pericolosamente assonante con fake, la grande e ridicola (ma soprattutto tragica) ossessione del momento74

Dire infatti che “6 bambini su 1.000 vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7.000 in terapia intensiva” è decisamente allarmante: significherebbe oltre 30.000 bambini in ospedale e 700 in terapia intensiva. Se invece si fosse detto “6 bambini su 1000 contagiati vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7.000 contagiati va in terapia intensiva” si capirebbe la realtà, cioè circa 2.000 bambini ospedalizzati in due anni, di cui un centinaio in terapia intensiva: numeri che fanno ben altra impressione (specialmente se contestualizzati, come già ho fatto poco sopra, nella nota del 2/12).

Che poi “non si possa escludere la comparsa di complicazioni” è ben vero (chi potrebbe mai categoricamente escludere un’ipotesi, ancorché remota?), ma non significa certo che esse siano probabili; anzi, proprio nel caso citato della Mis-C, si tratta di una malattia rara (ne abbiamo parlato qui) ed anche il cosiddetto long Covid è ancora oggi sostanzialmente un’ipotesi…

Una cosa su cui invece ci sarebbe ancora molto da studiare è l’opportunità della vaccinazione dei bambini, ma di questo non si parla nella famosa FAQ: per avere un’idea della delicatezza della questione propongo di ascoltare l’intervento tenuto al bistrattato convegno di Torino “Dubbio e Precauzione” dalla dr.ssa Maria Rita Gismondo (non sono riuscito a trovarlo altrove che in questo articolo di Open, mi spiace) la quale non è certo una pericolosa no-vax e cita fatti e documenti verificabili (peraltro anche una scorsa veloce ai documenti linkati in fondo alla pagina della FAQ confermano sostanzialmente quanto essa dice).

Insomma, come sempre, numeri a vanvera, fatti pochi, propaganda molta. Ma con garbo e stile. Per correttezza verso i bambini (piccoli adulti che, come è noto, devono sacrificarsi per la società sottoscrivendo il famoso “patto generazionale”; ma poi, che vogliono ‘sti bambini? “la vaccinazione comporta benefici quali la possibilità di frequentare la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi”, lo dice l’AIFA nel comunicato stampa di approvazione del vaccino pediatrico) non c’è alcun obbligo, semmai persuasione (in TV gira anche un simpatico spot a cartoni animati, adatto ai giovani), né inganno, ma consenso informato (sempre la FAQ consiglia: “Parla con il bambino prima della vaccinazione per spiegargli bene cosa sta per fare”). Che sensibilità il nostro nuovo Stato Eufascista!

AGGIORNAMENTO del 13/12 – Invito caldamente tutti alla lettura del rapporto dell’ECDC “Interim public health considerations for COVID-19 vaccination of children aged 5-11 years” citato dall’AIFA nel suo parere per l’estensione del vaccino ai bambini (anche con l’uso di Google Translate, per chi mastica poco l’inglese: basta selezionare le parti del documento col mouse, copiare e incollare in questa pagina di Google Translate), perché è di estremo interesse. Non ho voglia di analizzare e commentare (ci vorrebbe un blog apposito), ma riporto solo le “Conclusions” e le “Limitations and knowledge gaps” (cioè “limiti e lacune nelle attuali conoscenze”), giusto per solleticare il vostro appetito:

CONCLUSIONI
• I dati di sorveglianza mostrano che i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni hanno rappresentato una proporzione crescente sia di casi notificati che di ricoveri nei paesi dell’UE/SEE negli ultimi mesi. Sebbene i ricoveri siano aumentati in linea con i tassi di casi in tutti i gruppi di età nell’UE/SEE, la gravità della malattia di COVID-19 nei bambini è generalmente lieve con un esito clinico favorevole. Il COVID-19 grave rimane raro tra i bambini (su 65 800 casi sintomatici di COVID-19 notificati in bambini di età compresa tra 5 e 11 anni, segnalati da 10 paesi dell’UE/SEE durante il periodo di B.1.617.2 (Delta) variante di preoccupazione (VOC) ), lo 0,61% è stato ricoverato in ospedale e lo 0,06% ha avuto bisogno di unità di terapia intensiva (ICU)/supporto respiratorio).
• Il contributo relativo dei bambini alla circolazione complessiva di SARS-CoV-2 potrebbe essere aumentato a causa di fattori tra cui l’emergere del Delta VOC altamente trasmissibile e l’aumento della copertura vaccinale nei gruppi di età più avanzata.
• La presenza di una condizione [patologica] di base tra i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni è associata a probabilità di ospedalizzazione circa 12 volte superiori e probabilità di ricovero in terapia intensiva 19 volte superiori. Tuttavia, la maggior parte (78%) dei bambini ospedalizzati di questa età non presentava alcuna condizione medica di base.
• La sindrome multisistemica infiammatoria pediatrica temporalmente associata a SARS-CoV-2/sindrome multi-infiammatoria nei bambini (PIMS-TS/MIS-C) e condizione post COVID-19 è stata segnalata in bambini di età compresa tra 5 e 11 anni, sebbene sia difficile quantificare la prevalenza e la gravosità di queste condizioni. In un rapporto del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) degli Stati Uniti, la miocardite è stata segnalata fino a 37 volte più spesso nei bambini non vaccinati di età inferiore a 16 anni con una diagnosi di COVID-19 rispetto ad altri pazienti della stessa fascia di età .
• Oltre agli impatti diretti sulla salute della malattia COVID-19, la pandemia di COVID-19 ha colpito la salute fisica e mentale e il benessere dei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Numerosi fattori, come l’interruzione di importanti attività sociali ed educative quotidiane, hanno causato ansia e disagio in questa fascia di età.
• I dati dei modelli indicano che la vaccinazione dei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni potrebbe ridurre la trasmissione di SARS-CoV-2 nell’intera popolazione, sebbene l’estensione e la durata di questa protezione siano attualmente sconosciute. Si stima che l’impatto sul numero effettivo di riproduzione (𝑅𝑡) nella popolazione nel suo insieme sarebbe una diminuzione dell’11% (intervallo: 8-15%, a seconda dei parametri di assunzione del vaccino del 30-70%) per un paese medio nell’UE/SEE. Questo è paragonabile all’effetto di alcuni interventi non farmaceutici. L’impatto della vaccinazione dei bambini è più debole per i paesi con una bassa diffusione del vaccino tra gli adulti e più forte per i paesi con un’alta diffusione tra gli adulti.
• Il 25 novembre 2021, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha emesso un parere positivo per l’uso del vaccino COVID-19 della Commissione nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sulla base di uno studio clinico randomizzato controllato con placebo in cui più di 3 000 bambini in questo gruppo di età ha ricevuto questo vaccino.
• I bambini di età compresa tra 5-11 anni che sono a rischio di COVID-19 grave dovrebbero essere considerati un gruppo prioritario per la vaccinazione contro COVID-19, come in altri gruppi di età. Tuttavia, poiché il ricovero, la PIMS-TS/MIS-C e la condizione post COVID-19 possono verificarsi anche tra i bambini senza fattori di rischio noti, si potrebbe prendere in considerazione la vaccinazione di tutti i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni.
I dati sulla sicurezza del vaccino COVID-19 nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sono attualmente limitati e il livello di immunità naturale nei non vaccinati e la sua durata sono attualmente sconosciuti e probabilmente eterogenei nella popolazione.
La priorità principale delle campagne di vaccinazione contro il COVID-19 che cercano di ridurre la morbilità e la mortalità legate al COVID-19 rimane quella di aumentare l’assorbimento del vaccino nella popolazione adulta ammissibile. Prima di prendere decisioni politiche sulla vaccinazione contro il COVID-19 nei bambini, i potenziali danni e benefici, compresi gli effetti diretti e indiretti sulla salute e il benessere, dovrebbero essere considerati insieme all’adozione del vaccino e alla situazione epidemiologica in un determinato paese. Dovrebbero essere presi in considerazione anche gli aspetti relativi all’attuazione e all’equità sanitaria
.

LIMITI E LACUNE NELLE CONOSCENZE
• I dati sull’efficacia e la sicurezza del vaccino COVID-19 nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sono attualmente scarsi e vengono monitorati.
• L’incidenza e il carico complessivo della condizione post COVID-19 nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni non possono essere quantificati con precisione.
• Nell’analisi modellistica dell’impatto della vaccinazione dei bambini sulla trasmissione virale, non è stato possibile quantificare le variazioni del comportamento sociale in base a eterogeneità spaziali/geografiche, fluttuazioni dei contatti nel tempo, eterogeneità all’interno dei gruppi di età, trasmissibilità specifica per età e rischio di infezione e contabilizzato.
• I potenziali cambiamenti nel comportamento sociale e nei modelli di mescolanza nei prossimi mesi sono difficili da prevedere e valutare.
• L’impatto della vaccinazione dei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni sul carico totale di COVID-19 (incluso ospedalizzazione e decessi) in varie fasce di età è incerto.
• I dati sull’efficacia del vaccino contro la trasmissione del Delta VOC sono attualmente limitati e mancano per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni.
• I dati sulla diminuzione dell’efficacia del vaccino sono difficili da distinguere dalla ridotta efficacia del vaccino a causa del Delta VOC e potrebbero variare in base all’esito della malattia e al gruppo di età.
Mancano dati accurati sull’immunità naturale nella popolazione non vaccinata (e per età) e la sua durata è attualmente sconosciuta e probabilmente eterogenea nella popolazione.
• La probabilità di essere infettati dal Delta VOC per i diversi gruppi di età è difficile da quantificare.
• L’emergere di nuove varianti di preoccupazione introdurrà nuove incertezze, rendendo quindi necessario rivalutazione del potenziale impatto della vaccinazione dei bambini.

Ma l’AIFA, il CTS, il Ministro, il Commissario, etc. l’hanno letto questo rapporto? Boh…

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PER UNA VOLTA CI HANNO PRESO (ovviamente senza volerlo).

14 dicembre – Stamattina al GR3: “La parola del giorno – PROROGA: atto dello spostare in avanti nel tempo il termine per l’esecuzione di una prestazione. E se in alcuni casi un differimento o una dilazione possono aiutare, la proroga al 31 marzo dell’emergenza non fa altro che confermare il prolungamento della pandemia”.

Esatto. È proprio l’emergenza che, dopo averla “creata”, sta prolungando all’infinito la pandemia. E non il contrario.

Quindi qualche volta la verità fa capolino; ma, come al solito, non si saranno nemmeno accorti di averla detta.

Aggiornamento del 15/12 – E stamattina ci hanno rifatto: “La parola del giorno – EMERGENZA: momento critico, imprevisto, che richiede un intervento immediato, soprattutto nella locuzione ‘stato di emergenza’ che nel nostro ordinamento ha un preciso significato giuridico legato al pericolo pubblico”.

Ma si sono dimenticati di dire che, nello stesso nostro ordinamento giuridico, lo stato di emergenza ha una durata limitata a 12 mesi (+ eventuali altri 12) e che quindi non potrebbe andare oltre il 31/01/2022 (mentre ieri il governo ha deciso la proroga fino al 31/3 con un artifizio per aggirare questo limite) e, soprattutto, che esso non è previsto dalla Costituzione (i padri costituenti dibatterono sull’argomento, ma decisero di non inserire la norma, per evitare quanto accadde con l’art.48 della Costituzione di Weimar, che aveva dato luogo allo stato di eccezione che aprì la via al nazismo in Germania), ma da una normativa di livello inferiore (il D.Lgs. 1/18 sulla Protezione Civile) che, oltre ai limiti di durata sopra detti, presuppone precisi requisiti oggettivi e di straordinarietà (una pandemia è un evento straordinario? Non direi, dato che l’OMS ne parla in numerosi documenti da molti anni e pubblica periodicamente linee guida in merito e dato che anche in ambito UE se ne parla da tempo e si richiede ai paesi membri di implementare piani per la gestione dei rischi pandemici – si veda il già più volte citato studio di P. Lunelli). Inoltre, pur copiando dalla definizione di emergenza della Treccani, non l’hanno capita a pieno, laddove è evidente che per “stato di pericolo pubblico” si intende ben altro (Treccani e Testo Unico della Leggi di Pubblica Sicurezza).

Insomma, quando “ci prendono” lo fanno per caso, senza volerlo. E non capiscono né quello che leggono né – peggio ancora – quello che dicono…

PS: per chi fosse interessato a conoscere meglio gli aspetti giuridici dello stato di emergenza, segnalo questo interessante articolo di M. Albissini e L. Giannone pubblicato sul sito Questione Giustizia.

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COMUNICAZIONE DI SERVIZIO

16 dicembre – Volevo solo ricordare ai giornalisti, che tutti i santi giorni dicono, con tutta la gravità del caso: “ieri X nuovi contagi, non accadeva dal mese di Y”, che le curve delle influenze funzionano così:

cioè salgono all’inizio dell’inverno, raggiungono un picco, si abbassano in primavera, si appiattiscono verso il basso durante la stagione calda, per poi riprendere nella stagione fredda successiva75. Perciò, in tutti i giorni di inizio inverno i contagi raggiungono un certo punto che, guarda caso, corrisponde ad un analogo punto della curva precedente (per la precisione, a due punti della curva precedente, ma non facciamola troppo difficile, potremmo avere esplosioni di cervelli…). Non dovrebbe essere una sorpresa. A meno che, come beoti, ad ogni inverno ci aspettiamo che, dopo l’estate in cui non li abbiamo visti, i virus influenzali siano scomparsi per sempre.

Ah già, ma è proprio questo l’obiettivo che stiamo perseguendo, il “contagio zero”. Come non detto: continueremo a sorprenderci a lungo, quindi…

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IL BUIO IN FONDO AL TUNNEL

27 dicembre – Come sapete ormai scrivo poco, perché non ne ho più voglia: il circo, come previsto, è ripartito a tutta forza e le stronzate sono talmente fitte e macroscopiche che non ce la faccio più neanche a pensare di scrivere qualcosa in merito. Faccio uno sforzo oggi, che è l’anniversario della prima dose di vaccino inoculata in Italia (era il 27/12/20, allo Spallanzani di Roma): ne è passata di acqua sotto i ponti, ma il salvifico vaccino non solo non ci ha portato fuori dal proverbiale tunnel, ma addirittura sembra averci trascinato in un inferno di lasciapassare, discriminazioni, caccia all’eretico, affastellamento di provvedimenti reattivi senza senso, etc., cioè in un clima di terrore peggiore di quando il vaccino non c’era e dal quale non usciremo tanto facilmente…

Perciò oggi scrivo, ma solo per ricordare un paio di cose, non tanto ai no-vax quanto piuttosto ai pro-vax, i quali sembrano essere i veri scettici verso il vaccino e la sua efficacia (come spiegare altrimenti il potenziamento delle misure protettive verso i vaccinati, come la corsa al tampone, come l’obbligo di mascherina FFP2 ed altre amenità?).

La prima questione riguarda la famigerata variante di turno (attualmente la “omicron”). Ricordando che le varianti emergono naturalmente, essendo parte del naturale processo di adattamento che riguarda tutta la materia organica di questo mondo (virus compresi); che, in questo senso, le varianti che si affermano tendenzialmente non sono quelle più letali (che uccidono l’ospite e con esso il virus stesso) ma quelle più adatte alla convivenza con l’ospite; che, se quella attuale si chiama “omicron” (15a lettera dell’alfabeto greco), tra l’ultima variante della quale ci siamo a suo tempo (inutilmente) preoccupati, cioè la “delta”, e quella odierna ne sono passate almeno altre 11, delle quali ci siamo tranquillamente stafregati (e giustamente)76; tutto ciò considerato, perché noi normali cittadini, che non siamo virologi, né epidemiologi, né immunologi, né statistici, ci dovremmo occupare delle varianti e della loro diffusione o scomparsa?

Mettiamo per ora questa domanda da parte e passiamo alla seconda questione: copertura ed efficacia dei vaccini, i due temi (insieme alla variante) sui quali si concentra l’attuale isteria di massa. Ebbene, la copertura è ormai amplissima, anche superiore ad altre vaccinazioni (comprese le poche obbligatorie): ad oggi è almeno parzialmente protetto l’81% della popolazione italiana (tutta); considerando solo gli over 5 siamo all’ 83%, considerando solo gli over 12 siamo all’ 89%, considerando solo le fasce realmente a rischio si va dall’91% dei 60-69 anni al 93% dei 70-79 e al 96% degli over 80; di qui anche le percentuali ormai irrisorie di chi non si vaccina (che, lo ricordo, non sono tutti no-vax).

Quanto all’efficacia dei vaccini, lasciamo perdere gli annunci sensazionalistici dei giornali (che si ridimensionano a leggere la fonte, cioè il rapporto ISS, a pag. 19 per chi fosse interessato), ma guardiamo questo semplice grafico che, per semplicità, traggo dal Lab24 del Sole 24 Ore di oggi (ma i dati sono appunto quelli ufficiali dell’ISS e della struttura commissariale):

Ebbene risulta chiaro che, sebbene l’efficacia nella diagnosi di Covid-19 (cioè nella prevenzione della malattia asintomatica e lieve) diminuisca sensibilmente dopo 5 mesi (ma non per la fascia che rischia di più, cioè la over 80), l’efficacia nel prevenire la malattia grave (condizione clinica “severa” con ospedalizzazione e “critica” con ricovero in terapia intensiva) ed eventuale morte rimane comunque altissima (peraltro con una variazione minima proprio nella fascia più a rischio degli over 80). Quindi non è un problema di prevenzione della malattia grave e della morte (che evidentemente non sono in discussione), ma è solo una questione di contagi, cioè ancora e sempre del maledetto dogma del tracciamento e contenimento. Altrimenti, perché mai tutta questa paura che il vaccino non funzioni? Perché non solo non siamo ancora tornati alla piena normalità, ma addirittura ci premuriamo di proteggere i già vaccinati con mascherine più protettive (non per gli altri, lo ricordo, ma per sé stessi), distanziamenti, green pass sempre più rafforzati, tamponi a casaccio, etc.? Perché continuiamo a prendercela con i no-vax, che sono pochissimi (e principalmente under 60, perciò molto poco a rischio)? E si potrebbe continuare…

La risposta a tutte queste domande è tuttavia molto semplice: perché continuando a farci governare non dalla politica ma dai CTS, abbiamo assunto come nostro il punto di vista degli epidemiologi e dei virologi, ai quali non interessa (giustamente) la malattia né tanto meno il complesso concetto di salute delle persone, ma il contagio, il tracciamento ed i relativi corollari. Abbiamo, cioè, perso completamente di vista sia l’obiettivo (il ritorno alla normalità e non l’assenza di contagi, peraltro impossibile) sia il senso di ciò che facciamo per perseguirlo. Per questo, la famosa luce in fondo al tunnel che ci sembrava di poter intravedere un anno fa è scomparsa e brancoleremo nel buio ancora a lungo.

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UNA RISATA VI SEPPELLIRÀ

29 dicembre – Il dio Tampone sta tradendo i suoi adepti. Dopo un anno e mezzo di tracciamento selvaggio (cominciato a pieno ritmo dalla fine dell’estate del 2020), che abbiamo più volte dimostrato essere inutile (non ci dice nulla sull’effettiva diffusione del virus e, dopo l’avvento del vaccino, non regge più neppure la scusa di rintracciare i contatti dei positivi) se non addirittura dannoso (sulla base di questo dato errato abbiamo calcolato il famigerato Rt; senza parlare dell’enorme quantità di soldi buttati via), ormai la gente non solo si è abituata all’inserimento del simpatico bastoncino nel naso, ma anzi lo ha trasformato in un piacevole rito e si mette volentieri in fila per ore pur di ottenerlo. Eh sì, perché nelle ultime settimane la premiata ditta CTS & Governo – in un avvincente climax che ci ha portati dal semplice tampone diagnostico all’antica di marzo-aprile ’20 alla Grande Tamponatura Patriottica di massa a partire dalla successiva estate, fino al tampone punitivo per i restii al vaccino degli ultimi mesi – ha introdotto il tampone autoprescritto ed anzi, in questo periodo natalizio, ha consigliato a tutti di adottarlo come simpatica prassi nelle riunioni familiari.

Ebbene, grazie anche al catechismo messo subito in campo dall’informazione, i cittadini hanno entusiasticamente aderito e allegri serpentoni di auto o di “persone-a-1-metro” sono comparsi un po’ in tutto lo Stivale davanti ai drive-in e alle farmacie, con grande giubilo di governanti, esperti e media.

Così, grazie alla enorme quantità di tamponi fatti su gente sana (solo ieri sono stati fatti 787.000 tamponi rapidi e 247.000 tamponi molecolari), stiamo scoprendo montagne di positivi asintomatici (ma guarda un po’…) i quali, per le luminose regole attualmente vigenti, vengono chiusi in casa (sebbene vaccinatissimi) e, con loro, vengono internati, per un tempo variabile a seconda della velocità con cui arrivano le risposte al test, anche tutti gli sfortunati che hanno avuto contatti con i pericolosi untori.

Il risultato? Centinaia di migliaia di persone sanissime chiuse in casa, che non lavorano e non vanno a scuola (va beh, ora è Natale e questo non si vede…). E finalmente accade a tutti i livelli quello che già a suo tempo dicevamo per i reparti Covid degli ospedali, dove mancava il personale che, asintomatico, rimaneva a casa dal lavoro in quanto semplicemente positivo, per non farlo operare… tra i malati di Covid! In particolare il campanello di allarme suona alle orecchie dell’allegra combriccola Governo-Esperti-Media quando escono le notizie sul traffico aereo natalizio annullato a causa delle quarantene covid dei dipendenti77: che il giochino ci si stia rivoltando contro? Anche qualcuno più lucido nel granitico Fronte Unico del Virus Devastante comincia a dirlo con chiarezza… E così anche gli sceriffi del territorio, cioè i Presidenti delle regioni, che, proprio per la vicinanza con l’elettorato terrorizzato, in questi mesi hanno sempre avuto posizioni più dure dello stesso Governo nazionale, oggi tastano il polso dell’elettorato perplesso e, prima che diventi un elettorato incazzato, cercano di correre ai ripari proponendo una riforma della quarantena. E Governo e CTS mangiano subito la foglia e fanno altrettanto (fingendo di averlo pensato a prescindere, sulla base di “evidenze”, per cercare di contenere il ridicolo78).

Vedremo come finirà la telenovela comica, ma intanto qualcuno pensa ancora che il dogma del Tracciamento e Contenimento abbia veramente un contenuto “scientifico”? Se non basta il racconto del balletto di cui sopra, fughiamo ogni dubbio mettendo a confronto le strategie di tracciamento messe in campo da due paesi comparabili per struttura demografica, ricchezza, qualità dei servizi sanitari, clima, etc. come Italia (linea blu) e Giappone (linea verde) (aggiungo anche la Germania, linea marrone, per mitigare un po’ la vergogna):

E ricordo, giusto per la cronaca, che l’Italia ha avuto 2270 morti covid (?) per milione di abitanti, la Germania 1327 ed il Giappone 146 (sì, avete letto bene: 146, non ho dimenticato uno 0): insomma, aver fatto dieci volte i tamponi del Giappone ed il doppio della Germania (2,3 milioni per milione di abitanti contro i 1,1 milioni della Germania e 233.000 del Giappone) non pare aver giovato poi così tanto nella protezione dei fragili (che, lo ricordo, sono praticamente gli unici che possono morire col “virus assassino”).

Intanto però solo ieri abbiamo speso qualcosa come 32 milioni di euro per tamponi (al costo di 59€ per tampone molecolare e di 22€ per quello antigenico: ne parlammo qui, il 17/2); dall’inizio dell’anno 2021, avendo fatto 44 milioni di tamponi molecolari e 64 milioni di antigenici, abbiamo speso 4 miliardi di euro, che si aggiungono ad almeno altri 2 miliardi spesi nel 2020, per il totale di circa 140 milioni di tamponi fatti da inizio pandemia. Pertanto, ammesso che (come dimostrano i giapponesi) i tamponi davvero necessari (cioè quelli a scopo diagnostico) fossero una 15ina di milioni e che fossero ovviamente tutti molecolari, sarebbe bastato spendere circa 885 milioni di euro e avremmo risparmiato oltre 5 miliardi. E se a questi 5 miliardi ne aggiungiamo un altro paio che avremmo risparmiato se avessimo vaccinato solo chi ne ha bisogno davvero e non tutti indistintamente (ma parliamo solo del costo vivo dei vaccini, senza gli enormi costi della somministrazione, che non so quantificare), se non avessimo comprato i famosi banchi a rotelle e se la prestigiosa struttura commissariale (di Arcuri, va detto) non avesse comprato 800 milioni di mascherine irregolari, cioè almeno 6-7 miliardi di euro letteralmente buttati nel cesso (e questo solo per citare gli sprechi più eclatanti), potete farvi un’ idea di quale prodigioso potenziamento dei servizi sanitari avremmo potuto produrre con queste cifre, se ben utilizzate invece che sperperate a vuoto (ad esempio, altri 5000 posti in terapia intensiva per 10 anni, arrivando così alla metà dei posti che ha la Germania ed essere preparati ai prossimi virus senza cadere dalle nuvole).

Anche se qui, purtroppo, la risata si strozza in gola, speriamo che questo clamoroso autogol sia solo l’inizio del crollo del castello di stronzate costruito in questo anno e mezzo. E che finalmente la gente si svegli da questo globale, inspiegabile “sonno della ragione”…

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  1. Se poi consideriamo che la stessa OMS (qui i riferimenti: ANSA e Associated Press; ne parlo più avanti, nella nota del 6 ottobre) stima i contagiati reali nel mondo in almeno 20 volte di più rispetto a quelli rilevati con i tamponi, per avere 2 mln. di morti dovremmo avere 2,2-2,5 miliardi di contagiati, con tasso di letalità – reale, in tal caso – dello 0,08-0,09% []
  2. Ad esempio, nella sezione “I NUMERI” abbiamo già detto dell’indagine sierologica italiana che, al 15/7, stimava una cifra di contagiati almeno 6 volte maggiore di quella rilevata con i tamponi. []
  3. i principali riferimenti sono: D.Lgs. 626/94, sostituito dal D.Lgs. 81/08; D.M. Lavoro del 02/05/01; Norma UNI 10720:1998, sostituita dalla UNI EN 529:2006; Norma UNI EN 14683:2019; Regolamento UE 2016/425 che sostituisce una Direttiva CE del 1989 []
  4. Questo ragionamento vale sicuramente per tutte le mascherine che sono Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) rispondenti alla normativa UNI EN 149. Le cosiddette mascherine chirurgiche (che rispondono invece alla norma UNI EN 14683) non sono tecnicamente dei DPI, dato che principalmente proteggono non l’utilizzatore ma il paziente; tuttavia le valutazioni del rischio per il loro utilizzo rimangono del tutto pertinenti (ed infatti, per il datore di lavoro, è obbligatorio farle). []
  5. Utilizzo i dati di luglio perchè siano comparabili a quelli dell’ISTAT, aggiornati a quello stesso periodo; le considerazioni sono comunque valide anche oggi, dato che nei mesi successivi a luglio, i dati non si sono modificati sostanzialmente, anzi semmai la situazione è ulteriormente migliorata []
  6. Non ho invece dati riguardo alla presenza di altre malattie gravi nei soggetti deceduti tra il personale sanitario. []
  7. Segnalo questo commento sul Corriere della Sera del 20/10, che dice tutto questo meglio di me []
  8. Tipo un Nicola Porro, con cui in genere non vado d’accordo, ma che, in questo triste frangente, mi pare una tra le poche voci che, nei media nostrani, rappresentino con credibilità e onestà argomenti critici verso la narrazione dominante sulla pandemia e, in particolare, siano attenti ai numeri ed ai dati, qualità quest’ultima rarissima tra i giornalisti, non solo in questo disgraziato periodo. Per questo ho inviato la presente riflessione anche a lui, chissà che non la legga e ne venga fuori qualcosa… []
  9. Fonte: Lab24 de Il Sole 24 Ore. []
  10. Non sono in grado di confrontare gli andamenti delle variazioni, perché – ad oggi – non abbiamo un dato congruo in Italia in quanto rileviamo il saldo tra ingressi ed uscite e non gli ingressi tout court []
  11. Dati riportati da diversi organi di stampa, ad es. questo o questo. []
  12. Tra l’altro non capisco bene perché si punti all’80%, dal momento che dovrebbe bastare una quota tra il 50 ed il 67%, se prendiamo per valido l’allarmante numero di riproduzione di base – il famoso R0 – proposto dall’ECDC e attestato tra 2 e 3. Sarà in ossequio al solito “principio di massima precauzione” tanto caro al nostro Ministro Speranza… []
  13. Il perché lo spiega bene l’AIFA: “Gli studi sui vaccini anti COVID-19, compreso il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty), sono iniziati nella primavera 2020, perciò sono durati pochi mesi rispetto ai tempi abituali, ma hanno visto la partecipazione di un numero assai elevato di persone: dieci volte superiore agli standard degli studi analoghi per lo sviluppo dei vaccini. Perciò è stato possibile realizzare uno studio di grandi dimensioni, sufficienti per dimostrare efficacia e sicurezza. Non è stata saltata nessuna delle regolari fasi di verifica dell’efficacia e della sicurezza del vaccino: i tempi brevi che hanno portato alla registrazione rapida sono stati resi possibili grazie alle ricerche già condotte da molti anni sui vaccini a RNA, alle grandi risorse umane ed economiche messe a disposizione in tempi rapidissimi  e alla valutazione delle agenzie regolatorie dei risultati ottenuti man mano che questi venivano prodotti e non, come si usa fare, soltanto quando tutti gli studi  sono completati. Queste semplici misure hanno portato a risparmiare anni sui tempi di approvazione”. Per quanto mi riguarda è molto più che sufficiente ad assicurare la sicurezza del vaccino. []
  14. Per chi non lo sapesse, gli hospice sono “centri residenziali dove si attuano cure palliative per malati terminali” (Treccani), luoghi cioè dove si attende la morte cercando di assicurare al malato una qualità di vita accettabile nel poco tempo che rimane []
  15. Si noti che, alla data odierna, non vi è ancora traccia dei risultati definitivi dell’indagine e non ne parla più nessuno, nonostante essa si sia conclusa ben 6 mesi fa. []
  16. Si tratta degli indicatori 1.1, 1.4, 2.1, 2.2, 2.3, 3.1, 3.2, 3.4, 3.6. Per maggiore approfondimento si può consultare la pagina dedicata al monitoraggio nel sito del Ministero della Salute []
  17. Si possono trovare nella pagina specifica del sito dell’ISTAT, ma anche su Wikipedia. []
  18. Dice il rapporto ISTAT: “Non va infatti dimenticato che dicembre 2020 si colloca a distanza di nove mesi dalla drammatica comparsa della pandemia, ed è verosimile immaginare che, così come accadde per la caduta delle nascite al tempo della grande paura per la nube tossica di Chernobyl (il significativo calo di nati a febbraio 1987 in relazione ai concepimenti di maggio 1986), anche in questa circostanza ci siano stati frequenti rinvii nelle scelte riproduttive”. []
  19. Due esempi, tra i tanti: Il Messaggero e Il Giornale. []
  20. In queste due articoli di EuropaToday del 3/7 e del 4/11 ci sono notizie interessanti in tal senso. []
  21. Fonte: Worldometer []
  22. Stime da dati ISTAT e ISS []
  23. Un campione di ben 150.000 persone, grande impegno di personale per Croce Rossa e Regioni, campagna pubblicitaria in televisione, approfondimenti su giornali e tv, etc., il tutto da realizzarsi in tempi record. Insomma un’impresa notevole, che aveva suscitato grandi attese. []
  24. Addirittura lo stesso ISTAT, a distanza di ben 7 mesi dall’uscita del rapporto preliminare, non ha ancora licenziato (né annunciato) il rapporto definitivo, peraltro ormai pressoché inutile, dato che l’indagine fotografa una situazione al 15 luglio 2020. []
  25. Purtroppo non sono stato in grado di ritrovare i riferimenti, era sicuramente in un TG Rai (o un GR Rai) di sabato o domenica scorsi, ma non so dire di più: purtoppo lì per lì mi sono appuntato la frase, ma non la fonte. Chiedo venia. []
  26. Non siamo gli unici ad averlo pensato, si veda questo articolo di Panorama, che fa quasi tenerezza… []
  27. Si tratta di Homo Sacer di Giorgio Agamben. Non posso dire di averlo compreso del tutto, ma ci sono molti utili spunti di riflessione e vale la pena leggerlo anche se molti concetti sono un po’ ostici e sfuggono. []
  28. Non metto link alle notizie, ma ne potete trovare da soli innumerevoli esempi, basta cercare “furbetti del vaccino” su google… []
  29. Emblematico questo servizio del TG1 delle 13.30 del 7/3, in cui si parla di una rarissima – e perciò preoccupantissima – variante: qualcuno dovrebbe però spiegare al giornalista che, se la variante è rara, essa è anche pressoché priva di significato, dato che probabilmente si estinguerà come le altre migliaia prima di lei… Ma intanto lo spettatore si è bevuto un’altra panzana, che nessuno si curerà di correggere con altrettanta enfasi. []
  30. Anche l’ipotesi che le varianti contagino più facilmente alcune fasce, come i bambini, non trova al momento riscontro. []
  31. Va detto, tuttavia, che si tratta di un vecchio vizio che periodicamente riemerge; si veda, per esempio, il breve intervento del presidente della Società Italiana di Medicina Generale, pubblicato sul sito dell’AIFA nel lontano 2014, giusto per farsi quattro risate… []
  32. Segnalo questo articolo de Il Post del 15/3/20 ed il rapporto della Fondazione Gimbe del settembre 2019, che sono abbastanza illuminanti []
  33. Segnalo questo esasperato commento sul Corriere della Sera del 20/10, scritto da un medico, perciò difficile da contestare… []
  34. La stessa OMS riconosce che, come affermato dal portavoce Tarik Jasarevic, “attualmente parte del problema è che molte persone corrono in ospedale (anche perché non hanno accesso a informazioni/consigli), sebbene la cura a casa possa essere gestita in modo molto sicuro” []
  35. Anche in Italia abbiamo fatta una indagine simile nel periodo maggio-luglio 2020, con risultati analoghi anticipati da un pre-rapporto il 3/8, ma ancora oggi, a quasi nove mesi di distanza, non è stato pubblicato il report ufficiale… []
  36. Dati che desumiamo dai rapporti dell’Istituto Superiore di Sanità e da una indagine Istat, quindi sono dati istituzionali e di pubblico dominio []
  37. Abbiamo già segnalato che la matematica e la statistica, senza la logica, sono senza senso, se non addirittura fuorvianti, ma va beh… []
  38. P. Bruckner (2001), pp. 48-49, in Gianfranco Pecchinenda, Homunculus. Sociologia dell’identità e autonarrazione, Liguori Editore Srl, pag. 169 []
  39. Dalla voce “virus” del Dizionario di Medicina Treccani. []
  40. Fonti: OurWorldInData-University of Oxford e Center for Systems Science and Engineering (CSSE) at Johns Hopkins University. []
  41. Sul sito del TG2, è il Servizio n. 2 del 22/6/21 []
  42. Salvo ripensamenti, perché anche in Inghilterra gli scienziati non vogliono mollare l’osso e stanno alzando la voce contro la decisione del governo; staremo a vedere se, almeno lì, la politica riuscirà a mantenere il proprio primato, ma, almeno per ora, quell’animale di Boris Johnson, in confronto ai nostri governanti, sembra un grande statista… []
  43. Questo tranne pochissime eccezioni e in specifiche condizioni di latenza ed ambientali; per farsi un’idea si può leggere qui o qui []
  44. Le fonti di tutti i dati citati sono: Johns Hopkins University e University of Oxford-Our World in Data. []
  45. Basta uno sguardo alla dashboard dell’ISS per sapere che nulla è cambiato su questo versante: la quasi totalità dei contagiati non sviluppa la malattia o, nei rari casi in cui ciò avviene, la sviluppa con i sintomi lievi di una normale influenza. []
  46. E’ ormai di tutta evidenza, data la grande mole di dati di cui disponiamo, che i tassi di letalità e di mortalità sono bassissimi. []
  47. Così citato in B.H. Levy, “Il virus che rende folli”. []
  48. Dati Johns Hopkins University e Universtity of Oxford. Chi volesse fare l’esercizio di controllare sempre il senso dei dati assurdi sparati dai medi, lo può fare facilmente, basta digitare su google “dati covid” e si apre la schermata con i dati da tutto il mondo. []
  49. Perché, ormai da tempo, di questo si tratta: un singolare coacervo che riunisce, in una inedita, autodiretta convergenza di visione ed intenti, politici, giornalisti, scienziati, tecnici, artisti, filosofi, scrittori, ecc. di tutte le estrazioni politiche, culturali, sociali, tutti concordi, tutti schierati, tutti graniticamente uniti; roba mai vista prima… []
  50. E cazzate, ad es. mettendo sullo stesso piano la Patente di Guida (che è un titolo abilitativo, che si ottiene a seguito dell’acquisizione di competenze specifiche) ed il Green Pass… []
  51. Il caso di questo video è interessante: non si tratta – come si potrebbe pensare – di una satira anti-“pensiero unico” (che peraltro youtube avrebbe probabilmente censurato), ma, al contrario, si tratta di una presa per il culo assolutamente aderente all’ortodossia (un po’ come fa Crozza). Eppure, nel suo essere paradossale, questa satira, senza volerlo, in effetti descrive perfettamente il paradosso reale in cui siamo immersi, facendo satira anche di se stessa. E perciò fa ancora più ridere. Evviva la satira, chiunque la faccia! []
  52. Se interessati, consiglio di leggere anche gli articoli stranieri, basta fare un po’ di copia/incolla su Google Traduttore. []
  53. Ma non è solo, anzi è in ampia e buona compagnia. Ad esempio, in questo articolo, pubblicato da Il Giorno, si dice testualmente: “Fa parlare i numeri, Biondi [“luminare al San Gerardo di Monza” lo definisce l’articolo (n.d.r.)]. Non le opinioni. Il “secondo me” non fa parte del percorso della scienza. “Tra la prima e la seconda ondata di contagi abbiamo avuto 90 casi di bambini e adolescenti positivi al Covid – chiarisce –, di questi 5 hanno dovuto affrontare la cosiddetta malattia infiammatoria sistemica per Covid che interessa tutto l’organismo. Quei 5 ragazzi sono finiti in rianimazione e fortunatamente ne sono usciti, ma ricordo ancora benissimo uno di loro che nel giro di 24 ore è passato dalla difficoltà di respirare al rischio di morire [in neretto nell’articolo (n.d.r.)]. Non sapevamo se ce l’avrebbe fatta”. E a livello internazionale, dato aggiornato a marzo, su 3.742 casi di multi-infiammazione sistemica negli adolescenti, ci sono stati 35 decessi. Evitabili. Col vaccino.” Dunque, la grande emergenza giovani, che richiede la loro vaccinazione di massa immediata per strapparli alla morte e alla terapia intensiva, si basa su dati inattaccabili: 90 bambini e ragazzi ammalati in un anno e mezzo (cioè 60 in un anno, su un bacino con 850.000 abitanti + una certa quota dalle zone limitrofe) di cui 5 (cioè 3 in un anno) andati in terapia intensiva e 1 (cioè 0,6 in un anno) che ha rischiato la morte (quindi non è morto nessun minore di covid in un anno e mezzo); e, non si dice, ma ovviamente saranno stati tutti bambini e ragazzi in perfetta salute, senza alcuna patologia preesistente… Del resto il giornalista avvalora la tesi con i drammatici dati internazionali: in un anno, nel mondo (7,8 miliardi di abitanti) 3742 adolescenti con malattia grave e ben 35 (sempre su 7,8 mlrd.) sono morti; e, anche in questo caso, non si dice ma senza dubbio tutti in perfetta salute prima del covid. Complimenti a luminari e giornalisti… []
  54. Tra gli articoli più surreali che ho letto, segnalo Open , Virgilio Notizie, Today, ma anche i media mainstream non sono stati da meno, un esempio su tutti da Il Giornale. []
  55. A meno che – mi viene in mente ora – non si pensi di continuare ad insistere con l’inutile campagna di tracciamento e che l’obiettivo finale sia quello – totalmente assurdo – del “contagio zero”. In tal caso infatti sarebbe necessario il 100% di vaccinati. Pazzesco ma, a pensarci bene, non poi così tanto, considerati i cervelli che ci governano… []
  56. Non considero le fluttuazioni dei cosiddetti “contagi” perché ormai si sa come la penso in merito a questa conta assurda e senza utilità pratica. Basti qui sottolineare che vi sono senza dubbio aumenti di contagi, talora esponenziali, ma contestualmente vi sono anche congrui aumenti nel numero di test effettuati, quindi secondo me il dato dice poco… []
  57. La prima è senza senso, date le caratteristiche dei vaccini moderni; la seconda, che alcuni dicono supportata dagli alti numeri di segnalazioni agli organismi di sorveglianza, numeri inediti per qualunque farmaco o vaccino fino ad oggi, non convince, innanzitutto perché si tratta appunto di segnalazioni (e i casi accertati, al termine degli approfondimenti, sono sempre enormemente di meno: per fare un esempio, su 498 segnalazioni di decesso in italia, solo 7 sono state accertate come connesse alla vaccinazione, mentre per 140 la correlazione è indeterminata o parziale e oltre la metà del totale risulta certamente non connessa) ma anche, e soprattutto, perché si tratta di segnalazioni volontarie e questo costituisce, secondo me, un elemento pesantemente distorsivo: la sovraesposizione mediatica di tutto ciò che riguarda il covid, infatti, può aver indotto a segnalare massivamente, cosa che non avviene nel caso degli altri farmaci o vaccini; e ricordiamoci che le caratteristiche di follia collettiva provocata dalla pandemia/infodemia mondiale è qualcosa di mai visto prima ed ha una enorme rilevanza su tutti gli aspetti del fenomeno covid, compresi – purtroppo – i numeri… []
  58. AstraZeneca e Johnson sono un po’ scarsini ed hanno una percentuale media di efficacia del 70%, ma gli altri si attestano sul 95%. Si veda questo interessante studio in merito, pubblicato sul network del Journal of American Medical Association (basta leggere la tabella). []
  59. Aggiornamento dell’8/9: Becchi e Trevisan, sempre sul blog di Porro, hanno portato altri studi a favore di questa tesi. []
  60. Mi aspetto un paio di obiezioni. La prima è che oggi, con la campagna vaccinale ad uno stadio avanzato, si siano ridotte le quote di morti e malati gravi, inficiando le percentuali delle colonne gialla e viola: in realtà la situazione ivi descritta non è mai sostanzialmente cambiata sin dalle prime fasi della pandemia. Chi volesse esserne certo, può controllare nella sezione “I numeri“, alla domanda 4, e nelle vecchie versioni degli stessi contenuti nella sezione “Archivio“. La seconda obiezione è che la tabella qui sopra sia costruita in modo arbitrario. In senso stretto è così: l’ho costruita io sulla base dei dati ISS, applicando le stesse percentuali rilevate sulle 225.000 cartelle cliniche censite (dato tecnicamente classificato come “Numero totale casi con malattia ancora in corso e con esito finale ancora non definito dall’inizio dell’epidemia, differenziati per sintomatologia più recente, per sesso e per fascia d’età aggiornati alla data riportata”) al totale dei casi rilevati fino alla stessa data, quindi è in effetti una forzatura. Tuttavia, dato l’alto numero del “campione”, ho considerato il risultato ottenuto abbastanza verosimile, se pure non statisticamente esatto; in statistica l’esattezza è importante, me ne rendo conto, ma anche un’approssimazione verosimile non è da disprezzare, in mancanza d’altro. A mia parziale discolpa porto due elementi: il primo è che lo stesso ISS presenta il grafico relativo ai 225.000 nella sezione “Dati cumulativi” della dashboard (quindi fa esattamente come me); il secondo è che il risultato della mia tabella di oggi non è molto diverso da quello che si trova nella sezione “I numeri”, aggiornato al 9/11/20… []
  61. Giusto per fare un raffronto, guardate come si parlava in Germania ad aprile dello scorso anno (anche qui); cosa diceva l’OMS Europa della nostra risposta (ne ho parlato qui); cosa emerge dall’impietoso raffronto con i sistemi organizzativi di altri paesi (già trattato qui). Mentre noi applaudivamo e cantavamo l’Inno di Mameli dai terrazzi… []
  62. Cfr. tabb. 2 e 3 del report. []
  63. Anche se questa evidenza non sembra toccare le certezze di chi ci governa, neanche di quelli che alla serva una volta sembravano più sensati, come Enrico Letta []
  64. Una breve selezione qui, sul sito del conduttore Nicola Porro. []
  65. Qualche esempio, a caso? Ecco alcuni articoli, da tempi non sospetti: CorSera 2018, Il Fatto Quotidiano 2016, LaRepubblica 2015; ma si può andare anche molto più indietro, non cambia molto: LaRepubblica 2000. []
  66. Rimane da chiedersi cosa sarebbe successo se, invece di adottare lockdown infinito, chiusura delle scuole, coprifuoco, etc. avessimo lasciato circolare il virus tra chi non rischiava nulla e avessimo semplicemente protetto prima e vaccinato poi, solo i fragili. Difficile a dirsi, ma qualche dubbio è legittimo. Becchi e Trevisan, sul blog di Nicola Porro, hanno in questi giorni proposto un’interessante rassegna di studi sull’argomento, che meriterebbe approfondimenti e risposte da chi di dovere. Risposte che ovviamente non avremo. []
  67. Tendenza che, in realtà (e – questa sì – in modo abbastanza inspiegabile), è già cominciata da parecchie settimane. Ne abbiamo parlato nella nota del 18/8. []
  68. È successo a me su un volo Ryanair da Bergamo verso la Spagna, il 19/9 scorso: una scena orribile, consumatasi nell’indifferenza degli altri passeggeri – me compreso, purtroppo – mentre solerti addetti al controllo passavano in rassegna tutti i presenti per stanare i clandestini. Ah, a proposito, la documentazione irregolare non era il green pass (senza il quale in aeroporto non si entra), ma il qr-code per l’ingresso in Spagna, che è una ulteriore misura che permette di rintracciare il soggetto durante il suo soggiorno nel paese di destinazione, misura inutile (devi dichiarare solo dove sedevi in aereo e dove stai il primo giorno) quindi meramente dimostrativa. []
  69. Con esempi a tutti i livelli, dal micro (uno su tutti: applaudire unanimemente un governo dal comportamento fascista che sfacciatamente da dei fascisti a chi lo contesta, senza che nessuno colga, se non il vulnus ai propri diritti basilari, almeno la contraddizione) al macro, come ad esempio l’incredibile teatrino del Mondo Nord-occidentale ricco, pasciuto, spaventato perché – guarda un po’ – nella vita si invecchia e si muore, che vuole convincere il Mondo Sud-orientale, povero, sfruttato, che muore tutti i giorni di malattie banali o per bisogni primari da noi dimenticati come fame e sete, che il coronavirus è anche per loro un problema epocale (e che ci stiamo prodigando per loro, fornendogli – forse addirittura gratis, bontà nostra – i preziosi vaccini. []
  70. Si tratta della Sindrome Infiammatoria Multisistemica dei bambini, una malattia grave ma molto rara, di cui si può capire di più qui e qui. []
  71. Lo facciamo con i dati presi da Our World in Data, l’autorevole piattaforma che raccoglie dati dalle fonti istituzionali e accademiche del mondo e le mette a disposizione sul sito https://ourworldindata.org/ []
  72. Tratto dal “Seasonal influenza, 2017–2018 – Annual Epidemiological Report for 2017” dell’ECDC, reperibile qui. []
  73. Tratto dal rapporto ISTAT “Le principali cause di morte in Italia” del 3/12/14, scaricabile qui.; dati più complessi sono reperibili qui, ma io non ne ho voglia. []
  74. Per fare una piccola risata leggete l’incipit surrreale di questo articolo di Askanews del 10/12. []
  75. A proposito: non siamo nella quarta ondata come tutti dicono, ma nella terza, in quanto abbiamo artificialmente interrotto la seconda, la quale, appena ha potuto, si è ripresa il suo spazio naturale; siamo noi che, da ignoranti egocentrici quali siamo, abbiamo interpretato la circostanza come il nemico virus che rialzava la testa e, perciò, come una terza ondata… []
  76. In realtà siamo attualmente ad oltre 40 varianti principali, tra quelle “di preoccupazione” (VOC), “di interesse” (VOI), “sotto monitoraggio (VUM) e quelle “declassate”, come si può leggere in questa pagina del sito dell’ECDC. []
  77. Notizia peraltro solo in parte esatta, come si evince ad una più attenta analisi come quella del CorSera, che evidentemente già subodora una possibile debacle della strategia governativa del tampone universale e tenta di dimostrare che non c’entra con quanto sta accadendo nel trasporto aereo… []
  78. Senza riuscirci, ovviamente; sentite in quale supercazzola si avviluppa il viro-star Lopalco al GR3 delle 8.45 il 30/12: “Sicuramente si sta andando nella direzione giusta, perché è ovvio che chi entra in contatto comunque con un vaccinato deve comunque seguire delle prescrizioni, deve portare la mascherina; si fa più affidamento sulle buone pratiche, sul buon senso del cittadino piuttosto che su degli isolamenti che in questo momento potrebbero davvero bloccare il paese. D: Si parla da tempo della cosiddetta “endemia” ovvero della convivenza con il virus: stiamo entrando in questa fase? R: In questo momento, se andiamo ad analizzare i dati, nella popolazione vaccinata siamo già ad un livello di endemia, cioè un livello in cui il virus circola ad una certa intensità nella popolazione vaccinata, però in questa popolazione vaccinata il numero di casi gravi e soprattutto il numero di persone che vanno a finire in terapia intensiva è molto basso, in pratica è quello che succede normalmente in una situazione di endemia magari durante la stagione epidemica, ricordiamo quello che succede con l’influenza. D: Quali le ripercussioni sugli ospedali? R: Ovviamente c’è il problema purtroppo che in Italia abbiamo ancora una sacca di persone non vaccinate quindi con un’alta circolazione virale e la probabilità poi che si intasino gli ospedali è ancora una probabilità concreta. D: I non vaccinati sono sempre più a rischio? R: Se costoro fino ad ora potevano contare magari sul fatto che i vaccinati li proteggevano anche dall’infezione, ora devono cambiare sicuramente atteggiamento perché non sono sicuramente garantiti dalla vaccinazione di massa”. Una incredibile quantità di boiate sparate in pochi secondi (ne ho evidenziate alcune) e non so se è peggio Lopalco che sembra uno studente delle medie interrogato e che non ha studiato, oppure il giornalista che fa le domande senza ascoltare le risposte, visto che non inchioda l’intervistato alle bestialità che dice… []